XXX -Parte Seconda
Kim rimase seduta immobile, sola coi suoi pensieri.
Ho nascosto la mia tristezza nella stanchezza, ho celato la pesantezza nelle mie occhiaie, ho finto il sonno per non mostrare gli occhi lucidi, ho sbadigliato le grida della mia anima. Ho riso i miei pianti, e ho pianto le mie risate: rido di me, per dare una parvenza di felicità a questa situazione, questa situazione che mi sta lentamente uccidendo col sorriso... mi manchi e non mi do pace, amica mia, se sei qui, se sei nei guai, io verrò a salvarti, ti riporterò indietro da noi e sistemeremo tutto quanto, la cosa importante è che tu sia viva.
- Kim? Kim, guarda. Un libro! È comparso un libro sul tavolo.
Un grosso tomo era poggiato alla sinistra della sua mano; così tanto determinata a rincorrere il suo sogno più grande, non si era accorta della presenza di quell'oggetto.
Libro in marocchino rosso con elaborate decorazioni floreali impresse in oro, dorso a sei nervi con fregi e titolo in oro, risguardi in carta marmorizzata e caratteri estremamente strani ne riempivano pagine e copertina. E centralmente, quel simbolo, sempre lo stesso: la sfera circondata dalle grosse ali.
- E questo cos'è? - lo sollevò, non con facilità, essendo notevolmente pesante come volume unico, e, ripoggiatolo sul tavolo, facendosi spazio tra le molliche e spostando la sua tazza ormai vuota, iniziò a sfogliarlo.
- Come affrontare Kalennorath, guida e suggerimenti - lesse. - Che diavolo... Kalennorath sarebbe... il posto dove ci troviamo?
- Penso proprio di sì.
- Ma che fortuna! Una guida, Fabien!
Lei iniziò subito a leggere senza sosta quelle lunghissime pagine ad alta voce, carpendo così le prime, basilari informazioni su quel luogo: la sua storia e la sua formazione.
Rimase tramortita da quello che scoprì, di quanto quel luogo fosse tenebroso e pericoloso. Capirono entrambi che si trovavano nella casa degli assassini e a quella notizia i loro animi persero tutto l'entusiasmo finora accumulato.
- Questa torre dove ci troviamo è assai bizzarra, ce ne sono tantissime disseminate per Kalennorath; vi si arriva mediante un portale, che ha la medesima funzione, ma indirizzato ai viaggi: conducono nel luogo cui necessiti andare. È quello che abbiamo attraversato noi! E, aspetta... dice che qui, spesso, si concreta quello di cui si ha bisogno.
Ecco perché il cibo o questo libro!
Continuò a leggere spedita senza mai fermarsi, se non per spiegare le sue considerazioni a Fabien, che restava a fissarla.
- Parla di un sigillo che riesce a tenere racchiuse tutte queste creature e di un ciclico rinnovo di questo, ma non specifica quale sia questo sigillo.
Dobbiamo trovarlo! Noi possiamo impedire che le creature indigene vaghino libere al di fuori di questo postaccio e salvare milioni di vite... - continuò a parlare, parlare senza sosta, sentendosi una paladina della giustizia, leggendo e fornendo ancora altre informazioni a Fabien che, pensieroso, ascoltava e rifletteva - ... e quindi è per questo che siamo qui! Noi faremo la differenza!
- Io credevo che fossimo qui per Heloise, non per fare i supereroi.
- Ma certo, la nostra priorità è scoprire se Hel sia qui, se sia ancora viva, ma questo non è un caso, dobbiamo ammettere che siamo giunti in un momento particolare e possiamo salvare l'umanità Fabien, capisci? L'umanità.
Il viso di Fabien si riempì di collera:
- TU SEI UNA SCIOCCA! Come possiamo fare qualcosa qui, contro creature demoniache chissà quanto forti, chissà quanto crudeli. Come possiamo qualcosa? - Kim si sentì improvvisamente ridimensionata in una piccola, inutile creaturina che si era lasciata trasportare dall'idea di diventare la salvatrice del mondi, caricandosi di un peso forse più grande di lei, non considerando neppure un secondo le difficoltà, gli enigmi, il rischio che questo avrebbe sicuramente comportato, non considerando che stava nuovamente trascinando Fabien in qualcosa che lei aveva scelto per lui, senza chiederglielo.
Chinò il capo sconfortata, sentendosi strette le parole di Fabien, era veramente una sciocca sognatrice.
Lui andò a consolarla stringendola a sé: - Saremo comunque degli eroi, scemotta, se Hel è qui, sarà lei che salveremo, dovremmo farcelo bastare, se riusciremo a sopravvivere a questa impresa.
- Hai ragione.
Ripresosi da quell'imbarazzante momento, ricominciò a leggere facendo sedere accanto a sé, Fabien.
Lesse di molte creature che vivevano in quel mondo sconosciuto, carpendo tutta la loro malignità intrinseca, quel posto era veramente come l'inferno, la battuta di Caronte fatta quando furono arrivati a Kalennorarth calzava veramente a pennello.
Fortunatamente, erano designate le zone e le relative creature che vi abitavano, descrizioni sulle loro abitudini, sul loro aspetto, sui loro eventuali punti deboli e consigli su come aggirarli: Kim faceva affidamento proprio su quell'ultimo punto. La parte che nuovamente la sconvolse fu quella della descrizione del Sommo e dei suoi simili: le Succubi e gli Incubi. Non tutti, ma molti di loro prima erano degli esseri umani, mutati in questi altri esseri, descritti come i più vili, abbietti e pericolosi qui presenti, per la loro folle ambizione di divenire immortali, seppur vendendo, per così dire, la loro anima al diavolo.
