Germania
Cadiamo su un prato umido, con il sole alto nel cielo e gli alberi sparsi un po' intorno nei paraggi. Il calore che ci investe sostituisce all'istante il freddo che abbiamo provato stando a Monaco.
Giuseppe si siede sul prato, scompigliandosi i capelli lunghi dai fili di erba incastrati tra essi. Ovviamente non ha più con sè nè il fucile, nè la spada, nè il borsone che aveva comprato, per cui ha persino perso la sua divisa di partigiano.
Si alza in piedi e si spazzola le ginocchia. "Devo andare in bagno" dice semplicemente. "Mi accontenterò di quell'albero lì." Me ne indica uno sulla destra. "Non avvicinarti."
Sollevo le mani e gli sorrido, mentre si avvia in quella direzione.
Mi metto una ciocca di capelli dietro l'orecchio e avvicino il mio display alle labbra. "Grazie, Nick" dico, stringendo le labbra.
La sua voce è sottile contro il mio orecchio, quasi non volesse disturbarmi. Sollevo lo sguardo e vedo Giuseppe mettersi dietro l'albero e slacciarsi la cintura ai pantaloni. Distolgo gli occhi, gettandoli sul campo verde intorno a me. E' quasi familiare, come se fosse un'immagine già registrata dai miei occhi e impressa nella mente, ma i contorni sono sbiaditi, quasi sul punto di essere dimenticata o ricordata semplicemente come un sogno. "Di nulla. E' mio dovere tenervi in vita. Salvare te" specifica. Si schiarisce la gola. "Devo però darti una cattiva notizia."
Il cuore mi si blocca nel petto, mi sembra quasi di non averlo sentito battere per qualche secondo. "Del tipo?"
"Devo partecipare ad un convegno fra due giorni e non so per quanto starò via."
"Ed io e Giuseppe? Che fine faremo?"
Silenzio.
"Spero che questo luogo sia pacifico. Intanto mi sto preoccupando di aggiustare l'arco."
Annuisco e so che non può vedermi. Giuseppe ritorna sul campo, mentre si alza la lampo dei pantaloni. Ingoio a vuoto. Il sole lo illumina in pieno e i suoi occhi sono stretti a causa della luminosità.
"Ah, Rose" dice il mio migliore amico al mio orecchio mentre Giuseppe arriva da me, "ora devo pranzare, però sappi che questo posto, comunque, lo conosci benissimo." Dopodiché il segnale si interrompe.
Aggrotto le sopracciglia. Giuseppe mi guarda e mi stende la mano. "Andiamo, su. Non possiamo rimanere sperduti qui, nel nulla" dice, lanciandosi uno sguardo attorno.
"Mi metto in piedi da sola" rispondo, celando un sorriso. "Non ho voglia di afferrare quella mano con cui hai mantenuto altro."
Giuseppe scoppia a ridere, pulendosela contro la maglietta quasi a voler confermare quanto io abbia detto.
Che schifo.
"In compenso" dice, mentre iniziamo a camminare lungo il prato verde, sotto il sole cocente, "ho annaffiato le piccole piante alle radici dell'albero."
Alzo gli occhi al cielo, facendo una smorfia con la bocca. "Sperando tu le abbia centrate, almeno. Mi pare che voi uomini, quando la fate in piedi, non siate molto precisi."
"Non so a chi ti riferisci, guarda. Personalmente, ti dico che centro sempre tutto."
Scoppio a ridere e lui mi segue. Mi porto una mano allo stomaco mentre sono costretta a fermarmi per prendere aria. Mi asciugo una lacrima dall'occhio. "Mi sembra giusto, insomma."
"Sarebbe frustrante, altrimenti" continua e non posso fare a meno di avere la ridarella per almeno altri venti passi.
"Ti prego, basta così. Altrimenti mi tocca andare al bagno e qui non ne vedo nei paraggi."
L'orologio intertemporale mi ciondola sul petto e abbasso lo sguardo per controllarlo. Lo stringo tra le dita, guardando la data impostata da Nicholas quando ci ha portato via da Monaco. Faccio due più due, e divento seria di colpo.
Non può essere.
Sollevo lo sguardo e osservo lo spazio circostante, mentre Giuseppe si sbottona i primi bottoni della giacca.
Tutto coincide.
Le montagne in lontananza, il cielo sereno, l'aria fresca e il sole bollente.
