13. Risposte.
"I sogni, molto frequentemente,
esprimono ricordi e conoscenze
che il soggetto da sveglio è ignaro di possedere."
Sigmund Freud.
La sala dei ricevimenti era oro puro.
Oro sulle pareti, sulle porte, per terra, fra le pieghe delle tende e nell'aria stessa.
Prim non aveva mai visto nulla di simile.
La luce del mattino filtrava attraverso le grandi vetrate come in un caleidoscopio, infrangendosi in mille scaglie colorate che animavano le decorazioni.
Sul soffitto era stata realizzata una copia del Giudizio Universale di Michelangelo.
Entrando nella stanza, per un istante temette di poter intaccare tutto quello splendore.
Passò davanti ad un calco della dea Minerva che le puntava contro un dito minacciosamente, reggendo in braccio l'elmo e la lancia nell'altra mano ed a quel punto si sentì sul serio in colpa.
Davanti a lei, Fidelia non l'aveva degnata più nemmeno di uno sguardo.
Sybilla sfilò accanto al lungo tavolo d'ebano, talmente scuro da sembrare nero, poi sgusciò attraverso una porticina secondaria al lato della sala, e tutti gli altri la seguirono, in fila indiana e in silenzio religioso, talmente teso da far fischiare le orecchie.
Sbucarono in un salottino adiacente con il pavimento coperto da un tappeto persiano verde smeraldo, graziose poltroncine bianco panna ricamate d'argento ed un pianoforte a coda nascosto in un angolo più buio.
Era più intimo della sala dei ricevimenti, ma non meno sontuoso: tutto in quel castello era magnifico, imbevuto di preziosità e di un gusto vagamente lezioso.
Sybilla fece svolazzare la mano davanti a sé.
-Accomodatevi.-
L'aria profumava di vaniglia e tè verde.
Prese posto su uno dei due divanetti accanto a Pyper e Lucky, di fronte a Fidelia che sembrava volerla incenerire con lo sguardo.
Effettivamente, non aveva poi tutti i torti.
Sybilla sussurrò qualcosa nell'orecchio ad Ailore e poi si accomodò a sua volta mentre il ragazzo spariva di nuovo fuori dalla stanza.
-Allora,- iniziò –credo che ci sia molto su cui discutere.-
-Convengo con lei- sibilò fra i denti Fidelia. A Prim sembrava che le fossero spuntati serpenti al posto dei capelli.
-Come accidenti vi è saltato in mente di intrufolarvi nella tana delle banshee? Non conosci neppure i sortilegi più elementari, Prim, sei assolutamente inerme. Cosa credi? Che possedere un pugnale possa bastare a proteggerti dalla magia? Saresti potuta morire! Sei stata fin troppo fortunata ad uscirne illesa.-
Hugo le lanciò un'occhiata furtiva.
Fidelia non sapeva nulla di quello che era successo al Purgatorium.
Grazie al cielo.
Sybilla taceva, guardando fisso un punto indefinito sul tappeto persiano e Prim ebbe un istintivo moto di gratitudine verso di lei.
Si sentiva veramente in colpa per aver fatto preoccupare tanto Fidelia, non se lo meritava.
-Mi dispiace...- farfugliò.
-Anche a me. Forse sarei dovuta essere meno permissiva...-
-Non è stata colpa sua- intervenne improvvisamente Hugo. –L'ho convinta io a seguirmi al Purgatorium.-
Fidelia lo squadrò come se non l'avesse mai visto prima, poi si accigliò di nuovo.
-Hugory, siete stati entrambi degli incoscienti. La colpa è di tutti e due.-
Sospirò. A Prim sembrò che avessero una certa confidenza.
Le dita di Hugo erano conficcate come artigli nei braccioli bianchi della poltrona. –Mio padre lo sa?-
-No- rispose immediatamente Gripho, seduto accanto a lui. -Abbiamo fatto in modo che non lo venisse a sapere.-
-Grazie- rispose.
Dopo qualche istante di silenzio, Sybilla prese di nuovo la parola.
-Che vi ha detto la banshee?- la sua voce era seria e contratta, concentrata come se stesse ascoltando un qualche oracolo profetico –Ora che avete fatto questa bravata, che almeno ci sia di qualche aiuto.-
Prim esitò.
Le parole di Aihbill ondeggiavano confuse nel retrobottega della sua testa, come fossero state pian piano cancellate dalla sua memoria.
