CAPITOLO 188
LYRA'S POV
Lo spostamento d'aria, causato dal chiudersi della porta alle mie spalle, smosse dalla toeletta uno strato di polvere che si era accumulato durante la mia assenza.
«Ammetto che mi tranquillizzi...» Iniziò Rubyo.
«Cosa?» Domandai.
Mi sedetti sullo sgabello della toeletta, volgendo le spalle allo specchio.
«Sapere che fossero queste le condizioni in cui vivessi.» Rubyo, notando la familiarità con cui il mio sguardo si fosse depositato sugli oggetti, capì di essere nella stessa camera dove avevo alloggiato l'ultima volta che fossi stata a palazzo.
«Una magra consolazione al saperti prima in cella, e poi morto...» I ricordi che quelle parole suscitarono mi punsero la lingua.
Volevo ironizzare, ma con quel commento non feci altro che appesantire il mio cuore.
Eppure, Rubyo parve indisturbato dal mio commento, come se ciò a cui stessi facendo riferimento fosse accaduto in una vita passata.
Lo osservai camminare in silenzio tra quelle quattro mura, studiandole come se le stesse vedendo per la prima volta, ma sapevo bene quanto neppure lui fosse estraneo a quegli ambienti dove avevo vissuto prima di scappare da palazzo.
Ora quei giorni sembravano così lontani.
«Non è cambiato nulla.» Disse, lasciando che i polpastrelli seguissero le curve della spalliera del letto.
Un brivido mi scivolò lungo il collo quando immaginai quel suo tocco sulla mia pelle.
Non riuscii a trattenere uno spasmo involontario che mi costrinse a inarcare la schiena.
Quando i muscoli smisero di formicare, Rubyo aveva già raggiunto l'armadio.
«Che lusso! Vestiti di ricambio...» Un angolo delle mie labbra si sollevò alla piattezza ironica della sua voce.
«Potrei quasi credere che preferisca la tua cara vecchia cella.» Scherzai, risistemandomi sullo sgabello. «Basta una mia parola per fartici tornare dentro, se ci tieni così tanto...» Attraverso lo specchio, osservai il suo riflesso muoversi nella mia direzione.
Vidi Rubyo soffiare una risata, un angolo delle labbra sollevato in un ghigno.
«Solo se mi fai l'onore di accompagnarmi.» Delicato, appoggiò le sue mani sulle mie spalle.
«È una minaccia?» In quel momento la sua sola vicinanza mi stava stuzzicando più di quanto non avessi tentato di fare io con quelle parole.
«No, al contrario.» La sua testa perse quota, il suo respiro troppo vicino al mio collo. «È un invito.» I suoi occhi non avevano abbandonato i miei neanche per un istante.
Deglutii, incapace di distogliere lo sguardo.
Le gambe avevano improvvisamente perso la loro forza.
La pelle fremette quando i suoi polpastrelli mi sfiorarono la punta dell'orecchio.
Il giglio rosso cadde sul legno consumato della toeletta.
Ne osservai i petali: così ammaccati da sembrar consunti.
«Qualsiasi posto andrebbe bene, in tua compagnia...» La voce di Rubyo riportò la mia attenzione su di lui.
Il suo sguardo perse quota, depositandosi sul mio collo scoperto.
Lo baciò.
Il tocco bollente, ma delicato.
Le mie palpebre si chiusero prima che me ne rendessi conto, lasciando che mi abbandonassi al calore del suo corpo sul mio.
L'afflusso di sangue divenne più rapido.
Mi sentii avvampare, ma questa volta non era la timidezza ad arrossarmi il viso.
Un altro bacio.
Un altro e un altro ancora.
Sfarfallii sulla nuca, sulla spalla: i suoi tocchi.
Sfarfallii nella pancia, nel basso ventre: le mie emozioni.
Mi voltai, gettando le mie braccia attorno al suo collo.
Senza mai aprire gli occhi, trovai le sue labbra.
Le baciai.
Le morsi.
Le assaporai.
Sentii la sua bocca sorridere contro la mia.
Aprii gli occhi.
Mi portai un polpastrello alle labbra, strofinando quella inferiore nella speranza di alleviare il formicolio.
In quel momento, sembrò che anche per noi, in quel luogo senza tempo, i minuti si fossero fermati.
