Alessandria D'Egitto

Avete presente quello stato emotivo in cui tutto sembra vacillare, quasi come se voi foste in bilico su una corda allungata a mo' di pratica circense?
Tutto sembra non quadrare, vi sentite spaesati e incerti praticamente su ogni cosa.
Bene, immaginate ora che tale vacillamento sia reale, che voi siate davvero in bilico e spaesati di fronte qualcosa che non vi appartiene e a cui non c'è niente che vi tiene legati.
Chiudete gli occhi.
Pensateci.
E potrete capire lo stato in cui io e James praticamente ci troviamo.

Una landa deserta - e non intendo metaforicamente - ci circonda, la sabbia bollente emana il calore con cui il sole la colpisce e i raggi ci investono in pieno.
C'è un silenzio surreale, solo dei leggeri soffi di vento caldo che sollevano ondate di sabbia che ci impiastriccia e secca la pelle scottata dal sole.
James si è tolto la giacca di dosso e la sta usando a mo' di riparo, ombrando il suo viso, mentre io non posso fare a meno di utilizzare le mani a visiera.
"Mi sto sciogliendo" dico, mentre camminiamo. I piedi affondano nella sabbia bollente e risulta persino più difficile e stancante camminare.
James mi lancia la sua giacca che prendo al volo, bloccandosi per sfilarsi la canotta che gli ha coperto il dorso fino a qualche secondo fa. Se la allunga sulla testa per ripararsi, indicandomi con un gesto del capo la giacca che mi ha lanciato . "Usala per coprirti la testa. Se dovessi prendere un'insolazione, non saprei come fare per aiutarti."
Mi copro con la giacca verde scuro di James, ringraziandolo. Riprendiamo a camminare ma di fronte a noi si staglia una duna così alta che le goccioline di sudore mi scendono con una durezza maggiore contro le tempie al solo pensiero di arrampicarmi su di essa.
"Ma dove siamo finiti?"
"Ah non saprei" dico, sarcasticamente. "A vedermi intorno, sicuramente in una grande metropoli."
James si ferma al mio fianco, con l'affanno e il collo reso lucido dal sudore che inumidisce la nostra pelle. Sono convinta di avere degli aloni sia sotto le ascelle, sia tra le cosce. Preferisco, però, non esaminarmi.
James affianco a me è a petto nudo, i muscoli tesi e il petto che si alza e abbassa rapidamente. Le sue braccia piegate sopra la testa mantenendo la canotta mettono in bella vista i bicipiti contratti.
Ingoio a vuoto.
"Intendo" dice lui, scusandosi, "in quale tempo."
"Inverno."
"Smettila, Heiderose."
"Ehi!" dico, voltandomi totalmente verso di lui. "Non chiamarmi così."
"Perché no? Ho saputo che è il tuo vero nome. Nicholas ti chiama così quando ha paura o ti riprovera. Mi sbaglio?"
"Quoto il ragazzo" dice Nicholas al mio orecchio, ma poi ammutolisce di nuovo.
"Non lo sopporto."
"Perchè mai? E' così singolare" dice, puntando i suoi occhi scuri nei miei azzurri.
Una folata di vento caldo mi sposta i capelli biondi e me li fa finire in bocca. Inizio a sputacchiare come una cogliona.
"Perché nessuno lo sa pronunciare bene e poi anche perché mi piace molto di più il diminutivo. Hanno voluto chiamarmi Heiderose come mia nonna."
"Anche da me il nome si tramanda da nonno a primo nipote maschio!" esulta James, poi sgrana gli occhi improvvisamente ed io sorrido a trenta due denti.
"Te lo ricordi?!" chiedo.
James nasconde un sorriso sulle sue labbra. "E' stato un flash, non pensavo fosse qualcosa di vero!"
Mi avvicino a lui e gli appoggio una mano sul bicipite - woah. "Magari è accaduto lo stesso per il francese, piccoli flash che pian piano ti fanno ricordare qualcosa di te."
"Spero tu abbia ragione, Heiderose."
Alzo gli occhi al cielo, poi mi stacco da lui e indico la duna. "Ora" dico, prendendo un ampio respiro. "Diamoci da fare."
Riprendiamo a camminare e la salita è più dura di quanto abbia pensato. Le gambe mi tremano e il respiro è accelerato. Ho bisogno di aria e la gola mi si è seccata.
Oddio, non posso pensarci.
Altrimenti mi verrà sete e non ho acqua a disposizione.
Acqua...
Troppo tardi.
"Ho sete!"
"Tanto piacere!"
"Dico sul serio, James!"
Lui si blocca in mezzo alla salita, guardandomi con gli occhi socchiusi e le guance sollevate in una smorfia di fastidio. "Ora te la fabbrico, aspetta un attimo" dice, trafficando scherzosamente con il bottone dei suoi pantaloni.
"Idiota" dico, riprendendo a camminare.
Mancano cinque metri alla cima, posso farcela.
Passo dopo passo.
Imprecazione dopo imprecazione.
Tre metri.
"Rose, notizie da Nicholas?"
Due metri.
"No."
"Okay."
Un metro.
James si mette al mio fianco e rimaniamo fermi a guardare quanto ci stia di fronte.
Abbiamo vagato a vuoto per non so quanto tempo, non sapendo quale strada intraprendere, sotto il sole, senza acqua e con i vestiti fradici di sudore addosso.
L'unica cosa che si presenta ai nostri occhi è un palazzo.
Un castello altissimo tutto rifinito in oro, con le cupole a punta e delle scritte lungo le mura color ocra. C'è diversa gente di fronte l'imponente apertura, eppure tutto sembra così antico, quasi come se fosse l'insorgere di una grande potenza.
Attivo il display e riprendo quanto ci stia attorno, quando la voce di Nicholas irrompe nel mio timpano. "Rose, ho capito tutto."
"Ebbene?" dico a voce alta.
James si volta. "Ce l'hai con me?"
Scuoto la testa.
La voce di Nicholas mi fa immobilizzare. "Non vorrei dire, ma qui siamo fuori dalla nostra portata."
"Sii più preciso, grazie."
"Rose, siete nel 48 a.C."

