CAPITOLO 201
«Rubyo.»
Caddi al suo fianco, la caviglia incapace di sostenere la velocità del mio passo.
«Ti prego, ti prego.» Lo implorai, con la voce rotta, di essere ancora in vita.
Mi piegai sul suo sterno e dovetti resistere al terrore che mi faceva tremare le ossa.
Irrigidii i muscoli.
Trattenni il respiro.
Chiusi gli occhi.
Appoggiai l'orecchio sul suo petto.
Silenzio.
Aspettai ancora, ingoiando un singhiozzo.
Silenzio.
La mia mano, tremante, cercò stabilità nella sua.
Era fredda.
Fredda tanto quasi il suo corpo nel momento in cui avevo rischiato di perderlo sull'Isola d'Inverno.
Silenzio.
Scattai.
Il mio orecchio lontano dal suo cuore.
Il mio sterno lontano dal suo petto.
In un istante le mie mani gli furono sulle cicatrici bluastre causate dalla Yukionna.
Le mie braccia rigide e tese verso di lui.
E cominciai a spingere.
Uno. Due. Tre.
Il movimento era ritmico, stabile.
Uno. Due. Tre.
«Ti prego svegliati.» Lo implorai. «Dobbiamo andarcene da qui.»
Uno. Due. Tre.
Markus era morto e l'esplosione causata da Dollarus aveva sterminato tutti i Rasseln.
I Rayag erano gli ultimi nostri inaspettati nemici, ma dopo la morte di Thui e Nai Nai, i sopravvissuti di quella Tribù decimata non erano rimasti a combattere, abbandonando il campo di macerie e fiamme.
Meglio così.
Non volevo ferirli.
Quella, un tempo, era stata la mia gente.
In una vita passata a rincorrere una corona ed un potere che solo da poco avevo capito di non volere, loro erano stati il mio solo popolo.
Ma la lava continuava ad avanzare, e ora si trovava solo a pochi metri da noi.
Il calore stava diventando insopportabile.
L'aria rovente bruciava i polmoni.
La polvere calda annebbiava la vista.
Uno. Due. Tre.
Il sudore mi faceva prudere la fronte e il collo.
«Rubyo!»
L'ultimo fu un pugno, al centro del torace.
«Torna da me!»
Un altro.
Ma niente.
Mi accasciai di nuovo sul suo corpo immobile, consapevole che la lava ci avrebbe raggiunti in pochi minuti.
Senza di lui, non aveva più senso lottare per una vita spoglia di ogni gioia.
Senza di lui, la mia esistenza era vuota.
Poi un suono.
Così leggero e ovattato da lasciarmi credere di essermelo immaginato tra i singhiozzi.
E allora irrigidii di nuovo i muscoli.
Trattenni il respiro.
Chiusi gli occhi.
Appoggiai l'orecchio sul suo petto.
Un battito.
Le mie lacrime si fecero più copiose, questa volta per la gioia.
Eppure la ferita alla testa non aveva mai smesso di sanguinare.
Era vivo si, ma per quanto ancora?
Dovevamo andarcene da lì.
Subito.
Rivolsi lo sguardo alle mie spalle, dove la sagoma di due Kelpie sormontava altrettanti corpi.
Thui.
E, a pochi centimetri, Nai Nai.
«Lyra.» La voce di Gideon rimbombare nella mia testa mi impedii di abbandonarmi di nuovo ai ricordi.
Gideon era vivo.
Era salvo.
Aerin lo aveva curato... esattamente come avrebbe fatto con Rubyo.
«Aerin!» La chiamai, e il vincolo che ci univa le colorò gli occhi d'oro. «Salvalo!»
E, l'attimo dopo, le gambe di Aerin la costrinsero al fianco di Rubyo, nuovamente in forma umana.
Contro la sua volontà, con una mano afferrò un detrito affilato tagliandosi il palmo.
Ancora assetata di vendetta, non poter far altro che lasciare che Rubyo si dissetasse dalla sua ferita, ingerendo il mercurio, il sangue dei Kelpie, che gli avrebbe salvato la vita.
In quel momento Gideon ci raggiunse.
«Il battito è di nuovo regolare.» Mi disse, osservando Rubyo.
