CAPITOLO 141

Il mattino seguente tutto era pronto per la partenza.

Dollarus, da buon capitano, si era occupato dei preparativi durante tutta la giornata precedente, scegliendo anche alcuni uomini che ci accompagnassero.

Tra la ciurma, riconobbi Gerard.

«Siamo pronti per partire.» Mi toccò la spalla l'omino, attirando la mia attenzione. «Stiamo per issare l'ancora.»

Annuii, rivolgendo nuovamente lo sguardo verso la spiaggia.

Dalla conversazione nelle terme non avevo più visto Gideon, né tanto meno avuto sue notizie: per un giorno intero sembrava come fosse scomparso nel nulla.

Perfino Aerin, sempre attenta a dove si trovasse il figlio, non sapeva dove fosse.

Di una cosa, però, ero sempre più certa: se neanche Aerin, che aveva giurato di rimanere fedele alla promessa di seguire suo figlio, si era fatta viva fino a quel momento, poteva significare solo una cosa e cioè che Gideon non sarebbe venuto.

La nave iniziò a muoversi.

Non volendo ancora arrendermi a quella realizzazione, rimasi a guardare la riva, sempre più lontana, nella speranza di veder apparire una testa albina sulla sabbia dorata.

Ma niente.

Della delusione mista a malinconia e sensi di colpa iniziarono a opprimermi l'anima, già triste.

Cosa mi aspettavo?

Sapevo ciò che Gideon provasse per me, così come sapevo quanto difficile fosse la mia richiesta.

Era ovvio che non sarebbe venuto e io mi ero ripromessa che, qualunque fosse stata la sua scelta, io l'avrei rispettata.

Eppure rimasi lì, speranzosa, a fissare la spiaggia sempre più piccola, fin quando la prua non cambiò direzione, costringendomi a divergere lo sguardo.

Con un sospiro, raggiunsi Dollarus al timone.

A differenza mia, era più allegro del solito e, in perfetta simbiosi con il suo capitano, anche la nave era più vivace, ora finalmente riempita da una ciurma.

«Tutto bene, Principessa?» Mi chiese, senza mai distogliere lo sguardo dall'orizzonte difronte a sé.

«Mentirei se dicessi di si.» Ammisi. «Ho immaginato, qualche volta, a come avrei potuto sentirmi in questa situazione, ma mai avrei pensato di ritrovarmici davvero.» Un sorriso amaro mi segnò il volto.

«Non siete sola. Abbiate fiducia in me e nei miei uomini.»

Annuii.

Lo sapevo. Così come sapevo di essermi ripromessa di costruire delle fondamenta solide e indipendenti.
Eppure mi ero così tanto abituata ad avere Gideon al mio fianco, che non riuscivo ad ignorare la sua assenza.

«Come faremo con le Arpie, a confine?» Aggiunsi poi.

L'ultima volta l'avevamo scampata per un soffio. Non avevo intenzione di ripetere l'esperienza.

«Ecco una buona notizia per tirarvi su di morale.» Esultò l'omino. «Niente Arpie nell'Oceano di Fehe. Siamo già oltre il confine del Regno di Nymand.»

Guardai in cielo credendo di trovare due soli, ma con mio stupore ne vidi solo uno.

Dollarus sghignazzò, leggendo i miei pensieri. «È ancora presto, ma apparirà tra poco.»

Annuii, voltandomi nella direzione dalla quale eravamo venuti.

Oramai la costa non era più visibile.
Dietro di noi, solo una scia di schiuma e bolle.

Ero sul punto di perdere totalmente le speranze quando, dopo un tonfo improvviso, la nave oscillò a tal punto da farmi quasi perdere l'equilibro.

Il mio cuore perse un battito mentre, con un presentimento che mi gonfiava nuovamente il petto di speranza, mi voltavo verso la prua.

E fu proprio lì che, al centro del ponte di comando, apparvero i due Kelpie.