"No, ma dimmi. Non è possibile, vero? Cioè no, proprio no."
"Com'è possibile siamo tornati così indietro? Qui non parlano nemmeno la nostra lingua, non hanno una scrittura normale, nè hanno i nostri princìpi! Se ci vedono, ci uccidono."
"Grazie, James, sei molto d'aiuto."
"Dobbiamo camuffarci lì, in mezzo a quella gente e prendere i vestiti di lino" propone lui, indicando la folla ai piedi della duna. "E ci conviene sbrigarci, prima che ci vedano e notino la nostra stranezza."
"Lo strano, al massimo, sarai tu."
"Un partigiano e una scienziata del futuro. Sì, dai, una coppia come un'altra." Si infila di nuovo la sua canotta mentre io mi allaccio la sua giacca in vita. Mi prende per mano e iniziamo a scendere lunga la duna, ma poi io inciampo e lo tiro a me, iniziando a rotolare sulla sabbia bollente. Fortunatamente, non ci sono sassi in giro. "Sei proprio una schiappa." Stringo i denti e mi rimetto in piedi, spazzolandomi la sabbia di dosso. James, però, interrompe il mio movimento. "No, ferma. La sabbia camuffa il nostro abbigliamento. Nascondiamoci tra la folla, adesso" dice, tirandomi a sè.
E' un grande mercato quello che si presenta dinanzi a noi, con le bancarelle sparse un po' dappertutto, abiti in bella mostra e gioielli preziosi esposti su assi di legno. James mi tiene a sè, guardandosi attorno.
"E se rubassimo? Aladdin ci è riuscito."
James si volta a guardarmi, sollevando un sopracciglio. "Chi?"
Scuoto la mano per fargli intendere di lasciare perdere.
"Comunque no, non possiamo. Vedi?" dice, accostando la sua bocca al mio orecchio. "Siamo circondati da guardie. Si nascondono dietro le tende, con le armi al fianco e i turbanti in testa."
Annuisco, rabbrividendo al sentire il suo respiro vicino alla mia pelle accaldata - per l'alta temperatura, si intende.
James stringe la mia mano e mi fa girare in una via, facendomi passare in mezzo a due bancarelle di pesce fresco. Si ferma di botto di fronte ad un'impalcatura interamente coperta da veli svolazzanti. La riprendo con il display, poi la voce di Nicholas mi esplode nell'orecchio. "Un Harem!"
"Cosa?" chiedo incredula. "Un Harem?"
James capisce al volo e sorride. "Lì sì che troveremmo dei vestiti."
Guardo il partigiano sciogliere la presa dalla mia mano e correre verso il retro della struttura. Sbuca da un angolo con dei tessuti in mano. "Bingo" mima con le labbra.
Mi avvicino lentamente, sentendo urla eccitate e sospiri provenire dall'Harem che sto affiancando. La pelle mi si ricopre di brividi.
"Guarda" mi dice James, indicando un tappeto su cui sono addossati tutti gli abiti di chiunque sia all'interno della struttura. "Ovviamente sono femminili, ma comunque.." Ne afferra qualcuno e me lo lancia. "Indossalo."
"Stai scherzando, spero."
Vedo lui che si slaccia subito la cintura del pantalone e sbianco. "Oddio."
"Fallo, non ti vedrò mentre ti spogli."
"No, no, è solo che..."
Lancia la cintura per terra e afferra un gonnellino bianco. Lo strappa in due e poi annoda le due parti in modo da creare un gonnellino maschile. Sfila un cinturino dorato dalla sfilza di abiti e si circonda la vita, accarezzando i suoi muscoli scolpiti. Ingoio a vuoto.
"Muoviti, prima che qualcuno esca." Prende i suoi abiti in braccio, superandomi e mettendoli a schermaglia. "Hai cinque minuti."