Ha ragione Nicholas.
Questo posto lo conosco benissimo.
Afferro Giuseppe per la manica della giacca e lo tiro con me, alzando il passo. C'è un piccolo pendio dinanzi a noi.
Se è davvero la zona che penso sia, so cosa trovare in fondo.
"Ehi, ehi, piano! So camminare se mi dici a che velocità dobbiamo procedere."
"Io ci sono stata qui, Giuseppe. Io conosco questo posto. E' così familiare.." Continuo a camminare, guardandomi attorno. Gli alberi sono più concentrati in questa zona, formando quasi una foresta dalle forme ridotte. Ingoio a vuoto e sento il mio cuore pompare sangue più rapidamente. Faccio lo slalom tra gli alberi, scendendo sempre di più e calpestando le foglie secche sul tragitto.
"Sicura di conoscere la strada? Non vorrei che, dopo aver scampato la guerra, possiamo morire per bocca di lupi oppure orsi!" dice Giuseppe sollevando il suo tono di voce.
Lo ignoro solo perché sono arrivata alla fine della foresta e ho ben chiara la vista che ho davanti. Una casa grande, dal tetto a spioventi di tegole grigie e le mura bianche. La porta in legno è aperta, un panchina è addossata al muro frontale e diverse buste sono appoggiate su di essa. L'abitazione è circondata da un recinto in legno aperto solo nella parte anteriore da uno sportello, un cane è al di là di esso e controlla il gregge di pecore che pascola poco più in là. C'è una bambina sul davanti che gioca con un gattino, tenuto sulla sua gonnellina e le mani che gli accarezzano il pelo morbido e grigio.
La bambina ha i capelli biondi raccolti in due trecce lunghe che le arrivano sulla pancia, un sorriso sulle labbra rosee e un vestitino azzurro addosso. Mi metto dietro un tronco, Giuseppe si è appoggiato alle mie spalle, circondandole con le sue mani. Siamo entrambi in silenzio a vedere quella scena idillica e tranquilla.
Della legna è ammassata sotto la panchina, un piccolo fuoco brucia nel forno sulla parte destra dell'abitazione e il fumo esce dal camino in cima alle tegole. Poco più in là, nella parte incavata e profonda della valle verde, c'è la città.
Le lacrime mi salgono agli occhi.
E' tutto così nitido, adesso.
La bambina solleva gli occhi di scatto quando sente il suo nome venir gridato dall'interno della casa. I suoi occhi azzurri si spalancano, poi sul suo viso appare un minuscolo sorriso di gratitudine.
"Rose!" la chiama la voce leggermente stridula di una donna anziana. Le lacrime iniziano a solcarmi le guance.
"Sei.." inizia Giuseppe, sussurrandomi all'orecchio. Annuisco con il capo.
"Sono io" gli rispondo, poi il fiato mi si smorza in gola quando la donna esce dalla casa con un panino tra le mani. Le lacrime scendono più copiosamente dai miei occhi.
Nonna Heiderose è sulla soglia, il grembiule appeso al collo e il braccio allungato verso la piccola me che si alza delicatamente in piedi per non far spaventare il gattino.
Corre verso la nonna e afferra il panino, addentandolo. "Finalmente!" dice, sorridendo a bocca piena.
Nonna Heiderose le appoggia una mano sulla testa, accarezzandogliela. "Sai che non sono più veloce come un tempo." Ha gli occhi azzurri cerchiati da profonde borse e rughe, un sorriso genuino sulle labbra increspate e i capelli grigi tenuti fermi in una retina.
"Lei è tua nonna, vero?" mi dice Giuseppe.
Annuisco, tirando su con il naso.
Finalmente la rivedo.
"Un tuo nuovo amichetto?" dice la nonna, indicando il gattino che si gratta contro il paletto del recinto. La piccola Rose annuisce.
"Abbiamo un po' di latte?"
Nonna Heiderose ride con la gola graffiata. "Abbiamo allevato le mucche per anni, sarebbe il colmo se non ce l'avessimo." Rientra in casa, camminando lentamente.
Vedo Rose girarsi verso il gattino e guardarlo mentre si lecca la zampina.
Quando la nonna esce di nuovo, ha in mano un piatto colmo di latte fresco. Lo porge in mano alla piccola e Rose si accosta al gattino, richiamandolo con dei piccoli bacetti.
