CAPITOLO 192
«Meglio accertarsi che siano nostri alleati che nostri nemici, giusto?»
Rubyo si accigliò nuovamente, la perplessità che gli solcava il volto.
«Gideon. Aerin.» Chiamai, prima che lui potesse anche solo aprire bocca.
Mi voltai verso la fontana, dando le spalle a Rubyo, giusto in tempo per vedere i due Kelpie uscire dall'acqua.
Indietreggiammo, riuscendo a stento a evitare che gli schizzi ci inzuppassero gli stivali quando Aerin e Gideon riassunsero sembianze umane.
I loro capelli candidi, bagnati, sembravano brillare d'argento sotto la luce delle stelle.
I loro vestiti leggeri, umidi, rivelavano una pelle ancor più cerea del pallore della luna.
Prima ancora che lo avessi realizzato, i miei occhi avevano guardato gli zigomi alti di Gideon, osservato il triangolino di pelle scoperta sul petto, studiato il modo in cui le maniche arrotolate si attorcigliassero attorno alle braccia venose.
Non guardai i suoi occhi.
Non ancora.
Invece, mi persi nel profilo del suo volto riflesso nella fontana.
Era bello, era affascinante.
Come sempre.
Ma se un tempo mi ero lasciata accecare dal suo aspetto, adesso sapevo che fosse così per natura.
Per attirare le sue prede.
Per nutrirsene.
Cercai la mano di Rubyo al mio fianco.
Era calda.
La strinsi.
Non ero più sciocca come un tempo.
La Lyra illusa era scomparsa.
Aerin non era mai stata dalla nostra parte e Gideon...
Gideon mi aveva tradita due volte.
Allora perché avevo scelto proprio quel luogo per discutere dei miei piani con Rubyo?
Perché avevo scelto proprio la serra, la fontana, quando sapevo che avrebbero potuto origliare le nostre conversazioni attraverso l'acqua?
Mi fidavo ancora di Gideon? No.
Speravo che potesse redimersi dal suo passato, dalle sue scelte volontarie? No.
Certo che no.
Non lo avrei perdonato una seconda volta.
Non mi sarei fidata una seconda volta.
Eppure sapevo che in quella condizione, costretti nel perimetro del palazzo con così poco tempo a disposizione, la soluzione migliore sarebbe stata averli vicini.
Era quello il mio piano.
Se non potevo fidarmi di loro, li avrei controllati, obbligati a seguirmi.
Solo allora mi decisi di incrociare il mio sguardo con quello di Gideon.
Senso di colpa.
Disillusione.
Erano quelle le emozioni che oscuravano i suoi occhi, che curvavano la sua schiena.
Quei pochi giorni a palazzo gli erano stati sufficienti per realizzare quanto folle fosse stato nel credere a Markus, quanto sciocco fosse stato nello sperare di non finire nuovamente vittima dei suoi giochetti manipolatori.
Sapevo di non poter contare sulla loro lealtà, allora su cosa avrei potuto fare leva?
Guardai Aerin, i suoi sensi sempre all'arta.
L'odio di una combattente nei suoi occhi.
L'iperprotettività di una madre nel suo petto.
Era lei.
La causa dei miei mali.
La soluzione ai miei problemi.
Markus era un bastardo, di sangue e di cuore.
Ma aveva ragione.
E questa volta, solo questa volta, mi sarei permessa di seguire i suoi passi.
Aerin mi aveva sempre considerata allo stesso livello.
L'avevo negato.
Avevo cercato, vanamente, di dimostrarle come non fosse vero, di darle modo di credermi, di fidarsi, di vedermi in una luce diversa.
Non era servito.
Non era servito e io ero stanca.
Stanca di provare.
Stanca di sperare.
Perché tentare di parlare con una persona che si sarebbe rifiutata di ascoltare anche le tue urla?
Perché tentare di far vedere una persona che preferiva barcollare nel buio?
Perché usare le buone, quando solo le cattive avrebbero funzionato?
Mi rivolsi a Gideon.
La volta stellata riflessa nella sua pupilla come nell'acqua della fontana.
«Accetta Markus, come Monarca, e finirete insieme nelle prigioni dalla quale ho tirato fuori tua madre un anno fa.»
Il mio sguardo si spostò verso Aerin, ma l'interlocutore rimase l'originale.
«Accetta me e la libererò dal contratto dopo averla segregata a Kohl.»
Ironico come solo nell'isola che faceva da prigione ai malviventi del Regno, Aerin avrebbe trovato la libertà che da tempo cercava.
Una libertà, dove era sciolta da qualsiasi obbligo, eppure emarginata dal resto del mondo.
Gli occhi di Gideon si spostarono sulla madre.
Era come se cercasse, nel suo sguardo, la sua approvazione.
