6. telepathy
tmr
Mi guardo allo specchio. Forse ho dodici anni, forse tredici. Sono triste, lo percepisco. Non percepisco il perché, però.
«Per me non è giusto» dice la mia voce, leggermente più acuta di come la ricordo. Mi volto dal lato opposto dello specchio, vedendo un ragazzo seduto su un letto disfatto. Ha in mano un tablet, sembra che stia giocando a qualche gioco che non riconosco. È abbastanza annoiato.
«L'ho già capito, questo» afferma scocciato, mettendo via il tablet e guardandomi coi suoi penetranti occhi azzurri. Sospiro e mi siedo su un altro letto, che suppongo essere il mio.
«È inutile che fai il simpatico, Will. Dovrei parlare io telepaticamente con lui, perché non hanno scelto me?» La mia voce suona arrabbiata, ma sono sicura di essere triste per questa cosa. Mi stendo sul letto, guardando il soffitto: bianco, come ogni altra cosa in questa stanza.
«Anche io dovrei parlare telepaticamente con Rachel, invece ora stanno impiantando quegli affari nel cervello di come-si-chiama.»
«Aris» rispondo a Will, senza neanche guardarlo. Anche lui sembra triste, più che arrabbiato. Forse è addirittura sconsolato. Io no, io non mollo. Il ragazzo non mi risponde, così mi rimetto dritta e lo guardo. Lui già stava guardando nella mia direzione.
«Non mi piacciono questi nomi. Rivoglio il mio.» Sembro una bambina che piagnucola, ma mi rendo conto che in fondo lo sono. Sono solo una bambina, una bambina molto confusa. Will mi sorride appena, incurvando l'angolo della bocca. È troppo triste per essere un ragazzino in pre-adolescenza.
«Mi piace chiamarti Rebecca, ma davanti a loro non posso.» Sorrido alle sue parole, alzando le spalle.
«Newt lo fa.»
«Infatti Newt va sempre a letto senza cena.»
Scoppiamo a ridere entrambi, come se ci fosse davvero qualcosa di divertente. Sento il suono della mia risata, ma continuo ad essere triste. All'inizio per una, poi per due, poi per cento cose. Ma sento il suono della mia risata. Rebecca.
Aprii gli occhi di scatto, come ormai mi succedeva spesso. Sognare era diventato un must per me, ma ancor di più sognare e svegliarmi in preda al panico. Mi guardai attorno, accorgendomi che ero accanto al letto di Alby. Stava ancora dormendo dopo che gli avevamo iniettato il Dolosiero. Non era stato bello vederlo contorcersi e soffrire, ma per fortuna non era durato molto. Ero rimasta con Alby perché Jeff si era occupato di medicare Minho e me il giorno precedente, perciò mi ero offerta io di stare col nostro "capo" finché non si sarebbe svegliato. Clint, ormai diventato Intendente, era occupato a presiedere nell'Adunanza il cui oggetto era: che ne facciamo di quel pive di Thomas? Aveva superato la notte nel Labirinto e aveva di sicuro salvato la vita di Minho e Alby, ma aveva comunque infranto la sacrosanta regola numero uno.
Mi strofinai gli occhi con le mani, cercando di non pensare all'ennesimo sogno assurdo. Cercando di non pensare alla storia della telepatia, più che altro. Quando Thomas era tornato dal Labirinto avrei giurato di poterlo sentire nella mia testa, ma dopo avermi chiamata per nome non ha detto più nulla. Avevo pensato di essere impazzita, perciò non gli avevo chiesto niente. Non credo sarebbe stato carino presentarmi da lui dopo che era quasi morto per chiedergli hey, per caso mi hai parlato in maniera telepatica? Era assurdo, no?
Il rumore cigolante della porta che si apriva mi fece voltare istintivamente, temendo di dover prendere a calci Gally o qualche altro ficcanaso. Fui piacevolmente sorpresa di vedere Chuck sbucare da uno spiraglio, timoroso di darmi fastidio. Gli rivolsi un sorriso rassicurante, così aprì del tutto la porta e rivelò la sua figura bassa e grassoccia.
