CAPITOLO 85

Il giorno seguente venni convocata da Markus, che mi accolse nella sala del trono senza troppe moine.

«Devi andare a Krat.» Disse lui, saltando i convenevoli. «Sai quanto mi sei mancata... ma se vuoi davvero far parte dei Rasseln, devi anche ricevere il giusto addestramento.» Annuii in silenzio.

Sapevo già che Krat era il campo di addestramento militare, ma che Rasseln e guardie imperiali si allenassero insieme era una novità.

«Non c'è il rischio che qualcuno mi riconosca?»

In fondo, in quel luogo, c'erano anche le famiglie dei generali più importanti che in passato erano solite visitare il palazzo.

«Non c'è pericolo, Lyranna. Dopo sette lunghi anni che sei mancata da palazzo, non credo ti riconoscerebbero. Prima eri solo una bambina, ora sei una donna.» Markus enfatizzò quell'ultima parola con un tono perverso.

«Ma mi potrebbero una volta saputo il mio nome.»

Ancora una volta Markus scosse la testa.

«No. Lì sarai chiamata semplicemente 'matricola'.» Annuii e feci per andarmene.

«Sorellona, un'ultima cosa...» Mi fermò lui. «Non provare a scappare.»

Dei brividi mi risalirono su per tutta la colonna vertebrale. Ad essere sincera, dentro di me ci avevo già pensato, ma ero consapevole che sarebbe stato impossibile. Ero più che sicura che Markus, prima di mandarmi fuori dalla Capitale, avrebbe organizzato tutto nei minimi dettagli, mandando dei suoi uomini a controllarmi di nascosto, per catturarmi in caso di fuga.

«O le persone a cui tieni moriranno.»

A quelle parole, mi girai con uno scatto verso di lui, rivolgendogli una secca risata amara, fin troppo spavalda.

«Hai già ucciso tutti quelli a cui tenevo.»

Ma Markus sorrise. E sembrò così genuino da farmi accapponare la pelle.

«Ne manca ancora una.»

Deglutii.

Coline.

«Voglio che venga con me.» Markus si accigliò alla mia richiesta. «Sarà la tua garanzia: io sarò sicura che tu non la ucciderai di nascosto, e tu potrai farla uccidere da uno dei tuoi uomini nel caso dovessi scappare.»

Markus sembrò rifletterci.

«Va bene.» Disse infine.

«E ho un'altra richiesta.» Continuai, pur consapevole di quanto stessi tirando la corda.

«Non credi di stare un po' esagerando? In fondo è stata una tua scelta quella di diventare Rasseln.»

Lo ignorai.

«Quel Kelpie, nelle segrete...» Iniziai. «Liberalo.»

Questa volta Markus non prese la richiesta con altrettanta filosofia.

«E perché dovrei? Non ha nulla a che fare con te... ah, no, aspetta.» Aggiunse dopo averci riflettuto un attimo. «È forse perché è la madre di quell'essere immondo?»

Serrai la mascella.

«Non ha più nulla a che fare neppure con te.» Ignorai la sua provocazione. «Sono tornata a palazzo, esattamente come volevi tu, ora tieni fede alla promessa e liberala.»

Markus non rispose, limitandosi a distogliere lo sguardo, infastidito. Presi quella reazione, seppur ben mascherata dalla sua espressione cerea, come un 'si' e abbandonai la sala del trono.
Solo una volta fuori mi resi conto di come le mie mani stessero tremando e di come le mie gambe non avessero più la forza per reggermi.

Mi portai una mano sul cuore e, chiudendo gli occhi, presi delle profonde boccate d'aria, cercando di tranquillizzarmi. Ora non potevo permettermi di essere debole, non potevo cedere. Ma stavo iniziando a sentire il peso della solitudine.

Mi morsi il labbro, cercando di trattenere una lacrima.

Rubyo, mi manchi.

Rimasi nel silenzio di quel corridoio finché gli occhi non smisero di bruciare, dopo di che, a passo deciso, mi diressi nuovamente verso le prigioni.

«Cosa vuoi?»

Decisamente, non ero ben voluta da quel Kelpie, che non mi accolse felicemente.

Io non risposi, mi limitai a forzare il lucchetto che teneva chiusa quella cella da chissà quanti anni, producendo violenti suoni metallici.

«Che stai facendo?» Il Kelpie saltò in piedi, avvicinandosi alle sbarre.