«Dobbiamo andarcene da qui.» Lo sguardo ora rivolto alla lava che aveva continuato ad avanzare lenta tra le macerie.
Annuii, sollevandomi di nuovo in piedi.
Con l'aiuto di Aerin spostai il corpo ancora inerme di Rubyo sulla groppa di Gideon, e io lo seguii subito dopo.
Dal garrese notai come, sulle pietre dove fino a poco fa fosse disteso Rubyo, fossero ricoperte di brina.
Ma non ebbi il tempo di analizzare né quel fenomeno, né il suo corpo ancora freddo accasciato sul mio.
Un grido ruppe il silenzio.
L'aria tremò.
La polvere si coprì di gelo.
Il sangue si ghiacciò nelle vene.
«Aiutatemi, vi prego!» Era la voce di Degorio. «Qualcuno mi aiuti!»
Le parole, tra i singhiozzi, erano a stento riconoscibili.
«Va'.» Feci cenno a Gideon.
Seguiti a ruota da Aerin nuovamente in forma di Kelpie, ci facemmo strada tra detriti e macerie, pietre affilate e legno bruciato.
Gideon avanzava con un'andatura instabile, i passi lenti e incerti su quel suolo irregolare, aggirando la pozza di lava che continuava ad espandersi.
Io, sopra di lui, spingevo contro al mio petto la schiena di Rubyo nel tentativo di assicurarlo alla seduta.
Avanti a me, riuscivo solo a vedere la sua testa molleggiare e qualche scorcio del paesaggio che ci circondasse.
Ma ciò che mi importava era che, dietro il mio palmo aperto sul petto di Rubyo, il suo cuore ancora battesse.
«Lyra.» La voce di Gideon attirò la mia attenzione a ciò che ci circondasse.
«Principessa!»
Mi accolse Degorio, scattando in piedi.
Smontai dal garrese di Gideon, assicurandomi che Rubyo, ora disteso sulla criniera, fosse stabile.
A parte i vestiti bucati da qualche scintilla in alcuni punti e la pelle annerita dal fumo, Degorio sembrava essere uscito illeso da quell'esplosione.
Eppure, le sue labbra ancora urlavano in cerca di aiuto.
«Vi prego, non so che fare!» Continuava, troppo scosso per dare più dettagli.
Gli occhi arrossati dal pianto.
Le guance rigate dalle lacrime.
Le labbra bagnate dal moccolo.
Poi un debole colpo di tosse fece scattare Degorio, che si voltò rivelando la figura minuta nascosta alle sue spalle.
Il cuore mi piombò nello stomaco quando riconobbi Dollarus.
Le ginocchia mi cedettero sulle pietre, rese irregolari e appuntite dall'esplosione.
Quasi non sentii dolore quando delle sporgenze mi forarono la pelle.
Non avevo mai visto Dollarus così fragile prima di quel momento.
Gli occhi eterocromi, ora privi della solita vivacità, erano accerchiati da due fosse nere.
Ai lati del volto, le guance erano incavate, rivelando la sagoma di mandibola e mascella.
Le labbra, asciutte e spezzate, erano schiuse nel tentativo di inspirare più ossigeno possibile.
Le spalle e le clavicole così evidenti e appuntite da sembrare che stessero tagliando la carne dall'interno.
Una mano, la cui pelle sembrava tirata sulle ossa come un guanto, si chiuse attorno al lembo del mantello che copriva l'addome nudo di Dollarus, in un tentativo di conservare il pudore.
«Chiedo venia...» Disse poi, la voce ridotta a un sussurro. «Presentarsi così davanti al Monarca.» Cercò di sorridere, ma il volto gli si piegò in una smorfia di sofferenza.
«Non sforzarti!» Degorio gli fu accanto in un attimo, le mani pronte a rimboccargli il lembo del mantello.
I miei occhi esitavano ancora su tutto il suo corpo.
Ora, sembrava ancora più piccolo e minuto del solito, così fragile che un solo soffio di vento lo avrebbe potuto portar via con sé.
