CAPITOLO 138

Nel momento in cui svoltai l'angolo, venni inondata da un oceano di musiche, voci, colori, luci e odori.
Neanche durante la festa imperiale mi ero sentita così sopraffatta, circondata da tutta quella folla proveniente da ogni parte del Regno.

Ma quelli erano altri tempi, ed ora la mia unica ancora era il braccio di Dollarus.

«La Principessa.» Sentii annunciare e una folla di sconosciuti, che prima festeggiava tra sé, prese ad acclamarmi.

Continuai a camminare con falcate lente, ma regolari, sempre accompagnata da Dollarus.

Trovai inusuale la sua scelta di allestire il banchetto all'aperto, in una delle tante terrazze della sua villa. Questa, in particolare, dava sul mare.

Respirai a pieni polmoni l'aria salmastra che, in quel momento, era la cosa che più mi risultava familiare in quel luogo.

Proseguendo, cercai con lo sguardo dei visi conosciuti, seppur consapevole che non avrei trovato l'unico volto che davvero volevo vedere.

«Principessa...» Dollarus attirò la mia attenzione. «Mi state facendo male al braccio.» 

Con uno scatto, allentai la presa. «Mi dispiace.» Presa da tutto ciò che mi circondava, non mi ero accorta di aver stretto così forte.

«Nervosa?» Mi chiese, mentre avanzavamo verso il centro della folla.

Scossi la testa. «Spaesata.»

Dollarus sorrise. «È il bello dell'ignoto.»

Ricambiai il sorriso, seppur meno rilassato di quello dell'omino, riportando lo sguardo davanti a me.

Fu allora che lo vidi: un viso conosciuto.

Gideon. 

Era in piedi, vicino alla ringhiera in marmo della terrazza.
Il tramonto gli si rifletteva nei capelli, mossi dalla brezza marina.
Mi guardava, ipnotizzato, come se in tutta quella stanza riuscisse a vedere solo me, mentre le sue labbra, schiuse, sembravano sul punto di proferire silenziose parole.

Prima del tradimento, il suo fascino mi aveva soggiogata, mettendo in subbuglio le mie emozioni e facendomi credere che ciò che provassi per lui potesse essere amore.

Di quel sentimento, conoscevo ancora poco, ma con il tempo avevo capito che ciò che mi avesse spinto verso Gideon, in realtà, fosse stata solo una cieca attrazione fisica, non per questo sbagliata.

Continuai ad osservarlo, con la coda dell'occhio, finché, scortata da Dollarus, non raggiunsi il mio posto, al centro dell'immensa tavolata. 

Quel banchetto e la sua disposizione erano diverse da quelle che avessi mai visto: quattro tavoli, bassi e lunghi, erano tutti uniti a formare un quadrato, vuoto al centro, in cui altre persone potessero prendere posto facilmente.
Le sedie, inoltre, erano sostituite da dei cuscini ricamati, imbottiti di piume e fiori secchi profumati.

Riuscii a malapena a sedermi, che difronte a me iniziarono a depositarsi un'infinità di portate dai colori e aromi più svariati, alcune delle quali non avevo mai visto.

«Ognuno di noi ha cucinato qualcosa appositamente per voi.» Mi disse Dollarus, seduto al mio fianco, allungandosi verso di me per sovrastare i rumori che ci circondavano.

Rimasi piacevolmente stupita dal rispetto che Dollarus avesse verso i suoi uomini, considerati tutti alla pari.

«Qual è il tuo?» Domandai, tornando ad osservare i piatti traboccanti di cibo.

L'omino scosse la testa. «Non avrei mai potuto farvi un simile torto, Principessa.» 

Lo guardai perplessa ma, al contempo, divertita, aspettando che continuasse.

«Il numero dei miei pregi eccede di gran lunga la quantità di portate a questo banchetto, ma la cucina è uno dei rari che non mi appartiene.» Il modo teatrale con cui le mani si mossero, accompagnando le sue parole, mi strappò una risata.

