CAPITOLO 171
La cerimonia ufficiale aveva velocemente lasciato il posto ai festeggiamenti più informali che, nonostante la quantità dimezzata di vino disponibile, preannunciavano un banchetto ugualmente prospero.
Ma le tavole, così imbandite di prelibatezze, sembravano solo altari sacrificali e la folla, così radunata, sembrava solo in attesa del compimento del rito.
Sotto al tavolo, Thui mi prese per mano.
Un probabile tentativo di richiamare la mia attenzione.
«Fa male?»
Sapevo si riferisse al polso, dove uno strappo di pelliccia nascondeva delle bende sporche di sangue.
Scossi la testa.
Perché si, faceva male, ma non più di quanto avrebbe dovuto.
Non più di quanto dentro stessi soffrendo.
Come se il mio corpo si fosse atrofizzato, insensibile tanto al dolore quanto alla temperatura.
E Thui parve percepirlo quando mi accarezzò il capo, i capelli umidi ancora coperti dal pesante cappuccio.
«Restami vicino, o rischierai di essere scoperta.»
Seduto al mio fianco, mi osservava con commiserazione.
Eppure i miei occhi non si voltarono per guardarlo, le mie labbra non si schiusero per rassicurarlo.
Perché le mie pupille, annegate in un'iride sbiadita, erano perse in un punto indefinito avanti a me.
Perché la mia bocca, secca di silenzio, non aveva neppure la forza per nutrirsi.
Così, emule di una bambola poggiata sulla cassapanca ai piedi del letto, ero immobile, schiena dritta e petto in fuori, ad ostentare i bei vestiti in cui ero stata cambiata, a sedere a una tavola di cui non avrei mangiato alcun piatto, a muovermi a comando come guidata da mani altrui.
Tutto una gran farsa, tutto una gran recita.
Eppure, quella, farsa non era e recita neppure, ma solo la consapevole conseguenza delle mie azioni, della mia scelta.
Della mia scelta di accettare il matrimonio.
Della mia scelta di salvare il Regno.
Della mia scelta di allontanare le persone a cui tenevo.
Guardai Gideon e poi il tavolo di fronte al suo: era vuoto.
Ebbi un tuffo al cuore.
Dov'era?
Lui dov'era?
Un ghigno amaro sollevò gli angoli delle mie labbra alla realizzazione di quella mia inconscia ricerca.
Perché ero ancora così disperata nell'averlo al mio fianco?
Che importanza aveva ormai?
Io ero una donna sposata e lui... lui mi aveva dato la sua risposta.
Abbandonandomi nel bosco.
Lasciandomi all'altare.
Un brivido mi risalì la schiena, fino a farmi pizzicare gli occhi.
Era stata la freddezza di quei ricordi a procurarmelo.
Ero solo la sua famiglia e, qualsiasi sentimento mi legasse a lui, non poteva e non doveva andare oltre il semplice affetto.
Unii i palmi sotto al tavolo, stringendoli insieme in una morsa che mi fece diventare le nocche bianche. Sentii il sangue, alla ferita, aumentare la pressione.
Come si permetteva di allontanarmi?
Chi si credeva di essere per poter porre dei limiti, dei confini al nostro rapporto?
Era stato lui ad avermi tradita!
Mi aveva tradita!
Lui, non io.
Ma alla fine io mi ero ritrovata a perdonarlo senza neppure sapere il motivo.
Io gli avevo chiesto scusa.
Io lo avevo invitato a tornare al mio fianco.
Eppure lui, lui che avrebbe dovuto spiegarmi le sue ragioni,
lui che avrebbe dovuto scusarsi,
lui che sarebbe dovuto tornare da me...
Lui mi stava abbandonando.
E quanto stupida mi sentii quando, nonostante i miei pensieri, nel vederlo spuntare dal bosco il cuore si sentì più leggero, i muscoli più rilassati.
E si rialimentò la fiamma della speranza che, determinata, combatteva per non estinguersi.
Ma ancora una volta, il castello del mio sogno vacillò davanti al terremoto della realtà, poiché presto mi accorsi di come non fosse solo.
Presto mi accorsi di come, al suo fianco, una ragazza lo stesse accompagnando.
Una bottiglia in mano.
I vestiti sgualciti.
Delle parole che le mie orecchie non riuscivano a sentire.
Avevo già visto quella scena in passato.
Ma quanto speravo di star sbagliando, quanto speravo di aver frainteso.
Così fissai Gideon.
Anche il suo sguardo era concentrato su Rubyo, e gli occhi gli si illuminarono d'oro.
E allora mi convinsi.
Mi convinsi di non essermi sbagliata, di non aver frainteso.
Perché ero l'unica, dei due, a soffrire?
«Lyra!» Thui al mio fianco sussultò, avvolgendomi il polso con la mano.