Il mio sguardo incontrò subito quello di Gideon.

Gli occhi, cristallini, brillarono nel vedermi, eppure non riuscii a non notare un velo cupo che li rendesse più opachi del solito: la malinconia copriva ancora il suo volto, ma si riusciva a percepire il suo sforzo di accettare quella situazione per lui così stretta.

«Scusa per il ritardo.» Mi sorrise, nonostante tutto.

Apprezzai veramente quella decisione e, per la prima volta da quando mi aveva tradito, mi sembrò davvero che Gideon si stesse sforzando di venirmi incontro.

«Non saremmo dovuti venire.» Si lamentò poco dopo Aerin che, tra la sua libertà e lo stare con il proprio figlio, aveva preferito la seconda.

«Eppure siete venuti...» commentò Dollarus dal timone. «E giusto in tempo.»

A quell'ultima frase mi accigliai. «In tempo... per cosa?»

«Oh, non vi avevo detto la cattiva notizia.» nella voce dell'omino non c'era alcuna nota di preoccupazione.

«Nell'Oceano di Fehe non ci sono le Arpie perché è il territorio del Leviatano.»

Notando la preoccupazione nel mio sguardo, Dollarus si affrettò ad aggiungere: «Niente paura. Se staremo ben attenti a non mettere piede, mano o qualsiasi altro arto nell'acqua passeremo indisturbati.» 

Annuii. 

Fantastico. E io che mi ero illusa di affrontare una traversata tranquilla, almeno per una volta.

Una goccia.

Sussultai, strizzando gli occhi, mentre con una falange mi asciugavo la guancia.

Un'altra goccia.

Un'altra ancora.

Improvvisamente un ticchettio crescente iniziò a colpire il ponte della nave.

«Issate le vele!» Gridò Dollarus, mettendo in moto i suoi uomini, scattati sull'attenti già dalla prima goccia. 

Ora due soli illuminavano il cielo sereno, eppure era proprio da questo stesso cielo che, scrosciante, cadevano pesante gocce di pioggia.

«Che fortuna...» Sentii Aerin dire, quasi in estasi, in piedi al centro del ponte di comando, con la testa rivolta verso l'alto. «... siamo in piena stagione delle piogge.» Immobile, lasciava che la pioggia le scivolasse addosso, impregnandola.

Non ero un marinaio, ma quella poca esperienza che avevo accumulato con le tempeste in mare aperto durante il viaggio, mi era servita per capire come fosse il caso di aggrapparmi a qualcosa e raggiungere il sottocoperta, evitando di finire in acqua.

«Lyra, andiamo sottocoperta, è più sicuro.» Ebbe la mia stessa idea Gideon.

Annuii e, seguita a ruota dal Kelpie, feci per dirigermi all'asciutto, ma in quel momento un'onda colpì la nave.

Questa non fu sufficiente per cogliermi inaspettata, ma all'orizzonte se ne stavano formando altre molto più imponenti e, probabilmente, distruttive.

Non mi piaceva l'idea di tirarmi indietro e lasciare tutto il lavoro sporco a Dollarus e alla sua ciurma, eppure sapevo che era la cosa giusta da fare.

E stavo quasi per farla quando, con la coda dell'occhio, vidi qualcosa, o meglio, qualcuno oltre il confine della nave.

Il mio sguardo scattò immediatamente verso l'oceano, ma il resto avvenne tutto così in fretta che mi fu difficile seguire tutta scena.

Una fiaschetta, un uomo, un'onda arrivata al momento sbagliato: gli ingredienti giusti per una catastrofe perfetta.

«Dernes, no!» Il grido di Dollarus prima che uno dei suoi uomini venisse inghiottito dall'acqua.

Ricomparve in superfice pochi attimi dopo, stringendo in una mano uno dei cordoni delle vele, e nell'altra la fiaschetta di Dollarus.