«Ma ho comunque dato il mio contributo.» Si allungò a prendere un determinato tipo di bottiglia tra le svariate in vetro presenti sui tavoli.

Mi agghiacciai a quella visione. Non altro alcol! Quello sulla nave era stato più che sufficiente.

E l'omino dovette leggere fin troppo bene la preoccupazione sul mio volto.

«Non preoccupatevi, Principessa. Questo non è vino, ma il nettare più eccelso dei due Regni, distillato dai fiori più profumati dell'Isola della Primavera.»

Quel dettaglio di certo non mi tranquillizzò. Prima che Dollarus la mandasse a fuoco, su quell'isola l'unico fiore che avevo visto aveva finito quasi con l'uccidere sia me che Rubyo. Profumato era l'aggettivo meno rilevante in quella vegetazione assassina.

«Fidatevi!» Dollaus fece per versarmi un bicchiere, ma lo fermai titubante.

«Grazie, ma io- non so se...» 

Ma prima che potessi finire la frase, Dollarus scattò in piedi, zittendo con quell'unico gesto tutta la folla. La sua figura, per quanto minuta, era di una presenza eccezionale.

«Un brindisi.» Alzò al cielo stellato il bicchiere.

Sbarrai gli occhi quando si voltò nella mia direzione. «No, no-» Bisbigliai ma, dopo un occhiolino di Dollarus, mi trovai in piedi al suo fianco.

«Vuole davvero rifiutare un gesto simile, Principessa?» Sussurrò l'omino, sporgendosi per quanto gli fosse possibile verso mio orecchio.

Non avevo scelta e, dal ghigno soddisfatto, ne dedussi che anche Dollarus ne fosse perfettamente consapevole.

«Alla Principessa!» Ulrò.

«Alla Principessa!» Ripeterono i suoi uomini.

Emisi una risata nervosa. «A me...» E trangugiai il liquido che, al contatto con la lingua, si rivelò essere piacevolmente frizzante.

«Superbo, vero?» Mi domandò Dollarus, sollevando con enfasi entrambe le sopracciglia.

Mi ammutolii, facendo schioccare qualche volta la lingua contro il palato per assaporarne l'aroma. In effetti, il nettare più eccelso dei due Regni, era veramente buono.

La cosa che mi fece più piacere, però, fu l'assenza del retrogusto amarognolo tipico degli alcolici. Ne dedussi che, dopo tutto, quell'estratto di fiori davvero dovesse essere analcolico.

Ora più tranquilla, sorrisi, riempiendo nuovamente il bicchiere che sollevai al soffitto. «Al Signore di Chaot!»

Dollarus emise una grossa risata al mio fianco.

«Al Signore di Chaot!» Urlò.

E, seguita a ruota da tutti, bevvi il mio secondo bicchiere. 

Il resto della serata trascorse veloce, tra chiacchere, bevute e infinite portate. Scoprii come molti degli uomini di Dollarus fossero orfani, strascichi che la Grande Vendetta si era lasciata alle spalle, e che, ancora bambini, non avevano potuto schierarsi con o contro nessuno. Dal momento in cui Dollarus li aveva accettati tra le sue mura, loro gli avevano giurato fedeltà disinteressata e così, poco a poco, Dollarus era riuscito a conquistarsi quella posizione di supremazia a Chaot.

Solo allora capii realmente che la preoccupazione nei suoi occhi a seguito di ogni battaglia era paragonabile alla preoccupazione di un padre verso i propri figli.

Con gli occhi che iniziavano ad annebbiarsi, probabilmente per la stanchezza, mi volsi verso Dollarus. 

Volevo dirgli quanto rispetto avessi nei suoi confronti e nelle sue azioni, ma incontrai solo uno sguardo buio.

«Che succede?» Domandai.

Vederlo in quelle condizioni era così inusuale che mi preoccupai.