E quanto fu doloroso crederlo.
Quanto desiderai che i secondi scorressero più rapidi così da permettere al mio corpo di percepire un'altra volta quel tocco inebriante.
Con le nostre sole fronti a contatto, provai freddo.
Eppure lo scintillio che illuminò gli occhi di Rubyo mi scaldò il cuore.
«Il dolce va mangiato dopo cena...» Sussultai quando percepii il suo respiro fresco sulla punta del naso. «O c'è il rischio di rovinarsi l'appetito.»
Il gelo divenne ancora più asfissiante al ricordo di cosa mi avrebbe aspettato tra pochi minuti, ma lo ignorai.
Il mio pensiero.
Il nostro futuro.
Scattai in piedi, spingendo Rubyo.
Indietreggiò, barcollò e cadde sul letto.
I soli avambracci a reggere il peso del suo petto.
«Allora viziami.» Risposi, le mie ginocchia attorno alla sua vita. «Sono la tua principessa, dopotutto.»
Il ghigno lussurioso di Rubyo gli annebbiò la ragione.
«Così è giocare sporco.» Furono le sue ultime parole prima di tirarmi a sé.
I nostri corpi si invertirono.
Il letto morbido sotto la mia schiena, il suo petto duro contro il mio seno.
Le mie braccia bloccate sopra al capo.
I capelli aperti sulle lenzuola.
I polmoni parvero annaspare in cerca d'aria quando il corsetto in pelle allentò la sua morsa attorno al mio torace.
Il piacere crescente mi consumava dall'interno.
I suoi denti si chiusero sul mio collo.
Le mie iridi cercarono le palpebre.
Il dolore reso piacevole dalla sua lingua contro la mia pelle.
Ero pronta.
Lo volevo.
Lui.
Quel momento.
Volevo dedicarmi a Rubyo più di quanto lui non lo avesse fatto per me in tutti quegli anni.
La cena?
La guerra?
Il futuro che ci aspettava?
Quelli sarebbero stati problemi dell'indomani.
Gemetti quando lo sentii lasciare la morsa attorno al mio collo.
La pelle umida, fredda a contatto con l'aria.
Mi morsi il labbro.
Così forte da sentire il sapore del sangue.
Eppure, per la prima volta, anche quel retrogusto ferroso mi parve così dolce.
Aprii gli occhi, incontrandone un paio scuro come il mogano delle foreste.
Una lunga cicatrice.
Dei ciuffi biondi.
Una testa mozzata.
Gridai.
Spinsi Rubyo lontano da me prima che potessi realizzarlo.
Al piacere si era sostituito il terrore.
«Lyra...» Sentii una voce farfugliare, e ci volle qualche istante prima che il volto di Rubyo si sostituisse a quello precedente.
Deglutii, in silenzio.
Gli occhi sbarrati fissi in quelli smeraldo di Rubyo.
Di quel piacere che il mio corpo aveva appena provato era rimasto solo il batticuore, ora causato però da un'altra emozione, ben diversa dalla precedente.
Avevo capito cosa fosse quella visione.
Avevo capito cosa fosse quell'ombra che mi aveva annebbiato la vista.
Coline.
Perché era apparsa in quel momento?
Probabilmente era stato il mio senso di colpa a farmela vedere.
Perché alla cena, alla guerra, al futuro, a tutto quello, potevo ancora sfuggire.
Ma ai miei ricordi, al mio passato, agli incubi che mi tormentavano ancora la notte, a loro non potevo neppure nascondermi.
E Coline ne era parte.
Non eravamo mai state grandi amiche, eppure ricordavo ancora.
Lei.
Il suo amore per Rubyo.
Quello che avesse fatto per me.
Come mi avesse trovata quando neanche gli altri lo avevano fatto.
Come mi fosse stata vicina quando credevo di essere rimasta sola.
Come mi avesse spronata quando avevo oramai perso ogni speranza.
«Che succede?»
Come una secchiata d'acqua in volto, la voce di Rubyo mi risvegliò da quell'illusione che avevo io stessa creato.
Scossi la testa e nell'istante in cui i miei muscoli si rilassarono, si sollevò dal mio corpo, sedendosi al mio fianco.
