CAPITOLO 179
In piedi, sulla prua della nave, le stelle che stavo osservando vennero nascoste per qualche istante da una nuvola di condensa.
Rabbrividii, stringendomi nello spesso mantello in pelliccia.
Nel Regno di Nymand era già inverno, la Festa Imperiale già vicina, eppure la mia mente non era ancora pronta per guardare così avanti.
Perché sapevo di avere poco tempo per crogiolarmi, per indugiare ancora, per chiudermi, un'ultima volta, in una bolla dal confortevole tepore.
Solo fino all'attracco.
Così, quando le mie dita si chiusero attorno al mantello, i miei occhi non potettero che soffermarsi sulle striature del pelo, la mia memoria indugiare in quello che fino a poche ore prima era il mio presente e credevo sarebbe stato il mio futuro.
Eppure ora di Thui, del nostro legame, affetto, di tutti i momenti che avevamo condiviso fino ad allora, era rimasto solo quello: un mantello in pelliccia.
Non seppi dire se fu la nostalgia dei ricordi o il buio del cielo a cui non ero più abituata, ma quella notte mi sembrò diversa dalle altre.
Più fredda.
Più silenziosa.
Più solitaria.
«È normale essere preoccupati per l'avvenire.»
Dollarus mi raggiunse dal ponte di comando.
Soffiai una risata. «Allora come mai sei così tranquillo?»
Sorrise, e nei suoi occhi eterocromi si riflesse la luce della luna. «Ho vissuto abbastanza per dire di aver trovato la mia pace.»
Mi voltai, appoggiando i gomiti alla balaustra in legno.
Il mare, ora, si infrangeva sullo scafo alle mie spalle.
«Parli di lui?» Chiesi, facendo riferimento a Degorio al timone con un cenno del mento.
E il sorriso dell'omino si fece più ampio.
«Anche.»
Lo guardai, un sopracciglio alzato.
«Va bene, soprattutto.» Ammise, girandosi anche lui.
E il suo sguardo si perse al timone.
«Pensavo che non ci fosse più speranza per voi due.» Gli ricordai come quelle fossero state le sue parole, poco dopo aver saputo dell'arrivo di Degorio alla Tribù.
«Già.» Sospirò, il peso di una vita che gli affaticava il respiro. «Anche io...»
E come un capitano che, per navigare di notte, non perde mai di vista la sua stella, anche Dollarus non distolse mai lo sguardo dal suo punto fisso, neppure quando sorseggiò dalla sua fiaschetta.
Una morsa mi strinse lo stomaco. «Va tutto bene?»
Dollarus sembrò confuso per qualche istante, ma quando capì a cosa mi stessi riferendo, si affrettò per tranquillizzarmi.
«Questa?» Sollevò la fiaschetta. «No, no. Va tutto bene.» Fu allora che l'espressione nel suo sguardo cambiò. «È che non sono più giovane come un tempo e queste ultime giornate sono state sfiancanti.» Si portò una mano sull'anca.
Poi, un ghigno malizioso gli fece sollevare un angolo delle labbra. «É migliorato con gli anni.»
Con una mano, mandò un bacio a Degorio che, ancora occupato al timone, si limitò a scuotere la testa.
«Dovrei ingelosirmi?»
Avvampai quando realizzai il messaggio dietro quelle parole.
«Io pensavo ch-» Ma la voce mi si ruppe, e fui costretta a fermarmi per schiarire la gola. «Da quanto tempo voi...?» Non riuscii a concludere la frase.
«Dall'Approvvigionamento?» Si massaggiò il mento con fare pensante. «O dopo essermi ubriacato?»
Sbarrai gli occhi. «Ma quello era solo il primo giorno!»
L'omino si limitò a fare spallucce. «L'amore fa fare follie.»
Scossi la testa, sconcertata ma allo stesso tempo divertita. «Come fate?»
