IX

— Com'è andata? — intonò Magoa vedendoci rientrare dopo un'intera giornata di allenamento. 
— Vi occorre un bagno, a entrambe! — disse osservando i nostri corpi ricoperti di terra, sporcizia e sudore.

Immergendo i nostri corpi al tepore delle vasche del palazzo, mentre lei si riposava galleggiando sulle calde acque della vasca, io continuai a osservarla. Quanta forza aveva quella ragazza...  non riuscivo a spiegarmi come potesse essere riuscita a sopportare tutto quanto.  Non si era mai arresa a niente, neppure davanti alla morte. Stava lì, a lottate, a rendersi utile, non pensando minimamente alle perdite che aveva subito. O quanto meno, riusciva a lasciarsele alle spalle.
Invidiavo e ammiravo la sua tempra.
Era davvero impressionante vedere quanto fosse forte e determinata. Il suo spirito combattivo e la sua resilienza erano davvero ammirevoli. Era evidente che aveva attraversato momenti difficili, ma non aveva mai perso la sua volontà di lottare.

— Kim, come stai? — la mia voce s'interpose tra il vuoto e noi due, sole in quella grande stanza vuota.
— Mi sento stanchissima, ma adesso va molto meglio — sorrise lei.
— Non intendevo questo. Non abbiamo mai parlato di come ti senti veramente. Tutta questa situazione dev'essere... strana per te.
— Hel, mi sono abituata tempo fa ormai alla stranezza di tutta questa storia.
— Sì, ma...  hai affrontato tutto questo da sola.
— Lo so. È per questo che sono giunta fino a qui, capisci? Non sopportavo di rimanere sola e senza di te, lo ero.
— Adesso non lo sei più.

Mi si addolcì lo sguardo.
Quanto aveva dovuto soffrire la mia morte. 
Tutto intorno a lei era arso in cenere e lei, come fenice, rinacque da quelle sempre più forte.

— Non devi tenerti tutto dentro Kim, sfogati. So che ne hai bisogno. 
— Io... non pensavo di farcela, Hel. — Esprimette quel pensiero tutto d'un fiato come a volersene liberare. — La morte di Fabien... è stato un dolore così profondo, così straziante. Lui era la mia roccia, il mio conforto, il mio tutto. E quando si è sacrificato per salvarmi, ho sentito che tutto stava crollando intorno a me. L'ho condotto io alla morte.
L'ho costretto a seguirmi. L'ho esposto alla morte ostinandomi a vedere in quella creatura il padre che avevo ormai perso tanto tempo fa. Ho dovuto lottare ogni giorno per non cedere alla tristezza, alla paura. Mi sentivo così sola, così persa.

Le lacrime iniziarono a scorrere lungo le sue guance mentre si abbandonava finalmente a quel pianto liberatorio. Tutta la rabbia, il dolore e la frustrazione che aveva tenuto nascosti per tanto tempo sembravano fluire e perdersi dentro l'acqua ristagnate di quella vasca cui eravamo immerse.
La strinsi a me.
Continuammo a rimanere abbracciate, con le lacrime di Kim a bagnare le mie spalle. Non c'era bisogno di parole in quel momento, solo il calore dell'abbraccio e la comprensione reciproca dei nostri sentimenti.

— Non hai nessuna colpa per ciò che è accaduto a Fabien, nessuna.
Lui voleva essere qui. Lui ha voluto proteggerti perché ti voleva bene.
Avete fatto entrambi ciò che ritenevate giusto.

La colpa è mia, semmai.

Quella vocina interiore silente urlò dentro la mia testa quella frase battendo come il martelletto di un giudice sul mio cuore.

Ci guardammo negli occhi, un senso di determinazione e accettazione sembrò risplendere nei suoi occhi. Il suo pianto si era trasformato in una sorta di catarsi liberatoria,  ora aveva una nuova prospettiva davanti a sé.

— Hai ragione, Hel. È tempo di iniziare a lasciar andare e di costruire un futuro in cui posso trovare la felicità che Fabien avrebbe voluto per me. Per noi. Ti ho trovata! Non abbiamo fatto tutto questo per niente, io ti ho trovata!

Le sorrisi con affetto e le strinsi la mano, sapendo che questo era solo l'inizio del suo percorso di guarigione e crescita. Sarei stata al suo fianco, come amica fidata, mentre avrebbe affrontato le sfide che l'attendevano.
Non l'avrei mai più lasciata sola.
Non avrei mai più permesso che soffrisse così tanto a causa mia.

— Darò giustizia a Fabien — dissi con voce autorevole — farò condurre qui quell'Incubo, avrà la sua punizione.

Kim scosse la testa: — Non importa, Hel.  Ciò non mi porterà indietro nessuno dei due, né Fabien, né tanto meno mio padre. Voglio lasciarli entrambi sepolti.  Non ho la forza per... — singhiozzò mentre la sua voce scemò nel silenzio.

— Hai ragione.

Un pensiero adombrò la mia mente.
Promisi in quell'istante che l'avrei protetta, ma come avrei potuto mantenere quella promessa se Kimberly restava a Kalennorath?

— Devi tornare sulla Terra, Kim.
— Cosa? No... Perché?
— Non voglio che ti accada nulla.
— Non separarmi da te, ora che ti ho trovata, non farmi questo, Hel.
— Non pensi a tua madre? L'hai lasciata senza nemmeno una spiegazione, non credi che meriti di riabbracciare sua figlia?
— Io non posso più farlo. — Fece male ammetterlo ancora una volta — ma tu sì.

Kimberly mi guardò senza dire niente, ma il suo sguardo mi diede ragione.
— Ma non tornerò subito.  Sbaglio o qualcuno qua si sposa?

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