Mi spoglio rapidamente, rimanendo solo in intimo. Sento il tintinnio delle monete risuonare nelle tasche del pinocchietto e le sfilo, infilandomele nel reggiseno, insieme all'orologio intertemporale che mi fa diventare una tetta più grande dell'altra. Infilo alcuni bracciali al polso dove si trova il display per mascherarlo.
"Rose, disattiva il display, per favore" dice Nicholas, e all'improvviso avvampo. Lo spengo subito, dopodiché abbandono i miei abiti per infilare quelli di una ragazza - a giudicare dalla misura - molto magra. Infilo il vestito, legandomi il cinturino dorato in vita e mettendone uno tra i capelli. Il tessuto è fresco contro la mia pelle.
"Mi sto girando" dice James, per avvertirmi. Riattivo il display e ammiro James con i suoi vestiti in braccio mentre recupero i miei.
"E adesso?"
"Bruciamoli."
Si avvicina ad un fuoco poco distante appartenente ad un uomo che sta parlando con una guardia poco più in là. Sul tappeto per terra sono disposti in ordine i pesci da cuocere. Appallottoliamo gli abiti e li gettiamo nelle fiamme, ma non aspettiamo di vedere il fuoco divorarli. James mi riprende la mano e sgattaioliamo via, riprendendo a camminare come due.. "Sembrate proprio degli Egiziani" mi dice Nicholas nell'orecchio. "Tranne te, Rose, bianca come un morto. Nessuno era biondo all'epoca. Rimediate delle parrucche scure."
Avviso James qualche secondo prima che una guardia si blocchi dinanzi a noi, squadrandoci. Ha la matita sugli occhi - il kajal - le labbra strette e la lancia e lo scudo appesi alla schiena.
"Cosa cercate?" chiede, e riesco a capirlo solo perché ho il cip nell'orecchio. James stringe la mia mano.
"Copricapo" mi suggerisce Nicholas.
Guardo la guardia negli occhi. "Il copricapo e il.." mi indico gli occhi struccati. L'uomo annuisce, facendo scuotere il proprio caschetto scuro, poi indica una bancarella alla sua destra. "Lì."
"Grazie." Tiro James e gli traduco quanto la guardia mi abbia detto.
Riusciamo a recuperare il parrucchino e il kajal che ci viene definito da una ragazza dai lunghi capelli neri tenuti legati e un fermaglio d'oro incastrato tra essi. Ho paura possa graffiarmi l'occhio. La palpebra mi trema. La ragazza mi poggia un dito sulla guancia. "Rilassati, o potrei ciecarti."
Ingoio a vuoto, rimanendo immobile. Quando sento lo stilo abbandonare il mio occhio, li riapro e mi giro a guardare James, con il parrucchino che gli sfiora il mento e gli occhi contornati dall'eye liner.
"Come sei sexy" gli dico e lui alza gli occhi al cielo.
La fanciulla ci congeda e ci lascia andare.
"Il problema sono i tuoi occhi" mi dice James.
"Il kajal mi sta male?"
Si lascia andare ad un sospiro rassegnato. "No. Anzi, ti sta benissimo." Sorrido al complimento, "Ma i tuoi occhi sono azzurri, quando invece qui, tutti ce li hanno marroni."
"Magari potrei aver preso da mia madre, no?"
"Inventati qualche scusa" mi dice, prima che una ragazza mi venga incontro e si aggrappi al mio braccio. Alle sue spalle, il portone del palazzo è spalancato.
"Finalmente sei arrivata!" urla.
"Cazzo" dice Nicholas.
"E anche tu" continua la fanciulla, indicando James. "Servi per il cambio." Poi mi tira all'interno del palazzo mentre James rimane fuori circondato dalle guardie. Lo cerco con lo sguardo e spero davvero con tutto il cuore che non dica nè faccia qualcosa di sbagliato.
