CAPITOLO 152
«Puoi lasciarci soli?»
L'espressione cupa di Thui, ancor più accentuata dall'inclinazione dei raggi dei due soli alle sue spalle, sembrò scomparire non appena mise piede nella stanza, in cui riuscì ad entrare solo piegando la testa.
Dollarus non si mosse, limitandosi a fissarlo negli occhi.
«Per favore.» Continuò, dopo qualche secondo di indifferente silenzio.
Fu allora che l'omino si voltò nuovamente nella mia direzione.
Tacque, eppure il suo sguardo fu sufficiente per farmi capire le sue intenzioni.
Stava aspettando un mio ordine.
Stava aspettando che io, Principessa senza corona, gli imponessi un comando.
Ma io, di comandi, non ne dovevo a nessuno.
Ben che meno a lui.
Lui, che si era conquistato il rispetto in una terra ripudiata da tutti.
Lui, che era stato l'unico a trattarmi come una Principessa quando nessuno lo faceva.
Lui, che per me era più di un semplice alleato.
Non parlai.
Non ce ne fu bisogno.
«Va bene.» Sbruffò Dollarus. «Tornerò più tardi per ricontrollare la ferita...»
E, con un ultimo sguardo, superò Thui oltre la soglia della porta, per poi chiuderla alle sue spalle.
Ora soli, ci vollero solamente un paio di falcate prima che il Gumiho mi raggiungesse al lato del letto.
Con me seduta e lui in piedi, sembrava ancora più alto.
«Va meglio la ferita?» Si sedette al suolo, al mio fianco.
Solo da questa posizione sarebbe riuscito a parlarmi senza ingobbire dolorosamente la schiena o il collo.
Annuii.
«Ma non riesco ancora a muovere il braccio.» Dissi, ma nonostante la gravità che quelle parole avrebbero dovuto suscitare, non potetti fare a meno di emettere una debole risata quando mi accorsi di come Thui non riuscisse a tenere le gambe incrociate.
In effetti, in tutti quei mesi, era una posizione che raramente gli avevo visto assumere.
«Mi piacerebbe dare la colpa alle mie gambe troppo lunghe...» Iniziò lui, intercettando la direzione del mio sguardo. «...ma la verità è che non sono per niente elastico.»
Ricambiò il sorriso e i suoi occhi quasi non scomparvero, dando invece modo ai canini di rivelare la loro presenza.
Tutto quel movimento delle guance mi aveva fatto realizzare come, qualcosa, mi tirasse la pelle.
Con l'arto funzionante, cercai di raggiungere un ciuffo incollato sulla tempia opposta, sfuggito alle cure di Dollarus, ma una fitta di dolore alla clavicola impedì ai muscoli del braccio sano di contrarsi abbastanza da raggiungere quella zona.
Una smorfia comparse sul mio volto.
«Aspetta, ti aiuto io.» Si offrì subito Thui notando la mia difficoltà nel compiere anche un'azione tanto semplice come quella.
Lo lasciai fare, seguendo con la coda dell'occhio i movimenti dei suoi polpastrelli sul mio viso.
«Fatto.»
Allontanò la mano non appena ebbe finito, eppure quei brevi secondi di silenzio, in cui il suo volto quasi non fuoriuscì dalla mia visuale, mi permisero di realizzare come, da quando era entrato, si fosse sforzato tutto il tempo di sorridere.
Ma quella sua maschera di felicità fittizia era rotta dal velo di tristezza che gli oscurava gli occhi.
Fui piacevolmente sorpresa, però, quando mi accorsi dell'assenza di una emozione che fin troppo spesso avevo colto in Gideon e Rubyo, tanto che il ritrovarla era diventata una consuetudine: il senso di colpa.
«È il momento giusto.» Ripudiai quei pensieri in un angolo della mia mente, concentrandomi invece sull'allungare a Thui il pugnale riposto assieme al resto delle mie armi su uno sgabello in pietra al fianco del letto. «Aiutami solo a voltarmi.»
