CAPITOLO 175

Mi rigirai nel letto per l'ennesima volta, quella notte.
Eppure Rubyo, steso accanto a me, non aveva mai dormito così bene da anni.

No, forse non lo aveva mai fatto davvero.
O almeno non prima di andarsene.

Girato sul fianco, non più supino, osservai la fronte rilassata, le ciglia lunghe, le labbra schiuse.

E mi chiesi se, provando ad accarezzargli il volto, si sarebbe svegliato come un tempo. 

Adesso, perfino i pugni nascosti tra le braccia incrociate in petto erano scomparsi, sostituiti invece da due palmi rilassati: uno a penzoloni sul bacino, l'altro aperto sotto il cuscino.

Non c'era più traccia neanche del ginocchio sempre sollevato e pronto a farlo scattare in qualsiasi istante, che ora riposava comodamente disteso sull'altro. 

Eppure come poteva essere così tranquillo?
Come faceva la sua mente a zittirsi al punto tale da lasciarlo dormire?

Perché invece nella mia testa le vocine non si erano acquietate neanche dopo ciò che era successo e anzi, avevano ripreso a urlare e gridare più forti di sempre, più numerose di sempre.

Avevo tante domande, troppe domande.
Ma nessuna risposta.

Se non si era trattato di un sogno, di un'illusione dell'afrodisiaco, Rubyo aveva detto di non avermi mai tradita. 

Eppure perché si fidava di Degorio?
Gli aveva davvero salvato la vita?

Guardai Rubyo, le palpebre ancora chiuse.

Quale pericolo lo aveva reso così disperato da portarlo ad accettare il suo aiuto?
Quanto gravi erano state le sue ferite?

E adesso?
Adesso cosa sarebbe successo?
Che rapporto ci sarebbe stato tra noi due?

E la mia mente tornò a ciò che era accaduto poco prima.

A come i nostri corpi si fossero uniti insieme, fusi l'un l'altro, attraverso le nostre labbra.
A come i nostri respiri, ansimi, si fossero sincronizzati, adattati al reciproco battere del cuore.
A come i nostri corpi, le nostre pelli, avessero tremato al contatto con l'altro.

Quando ero diventata così sfacciata?

Avvampai.
Il viso cremisi, il cuore rapido.

Come avevo fatto, per tutto quel tempo, a non capire cosa lui provasse per me, cosa io provassi per lui?
E come me ne sarei privata adesso che ne conoscevo la passione, il desiderio?

Perché per quanto dolce, per quanto assuefacente fosse quell'impeto, non potevo abbandonarmi a lui.

All'impeto.
A Rubyo.

Perché se solo avesse parlato, avesse agito qualche ora prima, se solo per una volta avesse ceduto alle sue emozioni, ignorando la ragione, allora forse adesso le cose sarebbero state più semplici.

Allora forse adesso io non sarei stata una donna sposata.

Una morsa mi strinse il petto e i polmoni quasi si privarono di tutta la loro aria.

«Riesco a sentirti, sai?»

La voce roca di Rubyo mi fece sussultare, i suoi occhi ancora chiusi.

«Non ho detto nulla.» Colta di sorpresa la mia voce uscì come un bisbiglio.

Le sue labbra si sollevarono in un sorriso ancor prima che aprisse le palpebre. 

«Non ad alta voce.»

E i nostri sguardi si incontrarono.

Il mio cuore ebbe un sussulto quando nelle sue iridi, opache di sonno, vidi il mio riflesso.

Perché mi sembrò di essere tornata indietro nel tempo, al momento in cui fossi al centro del suo mondo, al momento in cui le parole non fossero necessarie per capirci, per comunicare.

Al momento in cui eravamo l'una il riflesso dell'altro, l'una lo specchio dell'altro.

E questo bastava.

Ma adesso non era più così.

Adesso io ero ancora trasparente per lui, forse anche più di quanto lo fossi una volta, eppure lui non era più come un libro aperto per me.

E per quanto si aprisse, per quante verità mi dicesse, c'era un lucchetto adesso a chiudere le sue pagine.

