CAPITOLO 147
«È raro per un Kelpie legarsi a qualcuno, figurarsi arrivare al provare quello che lui prova per te.» Iniziò Thui quando fummo abbastanza lontano, facendo riferimento alla conversazione appena avuta con Gideon.
Non parlai. Nella mia mente vagavano fin troppi pensieri, fin troppi ricordi, fin troppe risposte. Nessuna ne uscì, eppure Thui sembro capire il peso che quella conversazione avesse per me.
«Che mi dite invece dell'umano che era con voi?» Il mio sguardo, inizialmente vacuo e basso, scattò in quello dell'essere dell'Altro Sole.
Sapeva anche di Rubyo... come era possibile?
«Ho toccato un altro argomento sensibile, vero?» Davanti al mio silenzio, accennò un debole sorriso.
Era a disagio.
«L-Lui...» Feci per rispondergli, eppure il suo nome non riusciva ad uscire dalla mia bocca.
Nulla, che lo riguardasse, riusciva più ad uscire dalle mie labbra che, schiuse, tremavano a quei ricordi.
In un istante mi sentii improvvisamente fragile e nuda, privata della mia intimità, come se qualcuno mi avesse appena strappato un segreto che tenevo nascosto da anni, peggiore delle mie cicatrici sulla schiena, peggiore del marchio da Reietta sulla coscia.
Dentro di me sentivo, ancora fresca, la ferita fare forza per riaprirsi.
«Mi dispiace, deve essere stat-»
«No!» Lo interruppi, capendo i suoi pensieri.
La testa che sbatteva.
«Non è morto!» Ma la sola idea mi devastava.
Ci eravamo ripromessi di rincontrarci, avevamo giurato che quello che non sarebbe stato un addio e, se così non fosse stato, la cosa mi avrebbe distrutta più di quanto già non fossi.
«L'ho allontanato io...» Continuai, deglutendo il groppone che mi aveva annodato la gola. «Volevo proteggerlo... a ogni costo.»
Così come lui aveva fatto con me in tutti quegli anni.
A quelle parole, vidi il volto di Thui illuminarsi. «Prima, mi avete chiesto perché abbia mentito.»
Annuii.
«So che può sembrare strano sentirselo dire da uno sconosciuto, per di più da uno sconosciuto di cui ancora non vi fidate...» Si liberò la nuca dai capelli, nervoso, mentre nei suoi occhi ambrati combattevano per il dominio fiero orgoglio e sofferta tristezza. «Ma anche io voglio proteggervi.»
Ma se quelle parole mi suonarono fin troppo stoiche e avventate, il resto ancora di più.
«E, con voi, anche il futuro che rappresentate.»
Le sue iridi tremavano nelle mie, ma la sua voce era ferma, decisa.
«Mi hanno cresciuto obbligandomi a credere che la famiglia reale fosse il male più assoluto, da sradicare totalmente in quanto causa dello scoppio della guerra e assassina della stirpe degli esseri dell'Altro Sole.» Thui si sedette su una pietra sporgente, come se le gambe gli fossero improvvisamente diventate troppo deboli per reggerlo.
Era la prima volta che riuscivo ad osservarlo a quell'altezza, con il viso alla stessa altezza del mio.
«E per molto tempo l'ho creduto davvero.» L'amarezza gli oscurò la voce.
«E cosa ti ha fatto cambiare idea?» Domandai. «Cosa ti ha spinto a cambiare idea al punto tale di proteggermi andando contro la tradizione della tua stessa Tribù?»
Ma a quelle domande, così complicate, Thui mi rispose con una sola e semplice parola.
«Voi.»
Così diretta e onesta, che sembrava poter risolvere ogni mio dubbio quando, in realtà, me ne creava il doppio.
Convinta che fosse una battuta, feci per sorridere ma mi bastò incontrare il mio riflesso nelle sue pupille per capire, in realtà, come fosse serio.
«Siamo cresciuti entrambi senza genitori, ma almeno io ho una sorellina, che non cerca di uccidermi, e Nai Nai, che in un certo senso ha potuto rimpiazzare il vuoto adulto.» Le sopracciglia si distesero quando li nominò e riuscii a scorgere sul suo volto quanto, in quelle sue parole, ci fosse sincerità. «Voi, invece... non siete stata così fortunata.»
Ma a quell'ultima dichiarazione mi accigliai. «Non è la tua pena, quello che cerco.»
«Non è quello che voglio darvi!» Thui sbarrò gli occhi, tornando in piedi, nella sua voce il timore di aver detto qualcosa che avesse potuto offendermi.
