XXXI

Una gigantesca figura sembrò nascere da quel subbuglio, spiccando in alto nel cielo con le sue gigantesche ali demoniache. Lunghi capelli neri ammantavano il suo petto rigonfio di possenti muscoli dal quale, all'altezza delle due clavicole, fuoriusciva, come osso ricoperto dal suo strato di pelle, un corno appuntito e ricurvo per lato; gli stessi si riproponevano sul capo, con spessore e grandezza maggiori.
Un demone.
Col Suo viso.

Quel suo nuovo aspetto lo avevo già visto.
La visione di quella forma mi era stata indotta alla mente da quell'essere sadico dell' Aamon.

Il suo comportamento irruento mi aveva spaventato; perché aveva dovuto reagire in quel modo disastroso? Si era scatenato in una scena di rabbia con un impeto che ricordava le forze distruttive di un ciclone. Poco mancava che Aeglos non ci lasciasse le penne.
Tutta colpa mia.
Ero io il problema, come sempre.

Mi ero lasciata trasportare dal forte desiderio carnale per il suo incantevole aspetto. Impulsivamente, mi ero buttata a capofitto nel mare di quella bramosia lasciando che le sue acque mi sommergessero interamente. Avevo sbagliato a cedere alle lusinghe dei suoi intenti che, in quel momento, coincidevano con i miei?

Lo avevo capito fin dal primo momento che Aeglos avesse visto in me una creatura di suo gusto, anche quella volta, ora che ci penso, Lui aveva reagito malamente e afferrandolo brutalmente lo aveva allontanato da me.
Quale che sia la motivazione, agisce con modi esasperati, dalla violenza smisurata e, ai miei occhi, quella appare come la più ignobile delle scelte.

Corsi a soccorrere Aeglos ch'era finito schiacciato dai massi di quella cava; lo aiutai a liberarsene e una volta stretto a me, vidi il suo sguardo, che mi abbandonò poco dopo. La paura mi assalì, paralizzandomi.

Respirava.

Tirai un sospiro di sollievo, rincuorato da quel ritmico movimento del suo petto che risaliva e scendeva, seppur a fatica. Cosa potevo fare adesso? Avevamo percorso tantissima strada per arrivare là, l'ultimo portale lo avevamo varcato ancor prima di essere nella zona del Gruyd e dei suoi schifosi figlioletti. Avrei dovuto mettermelo in spalle e raggiungere quel posto nella speranza che il portale ci portasse nuovamente in quella specie d'infermeria? E, una volta lì, come avrei potuto aiutarlo? Provai a distenderlo, e già così facendo sentii i suoi lamenti agonizzanti. Il suo corpo sembrava quello di un invertebrato. Gli aveva rotto gran parte delle sue ossa.

Lo odiai, lo odiai profondamente.
Poi l'illuminazione.
Cercai nelle sue tasche se avesse ancora con sé quella strana pomata che avevamo finora utilizzato.
C'era.
Ne rimaneva poco rispetto a quella che si prospettava necessaria, ma lo detersi subito nei punti che sembravano esser combinati peggio.

Nella forma di Succube, che avevo volontariamente ripreso, quella pomata mi pizzicava soltanto, provocando invece a lui, abrasioni che sembravano essere assai dolorose.
Adesso non restava altro che aspettare che facesse effetto.

☽𓆩♛𓆪☾

- Mio Signore - contratto, col capo chino e inginocchiato sul pavimento, Maraud usò un tono supplichevole dinanzi a quell'immensa creatura demoniaca: nera, come il catrame sporco, con mani rugose e dalle dita affusolate ridotte all'osso adornate da altrettanti lunghi, aguzzi artigli laccati di rosso scarlatto, due corna possenti e voluminose come quelle del bharal, solo più nere e forse più grandi.
Anche il suo viso per certi versi ricordava quello di un caprone, per via del pizzo barbuto che lungo ricadeva all'altezza del suo petto.
Pareva venerando, eppure non si poteva definire con esattezza la sua reale età, poiché il suo corpo, scuro e rugoso com'era, restava scultoreo e forte, come un qualsiasi altro Incubo.

- La ragazza, dov'è? - si volse intimidatorio verso di lui con i suoi grossi occhi felini irradiati da un'abbacinante luce infernale rossa.
- È con Aeglos, mio Sire, lui ha... - s'interruppe per cercare le parole migliori da utilizzare - approfittato della ragazza.

Quell'essere, uscendo quelle parole, generò un boato tale da essere percepito a decine di chilometri di distanza, provocando la caduta di stalattiti di pietra dal soffitto che, staccandosi, si sfracellarono al suolo.
- Avresti dovuto portarli qui, buono a nulla!