Ha nell'altra mano ancora il panino. "Qui, micio!" dice con voce sottile. Avrò più o meno otto, nove anni al massimo.
Nonna Heiderose si appoggia con il gomito al recinto in legno, guardando la bambina mentre da il latte al micetto che, riluttante, si avvicina. Inizia a berlo, leccandolo con la sua piccola lingua rosea.
Ora ricordo la scena.
Quasi come se si fosse trattato di un flash, e credo finalmente di capire come Giuseppe si senta ogni qualvolta recuperi una parte di sè.
Mi rivedo lì, a casa dei nonni, con il micino che beve di fronte a me. Sono inginocchiata accanto a lui, con la bocca sempre piena e masticante. Un leggero venticello mi solletica la pelle delle braccia scoperte. Nonna si stacca dal recinto e rientra in casa da cui esce un buon profumino. Ho sempre amato mangiare da lei, cucinava meglio di quanto mia madre abbia mai imparato a fare. Spesso sento la mancanza di ciò che mi preparava e che solo nonna Heiderose sapeva fare. E' un rumore che cattura la mia attenzione. Sollevo la testa di scatto verso la foresta, lì, sulla destra, quando scorgo una scia luminosa, quasi un guizzo di luce e una testa bionda fare capolino da dietro il tronco di un albero.
Scuoto la testa, ritornando alla realtà.
Nonna Heiderose sta rientrando in casa, io addento il panino e guardo il gattino che ora si sta leccando la piccola zampetta. Sposto Giuseppe con uno scatto del braccio, producendo un rumore sordo ma udibile, poi mi accuccio contro il tronco dell'albero, nascondendomi da me stessa che ha sicuramente sollevato lo sguardo in questa direzione.
Io mi sono già vista, in passato.
Ricordo un movimento dietro un albero.
Ricordo la curiosità che ho provato ma che non ho potuto soddisfare a causa di mia nonna che mi chiama per il pranzo.
"Rose!" urla infatti la nonna e già mi immagino mettermi in piedi e correre all'interno della casa. Nonno Friedrik non c'è più da tanto tempo, ormai. I miei genitori mi hanno detto che se n'è andato quando avevo solo pochi giorni. Da quel momento, la nonna ha vissuto sempre da sola ed io ero la sua unica gioia, con la mia allegria e spensieratezza di otto anni.
Esco di nuovo allo scoperto, riprendendo Giuseppe per la manica. "Dobbiamo andare lì."
"Ma-"
"Devo." Lo tiro e iniziamo a scendere lungo il prato curato, scavalcando il recinto in legno. Mi sembra di star rivivendo i miei ricordi e sono felice, è tutto così reale adesso.
Mi accosto alla finestra, portandomi un indice alle labbra per fare silenzio. Finora abbiamo sempre affrontato viaggi drammatici in cui abbiamo rischiato la vita (ed io la testa, aggiungerei), vissuto un'esperienza bellica e chi più ne ha, più ne metta.
Questo è il primo viaggio nel tempo piacevole, per cui voglio godermelo fino in fondo.
Giuseppe si mette accanto a me, poi sporgo leggermente la testa per vedere al di là del vetro.
La mia versione in miniatura sta portando alla bocca un cucchiaio di minestra, la nonna ci sta ancora spargendo sopra il formaggio grattuggiato. La sua bocca articola parole che non riesco a sentire.
Vorrei rimanere così per sempre, per godermi ogni singolo attimo che - con il passare degli anni - ho perso di mia nonna e del bene che mi voleva.
Vi chiederete perché io non sia mai tornata qui, in Germania.
Perché questo è il XXVII secolo, un centenario a cui non sono ammessa nè associata. Altri Idonei di Nova Historia possono viaggiare in questi secoli, io no.
Mi è concesso solo il Novecento.
Eppure, grazie alla sventura di cui io e Giuseppe siamo protagonisti - e nonostante le situazioni negative che abbiamo attraversato - ho fatto più viaggi al di fuori del secolo attribuitemi che da quando sono entrata a Nova Historia.
Il che è tutto dire.
Se avessi potuto, sarei tornata qui, da mia nonna, nella mia terra natale prima che i miei decidessero di andarsene a Toronto.
Ho dovuto seguirli e se solo avessi avuto la minima possibilità di restare con nonna Heiderose, l'avrei tenuta stretta tra le mie mani.