A quella domanda, l'omino strascicò una risata secca. «È l'alcol...» Indicò con un cenno del capo due bottiglie di vetro scure, oramai vuote ma da cui ancora proveniva un forte odore di vino. «...mi fa questo effetto.» Appoggiò lo zigomo al palmo. «Se per qualcuno è un modo per sfuggire alla realtà, per me è solo un modo per rivivere i momenti più felici della mia vita.»

«Allora perché sei così triste?» Ma la risposta non arrivò subito.

Dollarus lasciò che la testa ondeggiasse avanti e indietro sulla sua mano per qualche istante.

Ma non seppi dire se stesse temporeggiando per cercare la risposta migliore o semplicemente combattendo contro gli effetti del vino.

«Non sono triste, sono malinconico.» Con un singhiozzo, lasciò battere la fronte sul tavolo.

Non lo credevo così poco resistente all'alcol.

«Voi umani non raggiungerete mai la mia età... ma in vecchiaia vi renderete conto...» Il discorso stava diventando sempre più difficile da portare avanti, mentre le sue palpebre sbattevano sempre più lentamente. «Vi renderete conto dei momenti felici trascorsi e li rimpiangerete perché irraggiungibili.»

Un altro singhiozzo, e poi i suoi occhi si chiusero del tutto.

«Capo...»

Oltre la sua spalla, apparve un giovane ragazzino, all'apparenza a malapena sedicenne.

Aveva gli zigomi coperti di lentiggini e i capelli di un biondo così chiaro, che facilmente sarebbero potuti essere scambiati con quelli di un Kelpie.

Il ragazzo scosse il corpo addormentato di Dollarus.

«Chiedo scusa, Principessa.» Mi disse poi, caricandosi l'omino assopito in spalla. «Succede ogni volta che beve. Gli altri dicono che quella guerra abbia strappato molto anche a lui.»

Dollarus non mi aveva mai raccontato nulla della sua esperienza in quegli anni, lasciando solo intendere che si fosse isolato e segregato in lontananza.

«Cosa gli è successo?» Domandai, con la speranza di scoprire qualcosa in più.

Il ragazzino mi guardò senza rispondere. I suoi occhi chiari indugiarono prima su di me, poi sul corpo addormentato di Dollarus.

Riconobbi le emozioni contrastanti sul suo volto: io ero la Principessa, ma dopotutto, il Signore a cui aveva giurato fedeltà era Dollarus.

«È Signore, Theo, non Capo e la Principessa ti ha fatto una domanda, rispondi.» Un compagno, questa volta più anziano, intervenne alle mie spalle.

«I- Io...» Balbettò il ragazzino, ma non appena l'altro gli fece segno di andarsene, scomparve tra la folla con Dollarus in spalla, senza più terminare la frase.

«Mi scuso per il suo comportamento, Principessa. Quel poppante è appena arrivato, deve ancora capire come comportarsi.»

Sorrisi, annuendo. «Non c'è problema, capisco, dopotutto io sono solo un'estranea per voi.»

Lo sguardo dell'uomo si fece più intenso. «Nel momento in cui il Signore ha deciso di esservi fedele, la stessa cosa vale per noi.» 

Rimasi destabilizzata alla facilità con la quale quegli uomini avrebbero messo a repentaglio la propria vita per me, una sconosciuta, solo perché Dollarus ed io avessimo stretto un patto.

«Mi chiamo Gerard.» Si presentò poi. «Volevate sapere cosa è successo al Signore durante gli anni della Grande Vendetta, giusto?»

Annuii.

«Bene, ma è una storia lunga. Ci sarà bisogno di un aiutino.»

E, con ciò, avvicinò un paio di bottiglie di vino.

«Preferirei quell'altro.» Indicai quelle contenenti l'estratto di cui tanto si era vantato Dollarus.

Sentivo che sarebbe stata una lunga serata, meglio evitare gli alcolici.

«Siete un ottima intenditrice, Principessa.» Disse Gerard, allungandosi verso quelle altre bottiglie.

Sorrisi, in un tentativo di ricambiare il complimento, poi l'uomo iniziò a parlare.

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