XXXVII - Parte seconda
⚠️Attenzione! Scene di violenza, che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni, presenti in questo capitolo‼️
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- Cosa ci fa sul trono? - Magoa rimase immobile, dietro la colonna portante all'entrata della sala reale a fissare quella scena.
-Osserva il suo sguardo: è completamente assente. Questo significa che... - le parole di Aeglos s'interruppero come se pronunziarle avesse reso più reale quello che ormai era palesemente vero.
-... che l'abbiamo persa. Non ha più nulla di umano, il suo sguardo è iniettato di odio, come il Suo. È la Sua sposa, adesso i nostro problemi si sono raddoppiati - terminò Magoa che con gesto enfatico, si portò la mano sul viso.
- No, non è possibile, Lei... Lei è forte, non posso crederci. Io... - il suo cuore già spezzato, non poteva resistere a quella verità, sapeva già di dover rinunciare a Lei, ma perderla in quanto persona era uno sforzo troppo grande da dover compiere.
Aeglos avrebbe amato per sempre quel viso dannatamente bello, circondato da quel manto rosso come il suo cuore; da quegli occhi splendenti e fragili che adesso racchiudevano solo la luce pulsante dell'odio; la sua pelle soffice e bianca come la neve; il suo sorriso innocente che era in grado di infiammare il suo animo.
Avrebbe amato Lei anche dopo tutta la sofferenza che gli era costatata, perché non si può decidere di eliminare un sentimento.
Magoa appoggiò cautamente la sua mano sulla spalla di lui, cercando di confortarlo, ma sapeva che sarebbe servito a ben poco.
I denti ipnotici di lei si mostravano in un sorriso diabolico che si manifestava a ogni atrocità inflitta alle vittime che venivano condotte al patibolo davanti ai due sposi.
Ogni urlo straziato, ogni arto spezzato, ogni organo asportato, tutto il sangue versato, ogni vita interrotta, alimentava il suo animo crudele che la incupiva sempre più e la sigillava in una creatura degli inferi.
Il divertimento del Sommo era ingigantito dalla soddisfazione di avere una donna diabolica quanto lui al suo fianco, tramutando quell'eccitazione in una sequenziale carneficina di morte per coloro i quali avevano avuto la sfortuna di essere scelti, pur senza colpa alcuna, per morire nella maniera peggiore possibile, sotto torture feroci e dolori strazianti.
Come fette di carne meticolosamente tagliate per essere vendute al consumatore, i pezzi di quelle vittime innocenti erano sparse davanti a loro, sopra un melmoso tappeto di sangue. Braccia recise dai corpi, ossa staccate, teste mozzate, sangue colato via, imbrattavano tutto.
Atti di violenza estrema regalavano loro la stessa ebbrezza dei piaceri sessuali: esperienze di crudeltà, sezionando, uccidendo, massacrando, indistintamente, adulti e bambini, creature di ogni genere e forma.
Così assieme, edonisti, spinti da un perverso piacere di sensazione orgasmica, esercitavano il loro totale controllo, il loro totale potere su quelle vittime, e da un comune obbiettivo guidato da eccitazione, dove sesso e morte coesistevano, selezionavano le loro vittime, sfracellando le loro vite.
Affermando davanti a una plateale folla il proprio bisogno di uccidere, esprimevano così la loro follia sospinta da una crudele euforia che li aveva investiti entrambi, irrefrenabile. A ogni macello, un senso di onnipotenza aumentava il loro livello di bramosia, di dominio, per poter soddisfare quelle che ormai erano delle vere e proprie fantasie devianti.
Non esisteva in loro alcun senso di empatia, solo uno smoderato divertimento.
A un giovane Incubo fu incastrato sulla testa un anello in ferro, dove al suo interno erano poste viti che venivano strette, sotto ordine del Sommo, sempre più. Fatte roteare, quegli aculei posti all'interno dell'anello premevano pian piano l'osso cranico. La lenta compressione ruppe prima i suoi denti e la mascella e, per la concavità di quella sala dove regnava un silenzio tombale elargitosi a causa della paura di chiunque fosse in quella stanza del trono, spezzata solo dalle risate malefiche dei due coniugi, si sentì distintamente ogni scricchiolio di quelle che si rompevano lente e le urla agonizzanti della vittima. Le viti furono continuate a essere girate fin quando non fu rotto l'osso cranico e distaccata la calotta.
Il Sommo ordinò poi ai suoi fedeli scagnozzi di portare in sala i prigionieri che teneva dentro alcuni sarcofagi umanoidi da mesi. Così, enormi strutture d'ottone, ricolme di liquidi gastrici che si erano riversati dall'unica fessura apposta all'altezza della bocca, furono poggiate con un tonfo, sul pavimento regale.
- Apritele. - Sentenziò.
Al loro interno, corpi disidratati, bucati dai pungoli affilati, si palesarono loro. Nessuna delle vittime, benché rinchiuse claustrofobicamente da troppo tempo, era morta. Quegli aghi infatti non lesionavano gli organi vitali interni, dalla fessura veniva introdotto loro a forza cibo e beveraggio, e la posizione del loro corpo impediva di muoversi per auto infliggersi la morte. L'unico modo per sopperire a quella lenta tortura era vietarsi il respiro.
Fetidi olezzi fuoriuscirono da quelle celle: escrementi, sangue incatramato, sudori, rigurgiti. Egli non se ne curò, magnanimo, secondo la sua folle ragione, concesse a uno di loro la morte, nutrendosene.