Ora ricordo persino quando partimmo, la nonna che mi abbracciava così forte contro il suo petto per infondermi tutto l'affetto che da lì in poi non avrebbe più potuto dimostrarmi fisicamente.
Nonna Heiderose non è mai venuta in Canada, preferiva di gran lunga rimanere qui, nella sua piccola abitazione, in cui è rimasta anche quando il suo cuore ha ceduto alla stanchezza e alla vecchiaia.
Sorrido di fronte noi due, parlare tranquillamente. Le racconto degli strani capelli biondi che ho visto dietro il tronco, lei che annuisce e mi dice che è impossibile, a meno che qualcuno di Nova Historia non abbia deciso di riprendere la nostra zona.
Ero incantata dal lavoro, a quell'età. La nonna sperava potessi riuscire ad entrare in sede, così come mio nonno aveva fatto ai suoi tempi.
Giuseppe si avvicina al mio orecchio. "Eri carina, sai?"
Sorrido, continuando a guardare verso il vetro. "Sembravo una bambolina svedese."
"Nah" mi dice lui, accarezzandomi dolcemente una spalla con la mano. "Sembravi Heiderose Berger, solo versione minuta."
Sento le guance tirare per il sorriso. E' un suo modo per dirmi che sono carina? In tal caso, non so che dire, per cui non distolgo lo sguardo da mia nonna.
Quando vedo me stessa scattare in piedi, mi giro e prendo Giuseppe, tirandomelo sul retro della casa e appiattendoci contro il muro.
La piccola Heiderose sfreccia via, passando accanto alla casa, scavalcando il recinto e andando verso il gregge che sta ancora pascolando. Il pastore è un caro amico di famiglia che spesso mi fa guidare il gregge lungo la valle.
Ne approfitto e ritorno nella parte anteriore della casa, fermandomi vicino la porta di ingresso. Sento nonna trafficare con le stoviglie, appoggiandole nel lavandino e sparecchiando la piccola tavola.
Ricordo alla perfezione le sue abitudini.
Laverà i piatti, li metterà a gocciolare sulla griglia e poi andrà a letto per un leggero riposino durante la mia assenza.
"Cosa pensi di fare?" mi dice Giuseppe, afferrandomi il mento e facendomi girare nella sua direzione. Le nostre labbra distano qualche centimetro.
"Voglio andare da lei."
Lui sgrana gli occhi. "Sei diventata scema di colpo? Non puoi! Già hai rischiato di farti vedere dalla te stessa piccola, non puoi andare da tua nonna così, dicendo semplicemente "Ciao nonna, sono la Rose del futuro!""
Alzo gli occhi al cielo e mi libero dalla sua presa. "So quello che faccio. Ho fatto così con la piccola Rose semplicemente perché ricordavo di aver visto un lampo, all'epoca. Di conseguenza, ho riprodotto inconsapevolmente la stessa scena perché io sono già stata qui, Giuseppe! Nel passato io ho già scorto la me stessa del futuro!"
Solleva un sopracciglio. "Mi gira la testa."
Scuoto la testa, come a voler lasciar perdere. Sento un solletico alle caviglie e abbasso lo sguardo spaventata. Il gattino che la piccola Rose stava accarezzando si sta strusciando contro le mie gambe. Giuseppe si inginocchia a metà, accarezzando il pelo morbido del gatto.
"Ciao, piccolo" dice, sentendo il rumore delle fusa a contatto con la sua mano.
Un miagolio scappa dal suo piccolo musetto e sorrido di fronte la scena. Mi inginocchio e gli accarezzo la piccola testa pelosa, sentendolo vibrare al mio tocco.
Mi perdo a guardare le sfumature del suo pelo e quando mi getta addosso i suoi occhi azzurri dalla pupilla strettissima, ricordo il suo nome. Ha una macchietta scura intorno all'occhio sinistro, cinque baffi - due da una parte, tre dall'altra - e il nasino rosa. "L'avevo chiamato Macchia" dico, stringendo le labbra in un sorriso.
Giuseppe si rimette in piedi, portandosi dietro il piatto con il latte. "Caspita, noto che fin da piccola hai affibiato nomi di merda."
Spalanco la bocca, sgomenta. "Macchia e James sono dei bellissimi nomi!"