Strinse forte i pugni per obbligarsi a ricordare, ma Hugo fu più veloce.
-Isobel è a Runadium.-
La sua voce suonò come un eco lontano nella sua testa.
-Lo so- rispose Sybilla. –Prim me l'ha detto.-
-Cosa?!- esclamò Fidelia poco dopo. I suoi occhi erano enormi, puntati su di loro come fucili carichi, pronti ad esplodere.
L'espressione degli altri non era molto diversa.
-Ma come...- biascicò Pyper, torturandosi le mani con insistenza.
-Ha aperto il passaggio ed ha portato con sé la Spada per impedire a noi di inseguirla, mi pare abbastanza ovvio- rispose Sybilla.
Continuava a tenere lo sguardo nero puntato a terra, fra i ricami dorati del tappeto.
-A quale scopo?-
Fidelia si passò lentamente una mano fra i capelli, sospirando appena.
-Vuole distruggerla dall'interno- dichiarò improvvisamente Gripho, la voce dura come l'acciaio. –Runadium, intendo.-
Prim si umettò le labbra, stringendo forte i lembi della maglia nera di Ailore. Sentiva la preoccupazione correrle nelle vene come il sangue.
Non ci sei neppure mai stata, Prim.
-Perché?- chiese, sentendo la sua stessa voce traballare come la fiammella di una candela.
-Non tutto ha una spiegazione- rispose Fidelia, lanciandole un'occhiata preoccupata.
-Ma è folle, semplicemente folle!-
-Questa è già un'ottima spiegazione- intervenne allora Sybilla. –La banshee vi ha detto altro?-
Hugo annuì.
A Prim sembrava che fosse invecchiato tutto insieme, che i suoi diciannove anni fossero sfioriti nel giro di sole ventiquattro ore, come le rose di Settembre del Lockwood Cemetry.
-Ha detto qualcosa riguardo alla testa di Prim, ma...- si interruppe, lanciandole un'occhiata perplessa.
-Avanti- lo incalzò Sybilla.
Prim fece un bel respiro. Si sentiva osservata e la cosa di certo non aiutava.
-Ha detto che c'è qualcuno nella mia testa. Non ho idea di cosa significhi, ma...-
-Cosa?!- l'aggredì questa volta Sybilla prima ancora che potesse finire la frase. –Santo cielo, Prim, che vai dicendo?-
Sembrava che quella dichiarazione fosse molto più sconcertante di quanto pensasse. Tutti gli altri la stavano fissando con un'espressione a dir poco incredula stampata sul viso.
-Io...- incespicò, come in cerca di una giustificazione per qualcosa che non sarebbe neppure dovuta essere una sua preoccupazione.
-E' magia nera- sussurrò Lucky, il tono della voce basso e cupo che faceva vibrare i timpani. –E' illegale. Solo i Goldbone sono in grado di intrufolarsi nella mente delle persone. Ma farlo ci è severamente vietato.-
Prim annaspò, in cerca di qualcosa da dire. Qualcuno era nella sua testa? Stavano cercando di farle il lavaggio del cervello, di manipolarla?
Strinse le dita intorno all'orlo della maglietta a tal punto che avrebbe potuto strapparla.
-Tu sogni, Prim?- le chiese improvvisamente Sybilla. Sembrava essersi un po' tranquillizzata.
Prim annuì.
-Sì, mi capita spesso.-
-E cosa sogni?-
I suoi occhi sembravano essere diventati ancora più neri, come ingoiati in qualcosa di profondo ed inquietante. Per un attimo Prim pensò che fosse terrificante.
-Inchiostro- rispose risoluta, senza neppure pensarci. –C'è sempre dell'inchiostro nei miei sogni. Mi trovo a camminare, o a correre in mezzo ad una foresta, oppure in un corridoio lunghissimo. Qualche volta sono in una stanza, sempre da sola. E poi arriva qualcuno che mi chiama e mi chiede di unirmi a lei... o qualcosa del genere.-
Sybilla strinse le labbra e sprofondò nella poltroncina, in silenzio.
Fidelia, accanto a lei, continuava a fissarla sbalordita.
La sua testa era tutto un rotolare di pensieri l'uno sull'altro.
Isobel che voleva ucciderla, Isobel che era a Runadium, persone che si infilavano nella sua testa e persone che cercavano di farla entrare nel Consiglio senza neppure consultarla.
La mia vita non è già abbastanza complicata?
Era esausta, iniziava a diventare troppo. –Chi è? Come faccio a farlo uscire?-
Sybilla puntò gli occhi di pece nei suoi.
