XVII
Le lenzuola discendevano lente lungo le mie gambe nude come una carezza, risvegliandomi dal sonno. Girandomi di fianco lo vidi, con la testa sorretta dalla sua mano che stava lì a guardarmi intensamente mentre riposavo.
— Non abbandonerai mai l'abitudine di guardarmi dormire, vero?
— Mai.
Mi prese dolcemente il viso sollevandolo dal mento e mi donò il tatto delle sue labbra con le mie in maniera dolce e passionale. — Buongiorno, Ise.
— Buongior— m'impedì di proferire parola: — Ssh. — Sussurrò chiudendomi la bocca inserendo la sua lingua accanto la mia.
Strinse le sue vigorose braccia attorno il mio busto trasmettendomi tutto il suo calore. Ogni suo tocco era una sinfonia ardente, una melodia che danzava sulla mia pelle che ne rabbrividiva piacevolmente. Le labbra, morbide come petali di rosa, tracciavano sentieri di fuoco lungo il mio collo. I suoi occhi, che m'includevano a sé, come finestre aperte s'un mondo di desiderio condiviso. Il profumo di passione si respirava nell'aria.
La sua pelle cominciò a trasudare, favorendo i nostri corpi a scivolare l'uno sull'altro; feci in modo che il suo dorso si ribaltasse in verticale sul letto, conferendomi una posizione dominante. La dolcezza, che aveva occupato tutti i nostri gesti, lasciò posto a una sfrenata passione che lasciai totalmente nelle mani del mio lato da Succube.
Baciai ogni parte del corpo, ancor più baciai la sua parte erotica con maggiore trasporto regalandogli brividi con la punta della mia lingua a tracciarne i contorni, con sempre più sete di tutto ciò che aveva da offrirmi, con tutto ciò che con la bocca mi permetteva di approfondire.
Le nostre anime e i nostri corpi s'incastrarono perfettamente l'uno dentro l'altro, galoppando insieme come se il mondo si fosse fermato per cedere il passo a un'entità di puro piacere. La stanza diventò il teatro segreto di un amore che bruciava come fiamma inestinguibile. Ogni respiro, ogni sospiro era un linguaggio silente che solo noi sapevamo comprendere.
Le carezze divennero promesse sussurrate e il nostro intrecciarci una danza sensuale, una sinergia di emozioni che guidava i nostri desideri all'unisono in un'orchestra di passione. Nel culmine di questa sinfonia, ci trovammo avvinghiati come due stelle cadenti che s'incontrano nel cielo, uniti in un dolce amplesso senza tempo.
— Sei pronta per essere mia? — disse sbattendomi con violenza con le spalle contro il materasso.
Uno malizioso sorriso sollevò le mie labbra, la punta della mia lingua toccò il mio canino sinistro mentre il mio sguardo lo sfidò attendendo che si spiegasse.
Stavolta fu lui a dominarmi, sottomessa ai suoi desideri, alle sua forte presa che contrastava ogni mio movimento che avesse l'intenzione di predominare.
Sedotta nella mente e nel corpo, lasciai che quest'ultimo si abbandonasse nuovamente a un urlo di piacere.
— Sei pronta a essere mia? — ribadì sorridendo, mentre esausta, ma perfettamente soddisfatta lo guardai con una smorfia di stupore.
— Io sono già tua.
— Lo so — mi baciò — ma presto sarai la mia regina, sei pronta?
Stavolta fui io a baciarlo.
***
Petali di rosa riempivano i pavimenti come colata di sangue, veli bordeaux ammantavano le colonne della sala risaltate dal calore roseo dei candelabri accesi in candele argentee. Al centro, un altare contornato anch'esso da una miriade di rose, ma vellutate e nere, sul quale poggiavano due cuscini in seta purpurea sui quali adagiate v'erano due corone. Una, imponente in lega di metallo nero, risplendeva nel suo oscuro maestoso splendore; la sua struttura massiccia si stagliava, ornata d'intarsi intricati che sembravano intrecciarsi come rami contorti. Le gemme incastonate lungo il cerchio della corona erano come stelle notturne, zaffiri scuri che brillavano sotto la luce fioca della sala. Ogni dettaglio, dalle creste scolpite agli intarsi simmetrici, evocavano un'atmosfera gotica, conferendole un'aria di potenza sovrannaturale. La sfera avvolta nelle ali, simbolo degli Incubi, stava al centro come simbolo fulcro del regno. In antitesi, l'altra brillava di luce argentea, incastonata da pietre chiare e luminose, con decorazioni floreali che ne intersecavano la struttura; conservava al centro un opale blu circondata da spine, come simbolo di ciò che rappresentavo in contrapposizione di ciò che fossi, una Succube.