Da libro, a diario segreto.
Un diario che nemmeno io potevo leggere.

Ed era come se avessi perso per sempre un posto privilegiato nel suo cuore.

Ma proprio in quel momento, proprio come se avesse davvero sentito i miei pensieri, allungò una mano.

E il suo braccio scivolò sotto al mio collo, la mia testa si poggiò alla sua spalla.
E i nostri corpi furono di nuovo vicini.

Così stretti l'uno all'altro, come se la distanza a separarli non potesse mai essere colmata.

Rimasi immobile, il viso nascosto nel suo petto.
E quanto avrei voluto che il tempo si fermasse per sempre.

«Perché non mi hai fermata subito?» La mia voce uscì ovattata contro il suo torace.

La sua mano iniziò ad accarezzarmi la testa.

E quel tocco era così puro, così innocente in confronto a quelli di poco prima.
Eppure il mio cuore tremò, vittima delle stesse emozioni.

«Credevo lo amassi davvero.» Rispose.

Ruppi l'abbraccio, sollevando il mio corpo dal suo.
L'unica distanza che ci separava era quella creata dai miei avambracci.

«Cosa? Come puoi credere ch-» Il volto accigliato, la voce incredula.

«Lo so, lo so.» Rubyo mi avvolse con le sue braccia, unendo di nuovo i nostri corpi. «Ho sbagliato.»

Il mio orecchio, poggiato sul suo cuore, riusciva a sentirne il ritmo.
E le pulsazioni erano forti, regolari, eppure i suoi battiti non mi erano mai sembrati così deboli, tremanti.

«Ma il modo in cui vi guardavate, il modo in cui vi toccavate...»

La presa attorno al mio corpo si fece più rigida.
Il suo cuore più rapido.

«Ma ho cercato di parlarti, di chiarire.» Mi opposi.

E volevo guardarlo negli occhi, volevo osservare le espressioni del suo volto, ma la sua stretta mi impediva qualsiasi movimento.

Ma forse era lui stesso a non volere che i nostri sguardi si incrociassero.  

«Per tutto questo tempo io ho provato a dirti che-»

«So perché hai cercato Thui.» Mi interruppe, e la sua voce gli fece tremare la gola, poggiata contro mio capo. «So con quali intenzioni gli sei rimasta vicino.»

Una pausa, il tempo di deglutire.
E la sua mano, che mai aveva smesso di accarezzarmi i capelli, si fermò.

«Vuoi una guerra, e hai bisogno di alleati.»

Pensavo che adesso, assieme alla sua voce, anche il suo palmo avrebbe ricominciato a muoversi, ma mi sbagliavo.

E il mio cuore vacillò. 

«E sono certo che all'inizio fosse davvero questo a unirvi.» 

Il suo braccio scese lungo il mio corpo e un brivido mi scosse la schiena prima che questo si depositasse sul mio fianco. 

«Ma sei mesi sono tanti, Lyra... e in lui, nelle sue azioni, ho rivisto me stesso.»

«No, non è come credi, davvero!» Scattai, reggendo nuovamente il mio peso sui gomiti. «In passato forse non lo capivo ma adesso posso dire ch-»

«Chi ha proposto il matrimonio?» La sua voce era calma, rassicurante, eppure potetti distinguere una nota di rassegnazione, come in una persona che si fosse arresa all'evidenza, alla realtà, che avesse già capito, compreso, e che non si illudesse più creando castelli di sabbia.

Mi morsi il labbro.
La gola che non osava pronunciare quel nome, ammettere la verità. 

«Ma lo ha fatto per salvare il suo po-»

«Lyra, nessuno vorrebbe sposare una persona che non ama per il bene di qualcun altro.»

Mi accigliai, il mio riflesso negli occhi di Rubyo.
E lui allungò una mano, accarezzò il mio viso.

«Eppure io l'ho fatto.» Tentai di oppormi, ma a quel tocco inaspettato la mia voce risultò più tremante di quanto avessi voluto.

Sorrise.

«Adesso capisci perché ho tenuto tutto dentro? Perché ti ho spinta a continuare con il matrimonio?»