Ciò che si manifestava in quella stanza, era uno scempio inaudito, troppo per chiunque, meno che per il Sommo e la sua Lilith.
Aeglos, paonazzo, assisteva a tutto assieme a Magoa, rimanendo nascosto; guardava l'espressione di lei, che non si curvava mai in una smorfia di dispiacere o ribrezzo, altresì divertita o completamente vuota.
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Gli Incubi e le Succubi accorrevano sempre più numerosi all'appello mandato da Gracel, ognuno di essi era spinto dall'odio che provava nei confronti di un sovrano loro nemico, che condannava chiunque egli decidesse a una supplizievole morte.
Le vittime crescevano sempre più, proprio in quegli stessi attimi, Decatonchiri con forza bruta arrestavano e portavano al macello innumerevoli vite innocenti di Incubi e Succubi, non curandosi né del sesso, né dell'età che questi avessero.
Bambini erano strappati alle madri, tra urla incessanti del dolore di quelle che, poverette, venivano private dell'unico grande amore di cui erano in possesso in quel mondo colmo di odio; coppie di amanti spezzate, a ognuno veniva tolta la compagnia di un proprio caro immotivatamente. C'era chi cercava di ribellarsi ma veniva sovrastato dalla potenza immane di creature che, in gran numero, si riversavano sopra una sola vittima. Lo scenario era divenuto pari a quello di una guerra dove il nemico aveva avuto la meglio e adesso, la patria sconfitta, subiva la schiavitù.
L'idea di una ribellione solleticava tutti quanti e quel richiamo alle armi contro il loro carnefice si spargeva a macchia d'olio rapidamente in maniera sempre più giustificata. Presto l'esiguo gruppetto che aveva assistito all'urlo di battaglia di Maraud si intensificò, divenendo sempre più velocemente un cospicuo esercito.
La loro avanzata era sempre più rumorosa, ognuno marciava compatto avanzando verso il palazzo.
Una numerosa armata di demoni, compatti, accumunati dallo stesso obbiettivo, procedeva verso il Sommo.
Maraud in testa guidava il suo esercito, ormai il suo piano di introdursi a palazzo non era più un segreto. Adesso, affiancato da quel numero immane di demoni, si sentiva sicuro, e il suo animo esaltato era deciso alla lotta: questa volta non avrebbe arretrato, non avrebbe calato il capo al volere del padre, questa volta lo avrebbe eliminato.
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- CHE COSA? MIO FIGLIO? - urlò tuonante il Sommo facendo tremare le vetrate della sala grande.
- Sì, mio Signore, il Principe Maraud sta avanzando con un esercito sotto il suo comando verso il palazzo e pare che siano tutti spronati da lui ad attaccarvi. La loro avanzata è veloce, presto saremo sotto attacco.
L'espressione imbestialita del Sommo fece trasalire il Comandante che si era dovuto immolare come fautore di quella notizia, così come tutti gli altri presenti.
Suo figlio. Adesso mi spiego molte cose. Eppure quella notizia, che avrebbe dovuto sconvolgermi, non mi scompose per niente, lasciandomi quasi del tutto indifferente.
Quell'aria torbida che s'era venuta a creare fu interrotta da una sghignazzante risata, che tuonò per tutta la stanza:
- Lasciatelo avanzare, noi saremo pronti a riceverli con le adeguate maniere, da bravi padroni di casa, non è vero mio Re? - accavallai le gambe seduta sul mio trono, prendendo quella notizia come una nota che stuzzicava la mia giornata, una delizia che mi attraeva e solleticava tutta la mia attenzione.
- Avete sentito la vostra Regina? -un'espressione divertita si allargò sul suo volto. -Alle armi! Radunate i Decatonchiri, al resto dell'esercito penserò io. Stupidi, cosa pensano di ottenere?
- Un ragguardevole risparmio di forze per i nostri soldati Decatonchiri, che si risparmieranno la fatica di andarli a prelevare per condurli da noi. Stanno marciando di loro volontà al nostro cospetto, e noi potremo godere di un delizioso banchetto. - La mia voce non velava alcuna ingordigia e bramosia di vita, il mio ossessivo intento stava sovrastandomi completamente.
Il Sommo ingigantì sé stesso spiegando le sue enormi ali uncinate, spaziando in una gigantesca creatura dall'aspetto draconico. Innalzandosi da terra, un polverone, forte come una bufera, si sollevò intorno a sé e circondatosene irradiò, col suo aspetto sempre meno umano, una forte aura che sembrava assorbire tutta la luce presente per trasformarla in una ottenebrante oscurità, spezzata solo dal bagliore dei suoi occhi rossi.
Un verso diabolico, acuto come una sirena, irruppe nel silenzio ricolmandolo in una totalità terrifica: un richiamo a sé verso tutte le creature più abbiette di quell'apocalittico mondo.
I kraken di quegli abissi infernali risalirono tutti, dirigendosi verso colui che avevano designato come proprio reggente: gigantesche serpi dai lunghi baffi, come draghi, irruppero violentemente a Palazzo; innumerevoli creature grinzose, accorsero come branchi inferociti; ghoul; esseri scimmieschi; demoni; strani animali; grifoni dalle fattezze gigantesche, e alcune specie di troll ricolmi di peluria...
Il Sommo stava disponendo i suoi migliori soldati prefiggendosi una vittoria eclatante verso coloro i quali avevano osato radunarsi per combatterlo; volete la guerra? - pensò - troverete ad aspettarvi le fiamme dell'inferno, come tenaglia stringente sulle vostre inutili e patetiche vite.
Intanto l'armata avanzava concisa.
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