CAPITOLO 76
Riaprii gli occhi, che ripresero a lacrimare per il bruciore del pianto.
La testa iniziò a battere al rapido ritmo del sangue, pompato in tutto il corpo tumefatto.
«Hai riposato bene, sorellona?»
Quella voce mi fece reagire all'istante, spingendomi ad ignorare il giramento di testa e le fitte di dolore: scattai a sedere, sollevando il capo dalle ginocchia di Markus.
Poco distante dal mio volto trovai quello del mio fratellastro. Mi guardava con quei suoi occhi apatici e disumani, dalla quale sclera nera era impossibile distinguere iride e pupilla. Quella macchia putrida di catrame faceva a botte con il pallore diafano della sua pelle.
«Mentre dormivi ti ho fatto una treccia. Ti ricordi Lyranna? Come ai vecchi tempi...»
Era da tanto che non sentivo quel nome. Rabbrividii al suo suono.
Mi passai la mano tremante tra i capelli, tastandomi l'acconciatura. Me li sciolsi all'istante con spasmi nervosi.
Markus osservò attento ogni mio gesto, stringendo le labbra sottili.
«Non ti piace più? Hai ragione, ora sei cresciuta. Sette anni lontano da casa, i tuoi gusti saranno cambiati. Ma tranquilla, adesso avremo tutto il tempo per recuperare.»
Il suo tono si sforzava di essere caldo e affettuoso, ma il volto era assolutamente impassibile, la fronte ampia priva di rughe d'espressione.
Mi guardai intorno, la testa mi girava, frenetica e piena di pensieri, e l'ossigeno non sembrava sufficiente in quell'abitacolo claustrofobico.
Dovevo scappare. In un modo o nell'altro.
Mi gettai d'impulso verso la maniglia, tentando di afferrarla due volte prima di riuscirci definitivamente, senza che mi scappasse dal palmo sudato.
«Attenta!»
Ma il braccio di Markus mi avvolse il bacino, allontanandomi dalla portiera.
Sentii il bisogno di vomitare, mentre dai punti in cui mi aveva toccata risalivano i brividi di disgusto.
«Se cadi dalla carrozza ti farai molto male.» Mi disse stringendomi a sé.
Tra le sopracciglia era comparsa una ruga quasi impercettibile, più simile ad uno spasmo nervoso.
Era come sentire un bambino rimproverare i propri genitori.
«Guardati: sei già in un pessimo stato.» Continuò, mentre la presa attorno alla mia vita aumentava fino a farmi mancare il fiato.
Soffocai un gemito di dolore quando sentii una costola incrinarsi.
Quello, più che un gesto fraterno, era senza dubbio un avvertimento: non potevo sfuggirgli e non avrei neanche dovuto provarci.
«Quando arriveremo a palazzo ti curerò le ferite. Odierei se qualcun altro ti avesse lasciato delle cicatrici.»
Mentre il dorso della mano di Markus mi accarezzava la guancia, mi morsi il labbro e strizzai gli occhi, cercando di trattenere le lacrime e far tornare regolare il respiro singhiozzante.
«D-dov'è... ?» Emisi a malapena un filo di voce.
«Cosa dici Lyranna? Non capisco, alza la voce.» Markus lasciò la presa e avvicinò il suo orecchio al mio labbro.
Riconobbi l'inconfondibile odore pungente di incenso che da sempre lo aveva contraddistinto. Trattenni a stento un singhiozzo.
«Dov'è Rubyo?» Ripetei.
Uno schiaffo bruciante mi arrossò il viso, obbligandomi a girarlo, mentre una ciocca cremisi mi frustò lo zigomo, appiccicandosi alla pelle sudata.
«Sette anni che non ci vediamo, e la prima volta che mi lasci sentire la tua voce è per chiedermi di quella sudicia guardia traditrice.» Le sue parole sputavano disprezzo, e i suoi occhi fiamme di odio.
Ma la sua pelle era ancora perfettamente distesa.
«Per quanto mi riguarda potrebbe anche morire.» Mi si bloccò il respiro nei polmoni.
«Piuttosto dimmi di Gideon.» Il suo tonò tornò nuovamente piatto. «Avete legato?»
Gideon. Il ricordo di come aveva risposto all'ordine di Markus, chiamandolo 'Signore', fu peggiore di una pugnalata al cuore.
Scossi la testa.
Era impossibile, dovevo aver ricordato male. In quel momento ero in preda al panico. Dovevo aver confuso Gideon con un Rasseln. Non c'era altra spiegazione. Non ci avrei creduto finchè non me lo avesse detto Gideon stesso.
Lui non mi avrebbe mai tradita...
Silenziosa e lenta una lacrima mi ripulì lo zigomo dallo sporco, inumidendo il sangue rappreso.
«Non c'è più motivo di piangere. Ora ci sono io.» Markus mi avvicinò la mano guantata alla guancia, raccogliendo sul pollice la lacrima. «Vedrai, ci divertiremo insieme. Sarà come ai vecchi tempi. Solo tu ed io.»
Il mio corpo iniziò a tremare.
Non ero scappata dal palazzo per farmi catturare così.
Non mi ero allenata per sette lunghi anni per sentirmi nuovamente fragile e impotente davanti al mio fratellastro, davanti al mostro che mi aveva rinchiusa e torturata.
«No.» Bisbigliai.
«Come?» Markus parve davvero non capire.
«No!»
Lo colsi di sorpresa con un calcio, seppure più debole del solito, allontanandolo da me e facendolo sbattere contro la portiera opposta.