Anche Rubyo si raddrizzò sugli avambracci e io mi sedetti sui miei talloni. 

«Non volevo essere io ad impedirti di realizzare ciò per cui hai sempre combattuto, ad impedire l'unione dei Regni.» Poi abbassò gli occhi, la sua voce più grave. «Ad impedire ciò che hai sempre messo al primo posto.» 

E vidi la sua mascella serrarsi.

A quelle parole, a quell'intonazione, a quello sguardo una morsa mi strinse in petto.

Perché in quel momento, solo in quel momento, capii davvero quanto Rubyo avesse sofferto per tutti quegli anni.

E non solo perché avesse creduto che i suoi sentimenti per me non fossero ricambiati, ma anche perché io per tutto quel tempo, davvero non gli avevo dato l'importanza che si meritava.

Perché io non avevo capito fino in fondo quanto forte fosse state la sua determinazione, quanto duri fossero stati i suoi sacrifici, quanto solido fosse stato il suo amore.

Ma lui aveva sempre resistito, stretto i pugni, rimanendo al mio fianco senza mai vacillare.
Ed ero stata io stessa a cacciarlo, ad allontanarlo.  

Eppure adesso tutto era diverso.
Ero cambiata.

«Perché non hai pensato di chiedere la mia opinione?»

Rubyo risollevò lo sguardo, legandolo al mio.

Lo apprezzavo, davvero, ma in quel momento non riuscii a nascondere l'irritazione nella mia voce. 

«Perché hai voluto fare tutto da solo? Credevo avessi capito quando ti ho detto di essermi pentita di averti cacciato, di essermi pentita di averti dato dell'egoista.»

Ma in quel momento non stavo cercando di attaccarlo, di rimproverarlo.
Non era lui l'unico dalla parte del torto.

«Rubyo sei tu al primo posto adesso.» Lo presi per mano, scuotendo la testa. «No, forse lo sei sempre stato, ma non me ne sono mai resa conto.»

Abbassai lo sguardo sui nostri palmi uniti.

«E ti chiedo scusa per questo.»

Ma poi i miei occhi scattarono di nuovo nei suoi, il cuore traboccante.

«Ma adesso che lo so, sacrificherei tutto, tutti per averti al mio fianco.»

E allora la mano di Rubyo che stringevo si sottrasse alla mia presa, sollevandosi in aria fino a poggiarsi sulla mia guancia, mentre con l'altra, chiusa attorno al mio fianco, mi tirava a sé. 

E sussultai a quel bacio improvviso.

Ma man mano che le palpebre, prima spalancate per lo stupore, iniziavano a calare e gli occhi a chiudersi, la mia mente si svuotava di ogni pensiero, di ogni preoccupazione.

E un'emozione crescente mi solleticava lo stomaco, il rapido battito del cuore mi accorciava il respiro.

Ma anche quando il bacio finì, anche quando le nostre bocche si allontanarono, i nostri volti rimasero vicini, uniti sulla fronte, l'una appoggiata all'altra.

Come a riprendere fiato.
Come se fossimo l'uno l'ossigeno dell'altra.

Con ancora gli occhi chiusi, potevo sentire il respiro di Rubyo sul mio volto, il calore delle sue mani sul mio corpo.

«No Lyra.» Riaprimmo gli occhi. «Farò in modo che tu non debba sacrificare nulla.»

Sorridemmo. 

E ancora un'altra volta mi illusi di essere al sicuro, in un posto tranquillo, in un mondo senza tempo.

Eppure la realtà, come a farsi beffa di quella mia illusione, fece scoppiare quella bolla di sapone nella quale ci eravamo rifugiati.

E la porta si spalancò di nuovo.

Questa volta però, sulla soglia non c'era né Dollarus né Degorio, ma un'altra persona.
Una persona che conoscevo meglio.
Qualcuno che dopo quella notte non avrei più visto.

E ora, i suoi occhi cristallini erano offuscati dalla paura.

«Andiamo!» Gridò Gideon. «Adesso!»

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