Royal Pain

Una distesa sconfinata di prato. Un prato incolto, selvaggio.
Neanche l'ombra di una casa.

Una pineta. Una moltitudine di pini. Maestosi, verdi, sani.
Si intravedono delle abitazioni, aldilà delle folte chiome di questi alberi.

Avrò visto questi paesaggi scorazzarmi davanti almeno altre quattro volte, da quando sono partito.

Poso il capo sul sedile del treno, socchiudendo gli occhi.
All'arrivo non manca molto... due ore, al massimo.

In questo momento, dormire sarebbe la cosa più consigliata da fare.

In fondo, non c'è nient'altro con cui possa allontanare la mia mente dai pensieri che, odiosi, l'hanno tormentata da quando ho messo piede sul vagone di questo treno – o forse anche da prima.

Sì, dovrei proprio prendere esempio da quell'uomo di mezz'età con il cardigan blu, lì, che s'è appisolato da almeno un'ora, condannando la moglie alla solitudine e alla noia per tutto il viaggio.

Eppure, nonostante io non dorma da tre giorni, chiudere occhio mi è seriamente impossibile.

Mi volto un attimo verso il finestrino del treno, specchiandomi. Ho un'aria distrutta.

I capelli biondissimi che mi ricadono, lisci e diritti, sulla fronte; il colorito pallido – più del solito – del mio volto; gli zigomi, sporgenti e appuntiti, più in risalto del normale; le occhiaie che contornano i miei occhi celesti.

Appena mia madre mi vedrà, come minimo le verrà un colpo.

Ma non posso farci nulla.

Davanti a me una donna con un trench, un ombrellino e una borsetta, ha lo sguardo fisso sul giornale da un po'.

Non so cosa riportino i giornali Babbani, come quello della donna, ma sono più che sicuro che quelli magici non scrivano altro che delle meravigliose gesta del grandioso Harry Potter, salvatore e protettore indiscusso del Mondo Magico e non, e della sua vittoria sul Signore Oscuro, avvenuta all'incirca tre settimane fa.

Scommetto che Harry faccia di tutto per non leggerle.
Conoscendolo, probabilmente vorrà solo poter dormire in pace.

A questo pensiero, un sorrisetto mi compare sulle labbra, e produco un suono a metà tra una risata e uno sbuffo.

La donna in trench davanti a me alza immediatamente lo sguardo, mi fissa per due secondi, e poi riporta la sua attenzione sul giornale.

Sono stato in silenzio fino ad ora, quindi il suo atteggiamento non mi turba né mi sorprende.

Mi guardo intorno un altro po'. Il silenzio di questo treno Babbano mi fa sospendere il fiato per qualche secondo.

Dove sono le urla, le risate? E la gente che si scambia le Gelatine Tutti I Gusti + 1? E i Prefetti che pattugliano i vagoni?

A quei tempi, odiavo tutta la confunsione dell'Hogwarts Express.

La odio ancora, dopotutto.

Ma il silenzio di questo treno è come un urlo.

Un urlo che mi scuote, facendomi presente ogni minuto che passa che, prima d'ora, non mi sarei mai trovato in un treno Babbano e che, cosa più sconvolgente di tutte, la cosa, ora, non mi disturbi particolormente.

Quando mia madre mi ha chiesto di raggiungerla nel Yorkshire in quella lettera, una settimana fa, aveva specificato che il metodo più sicuro e utile per arrivarci sarebbe stato un treno Babbano.

Il me del passato si sarebbe lamentato; probabilmente non si sarebbe nemmeno presentato, né avrebbe risposto alla lettera.

E, invece, eccomi qui.

La gente che mi circonda su questo treno – quella che si è calata, dolente o nolente, in questo silenzio assordante – non mi conosce, proprio come io non conosco loro.

Siamo tutti perfetti sconosciuti che hanno pochissime possibilità di incontrarsi nuovamente e che, se lo faranno, si dimenticaranno di averlo già fatto.

Il me del passato, se fosse seduto al mio posto qui, squadrerebbe tutti dall'alto in basso.

Giudicherebbe con presunzione il loro aspetto fisico, il loro atteggiamento e il loro vestiario.

Io non ne ho la forza, né la voglia.

Si tratta di persone che a malapena mi considerano e che, se lo fanno, in me non vedono altro che un ragazzo molto stanco.