«Per tutti questi anni, per me... siete stata come un miraggio.» Ora di nuovo apparentemente calmo, parlava con i pugni stretti lungo i fianchi.
In quel momento era la frustrazione a governare il suo corpo.
«Nonostante tutto, non vi siete arresa ed è da una vita intera che combattete per riportare la giustizia nel vostro Regno.»
Ma quelle parole, che mi dipingevano così nobile, alle mie orecchie risultavano solo amare, testimonianza e ricordi di ciò che avevo vissuto fino a quel momento e che, ora, mi avevano condotto lì.
«Ho corrotto qualche Ayrae per darmi qualche informazione in più su di voi, e proteggervi, ma dopo che una di loro è stata uccisa hanno rifiutato di continuare l'alleanza.» L'impotenza nella sua voce.
In quel momento mi ricordai come, alla Festa Imperiale, l'Ayrae che Rubyo aveva ucciso aveva detto che se ne sarebbe pentito e solo allora realizzai il vero significato di quelle parole.
Ecco chi era stato ad ordinare ciò che, inizialmente, io e Rubyo avevamo creduto fosse un attentato al Monarca.
Serrai la mascella, mentre la frustrazione prendeva la meglio: perché, anziché ammaliare Gideon, non aveva spiegato la situazione in modo più chiaro?
Se solo avessimo saputo le sue vere intenzioni, gli ordini che aveva ricevuto, allora non l'avremmo uccisa e avremmo avuto degli alleati in più, degli alleati importanti nel Regno dell'Altro Sole.
«È grazie a loro che ho avuto la conferma di ciò che credevo, che sono venuto a conoscenza di tutto il resto, di tutte le cose che Nai Nai aveva omesso.»
Gli sarebbe bastato allungare una mano per toccarmi. Era questa la breve distanza che ci separava, eppure non lo fece. Non mosse un muscolo, non invase il mio spazio. Si limitò solo a guardarmi, dritto negli occhi.
«Cosa sai?» Domandai, ma nella voce tremante non riuscii a nascondere come, in profondità, quelle parole mi avessero scossa.
Per chissà quanti anni ero stata spiata e né io, né Rubyo ce ne eravamo accorti. Così come Thui mi aveva tenuto sott'occhio, seppur per proteggermi, avrebbe potuto farlo anche Markus, o Degorio, o qualsiasi altra persona che avesse voluto rivendicare la taglia sulla mia testa.
«Poco, troppo poco, ma abbastanza perché vi aiuti.» Mi rispose.
Ma quelle belle parole, purtroppo, non riuscirono a fare breccia tra i miei peccati.
«È proprio perché sai così poco che lo dici.» Emisi una risata secca, carica di amarezza. «Non sono così pura come mi credi. Anche io ho sbagliato, anche io sono andata contro ai miei principi, e solo per sopravvivere.»
Thui non parlò, lasciando che continuassi, ma non lo feci.
Avrei potuto raccontargli di come avessi ucciso e fatto uccidere degli uomini, il mio popolo, di come mi avessero marchiata Reietta a vita o di come, pur di sfuggire a Markus, avessi deciso di diventare un Rasseln, che tanto lui e la sua Tribù disprezzavano.
«Tutti facciamo sbagli di cui ci pentiamo.» Cercò allora di giustificarmi Thui, ottenendo in cambio solo un mio sorriso amaro.
«I miei non sono stati sbagli, ma scelte consapevoli.»
«E tra le tue scelte c'è anche quella di opporti a tuo fratello, al sovrano illegittimo, all'eredità di tuo padre.»
Quanto mi sarebbe piaciuto che fosse stato così semplice, che quelle parole racchiudessero, in sé, tutto il vero.
«L'eredità di mio padre...» ripetei, gli occhi improvvisamente privi di focalizzazione.
Quell'unica eredità, non era Markus e il suo modo di governare, come Thui voleva intendere, ma quel maledetto pugnale che era tanto la mia salvezza, quanto la mia condanna: unico simbolo rimasto del volere del potere imperiale, oggetto che mi avrebbe fatto riottenere il trono. Un trono che si ergeva su regole che andavano contro tutto ciò per cui avevo combattuto fino a quel momento, ma che avrei dovuto rivendicare per poter avere il potere di portare la pace.
Avrei voluto liberarmi di quell'arma, buttarla via o distruggerla, ma non potevo. Così come non potevo sguainarla, mostrarla, rivelarla senza essere accusata di seguire le orme di mio padre o di mio fratello.
«Se siete nel Regno dell'Altro Sole il motivo è solo uno.» Quegli occhi ambrati mi parvero improvvisamente più penetranti. «Cercate degli alleati.»
