CAPITOLO 184

«Il diritto al trono.»

Sentii le gambe cedermi, ma l'unica cosa che riuscii a fare fu rafforzare la presa sull'elsa, come per impedire che mi venisse strappata l'arma tra le mani.

Fu in quel momento che Markus sollevò lo sguardo, dalla spada al mio, come per accertarsi che quelle parole fossero vere.

E quando le sue sclere pece tornarono a posarsi sull'arma, allora capii che i miei occhi mi avevano tradita, rivelando la mia paura.

Perché mentre Markus osservava in silenzio la lama, l'intarsiatura dell'elsa, sentivo come se anche l'ultima delle mie speranze fosse venuta a mancare, come se qualcuno mi avesse tolto la terra da sotto i piedi.

Così, senza poter far altro, cercai di leggerlo.

Lui.
Il suo volto.
Il suo sguardo.

Ma quegli occhi pece ancora una volta rimanevano una pozza di catrame imperscrutabile.

Vuoti.
Spenti.
Privati di qualsiasi emozione.

Gli occhi che sarebbero potuti appartenere solo a un cadavere.

Poi, con la stessa lentezza e noncuranza si voltò nuovamente verso Gideon.

«Interessante ma no, grazie. Diritto o meno, sono già riconosciuto come tale.»

E per quanto ripudiassi quell'idea, per quanto odiassi ammettere che avesse ragione, in quel momento non riuscii a far altro se non tirare un respiro di sollievo alla consapevolezza che non avesse accettato quell'accordo.

Così per un istante mi illusi che il peggio fosse passato, ma Gideon non si arrese.

«Sì, dagli esseri umani.»

Girato di schiena, mi parve di intravedere uno spasmo nervoso muovere la spalla di Markus.

«Cosa intendi dire?» Ora il tono, nella sua voce, mal celava un'inusuale insicurezza.

«Che per gli esseri dell'Altro Sole sei e resterai l'usurpatore, una minaccia, sangue dello stesso sangue che ha fatto scoppiare la guerra vent'anni fa.»

Gideon ghignò, con aria di sfida.

«E no, non sono l'unico a pensarlo.»

Furono quelle ultime parole a convincere Markus ad abbandonare il mio fianco per avvicinarsi a quello del Kelpie.

E se non avessi visto poco prima la velocità con cui fosse in grado di muoversi, a quel punto avrei pensato che si stesse avvicinando ad un passo rapido, scandito da ampie falcate.

Ma invece no.

In quel momento Markus era come un animale, una belva pronta all'agguato, che avanzava a passi lenti e cauti, mentre studiava il proprio avversario, la propria preda.

Mai avrei pensato che Gideon avrebbe potuto coprire un tale ruolo.
Da cacciatore, a preda: quella era una maschera che non gli donava.

Perché si, era una maschera.

Nell'ultimo periodo Gideon era diventato più calmo, mansueto, trasformandosi quasi in un'altra persona, eppure mai si sarebbe abbassato al livello di essere cacciato.

E quell'affronto, quella sfida con cui ora stava stuzzicando Markus, non ne era che una prova, una dimostrazione.

Eppure la posta in gioco era troppo alta, la scommessa troppo rischiosa per essere persa.

Attaccando, rivelando l'unica carta a nostro favore rimasta, si era esposto troppo.

«Si stanno preparando per una guerra.» Continuò Gideon. «Abbiamo radunato un esercito, che con o senza di noi attaccherà il tuo palazzo.»

Mentiva, faceva lo spavaldo, credendo che esagerando le cose Markus avrebbe ceduto.

Ma in tutti quegli anni che avevo passato a scappare una cosa di cui avevo imparato a non dubitare era la sua determinazione.

Così ora Markus avrebbe avuto il tempo per preparare un esercito pronto ad attaccare il nostro.
Il nostro che non esisteva.
Il nostro che ci aveva abbandonato nel momento in cui l'attacco dei Rasseln aveva sterminato il villaggio di Tanya.

Markus scatto, la bestia si liberò, gettandosi sulla preda e infilando gli artigli nella carne tenera.