«Non voglio perderti.» Un bruciore agli occhi mi annodava la gola. «Non anche te.»
Mi sollevai a sedere.
«Se Markus non ci ha divisi questa volta, è solo perché siamo diventati l'una il punto debole dell'altro.» Gli esposi gli stessi pensieri che avevo avuto durante il viaggio.
Ma se in carrozza, quella mia realizzazione mi avesse tranquillizzata, in quel momento sembrò avere l'effetto opposto.
Nessuno dei due aveva alcuna intenzione di scappare.
Nessuno dei due aveva l'intenzione di separarsi dall'altro.
Ma se fosse accaduto a prescindere dal nostro volere?
Se, a causa di una forza maggiore, fossimo stati costretti a dividerci?
Come avrei fatto, allora?
No, come avrebbe fatto Rubyo, allora?
L'idea che potesse accettare una qualsiasi condizione pur di aver salva la mia vita mi appesantiva il petto.
Se gli fosse successo qualcosa non l'avrei mai potuto sopportare, eppure lo capivo perché anche io avrei fatto lo stesso per lui.
«Sono già morte fin troppe persone per la mia causa, Rubyo.» Finalmente trovai la forza di sollevare il mio sguardo e legarlo al suo. «Non voglio che accada più...»
Mi avvolse tra le braccia, stringendomi a sé.
Mi abbandonai a quella vicinanza.
Ne avevo bisogno.
Dietro il mio palmo, oltre il sottile tessuto della sua maglia sbottonata, riuscii a sentire il battito del suo cuore.
Era veloce.
«Lyra non ti mentirò.» Ancora abbracciata a lui, non potevo vederlo in volto. «Stiamo per andare in contro a una guerra, credere di non avere perdite è...»
«Lo so.» Mi liberai dalla presa, incrociando i suoi occhi. «Lo so che è impossibile, e non sono così folle da credere che non ce ne saranno.»
Abbassai di nuovo lo sguardo.
Le iridi fisse ad osservare il palmo vuoto della mia mano.
Palmo, dove pochi attimi prima avevo sentito il battito del suo cuore.
Palmo, dove pochi notti prima avevo visto due gocce d'ambra.
«Ma non voglio che sia tu, uno di quelli.»
Uno dei due destini.
Una delle due morti.
Non volevo che una di quelle due lacrime fosse dedicata lui.
«Come potrei abbandonarti dopo averti appena ritrovata.»
Sorrisi, eppure l'espressione che mi sforzai di dipingere sul volto non poté che essere amara e piena di dubbi.
Sapevo che Rubyo non volesse lasciarmi, che non volesse morire.
Ma se fosse successo?
Mi risistemai sul materasso, rivolgendo meglio il mio busto nella sua direzione.
«Rubyo.» Lo presi per entrambe le mani. «Quello che stavi per fare sulla nave...» Iniziai, non certa di come aprire il discorso, ma sicura su come finirlo. «Promettimi che non ti sacrificherai mai più per me come hai fatto in passato.»
Lo fissai così intensamente da scorgere il mio riflesso nelle sue pupille.
«Non andrai avanti per primo, non mi farai da scudo con il tuo corpo... promettimelo.»
Lo vidi deglutire.
Rubyo stava esitando.
Esitava, perché sapeva che non sarebbe riuscito a mentirmi.
E non più perché lo leggevo come un libro aperto, ma perché il nostro rapporto adesso si basava sulla sincerità.
«Solo se tu farai lo stesso.» Arrivò alla sua conclusione.
Sorrisi.
Scettico e pragmatico come sempre.
In questo, Rubyo non era mai cambiato.
«Va bene.» Accettai
«Allora giuralo.» Mi porse il mignolo.
Lo fissai, sorridendo.
Quanto tempo era passato dalla nostra ultima promessa così.
Avvolsi il suo dito con il mio, per poi tirarlo nella mia direzione.
Mi sporsi, allungando il collo e andando in contro al suo movimento.
Le nostre labbra si unirono ancora un'altra volta.
«Lo giuro.»
Le sue iridi scintillavano quando mi rispose: «Lo giuro.»
Poi qualcuno bussò alla porta, e quella bolla di intima felicità che eravamo riusciti a creare scoppiò nei nostri occhi.
«Il Monarca vi vuole a cena.»
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