Deglutii, annuendo.
Cercavo alleati, si. Ma per una guerra, ed era quello ciò che entrambi, in realtà, stavamo sottintendendo.
Lo avevo realizzato nell'istante in cui avevo deciso di voler allontanare Rubyo: l'unico modo per ottenere il trono, conquistare il potere, far si che il mio popolo non soffrisse più e che i due Regni vivessero di nuovo in pace, era spargere dell'altro sangue, ancora una volta. Un'ultima volta.
«È questo che intendevo con proteggere voi e il futuro che rappresentate.» Disse Thui. «Come ho detto, la cosa più importante per me è proteggere la mia Tribù, ma se un sacrificio oggi comporta ad una pace più grande, duratura nel domani, allora accetto.»
Sgranai gli occhi. Non mi aspettavo accettasse così in fretta.
«Forse qualcun altro, al mio posto, ti avrebbe offerto terre o ricchezze, ma io non ho niente di tutto ciò. Io non posso offrirti nulla.»
Thui sorrise. Un sorriso così sincero da fargli quasi scomparire gli occhi.
«No Principessa, vi sbagliate. In cambio mi state dando la cosa per cui ho sempre lottato da quando sono diventato capo della mia Tribù: un futuro di pace.»
Si avvicinò, appoggiando una mano sulla mia spalla.
«Restate con noi un altro po', ambientatevi nel Regno dell'Altro Sole e, nel mentre, cercheremo un modo per trovare più alleati.»
L'offerta era senza dubbio accattivante, ma io continuavo ad essere esitante.
Oramai di Thui mi fidavo, e quello che mi stava offrendo era esattamente ciò di cui avevo bisogno, ma accettare la sua proposta sarebbe stato rischioso.
«Vi terrò io lontana da Nai Nai.» Disse Thui, capendo la causa della mia esitazione. «E nel caso di un incontro ravvicinato, cercate sempre di rimanere tra i Kelpie. Il loro odore vi proteggerà, esattamente come è successo prima.»
Annuii.
«Ad un futuro di pace, allora.» Gli porsi la mano.
A quel gesto, Thui scoprì i canini, sorridente. «Ad un futuro di pace.» Ripetè, stringendola.
«Torniamo indietro, adesso.» Propose Thui. «O rischieremo di insospettire Nai Nai.»
«Vai avanti prima tu.» Proposi. «Non hanno motivo di insospettirsi se non ci vedono tornare insieme.»
Ma la vere ragione di quella mia richiesta era un'altra.
Thui, seppure inizialmente un po' titubante, annuì, per poi scomparire oltre i tronchi.
Fu allora che chiamai un nome nel buio silenzio del bosco.
«Vieni fuori. So che ci hai seguiti, Gideon.»
Sospirai quando fu il silenzio a rispondermi, così iniziai ad incamminarmi per tornare indietro finché non fui abbastanza vicino ad uno specchio d'acqua che aveva attirato la mia attenzione all'andata.
Lo avevo notato perché mi era sembrato come un fuoco in una foresta.
L'unico punto della foresta che, con i pochi raggi dei due soli che si riflettevano sulla superficie, sembrava risplendere di luce propria in quell'oscurità.
Mi avvicinai al laghetto, tolsi gli stivali e, sedendomi sull'erba, immersi i piedi.
Li fissai mentre, da sotto la superficie dell'acqua, sembravano deformarsi.
Inspirai nel silenzio di quel luogo, la leggera brezza, seppur calda, che mi soffiava tra i capelli corti.
«Gideon.» Chiamai di nuovo e l'attimo dopo, alle mie spalle, sentii una voce.
«Non funziona più, ora che il contratto è spezzato.» Disse.
«Sei apparso comunque.» Risposi, voltandomi a guardarlo, consapevole che sarebbe spuntato allo scoperto prima o poi.
«E pensare che sono stato attento a non far rumore...» Disse, con il suo solito fare ironico, senza mai sollevare lo sguardo da terra.
Ma questa volta la sua voce sembrava più fiacca del solito.
«Infatti non ti ho sentito. Ma ti conosco abbastanza bene da sapere che lo avresti fatto.» Con lui che aveva ancora lo sguardo puntato al suolo, non riuscivo a guardarlo negli occhi.
Lo osservai raggiungere il mio fianco.
«In effetti ora che il principino non c'è più, sono io a detenere il primato.» L'asprezza nella sua voce era come una lama affilata.