Già, perché non lo aveva fatto? Era talmente irato da volar via immediatamente con il solo scopo di screditare, denunciare e mettere in pericolo Aeglos.

Non poteva accettare che questo avesse disubbidito ai suoi ordini, Lui, l'essere più importante di tutto Kalennorath secondo solo al Sommo, scavalcato da un soldato semplice come quello. Ma l'anima rodeva solo in minima parte per quell'affronto e lo sapeva.

A volte sono le parole ad anticipare i passi, forse per paura di cadute non ammissibili, forse trascinate per egoismo o dall'egoismo di difesa, paura o finanche per gelosia.
Per questo aveva agito immediatamente sputando quelle parole di denuncia direttamente al Sommo, era più facile riparare sé stessi facendo finta di agire per rispettare un ordine, apparire integri e senza macchia. Fa soffrire dire la verità, ogni parola, ogni sensazione che stava lì a rapportare sapeva di tormento. E ciò che gli dispiaceva, più di qualunque altra cosa, era che lei era l'ultima persona a cui voleva fare del male. Lo capì solamente adesso che era lì, che tutto ciò che aveva fatto l'aveva e l'avrebbe ferita.

Lei era chiaramente attratta da Aeglos per compire quella scelta, per esseri donata a lui. E lui lo aveva riempito di botte portandolo agonizzante sul punto di morire, come si sarà sentita lei davanti questa violenza?
Ma non poteva fare a meno di pensare che Aeglos aveva potuto circuirla, con la malia fatta mediante la trasfusione di energia, approfittandosi di lei. Questo gli face ribollire il sangue.

Ciononostante, il suo non voler rivali lo aveva portato a tanto e di certo il Sommo, adesso che sapeva, avrebbe agito drasticamente: punendo Aeglos con una dannazione pari al suo orgoglio ferito. E quanto benevolo poteva essere con lei, che prima ancora di esser sua, era stata di qualcun altro?
Che cosa aveva fatto.

- Gror! Reigio! - due grossi esseri si precipitarono a passo lento e impacciato davanti al trono del loro padrone, accompagnando il pesante suono dei loro passi a boriosi versi primitivi. Questi erano due alti, possenti giganti, dalla pelle rocciosa, spessa e dura, che faceva loro da corazza protettiva, in grado di sopportare una miriade di colpi anche significativi rendendoli pronti a qualsiasi lotta, anche le più violente, difficilmente sarebbe potuta essere scalfita: piena di bulbi, bozzoli e sporco incrostato. Le loro facce, composte di nasi protuberanti, occhi piccoli e stretti e bocche larghe e profonde, avrebbero potuto inghiottire in una sola volta un oggetto notevolmente grande; erano supportate da teste che ricordavano più un grosso kiwano, fatti piene di spine dure poste specialmente nei loro crani calvi. Cinque, il numero delle braccia che fuoriuscivano dal loro costato per lato, in tutto ne possedevano dieci, sontuose, che conferivano loro una forza bruta inaudita. A sostegno dei loro voluminosi e pesanti corpi, due lunghi piedi a sei dita, ricolmi di sporcizia e peli, talmente grandi che a ogni passo facevano tremare il suolo dell'area circostante.

- Portatemi quel traditore! Quell'usurpatore e la ragazza! Alla neonata Succube non va fatto un graffio... di lui, basta che me lo portiate vivo. ADESSO!

I due Decatonchiri si avviarono immediatamente seguiti dai sonori tonfi prodotti dai loro passi incitati.
Maraud che alla chetichella voleva svignarsela per seguirli e assicurarsi che i due energumeni rispettassero l'ordine in ogni dettaglio, fu invece fermato dalla sua tonante voce.
- Dove credi di andare? Dovevi portarmela qui e invece l'hai lasciata nelle mani di quel pervertito traditore.

Tenne il capo chino, sapendo che avrebbe dovuto agire ben diversamente, invece aveva ceduto a una sensazione mai provata, a lui completamente nuova: gelosia. Adesso, a causa delle sue azioni avventate sospinte dalle sue immediate emozioni, provava odio per Aeglos, che non era solamente un Incubo che gli era stato affibbiato accanto, nel profondo lui lo sapeva, era suo amico e lo aveva trattato con un disprezzo tale, martoriandolo, esponendolo al giudizio del Sommo in quel modo, tradendo la sua amicizia. E aveva compromesso tutto quello che poteva legarlo a lei, a Heloise.

