CAPITOLO 130
Dopo quel discorso, nessuno aveva più parlato.
Tranne Aerin, ovviamente. Lei sembrava godere della sofferenza di Rubyo e aveva passato il resto del tempo a parlare con Gideon di qualcosa che non mi ero curata di sentire.
Non mi ero accorta neppure dello scorrere del tempo, dei brontolii del mio stomaco, di chi avesse acceso un fuoco sulla sabbia o di come, seppur senza mai calare, il sole si fosse nascosto dietro la montagna bruciata alle nostre spalle.
«Principessa!» Sussultai all'improvvisa voce di Dollarus, ma a quanto pareva era già la terza volta che mi chiamava.
Mi si piegò accanto, assicurandosi prima che nessuno origliasse la nostra conversazione.
«Lo sapete che non è necessario, vero?» Mi disse.
Gettai un rapido sguardo al falò in lontananza, attorno al quale era seduto Rubyo.
Da buona guardia, si accorse subito del mio sguardo, così lo diversi in fretta.
Gli avevo tolto tutto...
«Ti ha mandato lui?» Dissi, trovando improvvisamente interessante le righe che disegnavo nella sabbia con uno dei pochi bastoncini superstiti dall'incendio, facente parte di quel gruppo raccolto per il falò.
«Il futuro sovrano di Chaot che si lascia dare ordini da una ex guardia imperiale? No.»
Emisi una risata secca a quella battuta, e Dollarus parve allentare i nervi.
«Perché sei qui, allora? Per condividere con me la tua saggezza centenaria?» Gettai il ramo nella sabbia, guardando Dollarus.
«Mh... Millenaria, più che altro. Comunque si, se volete potete prenderla anche così. O come un consiglio da parte di un amico.»
Era la prima volta che Dollarus definiva la nostra relazione come "amicizia" e non come una pura alleanza.
Mi fece piacere, ma ero troppo triste per gioirne.
«Non mi permetterei mai di dirvi cosa fare e cosa non, ma credo sia giusto che voi parliate con Rubyo un'altra volta.»
Un'ultima volta. Pensai.
Era quello ciò che Dollarus realmente voleva intendere.
«Non se la sta passando troppo bene quel giovanotto: prima credeva di avervi persa, poi vi ritrova ma voi non avete più memorie di lui, fate pace ma perde la memoria e l'unica cosa che ricorda è il momento del vostro litigio... e alla fine voi lo allontanate.»
«Gli ho già detto tutto quello che c'era da dire. Parlargli di nuovo lo farebbe solo esitare ancora di più a partire.» Mi alzai dalla sabbia e feci per andare verso la riva, cambiando zona in cui stare in solitudine, ma Dollarus continuò a parlare, la sua voce alle mie spalle.
«Lyra, non sapete se e quando lo rincontrerete. Non credete sia meglio lasciarsi con niente di non detto? In futuro potreste pentirvi di non averlo fatto.» E, dopo quelle parole, l'omino si alzò e se ne andò così come era venuto, tornando a sedersi attorno al fuoco.
Dentro di me sapevo che aveva ragione, ma sapevo anche che se avessi parlato un'altra volta con Rubyo avrei ceduto.
Anche per me era stato difficile prendere quella decisione, tutt'ora non volevo se ne andasse e desideravo rimangiarmi le mie stesse parole, ma non avrebbe fatto bene a nessuno dei due.
Spesso le decisioni migliori sono le più difficili e, in quanto Principessa, era una lezione che avrei dovuto imparare già molto tempo fa.
Guardai la scena un momento, catturando per un'ultima volta quello che sarebbe diventato un altro dei miei ricordi. Forse, uno dei più tristi: al centro, un fuoco, che illuminava i nostri visi in un perpetuo giorno. Dollarus, il più energico di tutti, si strofinava i palmi quatto vicino a quella fonte di calore, poco distante da Rubyo, che sembrava privato di ogni energia. Non ero abituata a vederlo così, con le ombre create dal fuoco che gli scavavano il viso, rendendolo ancora più smunto. Chi invece sembrava ripudiare quella luce e quel calore erano Aerin e Gideon che, seduti sulla sabbia ben distanti dalla riva, sembravano vivere in un mondo proprio.
Da quando era tornato in sé, non avevo avuto modo di parlare con Gideon, che sembrava avermi evitata per tutto il resto della giornata.
Sapevo che quella sarebbe stata un'altra relazione da stabilizzare, un'altra conversazione da affrontare, ma non ora.
Ora era il turno di Rubyo.
Assieme ai miei passi lenti, i miei piedi sprofondavano nella sabbia mentre mi avvicinavo al falò.
Rubyo sollevò lo sguardo, fissandolo nel mio. In un istante, tutti i suoi muscoli si irrigidirono alla mia vista.
Mi sedetti silenziosamente al suo fianco, mentre i suoi occhi seguivano ogni mio movimento.
Oltre la fiamma, vidi il breve sorriso di Dollarus l'istante prima di alzarsi e allontanarsi: ora eravamo soli.
Immaginai come Rubyo avesse infinite domande e implori, ma non parlò, lasciando che fui io la prima a iniziare la conversazione.
«Non lo sto facendo perché non mi importa nulla di te.» Dissi, fissando il fuoco.
«Vorresti dirmi che è per il mio bene?» Non si sforzò di nascondere l'amara ironia nella sua voce, e non potei biasimarlo.
«Ricordi o meno, credi davvero che sarei capace di allontanare te, o chiunque altro, solo perché non vi voglio più intorno?»