"James solo perché lo portavo addosso io!" mi fa l'occhiolino, poi gira intorno all'angolo dell'abitazione, attirandosi dietro il gattino con il piatto di latte in mano. Mi metto in piedi, scuotendo la testa e lasciando uscire uno sbuffo dalle labbra.
Mi porto una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio e mi giro.
Ma mi immobilizzo di colpo.
Il collo mi si irrigidisce, le mani diventano fredde e il respiro mi si smorza.
Stringo le labbra ingoiando a vuoto.
Nonna Heiderose è uscita di casa. Ha il grembiule tra le mani per potersele asciugare, gli occhi azzurri puntati su di me e il corpo immobile.
Non so che dire, cosa fare.
Nonna lascia piano il suo grembiule, stendendoselo per rimuovere le pieghe, poi si prende le mani tra loro. "Rose" dice con la sua voce acuta e le palpebre mi tremolano. Tenta di farmi un sorriso, gli occhi le si sono leggermente arrossati e una folata di vento fresco le tira i capelli sfatti sulla fronte. Se li appiattisce con un rapido gesto. Poi stende una mano verso di me, con le dita storte per l'artrosi e le mani incallite dal troppo lavoro. Ha una piccola bruciatura sul dorso, di un tenue color chiaro tipico della nuova pelle. "Sei proprio tu" continua, e davvero, non so come rapportarmi a tutto ciò. Fa un passo verso di me, incerta. Allunga la sua mano e afferra delicatamente la mia, esaminandola. Me la stringe tra le sue, umide di acqua. Tira su con il naso. "Sì, sei la mia Heiderose." Mi tira a sè e mi trascina dentro casa, chiudendomi la porta in legno alle spalle. Solitamente la lasciava sempre aperta perché non aveva paura di niente, era troppo distante dalla città per temere che qualcuno potesse entrare e derubarla. Piano, mi si accosta e mi stringe a sè in un abbraccio ricco di affetto. Le lacrime mi scivolano sulle guance e mi aggancio alla schiena di mia nonna, stringendola con le dita. E' davvero qui, tra le mie braccia. Sono molto più alta di lei, adesso. Mi arriva poco sopra il seno. La sua tempia sfiora il mio mento e i suoi capelli mi provacano un po' di solletico. La sento singhiozzare, poi si scosta e mi appoggia una mano sulla guancia, accarezzandomi con dolcezza. Una lacrima l'è finita accanto alla narice. "Lo so che sei tu. Ce l'hai fatta a tornare da me."
La pelle mi si ricopre di brividi e la stringo di nuovo al mio corpo, sentendomi sciogliere. Il cuore, adesso, mi batte forte contro il petto. Tiro su con il naso. "Tu-" dico con voce rotta. "-sapevi?"
Si stacca da me annuendo. Si avvicina ad una mensola, afferrando tra le dita una specie di auricolare che si infila nell'orecchio. Poi, si accomoda al tavolo, indicandomi con la mano la sedia su cui la piccola me è stata seduta fino a dieci minuti fa. Nonna si accomoda su quella di fronte, appoggiando le mani sul piano in legno e incrociando le dita.
E' una scena così surreale.
Chi l'avrebbe mai detto.
"Ho sempre saputo che ce l'avresti fatta ad entrare in Nova Historia. Mi chiedevo semplicemente quando saresti arrivata, perché sapevo saresti tornata qui."
"E' una storia stravagante, nonna" dico, asciugandomi con uno scatto della mano le lacrime sulle guance. "Io sono stata assegnata al Novecento, non sarei mai potuta venire."
"E cosa è cambiato?" mi chiede lei, inclinando leggermente il capo. "Se sei qui, nel XXVII secolo, allora qualcosa sarà successo. Non sei mai stata un tipo che trasgredisce le regole, figuriamoci quelle rigide di Nova Historia."
Annuisco, stringendo le labbra. "Il fatto è che.." Dovrei dirglielo?
No.
Non posso.
Però..
Ormai il danno l'ho fatto, a questo punto lo miglioro.
"Il fatto è che in uno dei miei viaggi ho conosciuto un ragazzo con cui ho parlato. Era incuriosito da me, ha iniziato a inseguirmi quando andavo alla ricerca di un arco sotto cui smaterializzarmi. All'ultimo istante si è aggrappato alla mia caviglia e l'ho trasportato con me a Toronto. Non ricordava nemmeno più chi fosse."
Nonna annuisce, stringendo le labbra. "Quindi?"