«Hey, Chuck-Chucky, tutto bene? Entra» lo invitai, muovendo un braccio. Lui sorrise e chiuse la porta, venendo a posizionarsi sulla sedia accanto alla mia, che prima dell'Adunanza era stata occupata da Newt.
«Volevo vedere come stava» mi disse, guardando Alby. Provai tenerezza per lui, perché era evidente che cercasse di nascondere il fatto che aveva paura. Era il più piccolo, apparentemente, ma voleva che la differenza d'età non fosse così evidente.
«Dorme, ma tra poco si sveglierà. Hanno finito l'Adunanza?» chiesi, visto che Chuck era rimasto dietro la porta ad aspettare che uscisse Thomas per tutto il tempo. Guardai il bambino, che scosse la testa.
«Ancora no. Ho solo visto Gally che usciva, poi è andato oltre le mura.» Sgranai gli occhi, incontrando quelli marroni di Chuck che mi sorrise divertito. «Non lo dovrei dire, ma spero che non torni.»
Scoppiai a ridere, perché la pensavo esattamente come lui. Con ogni probabilità voleva dimostrare che non era solo prerogativa di Thomas sopravvivere una notte nel Labirinto. Mi diedi uno schiaffo mentale per aver sperato che Gally non tornasse prima della chiusura delle Porte, ma ero certa che lui avrebbe pensato la stessa identica cosa per me, a parti inverse.
«Non lo dovrei dire, ma lo spero anche io» gli risposi, a bassa voce. Chuck rise ancora di più, scaldandomi il cuore. Chiunque ci avesse messo lì dentro come faceva a dormire sereno, sapendo di aver rinchiuso fra quattro mura un bambino tanto tenero? Avrei voluto proteggerlo ad ogni costo, da tutto quel dolore. Chuck provò a rispondermi, ma Alby si svegliò di soprassalto, facendo un gran respiro. Chuck sussultò, io mi avvicinai al mio amico per rassicurarlo.
«Alby, è tutto okay, sei al sicuro» gli dissi, mentre lui si guardava attorno e prendeva coscienza di essere nel Casolare. Lessi nei suoi occhi una paura che non avevo mai visto, prima di allora.
«Thomas» disse soltanto, facendo guizzare gli occhi da me a Chuck. «Devo parlare con Thomas.»
Guardai Chuck, facendogli cenno con la testa verso la porta della stanza.
«Va', vedi se l'Adunanza è finita.»
Il bambino fece come gli dicevo, scendendo dalla sedia e correndo verso le scale. Mi risedetti, tenendo la mano di Alby che la stringeva senza voler accennare a lasciarla.
«Adunanza?» chiese confuso, probabilmente ancora indolenzito per la Mutazione. Annuii, sporgendomi su di lui per darli una carezza sul braccio.
«Thomas è entrato nel Labirinto stanotte, ma ti ha salvato la vita. Se non l'avesse fatto non so se tu e Minho...» Lasciai la frase in sospeso, non volendo pensare a una fine. Non era successo, questo bastava. Alby sembrava contrariato, ma non disse niente.
«Tu sei riuscita a rientrare in tempo?» domandò, scandendo ogni parola come se gli costasse una fatica il solo parlare.
«Sì. Mi dispiace.»
«Non scherzare, non scusarti. Hai fatto bene.» Mi sorrise, stringendo più forte la mia mano. Fu in quel momento che Newt e Thomas entrarono dalla porta, con uno sguardo sollevato. Alby fissò gli occhi su Thomas, come se volesse incenerirlo. Che anche lui l'avesse visto durante la Mutazione? Mi tornarono alla mente le parole di Ben: ho visto cosa ti ha fatto.
«Devo parlare con Thomas e Sophie» disse Alby, guardando poi Newt. «Da solo.»
Newt passò da sollevato a arrabbiato in un attimo, guardando me, Thomas e Alby uno alla volta. Rise sconsolato, portando le mani sui fianchi.
«Anche io sono contento di vederti, amico» gli disse ironico, ricevendo indietro solo uno sguardo freddo da parte di Alby. «Va bene, ho capito. Se un altro Dolente ti pungesse, col cacchio che me ne starò tutta la notte a farti la veglia mentre ti contorci dal dolore.»