Lui stava lì davanti, in piedi, nel suo abito in broccato nero, dalla giacca aderente, con revers pronunciati e dettagli in pizzo sulle maniche e sul colletto. La camicia, in satin bordeaux, a collo alto, sulla quale poggiava un gilet, anch'esso scuro con dettagli dorati. Ma ciò che maggiormente spiccava era il suo mantello lungo e fluente, in velluto nero, ch'emanava un tocco teatrale ma d'una eleganza cupa e sofisticata che ispirava un fascino gotico e rinascimentale.
I suoi occhi blu brillarono in quell'oscurità non appena si posarono su di me che feci il mio ingresso nella sala come un abbraccio scarlatto, dipinto dall'ardore della passione e il fervore della mia persona che n'era stata colmata solo qualche ora prima.
Alla sua sinistra Aeglos nelle sue vesti bianche meno nel tocco scuro della sua camicia, di un'eleganza sopraffina e quasi immacolata. Alla sua destra la maestosità di Kimberly in un ampio vestito in seta blu scuro, illuminato dai suoi gioielli argentati e dal suo sorriso che sfoggiò vedendomi entrare, fiera del suo operato nell'avermi imbellettata per quella solenne occasione. E Carol, come dea incantata, fasciata d'organza leggera e argentea.
L'atmosfera rinascimentale e romantica fu accompagnata dal suono di un quartetto d'archi che prese a intonare le sue melodie ai miei primi passi verso l'altare. Circondata da Incubi e Succubi vestiti d'eleganza, che occupavano le poche panchine a disposizione ma, al di fuori della sala, dal balcone, potei intravedere tutta Kalennorath riunita e trepidante in attesa di quell'unione, in attesa di quel solenne momento che segnava forse ciò che avevano sempre atteso: un nuovo regno, la loro liberazione.
— Giuro sotto l'occhio della luna di farti da scudo con tutto me stesso e proteggerti sempre come se fossi una spada pronto a fendere qualsiasi cosa possa esserti d'ostacolo, di essere il tuo sostegno nei giorni di tempesta e gioire nei momenti di splendore. — Maraud a quel punto s'interruppe, prendendo la corona destinatami tra le mani, si mise davanti a me e guardandomi dolcemente mi mise sul capo la corona, suggello del suo amore, suggello di quel regno, mentre io mi inchinai a lui e a tutto al popolo di Kalennorath, con rispetto e devozione.
— Prometto di cingere la tua corona con dignità e rispetto, di onorare il nostro legame con la forza dei re passati e la delicatezza delle regine più nobili, costruendo insieme un regno d'amore e potenza, dove ogni mattina nuova sarà alba di una nuova speranza. — Con queste parole, mi incoronò e un applauso, partito leggero nella sala, s'elevò in un prestante eco in tutta Kal, mentre io sollevando il capo, guardai tutti i presenti, stringendomi nello sguardo dei miei amici presenti e verso tutti gli abitanti di quel reame.
— Il duo che si fa uno: Rex et Regina* — Carol unì le nostre mani davanti al popolo.
— Ex mea lux, ex mea tua* — recitò Maraud.
— Con le nostre mani unite, giuriamo di camminare attraverso i labirinti della vita, affrontando le sfide come sovrani coraggiosi, intrecciando i nostri destini come le foglie d'autunno s'intrecciano tra i rami, forti e indissolubili — intonai quando fu il momento ch'io esprimessi le mie promesse e, sorridendo, lo guardai come chi avesse davanti il suo più grande gioiello. —Nel sacro vincolo di questa unione, prometto di rispettarti come mio pari, di onorare la tua persona come il tesoro più prezioso e di difendere il nostro amore come il più impavido guerriero protegge il suo castello. Ex mea lux, ex mea tua.
Lui, inginocchiandosi davanti, mi permise di posarvi la corona sul capo. Carol, nuovamente recitò: — Il duo che si fa uno: Rex et Regina.
Queste promesse, intessute di nobiltà e d'amore, suggellarono la nostra unione e i nostri ruoli, come regnanti destinati a governare insieme, nell'alchimia dei nostri sentimenti, nel destino che c'era stato predestinato, nella scelta di averlo fatto accadere. Entrambi incoronati al nostro amore eterno.
— Avete i vostri nuovi sovrani! — esclamò entusiasta Carol. Scrosciarono applausi, s'udì un boato di approvazione e felicità mentre le nostre labbra, mie e di Maraud, s'unirono in un bacio.
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