Seguii il movimento delle sue iridi, incontrandone delle altre, dorate.
Mi fissavano.
Le donavano, così colmi di astio.
Eppure ciò che davvero attirò la mia attenzione fu quel ghigno dall'aria soddisfatta, come se finalmente avesse vinto una battaglia che da tempo combatteva.
«Feccia.» Sputò.
E la mano di Rubyo si irrigidì nella mia.
«Sei-»
«Uguale a mio fratello?» Conclusi la frase per lei e il ghigno le morì sul volto.
Scossi la testa.
«Ho solo smesso di essere buona con chi non mi ha mai creduta tale.»
Aerin si lanciò verso di me.
Le sue unghie a pochi centimetri dal mio viso.
«A terra!» Gridai, e fu il mio turno di sorridere quando le sue ginocchia sbatterono contro il suolo.
Gli occhi dorati.
Le narici dilatate.
Guardai Gideon, la penombra gli aveva oscurato il volto.
Così nascosto nell'oscurità, con solo un occhio libero di brillare sotto la luce della luna, mi ricordò il modo in cui il mio cuore si fosse straziato all'idea di poterlo perdere sull'isola di Erling a causa del veleno.
Quei tempi, ormai, erano così lontani.
«Allora? Cosa scegli?»
Fu il silenzio a rispondermi.
Non riuscii a trattenere una risata secca.
Esitava?
Esitava ancora?
Ancora credeva di aver fatto la scelta giusta?
O forse si illudeva di poter trovare una via di fuga alla mia proposta?
Inspirai, pronta per un altro ordine a cui Aerin non avrebbe avuto altra scelta se non ubbidire.
«Va bene!»
Gideon uscì oltre i confini della penombra.
Il volto di nuovo illuminato nella sua interezza.
La mano era sollevata in avanti.
«Va bene.» Ripeté, più calmo.
L'arto gli ricadde lungo il fianco.
La luna, sul suo viso, scavava delle espressioni ancora più nette sulla sua pelle diafana.
«Sai già cosa devi fare.» Feci riferimento alla conversazione avvenuta con Rubyo.
Conversazione, che sicuramente avevano origliato.
E la conferma non tardò ad arrivare, in forma di un cenno del capo.
«Ma non è così facile.»
«Cosa intendi?» Quella fu la prima volta che Rubyo intervenne da quando erano comparsi i due Kelpie.
Avanzò un passo nella loro direzione, senza mai lasciare la mia mano.
«Ciò che ci serve...» Iniziò a spiegare Gideon. «Non c'è modo di recuperarla in anticipo senza destare sospetti.»
«Dov'è?» Chiese Rubyo
«Nella sua stanza.» Sussultai quando sentii la voce di Gideon rimbombarmi nella testa.
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che avevamo comunicato così?
A stento la ricordavo.
La sua voce, così vicina, sembrava soffiarmi sulle orecchie, solleticarmi le pareti della mente.
In passato, avevo sempre trovato questa abilità tanto affascinante quanto intima.
Eppure adesso, l'unica sensazione che provai fu il disgusto.
Davanti all'apparente silenzio di Gideon, Rubyo mi guardò.
Annuii, confermandogli la comunicazione con il Kelpie.
«Dovrai prenderla tu stessa, nel momento in cui lo ucciderai.» Continuò, le sue parole che, dall'interno, mi spingevano contro gli occhi.
Sapevo che non sarebbe stato facile e avevo già intenzione di gettarmi nella tana del lupo.
Solo che non credevo di farlo disarmata.
Annuii.
Non c'era molta scelta.
«Allora abbiamo deciso.» Conclusi l'accordo, e sentii la mano di Rubyo scivolare fuori dalla mia, pronto a voltarsi e procedere verso l'uscita.
«Un'ultima cosa.» Aggiunsi, ora con entrambi i palmi liberi.
Avanzai di una falcata, chinandomi difronte a Aerin. «Ti obbligo al silenzio con chiunque per quanto riguarda questo piano. Non ti chiederò di aiutarci, ma non intralciarci.»
Feci per voltarmi nella direzione opposta, pronta per andarmene con Rubyo al mio fianco, ma una voce mi fermò.
«Lyra.» Mi sentii chiamare.
Quando mi girai verso Gideon, Aerin era già scomparsa.
«Possiamo parlare?»
Esitai.
Cos'altro c'era ancora da discutere?
Mi morsi l'interno della guancia quando accettai.
Una mano, calda, si depositò sulla mia nuca.
«Ti aspetto fuori.» Rubyo mi tirò a sé e le sue labbra si depositarono per qualche istante sulle mie tempie.
Quando non riuscii più a sentire neanche i suoi passi sul sentiero, capii di essere rimasta sola con Gideon dopo tanto tempo.
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