Capitolo 41
Avevo appena completato il check-in e stavo leggendo il tabellone con gli orari dei voli; alla fine ne dedussi che avrei dovuto aspettare almeno un'ora prima di potermi imbarcare per raggiungere Taiwan.
La forza d'animo che mi stava spingendo a prendere quell'aereo più il tempo passava più vacillava, e guardare quelle poche foto che avevo nel cellulare non aiutava ad accrescerla. Quello era tutto ciò che mi era rimasto di noi: solo delle immagini che non riuscivano neppure un minimo a rappresentare ciò che eravamo.
Negli ultimi giorni non avevo osato aprire la nostra chat, ma in quel momento fu l'unica cosa a cui riuscì ad aggrapparmi.
Scorrevo tra i messaggi, soffermandomi solo su quelli che ritenevo più significativi; se avessi letto tutto sarei finita con l'abbandonarmi ad un fiume di lacrime.
Senza che me ne rendessi conto ti stavo chiamando. Non trovai neanche la forza di chiudere quella telefonata e rimasi lì, con il cellulare in mano e gli squilli che si susseguivano senza risposta.
Poi il contatore dei minuti si avviò e sentì la tua voce chiamarmi con insistenza.
Panico. Una morsa, fortissima e feroce, mi stringeva lo stomaco mozzandomi il respiro. Non riuscivo a ragionare correttamente, sentivo solo la terra cadermi sotto i piedi. Iniziai ad avere il fiatone, come se avessi appena finito di correre una maratona e le mani tremavano insistentemente.
Cosa avviene in queste situazioni? Il tuo cervello smette di funzionare e lasci che sia l'istinto ad agire.
Così portai il telefono all'orecchio e, con le lacrime che sgorgavano a fiotti, risposi ai tuoi richiami.
«Sono all'areoporto di Incheon.» Avevo appena fatto una scelta che mi avrebbe condizionato per sempre: ora la mia vita poteva continuare solo insieme alla tua.
«Sto arrivando, non scappare.»
Lo potevo quasi vedere, il tuo sorriso.
Non sarei scappata, avevo promesso a me stessa che non sarei fuggita da te.
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