Non aspettò risposta e mi fece male vederlo ferito, ma la curiosità per quanto aveva da dire Alby mi scuoteva da dentro. Ci avrei pensato dopo a Newt. Gli avrei raccontato io tutto, tutto quanto. Lui per me l'avrebbe fatto. Thomas prese posto accanto a me, riluttante. Mi lanciò un'occhiata che ricambiai appena, prima di riportare lo sguardo su Alby. Fece un gran respiro, prima di iniziare a parlare.
«Vi ho visti. Ho visto tutti e due.»
Io e Thomas non fiatammo, la mia presa alla mano di Alby si allentò fino a lasciarla definitivamente. Mi aspettavo che avesse visto Thomas, come Ben e Gally. Ma io? Che c'entravo io?
«Intendi prima della Radura?» riuscii a chiedere, con la voce ridotta a un sussurro. Alby annuì impercettibilmente.
«Voi due, lui in particolare» disse, indicando Thomas. «Lavoravate insieme ai Creatori.»
Mille domande mi annebbiarono la mente, come fumo denso. La vista cominciò a sfocarsi, il cuore rallentò i battiti. Lavoravo per i Creatori? Io ero una di quelli che aveva contribuito a rinchiudere qui un bambino piccolo come Chuck? Non era possibile. Non era assolutamente possibile, non io, non avrei mai fatto una cosa del genere.
Sophie?
La voce nella mia mente esplose, costringendomi a saltare in piedi. Alby e Thomas mi guardarono confusi. Avrei voluto dare uno schiaffo al Fagio, chiedergli perché continuasse a parlarmi, ma poi capii. Questa volta non era stata la sua voce, era stata la voce della ragazza.
Soph, ti prego, vieni qui.
Quasi rischiai di inciampare nei miei stessi passi, mentre camminavo a ritroso verso la porta. Mi sembrava che qualcuno si fosse infilato nella mia testa e che grattasse con le unghie, costringendomi ad ascoltare cosa aveva da dire.
«Sophie, ti senti bene?» mi chiese Thomas, provando ad avvicinarsi. Alzai un braccio per mettere distanza tra me e lui e non farlo avvicinare. Io non potevo lavorare per i Creatori, lui avrebbe potuto. Non lo conoscevo, non avevo idea di chi fosse, era piombato qui e tutto era precipitato. Per quanto ne sapevo, poteva essere lui il cattivo della storia.
Sono nella stanza di fianco, vieni qui!
Uscii di fretta dalla camera, richiudendomi la porta alle spalle. La stanza di fianco? La stanza di fianco... Mi voltai, vedendo la porta semiaperta. Sbirciai dentro solo per avere conferma di quanto ricordavo: stesa nel letto c'era la ragazza nuova. Lei mi stava parlando telepaticamente? Entrai piano, per non svegliarla. Non c'era nessuno nella stanza e la cosa mi calmò. Non sapevo come avrei potuto spiegare tutto quello che mi stava succedendo a Clint o a Jeff. Mi avvicinai al suo letto per guardarla meglio, cosa che non avevo fatto da quando era uscita dalla Scatola: aveva dei lunghi capelli scuri che le arrivavano poco sotto le spalle, una corporatura sana e robusta, sembrava poco più alta di me. Era bellissima, ma non riuscivo a collocarla in un punto specifico della mia vita. Eppure, sempre quella stessa sensazione di familiarità.
Sophie, non riesco a svegliarmi.
Sobbalzai, anche se ormai mi stavo abituando a quella stranezza. Avrei voluto aprirmi il cranio e far uscire quella voce, ma ormai era una cieca consapevolezza. Mi chiesi se io potessi fare lo stesso, ma neanche ci provai. Non avrei saputo come.
Non so se puoi rispondermi. Sta per succedere qualcosa di brutto, ora lo dirò anche a Tom.
Cercai di non pensare che la scena mi stesse accadendo davanti gli occhi, ma di pensare che fosse un sogno. Doveva essere di certo uno dei miei strani sogni, non c'era altra spiegazione. Telepatia, me e Thomas che lavoriamo per i Creatori. Che assurdità era mai quella?