«Gerard!» L'uomo comparve al fianco dell'omino, occupando il suo posto al timone mentre quest'ultimo si allontanava, ad andatura rapida, verso il compagno appena riemerso.

Ad ogni passo pesante, del vapore si sollevava dal corpo di Dollarus. Il suo sguardo rosso di rabbia.

Dernes, notando il suo capitano arrivare, non mosse un muscolo, limitandosi solo ad abbassare lo sguardo, colpevole.

Quando i due furono a pochi passi, la distanza fu colmata dalla mano di Dollarus che, violenta, atterrò sul volto dell'uomo.

Questo strizzò gli occhi, accusando il colpo senza opporsi.

Ma il dolore pungente che immaginai dovesse star provando in quel momento, fu presto attutito da un altro gesto, altrettanto carico di sentimento, seppur di natura opposta.

L'omino strinse a sé il suo compagno, alto almeno il doppio di lui, eppure non c'era dubbio chi, tra i due, prevalesse.

«Credi davvero che quella stupida fiaschetta valga più della tua vita?!» Una scintilla comparve tra i capelli di Dollarus ma, colpita dalla pioggia, si spense subito dopo. «E se la risposta che stai per dare è si, credi davvero che quella stupida fiaschetta valga più della vita della Principessa?! Con questo gesto folle hai messo in pericolo tutti, quando a rimetterci sarei potuto essere solo io!»

La mia mano si sollevò verso la mia guancia quando, sullo zigomo, sentii scivolare una goccia che riconobbi non essere pioggia.

Sentii un singhiozzo formarsi all'altezza dello stomaco, ma mi morsi le labbra, forzandomi ad ignorarlo.

Quella preoccupazione e quell'affetto a cui avevo appena assistito, che avevano colorato gli occhi di Dollarus sia di rabbia che di sollievo, bloccandogli prima il cuore ma restituendogli poi il respiro, erano legami che mai avevo ricevuto nella mia famiglia.

Eppure non ne ero stata esente per tutta la mia vita. Anche io, ad un certo punto, li avevo conosciuti, e anzi, erano stati l'unica cosa che per molto tempo ero stata convinta di conoscere. Era stato in Rubyo che li avevo ritrovati: lui me li aveva mostrati, lui me li aveva insegnati. 

Preoccupazione e affetto.
Entrambi, con pari intensità.

Era per questo che, in passato, mi ero convinta di come lui per me potesse rappresentare solo la mia famiglia.

Eppure in quel momento mi accorsi di come una cosa non ne escludesse un'altra, che famiglia, amore e amicizia potevano apparire tutti con lo stesso volto.

Era possibile che tuo fratello, fosse anche il tuo migliore amico, o che il tuo migliore amico, fosse anche il tuo amante.

Trovai ironico come lo avevo realmente compreso solo in quel momento, osservando proprio il rapporto di Dollarus e dei suoi uomini che erano esattamente ciò che si descriverebbe come una famiglia. 

«Kelpie abbiamo bisogno di voi.» Dollarus chiamò all'attenzione Gideon ed Aerin, riportandomi alla realtà, al presente.

Con un dito, l'omino indicò l'orizzonte, dove un lungo corpo ricoperto di squame appariva e scompariva oltre le onde.

«Non ci vorrà molto prima che ci raggiunga. Sapete cosa fare.» E con un ultimo sguardo tornò al timone.

Gideon abbandonò il mio fianco, raggiungendo quello della madre per poi, insieme, fare una cosa che già più volte gli avevo visto fare: una parete d'acqua si sollevò tra noi ed il mostro marino, per poi venire rilasciata pochi secondi dopo, sotto forma di onda che spinse sia noi, che il Leviatano, agli estremi opposti, allontanandoci.

E così, ancora un'altra volta, l'avevamo scampata.

Eppure, dentro di me, non riuscivo a trovare la calma poiché un'altra tempesta stava iniziando ad agitare le mie acque.

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