Non mi ero accorta di come la ferita si fosse riaperta, di come il sangue avesse ripreso a gocciolare.
Vidi il suo sguardo, severo, perdere d'impeto non appena incrociò il mio.
«Adesso ce ne andiamo.» Mi sussurrò nell'orecchio, per poi prendermi in braccio.
E approfittai della posizione per nascondere il mio volto nel suo petto, le lacrime oramai impossibili da controllare.
«Ci piacerebbe restare di più...» Annunciò, la voce possente che zittì tutta la folla. «Ma vorremmo stare un po' soli.» Disse più timidamente, e fu così convincente che io stessa ci avrei creduto, in un'altra situazione.
Che bravo bugiardo.
Che bravo attore.
Aveva inscenato la farsa perfetta.
E tra i Rayag si sollevarono fischi e urla.
«Lavorate sodo per far felice la bis nonna.» Intervenne poi la voce di Nai Nai, e qualsiasi discorso che avvenne dopo suonò, alle mie orecchie, solo come un vocio indistinto.
Con l'orecchio appoggiato al petto di Thui, potei sentire il suo cuore battere a un ritmo più irrequieto del solito, mentre il torace, pressato contro la mia spalla, si sollevava al rapido andamento della corsa.
«Lyra ti prego, non rendermi il lavoro ancora più difficile.»
Mi aveva portata in prossimità del lago in cui più volte avevo visto Aerin e Gideon aggirarsi. In quella stessa zona, era stato fatto costruire un alloggio appositamente per noi.
«Tu non hai idea di quanto il nostro naso sia sensibile all'odore del sangue umano.»
Mi fece sedere sul letto, afferrando il mio polso e iniziando a slegare la pelliccia che lo avvolgeva, fino a rivelare la benda impregnata di sangue.
Lentamente, mi liberò il braccio anche da quella.
Nel muoversi attorno al mio arto, potevo vedere le sue mani, impacciate, tremare ad ogni giro di benda.
«Mi sono assicurato il silenzio della Tribù molto tempo fa, ma Lyra, così anche Nai Nai lo scoprirà.»
La ferita, ora libera, pulsava con più intensità, mentre un improvviso calore aveva iniziato ad avvolgermi il collo.
Mi liberai del pesante mantello in pelliccia, sciogliendo il nodo che lo teneva stretto al mio collo.
«Scusa.» Dissi, abbassando lo sguardo sulla pozza di sangue che si stava formando nella polvere ai miei piedi.
Sentii Thui sospirare.
Quando lo guardai, il suo collo era madido.
Era la prima volta che lo vedevo sudare in quel modo.
La corsa era stata così tanto stancante per lui?
Eppure quella non era la prima volta che mi portava con sé.
«Chiama Gideon, o Aerin, chi preferisci, ma fatti chiudere la ferita.» Con una benda pulita, Thui tornò ad avvolgermi il polso.
Annuii, mentre lui continuava dopo essersi schiarito la voce con un colpo di tosse: «È pericoloso per un umano avere questo tipo di ferite.»
Adesso la pozza, ai miei piedi, aveva smesso di espandersi.
«Lyra ascoltami.» Thui mi afferrò il volto con entrambe le mani, costringendomi a sollevare lo sguardo e fissarlo negli occhi. «Non ti lascerò sola ad affrontare tutto questo.»
Una sensazione pungente, al naso, formò delle lacrime alla base dei miei occhi.
«Ci sarò sempr-»
Fece per stringermi a sé, ma qualcosa lo fermò prima.
Ad occhi chiusi iniziò, come un segugio, ad annusare l'aria.
Quando li riaprì, le sue pupille si erano dilatate visibilmente.
Scattò in piedi, indietreggiando e allontanandosi da me.
«Thui, che sta succedendo?» Feci per riaccorciare la distanza tra i nostri corpi ma, con un gesto della mano, mi tenne a debita distanza.
Un colpo di tosse.
La gola aveva improvvisamente iniziato a bruciarmi.
Lo vidi serrare più volte la mascella, i lati del suo volto gonfiarsi a ritmi regolari.
«Credo...» Iniziò, fermandosi per schiarirsi la gola. «Credo sia opera di mia nonna.» Riprese, il suo volto dello stesso colore dei nostri capelli.
Si voltò verso la parete, dandomi le spalle.
Il pugno chiuso contro la paglia.
«Era seria quando diceva di voler diventare bisnonna.»
Solo allora capii.
Il pizzicore al naso.
Il rapido pompare del cuore.
Le improvvise ondate di calore.
Ma Thui, per qualche motivo, era stato più sensibile di me a quegli aromi afrodisiaci.
Ancora voltato di spalle, osservai la sua schiena ingobbirsi.
«Merda.» Furono le sue parole, prima di girarsi nella mia direzione.
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