Capendo le mie intenzioni, Thui si alzò in piedi e, per un attimo, sul suo viso, mi parve di scorgere del sollievo per essersi finalmente liberato di quella posizione così scomoda per lui.
Delicatamente, e cercando di applicare meno pressione possibile, alleggerì il mio corpo del mio stesso peso, afferrandomi il busto con un braccio per sollevarmi tanto quanto bastava da permettermi di rigirarmi più agevolmente nel letto.
«Dove hai la spazzola?» Mi domandò, una volta che gli ebbi dato le spalle.
«Sotto il letto.» Additai la zona, con il viso rivolto verso la parete in paglia.
Ancora non riuscivo a considerare quel luogo come casa, eppure, in sei mesi, quell'iniziale abbozzo di abitazione al suolo, così isolato dal resto, era pian piano diventato sempre più familiare, sempre più personale.
Assieme al letto erano iniziati a comparire sempre più oggetti, a riempirsi sempre più spazi.
A partire dallo sgabello in pietra, ad una specie di appendiabiti in corna di cervo vicino la porta, fino ai fogli ingialliti caduti sotto al letto durante notti in cui mi ero ripromessa di studiare fino all'alba.
«Corti come la volta scorsa?»
Annuii, mentre le setole iniziavano a districarmi i nodi.
Entrambi eravamo coscienti di come ci stessimo ancorando a quelle chiacchiere innocenti, discorsi privi di fine, nella speranza di rimandare il più possibile la vera conversazione che aveva spinto Thui a venire a trovarmi.
Ma oramai rimandare non era più possibile.
Non più di così.
Deglutii, preparandomi alla risposta che la mia domanda esigeva.
«In questi tre giorni...» Iniziai. «Cosa è successo?»
La spazzola si fermò a metà del suo percorso.
Probabilmente non si aspettava un cambio di argomento così a bruciapelo.
«Quell'attacco...»
Lentamente, assieme alle parole di Thui, riprese anche il movimento delle setole.
«Tutte le Tribù che eravamo riuscite a convincere si sono ritirate dall'alleanza. Non vogliono fare la stessa fine delle Banshee.»
Parlare, senza che la pesantezza del proprio sguardo si legasse a quella dell'altro, rendeva quella conversazione più facile da districare.
Era questo ciò che realmente volessi intendere con il momento giusto.
Il momento giusto, la posizione giusta, la scusa giusta, per non guardarsi negli occhi.
Eppure questo non cambiava che a causa un piccolo, unico errore, fossero stati vanificati mesi di sforzi.
Quando avevo deciso di intraprendere questo cammino sapevo che non sarebbe stato facile, ma quella rivelazione mi pesò ugualmente sulla coscienza.
«A cosa credevano di andare incontro quando hanno accettato di combattere al mio fianco?» La frustrazione e l'irritazione stavano prendendo il sopravvento.
Tuttavia, per quanto esternamente non riuscissi ad accettare una tale ipocrisia, dentro di me potevo capirli.
Potevo capirli e non facevo altro che colpevolizzarmi per essere stata, ancora una volta, così ingenua: in tutti quei mesi mi ero illusa di essere finalmente riuscita a sfuggire dalla morsa di Markus, ad allontanarmi dal suo artiglio mortale.
Invece, per tutto quel tempo, non aveva fatto altro che seguirmi in silenzio ed era stato sempre in silenzio che aveva attaccato la Tribù delle Banshee come minaccia, come un tacito avvertimento per farmi sapere che lui c'era, c'era sempre stato. Mi aveva sempre guardato e tenuto sott'occhio, vigilato su di me come un guardiano silente.
E che avrebbe continuato a farlo, che io non potevo nulla contro di lui, che non sarei mai stata in grado di sconfiggerlo, che lui sarebbe stato sempre un passo avanti.
Tra adesso, e ormai quasi otto anni fa quando ero scappata da palazzo per la prima volta, non era cambiato nulla.
Ma non importava.