Approfittai di quel momento per afferrare nuovamente la maniglia e gettarmi fuori dal carro. Avrei preferito rompermi l'osso del collo piuttosto che passare il resto dei miei giorni alla sua mercè.
Un grido di dolore mi graffiò le corde vocali quando Markus, afferrandomi per i capelli, fermò la mia fuga. Prima che il cocchiere se ne accorse, venni trascinata per qualche metro in quella posizione: con la testa dentro il carro e il resto del corpo fuori, che strusciava tra ghiaia e polvere.
Quando la carrozza fu finalmente ferma, Markus, disteso al suo interno, fece per issarmi dentro tirandomi sempre dai capelli. Le gambe e le braccia, già tumefatte e abrase dallo scontro a Chaot con i Rasseln, ora avevano ripreso a sanguinare. Ero al limite. La forza mi aveva abbandonato del tutto ma, prima ancora, mi era venuta a mancare la speranza.
«Signore.» In quel momento intervenne Gideon.
La sua voce fu come una consolazione per me, ma quelle parole...
Non mi ero sbagliata. Non avevo frainteso. Gideon mi aveva davvero tradita. Per tutto quel tempo in cui io mi ero fidata di lui...
«Ho viaggiato a lungo con lei. Se mi permette me ne occupo io.»
A quelle parole Markus lasciò finalmente la presa, ricomponendosi. Gideon mi afferrò la testa prima che potesse sbattere contro il suolo.
«No grazie. Abbiamo perso già abbastanza tempo.» Era irritato.
«E lo capisco Signore, ma ne avrete insieme altrettanto. Mi occuperò di lei finché non si sarà ripresa. Se non la guarissi subito il suo corpo potrebbe risentirne...»
Le braccia di Gideon mi reggevano come se potessi andare in frantumi da un momento all'altro, ma l'unica cosa in frantumi in quel momento era il mio cuore.
«Sembri molto affezionato.» Lo stuzzicò Markus.
«No Signore. Ma so quanto voi ci tenete, Signore.»
Markus inizialmente non parlò, ma infine accettò e mi lasciò alle cure di Gideon, in un altro carro abbastanza distante dal resto dei Rasseln.
«Dimmi che ho frainteso qualcosa. Ti prego.» A stento trattenevo le lacrime. «Ti prego dimmi che non è ciò che credo. Dimmi che non mi hai tradita.» Il petto mi si sollevava a spasmi irregolari, al ritmo dei singhiozzi.
«Lyra io-» Serrò gli occhi, come se quello a soffrire fosse lui. «Io posso spiegare.» Disse infine.
«E io ti sto dando la possibilità.» Mi morsi il labbro finché non sentii il sapore ferroso del sangue.
«Ma prima fatti curare.» Lo sguardo di Gideon era penetrato dalla disperazione.
«No. Prima devi rispondermi.»
Lo vidi deglutire a fatica.
«Gideon, mi hai tradita? Hai davvero fatto il doppio gioco con noi per tutto questo tempo?»
«Lyra io-»
«Dimmelo!» Gridai il mio dolore.
Avevo il mento alto e il petto in fuori, come in un'espressione fiera, ma le lacrime non smettevano di cadere e le sopracciglia di corrugarsi. Tremavo. Dentro soffrivo così tanto, che il dolore delle ferite esterne era diventato quasi inesistente.
«Si. Vi ho traditi, ti ho tradita.»
A quel punto i fatti divennero così inconfutabili che il pianto non diminuì neppure quando mi coprii la bocca con le mani, in un vano tentativo di tappare i gemiti, che invece aumentarono.
«Per tutto questo tempo...» Una risata nervosa e amara, contrastante con le mie lacrime, scappò dalle mie labbra. Non riuscivo più a controllare il flusso strabordante delle mie emozioni. «...c'è mai stato qualcosa di vero in te?»
Non osava guardarmi negli occhi. E quella fu una risposta più che sufficiente.
Feci per alzarmi ma mi fermò, prendendomi il polso.
«Quando ti ho detto di amarti, ero sincero.» Mi girai verso di lui. Il suo sguardo era ancora basso.
«Hai ancora il coraggio di parlare di amore? Che stupida sono stata...» Emisi una risata strozzata, liberandomi dalla sua presa.
Gideon mi afferrò nuovamente, come ultimo tentativo di salvare l'insalvabile.
«Non toccarmi, mi fai ribrezzo.»
Una scossa blu comparve tra il mio polso e il suo palmo, seguita da una smorfia di dolore che segnò il volto di Gideon.
Ma non ritrasse la mano.
Vedendo che non sembrava cedere, senza aggiungere altro, strattonai il polso, liberandolo.
«Aspetta! Fatti almeno curare.»
Finalmente i suoi occhi incontrarono i miei. Erano lustri. Non lo avevo mai visto così, ma non riuscì ad intenerirmi.
«Non voglio avere nulla a che fare con un traditore.»
Feci per aprire la portiera ma Gideon mi fermò di nuovo, ignorando la scossa.
«Vado io.»
E senza più un'altra parola uscì, da quel carro così come dalla mia vita.
Rimasta sola nell'abitacolo, crollai in ginocchio, privata in un attimo di ogni certezza.
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E bene fedeli lettori, dopo un mese per i più sfortunati e poche settimane per i più fortunati, ecco il primo capitolo del secondo volume di Royal Thief. Ho grandi sorprese per questo libro. Nulla andrà come pianificato. Per ripagarvi dell'attesa, i primi capitoli saranno un po' più lunghetti del solito.
Approfitto di quest'occasione per ringraziarvi nuovamente. Sono sempre immensamente grata di sapere che in molti continueranno la storia. Grazie mille.
~Destiny_of_the_Soul
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