"Non dovete separarvi, Rose! Io sto facendo di tutto pur di aggiustare l'arco, ma tu e James dovete rimanere insieme!"
Non posso rispondergli, la ragazza mi è troppo vicina. Superata la prima porta, mi conduce sotto un arco d'oro che segna l'entrata del palazzo. Vi sono diverse pitture sulle pareti, insieme ad incisioni geroglifiche e disegni animaleschi.
La giovane mi scorta lungo il corridoio buio, tirandomi ancora per il braccio. "Mi fai male."
"Scusami, ma la regina esige il cambio di dama."
Sollevo un sopracciglio. "La regina?"
Lei annuisce, bloccandosi di fronte ad una tenda di velo bianco. "Mi raccomando, rispondi a qualsiasi cosa lei ti chieda."
"Ma come-" Non riesco a finire di parlare, che lei mi da in mano una specie di antico ventaglio e mi spinge oltre la tenda. Il sole illumina l'ambiente, le tende candide svolazzano in aria e la regina Cleopatra è stesa nella sua vasca da bagno, interamente immersa nel latte.
Il candore del liquido si scontra con la sua pelle scura, gli occhi sono chiusi e contornati dal kayal nero, i capelli corti tenuti ordinati fin sotto il lobo delle orecchie e il diadema dorato con il serpete in fronte infilato fin sulle tempie. Quando entro nella stanza, apre gli occhi e mi inchioda sul posto. Le altre dame le stanno sventolando vicino il ventaglio, con movimenti inflessibili e sempre uguali. "Vieni avanti" mi invita e un minuscolo sorriso le increspa il viso. Mi indica il tappetino ai piedi della vasca e mi dice di inginocchiarmi lì. "Era ora che arrivassi."
"Davvero?"
"Sì, ho bisogno di un consiglio."
Inizio a sventolare il ventaglio, sbattendo le ciglia. "Mi dica, Maestà."
Chissà cosa starà facendo James...
"La scorsa notte sono stata beata della compagnia di Giulio Cesare" inizia Cleopatra, chiudendo gli occhi e sfiorandosi le membra bianche di latte. "E' così forte, audace, intraprendente.. Pensavo semplicemente di sedurlo, ma quello che abbiamo fatto stanotte mi è piaciuto più di quanto avrebbe dovuto."
Ingoio a vuoto, sorridendole. "Sono felice ne siate stata appagata, Vostra Grazia."
"Ma.." dice, sollevando un indice e aprendo gli occhi di scatto, puntandoli su di me. Prima di continuare mi squadra. "E quegli occhi?" mi chiede. "Perché sono azzurri?"
"Mia madre, Maestà, è di origine romana. Ma ha vissuto qui da sempre."
La regina annuisce. "Comunque, nonostante Cesare sia stato appagante, non posso togliermi dalla mente quei fantastici occhi, quelle braccia muscolose, quel petto tonico e quei capelli neri come la pece.."
Sventolo il ventaglio, rimanendo in silenzio. Cleopatra mi guarda, stringendo le labbra in un sorriso. I suoi occhi, con il trucco, sembrano enormi. "Non posso togliermi dalla testa Marco Antonio. Quello che Cesare mi può offrire è più di quanto tu possa immaginare, mia dolce dama, ma l'amore di Antonio non può essere eguagliato da nessuna ricchezza materiale."
Sorrido, continuando a filmare tutta la scena.
"Che documenti preziosi" mi dice Nicholas, nell'orecchio.
Quant'è bello studiare la storia da questo punto di vista, da questi dettagli che fanno la differenza. Chi l'avrebbe mai detto che io e Cleopatra saremmo finite per diventare consulenti di flirt?