"Io e il mio Ricevitore, Nicholas, ci siamo accordati per riportarlo indietro ma l'arco metallico ha subito dei danni perché non è mai stato abituato a trasportare più di una persona. Nicholas ha provato ad aggiustarlo più volte, ma ci siamo ritrovati sempre catapultati in un'altra era, diversa e lontana anni luce da quella da cui il ragazzo proviene."
Nonna si guarda intorno, poi allunga la testa per vedere alle mie spalle. "E' lui?" dice, indicandomi la porta d'ingresso. Mi giro e noto una testa sbucare dalla finestra accanto alla porta. Giuseppe è lì che mi spia e appena nota che lo stiamo guardando, si abbassa come un bambino colto sul fatto. Scuoto la testa, rigirandomi verso la nonna. "Sì, è lui."
"Entra, giovanotto!" urla nonna Heiderose ed io mi tappo le orecchie, sorridendo.
Giuseppe abbassa la maniglia e fa capolino all'interno dell'abitazione. "Sono mortificato-"
"Zitto e vieni qui!" dice la nonna, indicandogli la sedia accanto a me. Giuseppe si richiude la porta alle spalle, guardandosi attorno nella piccola casetta. "Siediti accanto alla mia nipotina."
Lui annuisce e si siede vicino a me, stringendo le labbra."Ehm.."
"Dove eravamo rimaste?" dico, per smorzare il suo disagio. Mi illumino di colpo. "Ah, già. Al fatto che siamo finiti sempre da tutt'altra parte rispetto alla nostra destinazione. L'arco si rompe sempre nel mezzo del nostro viaggio e quindi ci materializziamo un po' dappertutto. Siamo finiti nell'Antico Egitto, in Francia durante la Rivoluzione Francese, nell'Italia degli anni Quaranta-"
"Da dove vieni tu?" chiede mia nonna guardando il mio compagno di viaggio in questa corsa fuori dal tempo.
Giuseppe si schiarisce la gola. "Oh. Ehm, dalla Puglia, signora. Sud Italia. Più precisamente da Brindisi. Sono un partigiano."
Nonna annuisce, poi si lecca piano le labbra per inumidirle. "E il tuo nome è..?"
"Giuseppe. L'ho ricordato, almeno."
"Sì" dico, iniziando a gesticolare con le mani. Poi mi blocco, indicando prima Giuseppe poi mia nonna. "Un attimo solo... Tu parli tedesco, nonna. Come- come fate a capirvi?" Mi giro sgomenta verso il mio nuovo amico. "Non dirmi che sai anche questa lingua, altrimenti ti do un pugno in testa."
Lui solleva le mani, scuotendo il capo, poi nonna richiama l'attenzione su di sè. "Rose" dice, indicandosi l'auricolare. "Non dimenticare che ho questo."
"E' il cip del nonno?" chiedo con tanto di occhi.
Lei annuisce. "Tranquilla, l'ho fatto igienizzare." Giuseppe scoppia ridere, poi si schiarisce la gola, ritornando composto e in silenzio. "Comunque.. Rimane il fatto che siete arrivati qui e il signorino qui presente ha ripreso parte della sua memoria."
"A dire il vero" dice Giuseppe, facendomi girare verso di lui. "L' ho ripresa tutta."
Sgrano gli occhi. Gli do un spintone con la spalla. "E non mi dici niente?"
Scuote le spalle. "Eri impegnata con tua nonna, non volevo interrompere quest'incontro unico, per te."
Nonna sorride, mordendosi il labbro inferiore. "Va bene, dai. Almeno questo è finito bene."
"Sì, ma non siamo ancora a destinazione."
Nonna si mette in piedi, facendo strisciare la sedia. "Non fa niente, l'importante è che siate vivi e stiate bene. C'è altro che potrebbe contare, al momento?"
Mi giro a guardare Giuseppe e lo vedo composto sulla sua sedia. Annuisce un poco con la testa, poi la abbassa, guardandosi le mani.
Nonna si avvicina alla cucina, tirando fuori una pentola da un mobile all'angolo. "Dimmi, fiorellino, cosa vorresti che ti cucini?"
Scuoto la mano. "Davvero, nonna, non fa-"
"Devi mangiare, Rose. Scommetto che l'ultima volta che avete mangiato è stato nell'Avanti Cristo."
Alzo gli occhi al cielo. "A dire il vero, a Torino."
