XXXIV - Parte II


☽𓆩♛𓆪☾

Quel dolore ormai sembrava essere un accessorio che doveva portarsi dentro quasi fosse un tatuaggio irremovibile sulla pelle, seppur questo può essere modificato, coperto e in qualche modo cancellato. Le si stava chiedendo di sostenere un peso fin troppo estenuante, che gravava sulla sua persona, rendendola più fragile; si sentiva morire poco alla volta assieme alla scomparsa di chi più voleva bene.

Stavolta il colpo per Kimberly risultò essere molto più gravoso: per suo padre non aveva fin ora mai perso le speranze; per Heloise invece le aveva riacquistate; per Fabien non c'era nulla da fare, aveva esalato l'ultimo respiro e ora giaceva davanti ai suoi stessi occhi e nulla lo avrebbe potuto far tornare.

A risucchiarle ogni molecola di felicità era il pensiero che perpetuo le assaliva la mente: suo padre era più che morto, era un essere riprovevole che non sarebbe stato in grado di tornare la figura dolce e premurosa di cui lei aveva conservato il ricordo; e quel suo nuovo essere avrebbe per sempre accavallato l'immagine pura che teneva stretta nel suo cuore, con quest'ultima che macchiava e rovinava i suoi ricordi d'infanzia.

Mentre lentamente cercava di appigliarsi a quella minima percentuale di lucidità rimastale e non sprofondare nell'obblio più totale, quell'essere carnivoro, che finora era rimasto inerme a tutto, stava rosicchiando il braccio della salma di Fabien che, morto da troppo poco tempo, perdeva ancora frotte di sangue attirandolo maggiormente. Tale scena la fece andare di matto.

- SCHIFOSO ESSERE IMMONDO, LASCIALO STARE IMMEDIATAMENTE! - urlando, corse verso la Sentinella con tutta l'intenzione di prenderlo a calci sul sedere, ma aveva sottovalutato un dettaglio: quello era un essere crudele della peggior specie, non sarebbe rimasto a guardare che gli venisse fatto del male.
Rabbioso, le balzò addosso e spalancò quell'ambigua testa mostrando le sue fauci impregnate del sangue di Fabien, che le colò addosso.
Maraud entrò subito in azione intimandogli di fermarsi, spiegando che quella creatura doveva essere portata viva al cospetto del Sommo, il quale era l'unico a poter decidere della sua vita; così quello, trovando ragionevole la spiegazione data, si acquietò e le permise di rialzarsi.

Kimberly, sempre più scoraggiata, si sentì come se un turbine di malinconica sofferenza le volteggiasse intorno e ad ampliare il turbamento della sua psiche, vi era stata la paura di quell'attacco e la vista del braccio macinato di Fabien.

Gattonando, non avendo le forze di camminare in maniera eretta, lo raggiunse e per l'ultima volta accarezzò il suo viso, mentre le lacrime inondavano il suo, che ormai non avrebbe più conosciuto alcuna felicità. Per molti esseri umani, seppellire un corpo, equivale a dare loro un addio definitivo, concedendo al morto un degno ma oneroso riposo.
Maraud si oppose fortemente al volere di quella, ma infine, pensando che Kim fosse parte importante della vita di Heloise e che finanche quel ragazzo poteva significare qualcosa per lei, decise per Heloise e per lei soltanto, di accondiscendere alla richiesta di sepoltura di Kim.

Per velocizzare i tempi, scavò lui stesso un solco su quella terra imprimendo sul suolo una forza tale da creare una fossa profonda, in men che non si dica, ai piedi di un salice piangente: Kimberly lo trovò di conforto visto che quell'albero sulla Terra assume un significato di connettività con l'aldilà, cosicché avrebbe concesso lui un giusto sepolcro.

Dopo aver degnamente sistemato il suo cadavere, quando riprese coscienza di sé, innalzando lo sguardo, vide che tantissime altre creature, dall'aspetto per certi versi simili a quelli di Lui e di suo padre, o quel che n'era rimasto, stavano tutte puntate verso di loro. Nessuno muoveva un singolo muscolo, come se al cospetto di Lui nessuno si sentisse nell'autorità di poter dire o fare qualunque cosa potesse dargli fastidio. Chi era? Perché tutti erano così servili nei suoi confronti?

La Sentinella apriva il cammino, chiunque al loro passaggio si metteva da parte e chinava il capo osservando i loro movimenti di sottecchi.
Erano diretti, secondo quanto aveva sentenziato Maraud, verso la prima Torre disponibile, a suo dire perché la prigioniera, che non riteneva veramente tale, aveva bisogno di cure - altrimenti, per le gravi ferite inferte dall'Incubo con cui si stava fronteggiando, non sarebbe arrivata viva per ricevere il condannevole supplizio del Sommo, regalandole così un dono compassionevole che non meritava.