La voce di Thomas che gridava mi destò immediatamente: corsi fuori dalla stanza senza pensarci un secondo, trovando Newt che si precipitava ad entrare nella camera di Alby. Il ragazzo si teneva le mani sul collo, stringendo come se volesse strozzarsi. Newt lo afferrò per le spalle, cercando di farlo stare fermo, mentre Thomas continuava a provare a prendergli le gambe senza successo. Corsi ad aiutarlo, afferrando saldamente la gamba destra così che lui potesse tenergli la sinistra. Newt riuscì ad allontanargli le mani dal collo, il respiro di Alby tornò normale in fretta. Sembrava stremato, come anche noi tre.
«Dovete proteggere le Mappe» disse poi, mentre gli occhi gli si chiudevano. Mi asciugai il sudore dalla fronte con il dorso della mano, riprendendo fiato dopo lo spavento.
«Dovete fare attenzione alla ragazza» continuò, prima di chiudere gli occhi e finalmente prendere sonno. Non disse altro, lasciando a me, Newt e Thomas solo altri interrogativi.
«Si può sapere che ti ha detto?» chiesi a Thomas, mentre mi avviavo verso la porta. I ragazzi mi seguirono, fino ad uscire dal Casolare. Mi fermai solo raggiunto l'esterno, voltandomi verso i due che erano rimasti dietro di me.
«Allora?» spronai Thomas, che sembrava comprensibilmente sconvolto.
«Ha detto che ti ho...» Lasciò la frase in sospeso, suscitando la curiosità mia e di Newt.
«Che mi?» chiedemmo in coro io e il mio migliore amico, guardando Thomas con gli occhi ridotti a due fessure. Lui esplose, alzando gli occhi al cielo.
«Ha detto che ti ho fatto del male. Che ti ho tradita. Quando gli ho chiesto perché non ha risposto, ha iniziato a strangolarsi.»
Io e Newt ci guardammo, con la stessa domanda nascosta dietro gli occhi: dovremmo fidarci? Dopotutto, poteva essere una spia dei Creatori. Lo conoscevamo da solo pochi giorni. Riportammo lo sguardo sul ragazzo, portando entrambi le braccia al petto.
«Voglio fidarmi, To-Tom. Dopotutto Alby ha detto che eravamo in due, a lavorare per i Creatori. Io però non ne so niente, quindi potrebbe essere lo stesso per te. Ti concedo il beneficio del dubbio solo perché ci siamo dentro in due.»
Grazie.
«Non c'è di che.» Risposi, senza rendermi conto che avevo risposto ad una di quelle maledette voci nella mia testa. Avrei giurato che fosse stato Thomas ad aprire la bocca, ma a quanto pareva non aveva fiatato. Entrambi i ragazzi mi guardarono con la fronte aggrottata, ma io fissai solo Thomas. Per la prima volta, provai a rispondere. Mi concentrai, formando le parole nella mia mente, prima di inviargliele focalizzando il suo volto.
Mi senti? gli chiesi. Lui non sobbalzò, ma sgranò gli occhi stupito.
Forte e chiaro. rispose lui, costringendomi a guardarlo con il suo stesso sguardo ebete. Newt passò la mano fra i nostri volti, richiamando la nostra attenzione.
«Pronto? Giochiamo a chi batte prima gli occhi, ora?» chiese, riuscendo a suscitarmi una risata. Avrei voluto dirgli la verità, ma sarebbe stato troppo strano da spiegare. Non ricordavo bene il mondo prima della Radura, ma non credo che la telepatia fosse all'ordine del giorno. Gli diedi una pacca sulla spalla, come se niente fosse.
«Siamo solo tutti stanchi. Ci conviene mangiare qualcosa, ho sentito che Frypan ha preparato dello stufato.» Lanciai un'occhiata a Thomas, come a dirgli di comportarsi normalmente. Non gli servì che glielo dicessi telepaticamente: mi capì. Newt non sembrava convinto, ma mi assecondò lo stesso incamminandosi verso la mensa. Contattai Thomas con la mente, mentre gli davo le spalle.
Ne parliamo più tardi.
La sua risposta non tardò ad arrivare, lasciandomi senza fiato per un attimo.
Teresa ha detto che sta per succedere qualcosa di brutto. Ha detto che innescherà la Fine.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top