"Fa nulla, adesso nonna ti cucina qualcosa di cui hai sentito la mancanza. Allora" dice, mettendo l'acqua nella pentola e accendendo il fornello. Si gira a guardarci. "Cosa vorreste?"
Un'ora e una doccia dopo - insieme anche a dei nuovi vestiti e alla biancheria pulita - siamo seduti al tavolo, con il piatto di pasta ormai svuotato e la pancia finalmente piena.
"Era buonissimo, signora!"
"Nonna, davvero, io non ho parole. Assaporare di nuovo questa minestra dopo non so quanti anni è stato meraviglioso."
"Ti do la ricetta, se vuoi. Tua madre non è mai stata brava a cucinare, ma forse tu ti destreggi meglio."
Giuseppe scoppia a ridere, zittendosi poi mentre si pulisce la bocca con il tovagliolo. "Signora, Rose non cucina a Nova Historia. E' uno strano apparecchio elettronico che le da il cibo ogni volta che vuole, o addirittura va in mensa!"
Lo schiaffeggio, girandomi verso la nonna. "Però posso sempre iniziare!" dico con un sorriso.
Nonna scoppia a ridere, poi si affaccia alla finestra. "La piccola te è ancora con il pastore, non tornerà prima che il sole tramonti. Riposatevi, sarete stanchi."
"Signora, ha già fatto tanto per noi" dice Giuseppe, indicandosi gli abiti di mio nonno che ha addosso. Non gli stanno poi male.
Vabbeh, diciamo anche che qualsiasi cosa Giuseppe abbia addosso gli sta da dio.
"No, dormite e approfittate dell'assenza della piccola Rose, l'unica che non potete incontrare."
"Davvero?" chiede Giuseppe.
Annuisco. "Non possiamo incontrare noi stessi piccoli, è contro la legge."
Giuseppe fa una smorfia. "Non dirmi che non hai mai trasgredito nulla" dice, sarcasticamente.
Faccio un vago gesto della mano. "Non c'entra niente, se vedo me stessa piccola, potremmo smaterializzarci per sempre. Io smetterei di esistere."
"Già" conferma nonna. "In ogni caso, andate di sopra. C'è un letto matrimoniale. Su, su!" comanda a bacchetta. Ci alziamo dal tavolo e ci avviamo verso la piccola scaletta di legno. Giuseppe procede prima di me. Prima che possa salire al piano di sopra, nonna mi blocca tenendomi per il braccio. "Comunque, Rose.." inizia, stringendo le labbra in un sorriso. "Ho capito benissimo che quel ragazzo ti piace, nonostante tutte le leggi e le situazioni che possano impedirlo."
"No, nonna. Giuseppe non mi piace. E' attraente, ma ciò che provo per lui è solo immensa gratitudine. Mi ha salvato più volte."
Nonna scuote la testa. "Nonostante tu possa viaggiare nel tempo in un battito di ciglia, non sono nata ieri, tesoro mio. So che nei tuoi occhi, quando lo guardi, non c'è solo gratitudine. Non riuscirai mai a convincermi del contrario, sebbene tu stia provando già a farlo con te stessa, non è vero?"
Ingoio a vuoto. "Non credo."
Nonna scuote nuovamente la testa. "Va' a dormire, dai. Ti aspetta."
Si stacca dal mio braccio e ritorna verso il fornello per pulirlo, così mi arrampico sulle scale e trovo Giuseppe addormentato sul letto, con i nuovi abiti addosso e la bocca schiusa.
Stringo le labbra.
Provo solo gratitudine, vero?
N/A
Ovviamente quest'evento storico è puramente inventato da me :)
Rose rivede sua nonna in Germania, nel suo Paese natale, ed inizia a sentire qualcosa per Giuseppe.
Gratitudine? :-))
Nonna Heiderose capisce subito il perché sua nipote sia lì e spero sia chiaro 1) il perché Rose non sia andata a trovarla prima e 2) il fatto che lei non si faccia vedere dalla se stessa piccola. Rose ricorda di aver visto qualcosa in passato, per questo motivo si nasconde dietro l'albero, facendo così rimanere i suoi ricordi nitidi ed immutati :)
Se qualcosa non vi é chiaro, chiedetemi quello che volete! ❤
Un bacio e alla prossima!
Lasciatemi qualche commento e continuate a votare :)
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