Quello che lasciava perplesso Maraud, e che continuava a tacere nonostante avrebbe voluto risposte a quel suo interrogativo che si stava rendendo un chiodo fisso fastidioso, era il chiedersi cosa ci facesse quella ragazza in compagnia di quel baku, piccolo animaletto peloso, che decisamente non apparteneva a quel mondo.
Che sapesse tutta la verità? Se così fosse, avrebbe voluto aiutarla a raggiungere Heloise?

Ormai era venuto a sapere che nel capo di quella era stata poggiata la corona, cosa che faceva di lei la sua stessa Regina, poiché tutti gli abitanti erano in visibilio e non facevano altro che chiacchierare della nuova Sovrana di Kalennorath: non si parlava d'altro.

Era tuttavia comprensibile: Lei era qualcosa di veramente importante per quel mondo maledetto, le era stato impedito d'essere a capo di un altro mondo cui realmente era destinata fin dalla sua stessa nascita, così che avrebbe reso libero il suo popolo ed egli stesso. Ma quel baku lì doveva significare qualcosa, doveva muoversi con cautela, dopo tutto era questo che voleva, no? La libertà per sé, per tutti quelli che non avevano potuto mai reclamarla e che perivano per i mali di altri, forse ingiustamente.

Senza che quello spione di una Sentinella se ne accorgesse, Maraud ebbe modo di chiedere qualcosa a Kimberly sottovoce, in modo che quello non sentisse: - Non appena giungeremo alla Torre, non entrare subito, lascia passare la Sentinella per prima, facendogli credere di stare un passo dietro di lui.

Le indicazioni furono chiare. Non sapendo bene quale fosse il suo intento, ella decise di fare come le era stato detto.

Quando furono dinanzi al portale che avrebbe condotto all'interno dell'elevata Torre bianca, come Maraud aveva previsto, la Sentinella fu il primo a addentrarvisi e con un gesto fulmineo Maraud gettò dalla mano una sfera quasi infuocata nella sua stessa direzione che oltrepasso assieme a quello il portale. Poi, con una forza disumana, ruppe quello stesso portale, sbrandellandolo in mille pezzi. Per la Sentinella non vi era alcun modo di poter più uscire, in quanto l'unica via d'accesso e di uscita era stata resa inutilizzabile e grazie al colpo che sicuramente era andato a segno inseguendo il suo bersaglio, quello non avrebbe avuto modo di uscire prima di capirne l'intento e anzi, con buone probabilità, a quell'inaspettato attacco, doveva esser sopperito all'istante.

☽𓆩♛𓆪☾

-Che cosa è successo, perché lo hai fatto? 
-Quella era una piattola di cui dovevo disfarmi, altrimenti ci avrebbe impedito di arrivare alla tua amica in totale segretezza. 
-Credo che a questo punto tu mi debba delle spiegazioni. 
-Dimmi prima cosa sai. 

Kimberly spiegò come fosse giunta fin lì e perché, non curandosi di trattenere le sue lacrime ogni qualvolta necessitava di nominare Fabien. Non conosceva le sorti di Heloise, sapeva che qualcosa non quadrava come doveva, sapeva che lei in realtà era stata rapita e sentiva che non fosse morta, ma non il motivo. Questo fece rasserenare Maraud, se non altro, se fosse stato attento a ciò che avrebbe o non avrebbe dovuto riferirle, avrebbe condotto la partita come meglio preferiva in quanto l’incontro con l’elfapiro era stato del tutto casuale e non le aveva permesso di scoprire, da quella creaturina, tutta la verità.

-Heloise è la nostra Sovrana e adesso fiancheggia il Sommo, demone superiore che governa tutta
Kalennorath. La tua amica ha delle doti singolari e solo lei avrebbe potuto essere la compagna perfetta del nostro Sire. 
-Quindi… - quella storia era davvero strana, ma dopo tutto si sarebbe dovuta aspettare l’inverosimile dopo aver compreso che esistevano creature così abbiette nell’universo, qualcosa che sconvolge ogni mente umana, qualcosa di estremamente surreale che però, nonostante continuasse a far fatica a credere, esisteva.
-Lei è come te? 

Lei è come te, lei è la sovrana di questo posto infernale. Lei è peggio di te. Lei è perduta. Ho perso anche la mia migliore amica. 
Disperatamente si accasciò per terra, sentendosi bloccata come i meccanismi di un vecchio orologio che improvvisamente s'infiggono per non disincastrarsi più.  A cosa serve essere venuta fin qua? Lei è perduta. Dovevo accettarne la morte prima di scoprire tutto questo, sarebbe stato più semplice da accettare: saperla morta e basta.

- Lasciami qui. 
-Cosa? Lasciarti qui significherebbe morire, un’umana in balia di tantissimi affamati che non aspettano altro di divorarti nei modi peggiori. 