Pensavo si sarebbe seduto al mio fianco, ma invece proseguì, un piede dopo un altro, finché non raggiunse il centro del lago. L'acqua lo cingeva fino alla vita, facendogli aderire parte della camicia in seta al basso addome.
«Cosa vuoi dirmi?» Chiese poi, continuando ad evitare il mio sguardo.
Lo osservai raccogliere dell'acqua nei palmi ed usarla per bagnarsi i capelli, per poi spingerli lontano dal volto.
Le ciocche candide riflettevano i raggi del sole.
«Dovrei chiederlo io a te.» Risposi, ma neanche questa volta ottenni la sua completa attenzione.
Dai capelli, quasi impermeabili, presero a cadere gocce d'acqua che gli bagnavano la camicia, rendendo più aderente il tessuto anche sulle spalle.
Traspariva sempre più pelle.
Nell'istante il cui il suo viso si voltò verso il mio, le sembianze umane scomparvero, lasciando posto a quelle da Kelpie.
A differenza di Aerin, era raro per Gideon trasformarsi in una situazione che non lo richiedesse necessariamente.
Ne dedussi dovette sentirsi a disagio e, nel momento in cui i suoi occhi incontrarono finalmente i miei, ne ebbi la conferma.
«Davvero vuoi andare in guerra?» Sentii rimbombarmi nelle tempie.
Ora, finalmente, avevo la sua totale attenzione.
Scossi la testa. «Non voglio Gideon, ma è quello che accadrà.»
Mi sollevai, raggiungendolo nel lago.
Con i piedi oramai abituati alla temperatura, non avevo fatto caso a quanto fredda fosse l'acqua, nonostante i due soli cocenti che ne riscaldassero la superficie.
«Lo hai detto anche tu: non basta sventolare la spada davanti a Markus per fargli abbandonare il trono. La guerra scoppierà nel momento in cui metterò piede a palazzo, tanto vale arrivare preparati.»
«Potresti morire.»
«Lo so, ma devo tentare.»
«È per questo che hai allontanato Rubyo? Perché sapevi si sarebbe sacrificato per te in un modo o nell'altro?»
Annuii. Le foglie verdeggianti delle piante circostanti ondeggiavano sulla superficie del lago.
«C'è un modo per evitare tutto ciò.» Gideon scosse la criniera, liberando numerose goccioline d'acqua. «Da' la spada a Markus.»
Mi accigliai. «Come puoi anche solo propormi una cosa del genere?!» Mi girai, facendo per uscire dal lago, ma non appena diedi le spalle a Gideon sentii qualcosa afferrarmi il polso.
Quando mi voltai nella sua direzione, notai come avesse riassunto sembianze umane.
«Non voglio che tu muoia.»
Mi ripresi il polso. «Neanche io voglio morire, Gideon.»
«Allora dagli la spada!» Vidi la rabbia nei suoi occhi e la sentii nella sua voce.
«Dargliela significherebbe rinunciare al trono per sempre. Sai cosa vorrebbe dire?!»
«Perchè, per una volta, non puoi mettere te stessa al primo posto?!»
Stavamo gridando. Eravamo fisicamente vicini, ma emotivamente lontani.
«È qua che ti sbagli, Gideon. Per una volta, lo sto facendo, sto mettendo me stessa al primo posto. Se gli cedessi la spada, oltre a condannare il mio intero popolo, vanificherei tutti gli sforzi fatti finora: anni e anni passati ad allenarmi, rischiare la vita, rubare gemme per mettere insieme la spada... per poi cosa? Servirgliela su un piatto d'argento?» Uscii dal lago ad ampie falcate, ignorando i vestiti che, pesanti, cercavano di rallentarmi il passo.
«Perché, per una volta, non puoi evitare i problemi, Lyra?!»
Mi immobilizzai.
«Perché io non sono come te.» Mi voltai nella sua direzione. «Io non scappo davanti ai problemi.»
Vidi i suoi occhi illuminarsi d'oro, mentre i suoi pugni si chiudevano lungo i fianchi. «E di quel cerbiatto cosa mi dici?» Le vene sul collo si stavano ingrossando ad ogni frase. «Puoi davvero fidarti?»
Stava cercando di controllarsi, di non abbandonarsi all'impulsività come, in passato, aveva fatto, ma in quel momento, qualunque sforzo stesse facendo, non mi importava.
Ero furente.
Ed erano state le sue parole a rendermi tale.
«Si! Posso!» La mia voce mi graffiava la gola. «Arrivata a questo punto non ho più nulla da perdere.»
Ed era vero.
Perché io avevo già perso tutto ciò che realmente mi importasse nel momento in cui avevo deciso di allontanare Rubyo.
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