Sussultai.

Gideon non era umano, ma neanche quella mano che ora gli stava attanagliando il collo.

Non sapevo dire chi avrebbe avuto la meglio.

«Cosa credi che mi importa?» Markus ruggì. «Che vengano, li accoglierò e-»

«Io dico che ti importa.» Fortunatamente, Gideon sembrava indifferente alla presa di Markus, eppure non seppi dire se anche quella fosse una maschera.

«Altrimenti non saresti stato così sciocco da provare a minacciare un Kelpie... o forse due.»

La mano di Aerin si chiuse attorno al polso di Markus, proprio nel punto in cui la sua pelle si fondeva con quella dell'appendice inumana.

E strinse.
Strinse finché quest'ultimo non fu costretto a lasciare la presa.

«Ti avevo detto di non toccare mio figlio.»

Mai un'emozione era stata così tanto palese negli occhi di Markus come la rabbia che gli vidi quel giorno, nel momento in cui il suo palmo si aprì e il suo corpo indietreggiò.

«Credo che quella lurida catena ti donasse, dopotutto.» Le ringhiò contro, ma Aerin non rispose alla sua provocazione.

Così Markus tornò a concentrarsi su Gideon.

«E come credi che quella spada possa impedire una guerra?»

Quella era davvero l'ultima possibilità di mentire, di salvare il salvabile, di nascondere l'ultimo dettaglio.

Fissai Gideon negli occhi, sperando che leggesse nel mio sguardo le parole che non avrei potuto dire ad alta voce senza rivelare le nostre vere intenzioni.

E quando il Kelpie incrociò per un istante il suo sguardo con il mio, per un attimo ci credetti davvero.

Ma poi Gideon scosse la testa, rivolto a Markus.

«Non lo farà, ma ti darà la forza per vincere una guerra che altrimenti avresti già perso.»

Non seppi descrivere la sensazione di vuoto e disperazione che provai in quel momento.

Fu allora che gli occhi di Markus tornarono nella mia direzione, per accertarsi ancora una volta che Gideon fosse stato sincero.

«Cosa hai detto di volere in cambio?»

Gideon ghignò, sapendo di averla vinta, mentre il mio cuore prese a sprofondare nel petto.

«No!» Gridai. «Questa spada è di mio p-» Ma prima che potessi finire la frase, il corpo di Markus fu di nuovo sul mio.

Il suo spostamento, così violento, da essere mal calibrato.

Ed entrambi ci trovammo stesi al suolo, io con il collo piegato in una posizione scomoda e Markus a cavalcioni su di me, con una mano pressata contro le mie labbra.

L'altra era rivolta a Rubyo, in un tacito gesto che lo avvisasse di non tentare alcuna mossa.

«È nostro padre.» Concluse la frase al mio posto. «Lo stesso padre che non ti ha mai fatto mettere piede in una sua riunione di stato.»

Sentivo i suoi occhi scrutarmi l'anima, le sue unghie scavarmi le guance.

«E se non lo ha mai fatto, deve esserci un motivo... non trovi?»

La mano puntata a Rubyo lentamente perse quota, abbassandosi tra i nostri corpi e raggiungendo la mia.

La strinse e per un attimo le nostre dita si intrecciarono.

Un conato di vomito mi corrose l'esofago.

Ma presto il palmo fu di nuovo libero.

Dalla sua mano.
Dalla mia spada.

Tentai di liberare la bocca dalla sua presa, di gridare di ridarmela.
Per quanto fosse stato inutile, non volevo arrendermi così, non senza averle provate prima tutte.

Ma prima ancora che potessi aprire bocca, Rubyo cadde svenuto al mio fianco.
Era bastato un colpo inaspettato alla tempia per metterlo fuorigioco.

Fu in quello stesso istante che mi dimenticai completamente della spada.

«Legateli.» Ordinò Markus ai suoi uomini, per poi rivolgersi di nuovo a Gideon. «Quale hai detto fosse l'accordo?» Ripeté.

Ora la punta della spada puntava nella sua direzione.

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