Ricordò altri dettagli di quei disegni che aveva stilato tempo prima di cui adesso non aveva più traccia e fece subito dei collegamenti.
- Lui, quello che perseguitava Heloise, era un Incubo! Ne sono certa. Lo disegnai, nelle sue fattezze mutate, ma la somiglianza al suo aspetto umano è inequivocabile. Ho paura, Fabien.
- Ne sei sicura?
- Ti prego, so che ti sarà difficile credermi sulla parola, ma ti dico che è così... non mi posso sbagliare, anche se lo preferirei.
- Ti credo, Kimberly, mi fido di te e delle tue capacità - lo disse con un tono solenne, con tutta la serietà che potesse esprimere.
- Ho paura che anche lei sia stata mutata. Ricordi le sue parole? Diceva di essere stata cambiata oltre il suo volere, che aveva fatto cose che non avrebbe mai voluto fare, diceva di aver ucciso e di essere diventata un mostro.
A Fabien prese un colpo, sentendo quelle parole, non poté che essere d'accordo con quelle. Purtroppo lo sapevano entrambi. Adesso capivano perché lei aveva abbandonato tutto e tutti, voleva proteggerli da quel mostro che era in sé, poiché quel suo cambiamento la spaventava e la inorridiva, tanto da vergognarsene. Era scappata, facendo intendere che fosse definitivamente morta per rendere tutto più sopportabile a coloro che lei voleva bene.
- È un'autolesionista. Perché... perché non è venuta da me, a spiegarmi cosa le fosse successo, perché addossarsi tutte le pene da sola. Ha forse pensato che io mi sarei spaventata a tal punto da lasciarla patire da sola? HELOISE! - Scoppiò in lacrime che divennero inconsolabili.
Mi ricordo benissimo il timbro della sua voce. Come gesticolava mentre parlava. Come mi guardava. Ogni sua espressione. Le sue cicatrici. I suoi difetti, ai miei occhi, erano perfetti, io l'adoravo e nulla di lei sarebbe potuto non piacermi perché era una sorella, e una sorella non si smette mai di volerla bene. E' tutto così terribilmente nitido. Mi sembra di averla accanto, sempre. La sogno spesso.
Nel sogno, come nella vita, sfugge. Scappa da me, mi lascia senza fiato.
Spesso, nei sogni, per quanto io mi sforzi di urlare, non sento il suono della mia voce. È una sensazione terribile.
Mi chiamano sognatrice.
Altri, più semplicemente, illusa.
Son per tutti la ragazza che sogna, che crede ancora in qualcosa. Quella che cerca il buono in tutto ma che ad ogni passo sprofonda sempre di più.
Sono quella che non si arrende, sono forte, io. Così tanto da farmi male da sola. Così tanto che certe notti non ho bisogno di nessuno, e altre di tutti.
Mi chiamano forza della natura, ma io di forte non ho niente. Son così debole, che un abbraccio non mi basta. Son così stupida, che riesco ancora a vacillare sotto il peso di un ricordo.
Mi sento distrutta dentro ma non lo ammetterò, a volte voglio solo nascondermi perché sei tu che mi manchi ed è così difficile dirsi addio. Non c'è niente che non farei per avere solo un'altra possibilità di guardare nei tuoi occhi e vederti ricambiare lo sguardo.
Se avessi solo un altro giorno, ti direi quanto mi sei mancata da quando te ne sei andata.
Oh, ma quanto è pericoloso, fuori dagli schemi, cercare di riportare indietro il tempo e vivere quei momenti con te.
Non c'è niente, niente, che adesso possa impedirmi di venire da te. Anche solo per la certezza di saperti viva, anche se diversa, per me conta già tantissimo.
Saperti stare bene.
Se è questo quello a cui sei stata destinata, ti lascerò andare, se anche tu lo vorrai, ma non posso dirti addio senza che abbia avuto almeno modo di dirtelo personalmente.
Io sono in questo posto sperduto e strano perché tu sei la mia migliore amica e mai di quello che tu possa dire, fare o essere, può cancellarlo.
Sono stata una stupida ad allontanarmi da te proprio quando ne avevi più bisogno, credendo che stessi adottando quel comportamento da stronza solo per ferirmi.
Scusami.
Non sapevo che in te qualcosa stava rivoluzionandoti e tu nemmeno lo volevi. Non sono delle buone scuse, lo ammetto, ma adesso fatti trovare e lasciami rimediare.
- Dobbiamo trovarla! - Esordì dopo quella valanga di pensieri.
- Kim, tu lo sai che potrebbe non essere più in sé, potrebbe non riconoscerci e attaccarci.
- Lo so, ma non m'importa. Se ho una piccolissima possibilità, non posso lasciar stare. Rischio tutto, perfino se riuscissi a raggiungerla e vincesse la morte, sarò felice, pure se alla fine di questa mia faticosa battaglia fosse lei a darmela. Puoi ritirarti Fabien, io non ti costringerò. Non ho mai detto addio al mio papà, lo farò almeno con lei, altrimenti non avrò mai pace... - fece una pausa - Capisci?
- Allora sarà meglio che ci mettiamo presto in cammino. - Rispose determinato Fabien.
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