-Esistono solo due modi per neutralizzare la magia nera. La strega che ha sigillato l'Incantesimo può ritirarlo spontaneamente- iniziò, la voce che le si assottigliava come un filo di rame –oppure deve essere uccisa.-
Prim sentì il respiro che le si strozzava in gola.
-Come?- rantolò.
-Potrebbe trattarsi di Isobel...- intervenne Lucky, stranamente preoccupato.
-Ma perché mai entrare nella testa di... Prim?-
-Per lo stesso motivo per il quale si trova a Runadium ora. E' molto più facile distruggere il tuo nemico dall'interno- biascicò Hugo, alzando lentamente gli occhi di cristallo su di lei.
Avrebbe voluto urlare. Gridare, strapparsi i capelli e rompere tutto quello che le capitava a tiro, ma rimase ferma esattamente dove si trovava con lo sguardo puntato nel vuoto.
Non voleva fare del male ad altre persone, non voleva scucire altre vite. Anche se si trattava dell'essere più malvagio che avesse mai incontrato, anche se si trattava di un mostro.
Lei non voleva uccidere.
Ma non poteva nemmeno lasciare che la facesse lentamente impazzire.
-Non c'è un altro modo per...- iniziò ma all'improvviso la porta si spalancò ed Ailore entrò nella stanza.
Aveva i capelli biondi tirati indietro da un paio di forcine, un grembiule bianco come il latte e stringeva fra le mani un vassoio d'argento decorato da sottili spille di zircone.
Sorrideva, sereno.
Aveva offerto la sua vita alla Strega Madre, l'avrebbe protetta fino a spirare. Era forse la persona più a rischio fra di loro, eppure sembrava non curarsene, accettare la sua condizione non solo con rassegnazione, ma addirittura con gioia.
-Il tè è pronto- dichiarò abbandonando il vassoio sul tavolino centrale.
-Grazie, Ailore- disse Sybilla, lasciandogli una carezza lieve sulla spalla, quasi materna.
Immagina la sua bella pelle avvizzire, i suoi occhi adombrarsi con la vecchiaia ed il suo corpo piegarsi sotto il peso degli anni. Immagina di vedere tutto questo non una, ma milioni di volte e con milioni di persone diverse e di restare sempre la stessa.
Ailore le porse una tazza di porcellana azzurrina.
-Prendi anche qualcosa da mangiare- disse indicando il vassoio con un gesto rapido del capo –Avrai fame.-
Sotto la luce, da vicino, riusciva a vedere l'orlo argenteo di una cicatrice che gli sbucava dal collo della maglietta bianca che indossava.
-Grazie- rispose, accennando un sorriso.
Si sentiva osservata.
Prese il tè fra le mani, accorgendosi immediatamente che Hugo la stava osservando con la coda dell'occhio.
-Ad ogni modo,- riprese Sybilla facendo cadere nel suo tè due zollette di zucchero –dobbiamo scoprire di chi si tratta. Ed io devo tornare a Runadium.-
-Il passaggio è inutilizzabile...- commentò Gripho, come sovrappensiero.
Prim notò che due occhiaie gonfie gli contornavano gli occhi vispi.
Doveva essere stato molto in pensiero per Hugo.
-Forse no- rispose Sybilla.
Fidelia si accigliò.
-Perdoni la mia stoltezza, egregia, ma non la seguo.-
Sybilla sorseggiò il tè con impeccabile rispetto dell'etichetta. Il suo sguardo onnisciente vagava da un volto all'altro come se avesse potuto elencare i pensieri più reconditi di ognuno di loro.
-Ho bisogno che portiate avanti delle ricerche per me.-
-Che... genere di ricerche?- chiese Hugo allungandosi in avanti.
-Consultate tutta la letteratura disponibile- dichiarò in tono grave. –Se conosco bene gli Incantesimi, esiste un modo per aprire il passaggio.-
"La rocca è viva" aveva detto Sybilla.
"La rocca è viva. Ci dovrà dare una seconda via."
Non capiva, non aveva la più pallida idea di che cosa volessero dire quelle parole. Sapeva solo che, per l'ennesima volta, si era ritrovata nella piccola biblioteca, a distanza di pochi giorni, con la testa infossata fra pile e pile di libri alla ricerca disperata di una risposta.