Cosa possono sapere di me, della mia vita, di quello che provo in questo momento?

Prima d'ora, non ci avevo mai pensato.

La verità che è che, quando non si hanno problemi né preoccupazioni, si sottovalutano le sofferenze degli altri.

Cosa importava a me di qualcuno che piangeva? Di qualcuno che sembrava non voler parlare con nessuno? Di qualcuno con lo sguardo spento?

«C'è gente che soffre sul serio, Malfoy! Gente che si dispera, che fatica a trovare qualcosa per cui valga la pena vivere, gente che non ha più nulla. Persone che non hanno altre speranze, se non la morte.»

Mi sembra di sentire chiaramente le parole di Harry, quelle che mi urlò con veemenza durante una delle nostre innumerevoli litigate.

"Gente che soffre, Malfoy." Come se non l'avessi saputo.

E avrei dovuto aver pietà di loro, avrei dovuto sentirmi in colpa. Ma ciò non li avrebbe aiutati.

Ero dell'idea che non si avrebbe dovuto smettere di sentirsi felici solo perché qualcun altro non lo era. Che senso avrebbe avuto?

Nonostante ciò, ora che tutti sono entusiasti dalla sconfitta del Signore Oscuro, la cosa mi irrita.

Sembrano tutti felici, tranne me.

Il Karma, forse. Non lo so.

Sono stato un ragazzo fortunato. Sono nato in una famiglia ricca, i miei genitori non mi hanno mai fatto mancare niente.

Agli occhi degli altri sono sempre stato un ragazzo benestante e agiato, senza alcun problema... cosa che anche io facevo in modo di ricordare a chiunque.

È curioso come nessuno, ora, capisca che anche io possa soffrire.

La gente pensa che sia un mio modo di atteggiarmi, che voglia delle attenzioni.

"Che problemi può avere, lui?"

Sento quelle vicine fastidiose dappertutto; sono la causa delle mie emicranie.

Non avrei mai dovuto giudicare le persone senza conoscerle, lo capisco appieno solo ora.

Non sai mai cosa stia provando sul serio la persona che ti è di fronte. Mai completamente.

Chiudo gli occhi, ora intenzionato a non aprirli per un po'.

Sono sempre stato dell'idea che avere pietà della gente che soffre non avrebbe salvato le loro anime in preda allo sconforto.

Eppure, ora l'anima da salvare è proprio la mia.




































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Angolo Moony:
Ci credete che questa sia la primissima volta in cui Draco Malfoy compare in una mia storia?

Perché, sì, nel caso non l'aveste capito, si tratta proprio di lui.

Personalmente, non lo ritengo il personaggio migliore della saga e, qualche anno fa, tutto l'amore che le fan mostravano nei suoi confronti mi aveva sempre interdetta.

Insomma, per quanto poi si sia evoluto in un personaggio migliore, non l'ho mai considerato sotto un'ottima luce.

Ma l'altro giorno, riflettevo sul fatto che la nostra generazione – quella dei teenager – venga definita di "falsi depressi che vogliono solo attenzioni".

Quindi, sono passata da questo al pensare come la gente, quando vede qualcuno che, all'apparenza, sembra aver "tutto" stenti a credere che possa avere dei problemi o possa soffrire in qualche modo.

Io sono sempre stata dell'idea che giudicare senza conoscere sia sbagliato.

Ecco perché, forse, Draco non è mai stato nella mia lista d'oro.

Ma ciò non toglie che il suo personaggio, a partire da Il Principe Mezzosangue, sia molto migliorato.

Perciò ho provato a immaginare cosa provasse dopo la guerra, dopo la sofferenza che ha visto e ha provato durante quel tragico evento.

Ho scelto l'ambientazione del treno perché, come un mio caro amico disse, "viaggiare sui treni scaccia via le preoccupazioni".

È dunque un'ironia, dal momento che tutte le preoccupazioni di Draco sembrano riaffiorare sul treno.

Ah, e un'ultima cosa: ho inserito la Drarry perché ne sono una fan, e perché il personaggio di Harry, anche se citato in piccolissima parte, è perfetto per un confronto reale.

Bene, detto questo, grazie mille per aver letto!

Spero che non sia stata una lettura spiacevole, e fatemi sapere cosa ne pensate riguardo questo tema!

Un abbraccio,
Fatto il misfatto

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