-Non ha senso per me continuare a proseguire, ho capito che Heloise è perduta quanto lo è mio padre.
-Tuo padre? 
-Quello che ha ucciso Fabien e a poco faceva fuori anche me, lui era mio padre, una volta. 
Maraud non aggiunse nient’altro. Lei, avvolta dal dolore, adesso soffriva anche per il suo corpo martoriato, necessitava veramente di essere curata. 
-Heloise ha bisogno di essere salvata, ragazzina, il suo destino, nelle mani del Sommo, è peggiore della morte e io l’ho capito troppo tardi. 
-Non c’è salvezza per lei, è una Succube ormai. 
-Hai ragione, è una Succube, ma questo non significa che non sia più la persona che conoscevi, spero di trovarla ancora in sé e credo che lo sia. È una creatura forte, lo devo ammettere.

-Davvero? – i suoi occhi si riempirono di nuova luce. – Perché pensi debba essere salvata? 
-Il Sommo è la creatura più abietta che possa esserci, la sua esistenza ruota solamente sulle sue decisioni, le sue inclinazioni, il suo volere e i suoi fini. Heloise è un mezzo con il quale lui accresce il suo potere e, con lei, niente lo fermerà. Io stesso l’ho condotta da lui, pensando di rendere libero il mio popolo, pensando di fare la cosa giusta ma vedi… non ne sono così tanto sicuro, sento che devo proteggerla. 

Dal suo sguardo, dalla passione che metteva nel suo tono di voce, Kimberly intuiva che ci fosse più di quello che diceva, qualcosa che teneva volutamente nascosto: il vero motivo per cui volesse disfare quello che aveva portato a termine. 
-Cosa ne farà di lei ora che è sua… moglie?
-Vedi, non credo che la tratterà da tale, lei è solo il suo nuovo gingillo, la sua nuova corona, la sua nuova arma. Vorrà renderla più simile a lui e per farlo la costringerà a fare cose orribili che vanno al di là della ragione e che la faranno soffrire. È più un gioiello tenuto dentro una teca che una prigioniera, ma di fatto per lui sarà solo una serva da utilizzare a suo piacimento e… non si fermerà dal farle del male se lei si rifiutasse di asserire a ogni suo volere, nulla e nessuno può ostacolare i suoi piani. Non è veramente una moglie, è una prigioniera sotto mentite spoglie, la chiama “Sua Regina”, ma di fatto lei non occupa nessuna carica poiché solo lui regna. 

-Perché cavolo l’hai portata da lui allora? 
-Non posso disubbidire, io… chiunque lo faccia incorre in una dannazione eterna, peggiore della morte… io… ho fatto troppi errori. Sono stato uno stupido.
Le sue stesse parole gli fecero riaffiorare alla mente l’immagine di Aeglos, denunciato come un traditore, che adesso per colpa sua stava subendo tutta l’ira di quello spregevole sovrano. Si sentiva un viscido verme che non meritava di vivere, aveva tradito il suo più caro amico, il suo unico amico e la donna di cui si era inconsapevolmente innamorato.
La tristezza che racchiudeva il suo sguardo era così tangibile da essere quasi trasmessa come un suono e percepito da Kimberly, che lo stava ad ascoltare. 
-Vile. – Sentenziò quella, in collera per la sorte che aveva destinato alla sua migliore amica, ma non appena lo disse, vincolando a quella parola tutta la rabbia e la disperazione che provava, si sentì riempire dal senso di colpa.

Forse, anche una creatura immonda come lui, un Incubo spietato, poteva provare rimorso e poteva essere perdonato. Maraud non disse nulla e accolse dentro di sé quella parola non come un insulto, ma come un giudizio che lo colpevolizzava e lo definiva, non potendo non concordare con esso. Glielo si leggeva in faccia, era sinceramente pentito delle sue azioni. 

-Ascolta, non so perché ti stia dicendo questo, continuo a non fidarmi di te e di nessuno qui, dovunque mi giri vedo solo il male, dovreste essere tutti destinati a sorti terribili, perché voi siete tutte creature schifose. Ma… voglio aiutarti. Adiamo da Heloise, se può ancora essere salvata, io devo tentare. 
-Non condannarci tutti. Tu non sai perché siamo diventati così, tu non sai che cosa abbiamo dovuto patire, tu non sai nulla di noi e non ti permetto di insultarci tutti. Puoi avercela con me, ed io merito la
tua collera, ma chi sei tu per giudicarci? Non sai niente. Giudichi male ciò che è diverso da te, chi non rientra nei tuoi canoni da umana, ma puoi tu condannare la natura di una creatura che è nata così?

Kimberly si sentì una sciocca. Effettivamente aveva sentenziato sulla base di quello che le era capitato e non sulla base di ciò che realmente era e di ciò che realmente rappresentava quel posto. Doveva dare una possibilità a quel mondo, studiare, comprendere, capire e solo infine giudicare. 
-Hai ragione, scusami. 
Lui la guardò, con sguardo serioso e canzonatorio, poi aggiunse: - Andiamo. 

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