CAPITOLO 140

Avendo passato il resto della nottata a sopportare i postumi della sbornia, non ero ancora riuscita a metabolizzare ciò che era successo e come era potuto succedere.

«Mi avevi detto che non era alcolico!»

Mi ero lamentata con Dollarus, non appena fosse entrato in camera per portarmi una tisana calda.

«No, Principessa. Ho detto che non fosse vino, non che non fosse alcolico.» 

«Ma il sapore... e anche gli effetti... sono stata bene per tutta la festa.» Mi accasciai ai cuscini del letto, esausta: era tutta la notte che vomitavo.

«È molto famoso proprio per la sua dolcezza e per gli effetti tardivi.»

Non potevo crederci.

La cosa però, che più di tutte mi feriva, era come avessi potuto confondere Gideon con Rubyo.

Da quando ero scappata dalle grinfie di Aerin non avevo più messo piede fuori dalla camera e, nelle condizioni in cui mi trovavo, non avevo intenzione di farlo: non sarei stata in grado di fronteggiarla a parole, figuriamoci se fossimo passate all'azione.

Sorseggiai la tisana, sentendo il liquido caldo scendere lungo tutta la trachea. Rabbrividii.

«Ho bisogno di un bagno caldo.» Dissi, scostando le coperte e accettando momentaneamente il braccio di Dollarus.

«Ci sono le terme.» 

Scossi la testa, che aumentò il suo doloroso pulsare alla sola idea di incontrare Aerin.

«Aerin non è più lì, se è questo ciò che vi spaventa.» Ammise l'omino, accompagnandomi alla porta.

Spaventa era riduttivo. Non volevo più avere nulla a che fare con lei. Non aveva mai nutrito grandi simpatie nei miei confronti, e dopo ciò che era successo...

Mi passai una mano sulla tempia, cercando di contrastare l'improvviso giramento di testa.

«Per questa notte ha preferito dormire nella camera del Kelpie.»

«Va bene.» Accettai alla fine. «Allora terme sia.»

Quando aprimmo la porta, non riuscii a non notare quella chiusa della stanza difronte, della stanza di Gideon. Il mio pensiero vagò alle immagini della notte precedente che, seppure confuse, erano fin troppo esaustive.

Come avevo potuto abbassare così tanto la guardia?

Ma quello sarebbe stato il mio ultimo errore, il mio ultimo momento di svago prima di entrare nel cuore pulsante del Regno dell'Altro Sole.

Proseguii lungo il corridoio.
I passi scalzi si muovevano silenziosi sul marmo, illuminato dai tiepidi raggi dell'alba che filtravano dalle finestre.

Alle luci del primo giorno, quel palazzo immenso era così deserto da creare un'atmosfera surreale.

«Mi assicurerò che nessuno entri.» Mi disse Dollarus, arrestando la camminata davanti ad un'immensa porta che, una volta aperta, avrebbe condotto alle terme.

Non ancora del tutto sobria ed occupata a trattenere dei conati, non mi ero neanche accorta di essere giunta a destinazione.

«Ti ringrazio.» Afferrai la maniglia e feci per spingere il pesante legno, ma Dollarus mi fermò prima.

«È passato molto tempo dall'ultima volta.» Mi disse, porgendomi una boccettina di vetro dall'aria, purtroppo, fin troppo familiare: il Gyft. 

Dall'ultima volta che lo avevo preso erano passate quasi tre settimane.
Era prima che recuperassi i ricordi di Rubyo.
Prima che lui se ne andasse.

Non seppi dire se il bruciore che provai agli occhi in quel momento fosse dovuto ad uno dei tanti reflussi gastrici o ad un'improvvisa malinconia legata ad una sensazione di vuoto che speravo, prima o poi, di riuscire a colmare di nuovo.

«Quando riuscirò a disintossicarmi?» Domandai, ignorando quei sentimenti che mi scavavano dentro.

Dollarus fece spallucce. «Ora pensate a ripulirvi da quest'altra tossina...» 

Mi accigliai, perplessa.

«Sto parlando dell'alcol!» Fu l'ultima cosa che disse, prima di allontanarsi sghignazzando.

Ricambiai il sorriso, seppur debolmente, per poi stappare la boccetta, trangugiandone il liquido.

Aprii la porta davanti a me.

Nel momento in cui varcai la soglia delle terme, venni avvolta da un'asfissiante ventata di aria calda.

Mi presi qualche istante per osservare il luogo nel quale mi trovassi, sia per orientarmi, che per ammirarne l'effettiva bellezza.

A perdita d'occhio si espandeva una costruzione di immense vasche d'acqua comunicanti, ognuna di forma, dimensione e profondità diversa.
Non avevo ancora avuto modo di mettere piede nell'acqua, ma ero abbastanza sicura che anche la temperatura all'interno sarebbe stata differente.