"Lasciatevi tra le sue braccia, Maestà" dico, leccandomi le labbra. "Non abbandonate ciò che il vostro cuore vi chiede di seguire."
"Ma Cesare.."
"Antonio è nato per stare con voi, Vostra Grazia. La vostra potenza e la vostra magnificenza già la vedo risplendere nel futuro.." Così come la vostra morte, aggiungerei, ma mi sto zitta.
"Osi denigrare Cesare dinanzi a me?" dice Cleopatra, alzando il suo tono di voce.
Sgrano gli occhi. "Certo che no, Sua Maestà. Sono due uomini importanti e ricchi di passione da offrirle. Il mio è solo un suggerimento" tento di dire, imponendomi un tono di voce sicuro.
Cleopatra appoggia le mani ai bordi della vasca in oro, guardando poi le sue altre dame. "Siete d'accordo?" chiede, vedendole annuire.
Sorrido. "Solo il meglio per la nostra regina" dico, sventolando il ventaglio. Cleopatra sorride, poi schiocca le dita. "Ehi voi" chiama due ragazze che stanno preparando degli oli da spalmare. "Voglio uscire dal mio bagno." Si gira a guardarmi. "Grazie del consiglio."
Abbasso il capo con rispetto, poi vedo le altre dame appoggiare il ventaglio contro il bordo della vasca ed uscire dalla stanza. Le imito e, una volta fuori, corro più velocemente che posso per ritrovare James. Passo attraverso l'arco dell'ingresso, trovandolo inginocchiato per terra e con un panno di lino stretto in mano. Lo strofina contro il pavimento, ripulendolo dalla sabbia in eccesso. Mi inginocchio al suo fianco, appoggiandogli una mano tra le scapole. Quando gira la testa, il caschetto scuro gli accarezza il mento e l'accenno di barba. "Grazie a Dio" dice, lasciando il panno e mettendosi seduto. Si stiracchia le braccia. "Non ho capito niente di quello che mi hanno detto, ma sono sicuro abbiano pensato fossi uno schiavo."
"Ragazzi!" urla Nicholas. "Trovate un arco, subito!"
"Andiamo!" dico, prendendo la mano di James e facendolo mettere in piedi. I suoi occhi contornati dalla matita nera mi guardano. "Troviamo un passaggio."
Lo trascino verso l'entrata del palazzo a forma di arco e aspettiamo mano nella mano.
"Inserisco le coordinate!" ci avvisa Nicholas, poi la presa di James si fa più stretta intorno alla mia mano.
Sarà la volta buona?

N/A
Devo dire che questo capitolo mi piace particolarmente.

Ovviamente i due ragazzi non arrivano a destinazione ma, anzi, tornano più indietro nel tempo di quanto abbiano mai potuto immaginare.

La scena di Cleopatra è inventata, l'ho scritta così per renderla più piacevole, ma a quel tempo era davvero ammaliata da Cesare, tanto che instaurò una relazione che la porterà ad avere anche un figlio da lui. Dopo la morte di Cesare incontrerà Marco Antonio (presumibilmente nel 42) ed entrambi vanno incontro ad un tragico destino (non ovviamente legato a questioni di cuore ma a causa della politica e dei conflitti del tempo). Quindi i due uomini non si contendono la donna, ma ho organizzato la scena per renderla più "romanzesca", per intenderci hahahah

Lasciatemi commenti, aspetto le vostre impressioni.
Dove credete possano andare adesso?
Sappiate che il prossimo capitolo è uno dei miei preferiti e "forte" dal punto di vista emotivo. O meglio, ci spero.

Un bacio e alla prossima! 💜

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