Con qualcuno che, probabilmente, le stava sguazzando nella mente come un pesce rosso nella sua boccia di vetro. Si chiedeva dove davvero finissero i suoi pensieri ed iniziassero quelli del suo ospite.
Hernest Featherstride le aveva chiesto di prendere una decisione riguardo al Consiglio al più presto.
C'era qualcosa sotto, Prim lo sentiva.
In compenso, l'uomo non aveva saputo nulla della loro "scampagnata".
Prim non poteva fare a meno di pensare alle parole taglienti di Hugo ogni volta che lo guardava in faccia.
Mio padre non me l'ha mai perdonato.
Non è che fosse colpa sua. A volte, come nel suo caso, le cose accadono e basta. Non c'è modo per impedirle.
Pyper scalzò l'ennesimo libro dalla pila.
Lucky le lanciò un'occhiata distratta. –Allora?-
Pyper scosse vigorosamente la testa.
Il ragazzo sbuffò.
Hugo, seduto come al solito sulla sua adorata poltroncina nera, se ne era stato in silenzio a leggere tutto il tempo.
A volte aveva l'impressione che lo facesse apposta, che sapesse già tutto e si divertisse a lasciare che si scervellassero senza trovare alcuna soluzione.
Sfogliò un'altra pagina.
Il libro che stava leggendo trattava delle armi magiche.
Certo, non era riuscita a venire a capo di un bel niente, però, in compenso, si stava facendo una cultura sul mondo delle streghe.
Aveva scoperto che erano in grado di usare la magia perché le loro anime erano connesse con una fonte di potere inesauribile che i libri chiamavano "l'Energia".
Che gli unici ad avere poteri caratteristici erano gli esponenti delle otto famiglie del Consiglio, e che erano poteri ereditari e dominanti.
Che i Featherstride potevano trasformare ogni oggetto in un'arma, i Softlance manipolare l'elemento della terra, i Moonflare il fuoco, i Goldbone leggere e parlare nella mente altrui (e ringraziò che Pyper e Lucky non l'avessero mai fatto, altrimenti le sarebbe preso un colpo), i Palegrove persuadere le menti all'obbedienza, i Dustwift governare l'aria, i Sageblaze l'acqua ed i Riverbrow modificare e creare ricordi.
In poche parole, una sorta di supereroi magici. Aveva pensato Prim.
Non che le altre streghe non potessero farlo allo stesso modo, ma si trattava di magia di alto grado che, al contrario, nelle otto famiglie era innata.
Come le aveva spiegato Hugo, inoltre, ogni potere si manifestava in modo diverso tramite sogni e visioni caratteristici.
Perché allora i suoi non erano scritti nel Semeionobiblos?
Perché il suo potere non si era manifestato come avrebbe dovuto?
Deglutì.
I libri dicevano che esistevano altri esseri magici oltre alle streghe e, fra questi, erano contemplati anche elfi, gnomi, banshee e fate.
Sulla pagina c'era impressa un' illustrazione raffigurante una bacchetta magica tratteggiata col carboncino, attorno al quale si avviluppavano le spire di una vipera bianca, il simbolo della magia positiva.
Si diceva che il suo morso, anziché uccidere, guarisse.
Improvvisamente, la porta della biblioteca si spalancò e Gripho apparve dall'altra parte con una pila di libri spessi ed impolverati fra le braccia, talmente alta che a malapena gli si vedevano gli occhi.
Si avvicinò barcollando al tavolo e mollò la pila con un tonfo sordo, rovesciandola quasi sopra a Pyper.
-Ho trovato questi- dichiarò soffiando via la polvere dal primo libro. –Scoperto niente?- chiese poi, rivolto a Hugo.
Il ragazzo alzò gli occhi dalle pagine scollate che aveva fra le mani ed emise un rantolo sommesso, contorcendo il viso in una smorfia.
Gripho sospirò e fece per uscire di nuovo.
-Torno tra poco.-
Era tutta la mattinata che faceva la spola dalla biblioteca principale a quella privata del signor Featherstride, ed era evidente che fosse esausto. Le scale di Kleatine erano parecchie.
Ma nel momento stesso in fu sul punto di varcare la soglia, fu immediatamente rigettato indietro.
Prim alzò un sopracciglio, interdetta.
Nebeus era apparso sulla porta, trafelato, con le guance rosse come fragole mature.
-Scusa- borbottò, mentre Gripho alzava le mani ed arretrava per lasciarlo passare.
Il solito sorriso sornione gli si era steso come una tovaglia sulla faccia.