Un forte scroscio attirò la mia attenzione, guidandomi lungo gli argini di alcune conche in marmo, decorate con intarsi di zaffiro, finché non incappai in una cascata.

Sorrisi quando, al centro di questa, vidi una seconda statua rappresentante Dollarus. Chissà quante altre ce ne sarebbero state sparse nell'intera villa.

Mentre pensavo a come quell'architettura mi ricordasse il mio incontro con il Fossegrimen alla Fonte nell'Isola d'Inverno, mi sciolsi il nodo della vestaglia, lasciando che scivolasse al suolo.

Rabbrividii quando, indossando solo un sottile panno in lino, immersi il piede nell'acqua.

Proseguii, scendendo le scivolose scale della vasca, fin quando il livello dell'acqua non incollò il tessuto alla mia coscia.

Lentamente, lasciai che il mio corpo venisse sommerso sempre di più, finché non piegai le ginocchia e mi lasciai scivolare sott'acqua.

Sentii i miei capelli ondeggiare, come alghe, sopra la mia testa, mentre con piacevole stupore mi accorgevo di come i postumi della bevuta si stessero alleviando.

Emersi, boccheggiando, poco distante dal punto in cui mi ero immersa.

Portai entrambe le mani sul viso per ripulirlo dalle gocce e scoprirlo dalle ciocche rosse, che terminarono prima del previsto. Per un momento mi ero quasi dimenticata di come, ora, i miei capelli fossero più corti.

Sbattei più volte le palpebre, riaprendo gli occhi, finché questi non misero abbastanza a fuoco l'ambiente.

Sentii il cuore mi scendermi nello stomaco.

"Gideon!" Sussultai a quella presenza inaspettata.

Dollarus mi aveva detto che non avrebbe lasciato entrare nessuno... a meno che quel nessuno non fosse entrato prima di me.

Sbarrando gli occhi, Gideon ricambiò il mio stupore, confermando la casualità di quell'incontro.

Subito dopo il suo sguardo si fissò in lontananza.
Sul volto, dipinta un'espressione cupa.

Mi accigliai.

Quel suo essere improvvisamente così schivo era, senza dubbio, una novità.

«Che ci fai qui?» Disse, quando il silenzio divenne estraniante. «Sei venuta per saltarmi addosso di nuovo?»

L'angolo disegnato dalle mie sopracciglia si acuì.

Non risposi.

«Finito di guardare?» Ora il suo sguardo era fisso nel mio.

Ma se un tempo, dietro quelle parole, riuscivo percepire dell'ironia, ora potevo solo scorgere della rabbia. 

Ma non avevo voglia di stare ai suoi giochetti.

«Ora siamo pari.» Mi limitai a dire, ammettendo le mie colpe.

Una risata secca.

«E da quando sei così priva di inibizioni?» I suoi occhi cristallini erano sprezzanti. «Forse da quando ti sei innamorata di quel principino non puoi fare a meno di avere certi pensieri.»

Sbarrai gli occhi, non potevo credere alle mie orecchie.

Questa volta aveva superato il limite.

«Finiscila!» Gridai.

Ora ero io quella che sentiva la rabbia crescerle dentro.

Definirmi infastidita o irritata sarebbe stato riduttivo.

«Eppure questa notte non mi sembrava che volessi finirla.» 

Rimasi a bocca aperta.
L'arco delle mie sopracciglia sempre più acuto.

Ma non riuscii a parlare poiché Gideon, con un rapido movimento, fu a pochi centimetri da me.

Quel suo spostamento mosse l'acqua che, muovendosi, mi batté sullo stomaco.

Immobile, vidi il mio riflesso nei suoi occhi, ora carichi di disgusto. 

Così vicini, per un istante i nostri volti furono sul punto di sfiorarsi: potevo sentire il suo respiro sui miei zigomi.

Vidi il suo volto avvicinarsi sempre di più al mio poi, con un gesto svogliato, mi superò.

Riuscii ad intravedere un ghigno amaro apparire sul suo volto prima che scomparisse alle mie spalle.

«Non hai negato.» Disse, la voce roca che mal celava la delusione. «Non hai negato!» Il suo urlo echeggiò in tutto l'ambiente.

Era troppo presto per dare un nome ai sentimenti che provavo nei confronti di Rubyo.
Era passato troppo poco tempo da quando avevo scoperto che mi amasse e, da allora, era stato troppo poco anche il tempo passato insieme.

Per non parlare della mia bugia, che tutt'ora gli faceva credere che non mi ricordassi di lui.