Era visibilmente incredula.

«Non lo vedi? Ti sto liberando.» Furono le mie prime parole, che pronunciai senza mai distogliere lo sguardo dalla serratura.

«Non credo tu possa farlo.» Disse.

Mi fermai e con me anche i rumori metallici. Per la prima volta da quando ero arrivata nelle segrete la guardai negli occhi.

«Non credo tu sia nella posizione di opporti.» Ripresi a forzare la serratura. «E poi perché no? Dopotutto io sono l'Erede.»

La porta si aprì con un cigolio stridente.

Il Kelpie non si mosse. Sembrava pietrificato.

«Puoi uscire. Sei davvero libera.» Le dissi porgendole la mano, come per aiutarla a compiere quel passo per lei tanto sconvolgente.

Rifiutò il mio gesto, seppur fissandomi con degli occhi vacui.
Prima un piede, poi un altro, ed il resto del corpo seguì.

Sorrisi.

«Permetti?» Allungai lentamente la mano verso la catena, ma lei, esitante, indietreggiò.

«Non ti imporrò mai nulla, credimi, ma questo è l'unico modo per liberarti davvero.»

La donna infine annuì. Bastò semplicemente impugnare il lucchetto per far si che questo si aprisse.

Dopo uno scatto sentii il peso della catena in ferro gravare sul lucchetto che stringevo in mano. Anche in questo caso, così come con Gideon, era stata incisa la lettera S.

«Non credere che ti abbia perdonata.» Disse il Kelpie.

Scossi la testa. «Non era la mia intenzione. Ho solo fatto in modo di tener fede alla promessa. È stato Gideon a fare tutto.»

Dopo aver pronunciato quel nome, cadde il silenzio, in cui entrambe tenemmo gli occhi bassi.

«Comunque, mi chiamo Lyra.» Dissi infine.

La donna mi guardò. Le sue pupille erano ancora sprezzanti, ma qualcosa sembrava essersi addolcito in lei.

«Aerin.» Disse solo. E fu più che sufficiente.

Le sorrisi e feci per andarmene, ma, inaspettatamente, lei mi fermò.

«Erede!» Rimasi stupita da quel soprannome, ma considerando il 'Favilla' di Gideon dedussi che le scelte di nomignoli peculiari fosse una caratteristica tipica della loro famiglia.

Trattenni un sorriso.

«Credevo che tenertelo nascosto sarebbe stata la scelta migliore... la punizione migliore...» Disse la donna.

E mentre parlava, il suo volto divenne improvvisamente buio, il che mi fece cambiare rapidamente espressione.

«Tu non mi piaci ma, se non te lo dicessi ora, sentirei di doverti qualcosa. E non mi piace essere in debito con le persone.»

La guardai, confusa, aspettando che andasse avanti con il discorso.

«Non so cosa sia accaduto a mio figlio, ma per quanto riguarda l'altro ragazzo...»

Il respiro mi si bloccò in gola.

«Rubyo!» Il cuore aveva preso a pomparmi sangue così in fretta che stava iniziando a girarmi la testa.

«...È ancora vivo. Ho sentito le guardie dire che lo avrebbero rinchiuso nell'Arcipelago delle Stagioni, ma non so in quale isola di preciso.»

Con un tonfo caddi a terra, coprendomi il viso con i palmi. Stavo piangendo e ridendo contemporaneamente. Ero così felice e spaventata allo stesso tempo, che non avevo la più pallida idea di cosa fare. Mi sentivo spaesata.

«Grazie. Grazie davvero.» Dissi singhiozzante, guardando dal basso verso l'alto la donna e stringendole le mani.

Lei mi guardava con uno sguardo malinconico, e a tratti riuscii a distinguere perfino dell'empatia.
Scattai improvvisamente in piedi, asciugandomi le lacrime.

«Se Rubyo è vivo, allora c'è la possibilità che anche Gideon lo sia. Con il tuo aiuto riusciremo a trovarli. Dobbiamo trovarli.»

Vidi il Kelpie esitare, ma in fine accettò.
«Va bene. Ma lo faccio solo per mio figlio.»

Annuii.
«Tra qualche giorno sarò a Krat. Trovami lì.»

Un'improvvisa speranza illuminò gli occhi del Kelpie, aumentandone il riflesso cristallino.

Solo in quel momento mi accorsi che, da quando avevo messo piede in quel palazzo, finalmente stavo ricominciando a respirare.

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