CAPITOLO 102
Boccheggiai affannata, ritrovando finalmente dell'ossigeno. Spalancai gli occhi, sforzandomi di sopprimere un gemito di dolore quando una fitta mi colpì il fianco: avevo sbattuto contro qualcosa di duro.
Presto notai come mi trovassi su una gradinata in marmo, metà sommersa, metà emersa.
Dire di essere rimasta stordita dal colpo sarebbe stato alquanto sminuente. Francamente mi stupivo di come potessi essere ancora viva: metà corpo era totalmente fuori uso, congelato dalle schegge di ghiaccio, la mano, ferita dalle alghe carnivore, non avrebbe sopportato altri sforzi, la gamba ancora sana, ora sanguinava da numerosi fori lasciati da falangi ossute, i polmoni mi bruciavano per la troppa apnea e la mancanza del Gyft stava diventando insopportabile.
«Ce l'abbiamo fatta.» Era raro sentire Gideon così sollevato.
In effetti, quel mostro marino e il suo esercito di scheletri non ci avevano seguito in quel luogo.
«La prossima volta scegliti una compagna più mansueta.» Non mi sforzai di nascondere l'acidità della mia voce.
Mi raddrizzai sui gradini, accigliandomi per il dolore.
Ma Gideon dovette trovare quel commento divertente, in quanto si mise a ridere. «Allora ero solo un adolescente un po' ribelle. È stato solo lo sbaglio di una volta...» Disse con una tale leggerezza da farmi rabbia.
Se quell'essere dell'Altro Sole non avesse avuto nessun trascorso con Gideon, probabilmente non si sarebbe alterata in quel modo.
«Eppure è stato abbastanza per illuderla fino a questo punto. Tu di certo non ti smentisci mai.» Questa volta l'acidità del mio tono era diventato disprezzo.
Disprezzo che, neanche in questo caso, tentai di nascondere.
E Gideon lo notò, ma preferì ignorarlo.
«E che mi dici della tua forma da Kelpie?» Continuai, cercando di spostare la mia attenzione altrove.
Ancora non mi capacitavo della facilità con cui si fosse dissolta.
«Ofelia è padrona di quella fossa. Può controllare ogni cosa nel momento in cui una persona ci mette piede. Per non parlare di quelle teste... Ci tiene così tanto a loro, che vuole che la mia voce arrivi anche alle loro orecchie.»
«Fortunatamente siamo riusciti a scappare.»
«Hai detto bene.» Lo sguardo di Gideon si incupì rapidamente. «È stata solo fortuna. Se non le avessi amputato la mano ora-»
Sentii il cuore sprofondare per un istante. Come avevo potuto dimenticarmene?!
«Il mio pugnale!» Lo interruppi, notando di non averlo più in dosso.
Dopo una rapida occhiata Gideon lo individuò su uno scalino sommerso, poco sotto i nostri piedi e fece per afferrarlo, ma si ritirò come il mare prima di uno tsunami, con una smorfia di dolore incisa sul viso.
Mai gli avevo sentito un grido di così tanta sofferenza.
«E te lo avrebbe regalato il Regno dell'Altro Sole in segno di pace?! Ma non farmi ridere!»
Gideon era furioso. Aveva gli occhi spalancati nonostante le sopracciglia aggrottate e gli angoli delle labbra pendevano appuntiti verso il basso.
Era la prima volta che gli vedevo un'espressione simile in volto.
Mi mostrò il palmo della mano con cui aveva cercato di raccogliere la daga: era ustionato.
«E poi sarei io il traditore?! Perché mi hai mentito?!»
Scattai all'indietro con la schiena. Cosa era appena successo?
«Perché avrei dovuto?!»
«Forse non ti fidavi abbastanza!»
"Mi sarebbe piaciuto fosse stato così! Forse Markus non mi avrebbe catturata! Io non sono come te, quello che ti ho detto sul pugnale è la verità!»
«O quella che tu credi lo sia! Altrimenti questo come me lo spiegheresti?» Avvicinò di più il palmo ancora aperto al mio volto. «Solo un tipo di ferro che si trova nel Regno dell'Altro Sole ha questo effetto su di noi. E fidati, non lo condivideremmo mai con voi umani.» Nella sua voce sentii dell'astio sprezzante.