Hugo mollò il libro e si concentrò sul nuovo arrivato, ma non disse nulla.
Nebeus inchiodò di fronte al tavolo.
-Che state facendo?- domandò, corrugando la fronte.
-Beh, noi...- fece per dire Lucky, ma Nebeus lo interruppe bruscamente.
-Okay, qualsiasi cosa sia, ho qualcosa di importante da dirvi.-
Prim sussultò. I suoi occhi scuri e brillanti come l'ossidiana la graffiavano come lame affilate.
-Il Consiglio- esordì il ragazzo. Prim notò che avesse tutti i capelli scompigliati e la camicia mezza fuori dai pantaloni. Doveva aver corso per venire fin lì.
-Vogliono eliminare la rocca.-
Hugo scattò in piedi come una molla.
-Che cosa?!-
Nebeus grugnì. Odiava quel genere di situazioni.
-Il portale è inutilizzabile- proseguì. –Credono che mantenere un'avanguardia in questa zona sia solo inutile ora che non c'è più il passaggio. Ho provato ad oppormi durante le votazioni, ma non c'è stato nulla da fare.-
Gripho gli si accostò con discrezione.
-Quanto tempo abbiamo?- gli domandò leccandosi le labbra.
-Una settimana- rispose il ragazzo, conficcando gli occhi nei suoi. –Poi partiranno per Buenos Aires.-
Lucky esplose in una risatina amara. –E come diavolo pensano di fare con il resto delle streghe?-
-Si disperderanno fra gli umani oppure raggiungeranno il passaggio più vicino per Runadium.-
-Ridicolo- sputò Hugo.
Prim spostava lo sguardo da una parte all'altra completamente impotente. Gli occhi di Hugo erano ancorati al pavimento, brucianti di rabbia.
Kleatine era stata la loro casa per anni.
Doveva esserci un modo.
La rocca è viva. Si disse. La rocca è viva.
Scattò in piedi, afferrando la borsa che aveva lasciato a terra accanto a lei, e si fiondò fuori dalla biblioteca.
-Prim!- le gridò dietro Pyper –Prim, dove vai?-
Non ne aveva la più pallida idea, ma non poteva più sopportare quella situazione. C'era dentro fino al collo, almeno avrebbe dovuto rendersi utile.
Prese la strada per la quale era corso via Hugo quando era morta Jemma, non sapeva nemmeno perché.
Infilò meccanicamente una mano nella borsa ed estrasse la piuma, nera come l'inchiostro, potente come la morte.
-Tu devi darmi una mano- disse, fissandola intensamente. Bruciava come il sole.
-Tu devi- ripeté –Non puoi solo mettermi nei casini, renditi utile.-
Scottava, le ustionava i polpastrelli come l'acqua bollente, ma non le importava.
Niente, non stava succedendo niente di niente.
Fantastico, ora parlo anche con gli oggetti.
Si sentiva una completa imbecille, ma non sapeva più che pesci pigliare.
La rocca è viva.
Abbandonò le braccia lungo i fianchi, rallentando il passo.
Avrebbe potuto scommettere che chiunque si fosse infilato fra le pieghe dei suoi pensieri ora si stesse facendo delle grasse risate.
Era patetica.
Eppure, improvvisamente, accadde.
Scrivi. Gridava. Scrivi.
Era il suo sangue ad urlare, la pelle a tirare a tal punto da farle credere che presto si sarebbe staccata.
Guardò la piuma. Aveva le mani completamente ricoperte di un liquido denso, nero ed incandescente che gocciolava sul pavimento, bruciando il tappeto.
Ficcò una mano nella tracolla alla ricerca di un taccuino, un foglio di carta, qualsiasi cosa, bruciacchiando gli oggetti di qua e di là, ma l'unica cosa che riuscì a trovare fu l'elsa scarlatta del pugnale.
Si guardò intorno.
Doveva scrivere, in fretta.
L'inchiostro continuava a grondare come il sangue.
Si attaccò alla parete stringendo la piuma tanto forte che avrebbe potuto spezzarla, ed affondò l'altra mano nella carta da parati sciogliendola sotto il tocco impiastrato di inchiostro incandescente.
Pulsava nelle vene, nelle ossa, nella carne.
Scrivi.
Puntò la piuma sulla parete e per poco non svenne.
Le parole si allungarono davanti ai suoi occhi, volteggiando nell'aria intorno a lei come cortigiane e cavalieri, inseguendosi l'un l'altra in fretta, con trepidazione.