Avrei riconquistato il mio trono anche se questo fosse significato affrontare Markus da sola.
Scossi la testa, più per scacciare i brutti pensieri che per rassicurare Thui. «Non fa niente, ne convinceremo degli altri.»
«No Lyra, questa volta è diverso.» La sua voce, alle mie spalle, risultò più squillante del solito.
O, forse, semplicemente più disperata.
«Non credo che nessuno vorrà più unirsi a noi, non dopo questo.»
«E quindi secondo te cosa dovremmo fare? Arrenderci?»
Con la coda dell'occhio vidi la sua mano posare la spazzola sul letto.
«Non ho mai detto questo.»
Sentii il pugnale fendere la prima ciocca.
«Allora cosa proponi? Hai un'idea migliore?»
Le volte precedenti mi ero irrigidita per assicurarmi che il taglio venisse dritto, eppure in questo caso non riuscivo a rimanere ferma.
O almeno, fino a quando non ascoltai le parole successive di Thui.
«Ho parlato con mia nonna.»
Mi agghiacciai.
«Le ho detto la verità.»
Il cuore parve fermarmisi in petto.
«Seppur a metà.»
«Spiegati.» Lo incitai.
L'ansia mi premeva le tempie.
«Le ho raccontato dell'attacco e di come siamo riusciti a salvare solo Tanya, di come tu mi abbia protetta, anche a costo della tua vita...»
Non potevo guardarlo in volto, ma non mi serviva per immaginare l'espressione che, in quel momento, era sicuramente comparsa sul suo volto.
Quasi le vidi, davanti a me, le sue pupille restringersi per un breve istante.
«Ho solo omesso il fatto che tu fossi la sorellastra della persona che ha mandato i Rasseln.»
Ora riuscivo a sentire il respiro di Thui alla base della nuca.
«Astuto come una volpe, oserei dire.»
Quella mia freddura fu molto probabilmente più agghiacciante di Nai Nai stessa, ma riuscì lo stesso nel tentativo di alleggerire la tensione.
Seppur solo fino a quando Thui non continuò il suo discorso.
«Su una cosa Nai Nai non ha torto: ti devo più di un favore, Lyra. Ti devo la vita.»
Ora non sentivo più le sue mani tra i miei capelli.
«Voltati.» Interruppe il suo stesso soliloquio Thui, aiutandomi di nuovo a girarmi.
Ma anche quando gli fui difronte, non mi guardò in volto, continuando invece a concentrare la sua totale attenzione verso le punte delle ciocche frontali.
Con la schiena ricurva, su di me, non riuscii a non notare le sue orecchie arrossarsi.
Ma se quella stessa reazione in Rubyo o in Gideon mi avrebbe suscitato mille domande e pensieri, con Thui fu diverso.
Lo conoscevo abbastanza bene da poter sapere come quel rossore non fosse suscitato da un qualche tipo di situazione imbarazzante quanto, più che altro, causato dalla sua timidezza.
Ed ebbi la conferma di aver ragione quando vidi una sua mano liberare nervosamente la nuca dai capelli.
«Nai Nai ha avuto un'idea, per proteggerti.» Si schiarì la gola. «Per proteggere il Kelpie che mi ha salvato la vita.»
Fortunatamente quella copertura era durata per tutto quel tempo.
Ma non senza rischi.
Durante quei mesi, alcuni membri della Tribù avevano provato a rivelare la mia vera identità alla vecchietta, ma senza successo e, questo, lo dovevo a Thui.
Era lui che, grazie ai suoi uomini più fedeli, era riuscito a tenere la situazione sotto controllo.
«Sai come sono i Kelpie, solitari e tutto il resto...» Continuò, ma un improvviso groppone lo costrinse a fermarsi per deglutire, dopo essersi schiarito la gola.
Ora era immobile, davanti a me, non più impegnato con i miei capelli, ma ancora non osava guardarmi in volto.
Non lo avevo mai visto così scosso prima d'ora.