«Dov'è la fiaschetta?» Le mie mani iniziarono a tastare il suolo circostante come un cieco che ha perso il proprio bastone guida. «Andrà tutto bene.» Dissi, il sorriso impresso in volto non rifletteva l'onda di emozioni che provavo. «Devi solo bere un po' di quell'intruglio e ti riprenderai. Lo hai sempre fatto.»
Le mie mani, frenetiche, continuavano vane nella loro ricerca, ribaltando pietre, spostando detriti, graffiando la terra.
«Monarca.» Mi chiamò, debole.
Lo ignorai, la vista sempre meno nitida.
«Andrà tutto bene.» Ripetei, asciugandomi gli occhi con la polvere delle mani.
Presero a bruciare ancora di più.
«Lyra.» Mi chiamò di nuovo Dollarus.
E mi venne a mancare la forza negli arti.
Una pietra scivolò via dalle mie falangi.
«Perché?» Gridai, le lacrime ora scendevano copiose. «Perché vuoi arrenderti così facilmente?»
Lo sterno di Dollarus fu scosso da un colpo di tosse, e per un momento temetti potessero spezzarglisi delle costole.
«Non mi sto arrendendo.» Inspirò, pronunciando ogni parola con fatica. «È stata una mia scelta.»
«Il Chrysius è finito... molto tempo fa.» Questa volta fu Degorio a rispondermi.
E fu allora che realizzai.
L'ultima volta che avevo visitato le segrete, l'ultima volta che avevo visto Dollarus prima che uccidessi mio fratello... mi ero accorta di quanto debole fosse. Mi ero accorta quanto, nonostante tutto, non avesse mai sorseggiato dalla sua fiaschetta come fosse suo solito fare.
Lasciare che la sua parte da Titano di Lava prendesse il sopravvento, avesse la meglio... Distruggere il palazzo, attaccare al momento giusto e liberarmi la strada da più ostacoli possibili.
Sacrificarsi.
Era sempre stata quella la sua intenzione.
«No! No! No!» Urlai e imprecai, incapace di accettare quella scelta.
«Dov'è quel piccione?» Afferrai Degorio per le spalle. «Dov'è quell'aquila, quel falco quando serve?» Continuai a gridare.
Degorio, a testa basta, non riusciva a far altro che mordersi le labbra nel tentativo di fermare le lacrime.
«Non farebbe in tempo.» Alle parole di Dollarus, la forza negli arti mi venne a mancare e le mie braccia si abbandonarono alla gravità.
«Sono vecchio. Ho vissuto a lungo.» Inspirò e l'aria gli grattò l'esofago. «Ho una terra, ho una persona che amo...» Cercò Degorio con lo sguardo. «Ho una famiglia.» Le palpebre si chiusero così lentamente che temetti non si riaprissero più.
«Non ho rimpianti.» Espirò. «Sono stanco, Principessa.»
Non avevo la forza per parlare.
«Voglio solo riposare.»
Al suo fianco, Degorio annuì ripetutamente tra i singhiozzi.
«E riposerai, amore.» Disse, la voce ovattata dal pianto.
«Promettimi una cosa.» Dollarus si rivolse al suo amato.
«Tutto quello che vuoi.» La mano di Degorio accarezzava per inerzia i capelli di Dollarus, più nel tentativo di consolare sé stesso, che lui.
«Prenditi cura della nostra gente... e di te.» Degorio non trovò la forza di emettere alcun suono, limitandosi solo ad annuire.
«Principessa...» Emisi un verso gutturale, un tentativo di far capire che stessi ascoltando. «Non affliggetevi più del dovuto. Siate buona con voi stessa.»
Annuii, sfiorandogli la falange del dito con la mia mano tremante.
«Vi prego adesso... concedetemi i miei ultimi momenti con il mio amato.»
Senza proferir parola, mi sollevai, zoppicando in direzione di Gideon e Rubyo, ancora privo di sensi.
Trascorse qualche minuto, che passai voltata di spalle ad accarezzare ripetutamente il manto di Gideon senza emozione.
A quella distanza, era impossibile sentire i bisbigli di Dollarus, e Degorio a stento riusciva a proferir parola tra i singhiozzi.
Poi il pianto.
Il grido di afflizione di Degorio.
E allora capii: la seconda lacrima d'ambra era stata pianta.
Dollarus era morto.
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