Ma a Gideon non dovevo nessuna di queste spiegazioni.

«Non ti riguarda.» Dissi solo.

«Un tempo non avresti detto così.»
Ogni sillaba era scandita dall'amarezza.

«Un tempo non sapevo cosa mi legasse a te.» Dentro di me, ora, c'era solo la calma.

Di nuovo, l'acqua si mosse, battendomi contro la schiena: Gideon si era girato nella mia direzione. «Quindi ora lo sai.» 

Nonostante gli stessi dando le spalle, riuscii ad immaginare il ghigno amaro ricomparire sul suo volto.

«Si, ora lo so.»

Tacque, ma percepii i suoi passi nell'acqua avvicinarsi a me.

«Mi sei piaciuto, si, ma non ti ho mai amato.» Mi voltai nella sua direzione, incrociando i suoi occhi tremanti che, ora, indugiavano nei miei. «Quello che ho provato per te non era amore, ma pura attrazione fisica.»

La mano di Gideon mi avvolse la nuca e parte della mascella, forzando il mio sguardo nel suo.

Ma non ce ne era bisogno.
Lo avrei guardato dritto negli occhi in ogni caso.

«Quindi ora sai cos'è l'amore?»

Tutto quel timore e quell'incertezza che prima avevo visto nei suoi occhi era scomparsa in un battito di ciglia, lasciando spazio a del puro risentimento.

«È stato il principino a fartelo capire, eh, Lyra?!»

Le sue iridi divennero dorate.

Avevo paura? Si e ancor di più ora che il contratto era stato spezzato, ma non per quello mi sarei tirata indietro.

Se mi fossi lasciata spaventare da Gideon, come avrei potuto pensare, in futuro, di anche solo avvicinarmi a Markus?

Gli afferrai il polso, spingendolo lontano dal mio volto.

«So quello che provi per me.» Inziai. «E mi dispiace per quello che è successo ieri sera. È stato uno sbaglio.»

Guardai Gideon dritto negli occhi, sperando che riuscisse a leggerne la mia sincerità.

«Sbaglio?» L'angolo delle sue labbra si sollevò con uno spasmo. "Per te è stato uno sbaglio?"

Collera e delusione si mischiarono nella sua voce.

«Mi dispiace.» Ripetei.

Potevo soltanto dirgli questo.

Gideon scosse la testa. «No... non è vero.»

«Gideon, tu non mi lasci scelta.»

Lo vidi accigliarsi.

«Non ti rendi conto che dal tuo tradimento le cose tra di noi non hanno fatto altro che peggiorare?»

Un ginocchio gli cedette, facendolo accasciare nell'acqua che, ora, gli raggiungeva il collo.

Sembrava come se il suo stesso elemento lo stesse consumando.

«Non ci lega più niente. Né l'affetto, né il contratto. Non ho più un motivo per tenerti al mio fianco, eppure sto cercando di trovarlo.»

Gli occhi vacui, indugianti sul fondale.

«Io mi sto sforzando anche solo di volerti ancora al mio fianco, Gideon.»

Il suo sguardo scattò nel mio.

«Ormai siamo ad un punto senza ritorno.»

Con la stessa velocità con la quale aveva mosso gli occhi, si alzò, stringendomi tra le braccia.

Sentii il fiato mancarmi.

«No, Lyra, ti prego...»

«Non sono più neanche sicura di riuscirti a perdonare.» Ammisi.

Sapevo che ogni frase che stavo pronunciando in quel momento era, per lui, come una coltellata, ma non avevo più intenzione di mentire, né agli altri, né a me stessa.

Gideon lasciò la presa. «Farò qualsiasi cosa per rimanere al tuo fianco. Darò la mia vita per te.»

Lo allontanai. «Non cerco un'altra guardia del corpo, Gideon. Cerco un amico.»

Fu allora che la luce nei suoi occhi si spense definitivamente, che quell'ultimo granello di speranza volò come sabbia al vento, sparendo.

«Tutto, ma non quello. Non posso essere tuo amico, Lyra, non riuscirò mai ad essere solo tuo amico.»

Sollevai una mano dall'acqua, appoggiandola sul suo volto.

«Nonostante tutto quello che tu mi abbia fatto, mi dispiace vederti soffrire così, Gideon.»

Abbandonai la mano alla forza di gravità.

«Se ancora vuoi rimanere al mio fianco, il massimo che posso offriti è la mia amicizia.»

Iniziai ad incamminarmi verso il lato opposto della vasca, finché non raggiunsi il primo gradino.

Gideon, alle mie spalle, non si era mosso.

«Domani partiremo verso il Regno dell'Altro Sole. Se ti vedrò arrivare, saprò la tua scelta.»

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