Le lettere erano tremule e spezzate, sentiva il cuore nelle orecchie così forte da assordarla.
Il respiro si uniformava al ritmo della sua scrittura, avrebbe potuto diventare un tutt'uno con lei.
Le sue dita si arrampicavano sulla carta fino a strapparla, sentiva le unghie incrostate di inchiostro, la gola che raspava in cerca d'aria.
E le lettere intanto si susseguivano, diventavano parole, frasi, periodi.
L'odore di alcool e carta bruciata impregnava l'aria.
Il muro vorticava, davanti ai suoi occhi, sentiva le dita intorpidite e bruciate, il sudore che le colava sugli occhi offuscandole la vista.
La scritta brillava, come fosse stata fatta d'oro puro, di diamanti e platino ricamati dalla sua piuma.
Bruciava, frizzava fra le sue mani impotenti, succubi di quell'impulso primordiale, viscerale, che le stava imponendo cosa fare.
Tirò un calcio alla parete e si ritrovò a terra, le mani ricoperte di una patina secca ed opaca, crepata da sottili spacchi che lasciavano intravedere la pelle.
Era finita.
Ansimò, guardando il soffitto, sopra di lei. Glielo aveva chiesto e la piuma aveva ubbidito.
Aveva scritto.
Ma ora il coraggio di leggere le mancava. La mente le si oscurava a tratti, lasciandola ad ondeggiare nel vuoto dell'incoscienza.
Poi, prendendo un bel respiro, si tirò sugli avambracci e in piedi, barcollando. Non sentiva più le dita.
Guardò di fronte a sé.
Le parole fiammeggiavano, incenerendo la parete, affievolendosi lentamente. Presto sarebbe sparito.
Costrinse i suoi occhi a guardare ciò che aveva scritto.
Sentiva il corpo pervaso di adrenalina e di tensione.
"Primula si trovava di fronte all'imboccatura del portale.
La Spada era sparita, rubata dall'atroce mare del rancore, nascosta dalle fiamme spumeggianti della vendetta.
Ma la rocca era viva, le avrebbe suggerito come agire.
Era una fessura precisa, profonda e difficile da scovare, se non con un'attenta ispezione.
«Sulla Spada verserai il sangue delle stirpi, con la Chiave onorerai il nome del popolo, alla Biglia affiderai la lealtà dell'amico, nello Specchio scoprirai te stesso...»
Afferrò la daga rossa come il corallo ed aprì il palmo della mano.
Incise con precisione la linea della vita mentre il sangue affiorava lentamente sulla sua pelle in goccioline tonde e lucenti.
Infilò la lama sporca nella fessura. La prima Sala era stata aperta."
Prim rimase a bocca aperta con gli occhi spalancati fissi di fronte, completamente sbalordita.
Gliel'aveva detto, ora sapeva come fare.
-Prim- una voce, al suo fianco la riscosse. –Che sta succedendo?-
Si voltò di scatto.
Hugo.
I suoi occhi cristallini gelavano l'aria. Aveva lo sguardo teso, spaesato.
Si guardò. I suoi jeans erano stati mangiati dall'inchiostro bollente, inceneriti a tratti, e la maglietta non aveva subito una sorte migliore.
Aveva la pelle delle braccia ustionata ed arrossata, e le mani completamente ricoperte di quella densa melma secca.
Era il secondo cambio di vestiti che era costretta a buttare via.
In compenso, la piuma era completamente intatta, fredda fra le sue mani come il ghiaccio.
Le lettere sul muro erano scomparse, di loro non era rimasta che la traccia, la carta da parati scollata ed incenerita.
Il signor Featherstride gliel'avrebbe fatta pagare cara, ma non le importava.
Puntò gli occhi castani in quelli persi di Hugo e strinse a sé la piuma con quanta decisione aveva in corpo.
-Tu hai...- iniziò il ragazzo, ma lei lo interruppe.
-L'ho trovato- disse. –So come fare per entrare a Runadium.-
ANGOLINO TUTTO NOSTRO:
Hey!
Come state ragazzi?
Spero bene! :3
Finalmente trovo il tempo per scrivere e questo è il risultato... ta-daaaaaan!
Spero che vi sia piaciuto! ;) Fatemelo sapere con un commentino se vi va e la solita raccomandazione (votate, bla bla bla...).
Un bacione grosso, grosso, grosso ed un abbraccio.
Vi voglio bene (e grazie, come sempre).
Sayami98.
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