Dollarus mi fissò in silenzio per qualche secondo prima di rispondermi.
«Potrei anche dirvelo, ma non credo che funzioni allo stesso mod-»
«No!» Lo fermai, alzando le mani come a coprirmi il viso.
Il rapido pulsare del sangue aveva reso le mie guance bollenti.
«Non è quello che intendevo.»
«Oh.» Disse solo lui, in attesa che gli chiarissi le idee.
Ci volle qualche secondo per riprendermi.
«Intendevo come avete fatto a riappacificarvi così in fretta...»
«È più facile di quel che crediate, Principessa.»
Nonostante il ghigno malizioso non fosse mai scomparso dal suo volto, la voce di Dollarus divenne più profonda.
«Basta essere sinceri, aprirsi l'uno all'altro... in tutti i sen-»
«Grazie!» Lo fermai, prima che quel suo discorso assumesse altre sfumature che la mia mente avrebbe preferito non conoscere.
«Ma siete stati lontano per così tanto tempo...» Deglutii, i miei occhi ora erano fissi sulla porta chiusa del sottocoperta. «Siete cambiati.»
Era lì che Rubyo stava dormendo.
«Avete combattuto l'uno contro l'altro.» Il cuore iniziò ad agitarsi nel mio petto.
«Come avete fatto ad accettarvi a vicenda senza pensare che l'altro possa avere secondi fini?»
Fu allora che Dollarus si sollevò dalla balaustra, iniziando a incamminarsi verso il ponte di comando.
«Non è quello che avete fatto anche voi con il giovanotto, nonostante credeste che vi avesse tradita?»
«Tu-»
L'omino si voltò, dandomi le spalle.
«Sì, ho deciso di ignorare.»
Era minuto, eppure la sua ombra si rifletteva lunga per tutta la lunghezza del ponte.
«Sono vecchio e stanco.» Qualcosa nella sua voce si ruppe e, per un attimo, mi parve di vedere le sue spalle tremare. «Ho navi e ricchezze da far invidia a qualunque commerciante, un nome che mi precede ovunque vada, una famiglia da cui tornare, il comando di Chaot...»
Vidi le sue nocche farsi bianche attorno al collo della fiaschetta.
«C'è solo una cosa che ho sempre rimpianto, solo una cosa per cui avrei dato tutto in cambio.»
La presa parve farsi più lenta.
«E ora che ce l'ho, non ho nulla da perdere nel crederci.» Stappò la fiaschetta, portandosela alla bocca. «Anche se questo...» Si ripulì il labbro con la manica. «...vuol dire illudersi.»
Solo allora si voltò di nuovo nella mia direzione, gli occhi eterocromi sorridenti, i denti scoperti.
«Per cui vi consiglio, Principessa...» Si avvicinò a me a piccole falcate, prendendomi a braccetto e guidandomi fino alla porta del sottocoperta. «...di aprirvi un po' anche voi.»
Lasciò la presa, iniziando a incamminarsi verso le scale che portavano al timone.
«Vedrete che non ve ne pentirete!»
E, quasi saltellando, raggiunse il fianco di Degorio.
Fissai il legno della porta chiusa davanti a me.
Ed esitai.
Immaginai, parola dopo parola, il discorso che avrei potuto fare a Rubyo, le risposte che avrei potuto dargli e le domande che avrei potuto fargli.
E così, ferma davanti all'uscio, recitai delle frasi di circostanza più e più volte, fin quando non fossi sufficientemente sicura di ricordarle.
Eppure mi chiesi quanto andasse bene aprirsi, quanto fosse stato interesse e quanto, invece, pura ossessione.
Deglutii, la mano sulla maniglia.
La verità era che stavamo andando in contro ad una guerra, una guerra che io stessa avevo reso possibile, e se avessi indugiato adesso, avrei potuto pentirmene per il resto della vita.
Il tempo dell'esitazione era finito.
Aprii la porta.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top