Rubyo tacque.
«So che è difficile, ma sarà un bene per entrambi. Non ti sto chiedendo di uscire dalla mia vita per sempre, ma ti sto dando la possibilità per vivere la tua, per un po' e capire...» se davvero vuoi ancora stare al mio fianco, se davvero ne valgo la pena. «Non voglio privarti di nulla.» Con quell'ultima frase, mi girai a guardarlo.
Per un attimo vidi la luce emanata dal fuoco sottolineare il suo profilo: il ciuffo castano, la fronte e le sopracciglia corrucciate, le ciglia lunghe, il naso... le labbra. Poi si voltò verso di me.
Sussultai quando i nostri sguardi si incrociarono così improvvisamente.
«Davvero credi che me ne vada, senza oppormi, con la coda tra le gambe? Davvero credi sia così facile liberarti di me dopo tutto questo tempo? Sono un cittadino libero adesso, giusto? Cosa ti fa credere, allora, che non decida di seguirti?» Mentre parlava, vidi le vene del collo ingrossarsi.
Stava cercando di trattenersi. Ancora. Di non urlare, di non farmi vedere quanto realmente ci stesse male, di non farmi sentire troppo in colpa.
Non mi stava implorando di rinominarlo come guardia imperiale; mi stava domandando come gli avrei impedito di farmi seguire.
«Perché te lo sto chiedendo, Rubyo. E non come un ordine, da Principessa, ma come un favore, da amica.» Dovetti appellarmi a tutto il mio autocontrollo per non mostrare quanto insicura e sul punto di cedere fossi, in quel momento.
Lo fissai dritto negli occhi mentre le sue pupille, tremanti, scavavano nelle mie in cerca di qualche secondo di mal celata debolezza a cui aggrapparsi.
Non distolsi lo sguardo prima di quando non lo fece lui, prima di quando non si fosse convinto.
«Non ho mai pensato alla mia vita senza di te.» Sentii il cuore fremermi nel petto.
Adesso, consapevole dei suoi sentimenti, quella suonava solo come una dichiarazione che andava oltre il ti amo.
«Non so da dove iniziare.» Ora guardava verso i suoi pollici che, nervosi, si accavallavano l'uno all'altro.
«Dall'inizio.» Gli sorrisi. «Da prima del tuo arrivo a palazzo, da prima dell'inizio dell'allenamento.»
L'espressione sul volto di Rubyo divenne ancora più amara. «Non metto piede in quella casa da...»
Di nuovo, il bisogno di toccarlo era forte, ma mi trattenni. «Proprio per quello devi andare.»
Lo vidi serrare la mascella, immaginandosi il momento.
«E tu, invece?» Chiese. «Cosa pensi di fare ora che il pugnale è finalmente attivo?»
Emisi una risata secca e amara. «Sono persa quanto te.» Ammisi. «Ora che sappiamo la vera storia dietro quest'arma, il trono mi sembra ancora più lontano.»
«Allora perché mi allontani?»
Era sempre stato così duro a morire...
Fortunatamente, pensai, non riuscendo a trattenere un sorriso.
«Perché ho capito che l'unico modo che ho per definirmi veramente la Principessa di Nymand non è sedermi sul trono, ma conquistare la fiducia del popolo.»
«Gli umani si fideranno di te facilmente, ma non sarà altrettanto semplice con gli esseri dell'Altro Sole, Lyra.»
Ed ecco, di nuovo, il Rubyo che si preoccupava per me nonostante le sue difficoltà.
«Hai ragione.» Dissi. «Ed è proprio per questo che ho deciso di andare nel cuore del Regno dell'Altro Sole.»
Quelle parole furono la goccia che fece traboccare il vaso o meglio, la diga: Rubyo scattò in piedi, non più in grado di nascondere le sue emozioni.
«Non ti è bastato tutto quello che abbiamo passato solo stando in questo sputo di arcipelago a confine del Regno, Lyra?! Immagina cosa ti accadrà quando ti troverai veramente al suo interno!» Si girò verso il mare, come in un tentativo di calmarsi allontanandosi, ma ritornò sui suoi passi pochi attimi dopo. «E ti aspetti che me ne vada anche dopo avermi detto questo?!» Gesticolava in un vano tentativo di scaricare la tensione in un qualche modo.
«Si.» Ero impassibile. «Non voglio più mentirti o tenerti nascosto nulla, Rubyo.»
Mi guardò come se avessi appena detto una sciocchezza, come se, forse, non sarebbe stato poi così male non saperlo.
A quelle parole, però, non trovò modo di opporsi.
Mi alzai anche io, avvicinandomi a lui.
Lo fissai negli occhi mentre, con una mano, gli accarezzai il volto.
Lui rimase immobile, ogni muscolo teso.
«Rubyo, questo non è un addio.» Sorrisi, ma il pizzicore precedente al pianto aveva iniziato a farmi bruciare gli occhi.
Rubyo posò il palmo della sua mano sulla mia, che era ancora sul suo viso.
«Io ti ritroverò, Lyra.»
Una lenta e solitaria lacrima si fermò sulla mia guancia.
Vidi la mano di Rubyo avvicinarsi al mio volto. Chiusi gli occhi, imprimendo nella mia memoria quell'ultimo contatto, pelle su pelle, mentre lui mi asciugava lo zigomo.
In quel momento, dentro di me, speravo con tutto il mio cuore che non mi sarei pentita di quella decisione.
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