«Thui, che succede?» Gli afferrai una mano, nel tentativo di rincuorarlo, ma quel mio gesto sembrò disturbarlo ancora di più.
«Ho provato ad oppormi Lyra, devi credermi, io so quello che tu-» La voce gli si fece improvvisamente tremante.
A quelle parole, accompagnate da quella reazione così inusuale, però, non riuscii a mantenere la stessa flemma.
Scattai in piedi, ignorando una fitta alla clavicola destra.
Nella mia testa avevano iniziato a dipingersi gli scenari peggiori.
«Cosa ha proposto?»
Le ciocche tagliate, cadute al suolo, mi solleticavano i piedi scalzi.
Ma il mio corpo, fremente di adrenalina, quasi non riuscì a percepire quel contatto così lieve.
Osservai Thui prendere una grossa boccata d'aria, gli occhi chiusi.
Quando li riaprì mi stavano fissando.
«Sposiamoci.»
Non parlai.
In quell'istante la mia mente si era svuotata da ogni pensiero.
Di tutti quegli scenari che erano iniziati ad apparire non ne era rimasto neanche uno.
«So qual è la natura dell'affetto che ci lega, Lyra, e non voglio cambiarla. Non voglio farti un simile torto obbligandoti in un matrimonio che non desideri, eppure...» Le sopracciglia si aggrottarono in un'espressione sofferente. «...riconosco che è il modo migliore per proteggere te e la tua missione.»
Nel suo sguardo riuscivo a percepire come stesse aspettando una mia reazione, una mia risposta.
Ma non ottenne né l'una, né l'altra.
Non ancora.
«Anche se Nai Nai dovesse scoprire la tua vera identità, non potrà fare più niente per opporsi, a quel punto farai già parte della Tribù, sarai già mia... moglie."
Esitante, pronunciò quella parola come un sussurro.
«Per quanto potrebbe odiarti, non avrà più un potere tale per permettersi di sfidare la persona al mio fianco.»
Capivo a cosa stesse pensando Thui in quel momento, così come capivo le sue motivazioni: in quel modo non solo Nai Nai non sarebbe più stata una minaccia per me, ma avrei anche potuto contare sui Rayag per combattere contro Markus.
All'apparenza sembrava un compromesso così perfetto che difficilmente sarebbe stato rifiutato.
Eppure, c'era una cosa che mi ero ripromessa e per cui non sarei scesa a patti: non mi sarei mai più affidata a nessun'altro, se non me stessa.
Scossi la testa.
«Non voglio usarti per i miei fini, Thui.»
«No, Lyra. No.» Dimenticando ogni ferita, Thui si avvinghiò su di me, incurvandosi e afferrandomi per entrambe le spalle.
Le sue iridi ambrate erano tremanti, si, ma mai prima d'ora mi avevano guardata con così tanta determinazione.
«Non mi stai usando. Te l'ho detto: mia nonna può aver torto su molte cose, ma ha ragione quando dice che ti devo la vita. Sto solo ricambiando un favore... utile anche per il mio tornaconto.»
Sapevo che con quelle parole Thui stesse cercando di convincere anche me, eppure, nei suoi occhi, oltre alla determinazione, quella fu la prima volta che vidi quel senso di colpa che prima mi ero ingenuamente stupita di non aver trovato.
In quel momento pensai a Rubyo, a cosa avrebbe detto, a cosa avrebbe fatto.
Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che lo avevo visto eppure mi mancava come il primo giorno.
Per un breve, brevissimo istante, la mia mente tornò ai giorni in cui lui era ancora al mio fianco, ma la malinconia prese il sopravvento, costringendomi a deviare la corrente di prensieri mentre una morsa mi stringeva il cuore.
Quelli erano altri tempi.
Tempi passati.
Tempi, a cui avrei potuto guardare solo con nostalgia.
Ora, invece, non sapevo più neanche se fosse vivo.
Ma adesso l'unica cosa che importava era la missione.
La stessa missione, per cui avrei fatto di tutto.
«Va bene.» Deglutii. «Sposiamoci.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top