- Ho avvertito l'Aran riaprirsi, qualcosa non torna. Voglio che tu vada a controllare e mi faccia subito rapporto. Non fallire questa volta o sarai classificato come traditore anche tu!
-Sarà fatto, Signore.
-Ah, Maraud, sarà la Sentinella a venire con te questa volta. Sono certo che lui non disubbidirà al mio volere. - A quell'affermazione Maraud serrò fortemente i pugni per frenare la rabbia ch'era cresciuta in sé dopo quelle parole.

La Sentinella era il suo fido segugio, un ottenebrato vile essere che non conosceva altro che sanguinaria violenza. Il motivo per cui lo mandava era chiaro, il Sommo sapeva benissimo che non avrebbe avuto minimamente bisogno di aiuto essendo lui una delle creature più forti di tutta Kalennorath; voleva solamente accertarsi che avrebbe adempiuto i suoi ordini senza alcuna digressione.

L'Aran era l'unico ingresso che consentiva l'accesso a Kalennorath, che poteva essere varcato solo dalle creature che vi vivevano, poiché solo queste erano a conoscenza del rituale da compiere per addentrarvisi; tuttavia, qualcuno era sfuggito alla supervisione del Sommo ed era riuscito a oltrepassare.
Ma non avrebbe potuto più uscire. Motivo per cui, presto o tardi, il Sommo avrebbe avuto risposta alla sua curiosità.

Questo richiedeva sicuramente un suo intervento, ma Maraud avrebbe preferito correre verso Heloise per scusarsi con lei, per cercare di farle comprendere la natura di quel suo comportamento; nel volerla proteggere aveva invece indotto tutto l'opposto, adesso lei sarebbe stata portata dritta nelle grinfie del Sommo e una volta che l'avrebbe avuta con sé, le sarebbe appartenuta, per sempre. Non aveva idea di come avrebbe potuto impedire ciò, lui non era altro che un altro suo subordinato e doveva attenersi ai suoi ordini, inoltre, stavolta, disubbidirgli lo avrebbe condotto in catene o peggio alla morte, la Sentinella lo avrebbe stroncato immediatamente.

Maraud voleva correre da Heloise, tormentato da quell'unico pensiero, unico intento; perché ormai voleva lei per sé, perché... se n'era innamorato.
Non aveva mai provato quella sensazione. Per lui un sentimento altruista, era sicuramente una novità. Essendo nato nell'odio, cresciuto sotto il dominio e le persecuzioni del Sommo, non aveva conosciuto nient'altro all'infuori del suo egoistico volere, ogni cosa che faceva, la faceva per sé stesso e nessun altro. Qualcosa, però, in quella ragazza che gli era stata affidata, che aveva dovuto tramutare in una creatura uguale a sé, lo aveva, fin dalla prima volta, rapito. Come se sentisse di appartenerle. Seppur lei non avrebbe mai ricambiato il suo stesso sentimento, sentiva che in cuor suo avrebbe dovuto far di tutto per renderla libera, per renderla felice.
Tutto quello che le aveva fatto: usurparla della sua vita umana, privarla della sua famiglia e dei suoi amici, indurla a essere ciò che più gli somigliasse, solo per il gusto sadico che era indole in sé, solo per obbedire agli ordini del Sommo, tanto da aver addirittura attaccato il suo migliore amico, non poteva far altro che averla portata a provare un odio sempre più profondo che non gli avrebbe mai e poi mai perdonato.

Lei non sarebbe mai riuscita a vedere e sentire quello che lui vedeva e sentiva in quegli orizzonti senza fine e in quella luce che tutto prese a investire e penetrare.
Adesso, grazie a lei, aveva capito che bisogna solo trovare il coraggio di tirare fuori il proprio "io" più profondo. Le emozioni, nude, davanti al mondo; le ossessioni, le paure, tutto quello che finora si era negato, tutto quello che finora non avevo creduto potesse provare.

Voleva poter eliminare il passato, riscrivendo il presente, per creare un nuovo orizzonte pieno di loro.

Non vedi che inizio a vivere, a vivere di te?
Non senti che inebri me stesso fino all'ultima goccia d'anima che, intrappolata nel mio corpo, volerebbe immediatamente da te se solo potesse.
Mi dovrò accontentare di quest'affetto che mi rimane per te:
una tenerezza che non ho mai conosciuto fino a ora.

Una cosa si promise di fare, con ogni fibra di sé stesso avrebbe combattuto a qualsiasi costo per lei, avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederla felice; questo adesso sarebbe stato il suo compito, poiché già lei era divenuta la sua Regina, seppur del suo cuore.

☽𓆩♛𓆪☾

Due chiacchiere con Moon:

Finalmente è spuntato: il Sommo.
Non di certo un Adone.
Che ne pensate?

Maraud ha esagerato con la sua reazione, se n'é reso conto da sé, voi cosa ne pensate?
E Aegkos? È così innocente?

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