«Hai toccato altre volte il pugnale, eppure non ti ha mai fatto niente. Perché adesso?» Più che ferita per la sua accusa, mi sentivo confusa ed irritata.
Raccolsi la daga dal gradino e la osservai.
Esitammo entrambi, in silenzio, cercando di trovare una spiegazione logica. Poi Gideon parlò.
«Ora ha tutte le componenti, no?» Disse indicando l'opale incastonato.
Effettivamente da quando avevo recuperato la pietra, Gideon non aveva toccato il pugnale e, d'altro canto, io ero stata convinta di averlo perso finché Coline non me lo aveva restituito a palazzo.
«Non mi ero sbagliato. Questo pugnale non è stato forgiato dagli esseri dell'Altro Sole, ma da voi umani, usando il nostro ferro... e ora si sta attivando.»
Mi accigliai perplessa. «Come? Io non ho fatto nulla.»
Il volto di Gideon era più pallido del solito. «Vuoi sapere il primo dettaglio che non torna della tua verità?» Aveva cucito sulle labbra un sorriso di un'ironia pungente. «A quanto pare non bastavano le pietre per attivarlo, ci voleva il sangue di un essere dell'Altro Sole.» Si fermò per deglutire, la gola improvvisamente secca. «È per questo che ti è stato così facile tagliarle la mano.»
«Allora perché non si è ancora attivata del tutto?»
«Temo che una sola ferita non sia sufficiente... serve una vita.»
Dal tono incerto sembrava si stesse obbligando a trattenersi, al non commentare oltre, a non dir cose di cui si sarebbe potuto pentire dopo.
Restò qualche secondo in silenzio, con lo sguardo basso, fisso sull'arma.
«Nascondilo. Non tirarlo fuori per nessun motivo e spera che nessuno se ne accorga.» Deglutì accigliato, come se quella decisione non lo convincesse ancora del tutto. «In quel caso non credo che sarò in grado di salvarti un'altra volta.»
Temetti di aver capito il vero senso dietro quelle parole... e la cosa mi fece rabbrividire.
Nonostante il tradimento di Gideon ed il suo coinvolgimento con Markus, non riuscivo ad immaginarlo come rivale in una battaglia. O meglio, non lo avevo mai fatto prima di quel momento.
Rinfoderai il pugnale.
«In ogni caso non mi sembra di aver chiesto il tuo aiuto.»
Gideon tacque, seppur rimanendo accigliato.
La sua espressione corrugata, però, si distese nel momento in cui qualcosa alle mie spalle attirò la sua attenzione.
Mi voltai faticosamente, ancora seduta sui gradini.
Di spalle, non avevo potuto notare cosa ci fosse dietro di me: due immense statue equestri, parzialmente sommerse, reggevano un arco a tutto sesto di un marmo perlato.
Al suo interno, le scale proseguivano fin dove era possibile arrivare con l'occhio.
«Era da così tanto che non incontravo qualcuno, che anche un Fossegrimen come me ha perso il conto dei secoli. Vi prego, entrate.»
Una bolla d'acqua aveva appena preso le sembianze di un giovane ragazzo che ci invitava all'interno della sua dimora.
Guardai Gideon di sbieco. Dopo quello che era appena successo non ero così aperta a nuove relazioni.
Ma lo vidi farmi cenno con la testa, dunque iniziai a salire quella lunga gradinata, non con poca fatica, visto che le mie gambe non erano così propense a collaborare.
Mi maledissi quando mi resi conto di come, ancora una volta, mi fossi fidata ed affidata a Gideon.
Durante la salita inciampai numerose volte, ma delle alitate di vapore tiepido mi spronarono a continuare.
Quando raggiungemmo la sommità di quella lunga scalinata, boccheggiavo e la testa mi girava. La gola era secca e l'astinenza al Gyft mi rendeva febbricitante. Una forte ventata di vapore caldo mi colpì il volto, facendo aumentare la mia sudorazione, ma al contempo aumentare i miei brividi.
Ci accolsero numerose file di colonne allungate verso una copertura a spioventi e un'immensa vasca d'acqua al di sotto di questa.
Tutte cose che, in un'altra situazione, mi sarei fermata a guardare colpita. Ora, l'unica cosa che mi colpiva, era la consapevolezza di avere i minuti contati.
«Da questa parte.»
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