XXVII


– Presto un foglio, una penna. 
– Cosa? A cosa ti servono, adesso? 
– Passameli, in fretta.
Kimberly prese a scarabocchiare come un’ossessa qualcosa su un foglio, dapprima non se ne palesò il significato, man mano che il suo polso si muoveva convulsivamente avanti e indietro, più dettagli si aggiungevano, più si realizzava qualcosa di concreto. Tenne gli occhi chiusi questa volta, avendo anticipatamente capito cosa le stesse per capitare e rivivendo quella discussione avuta con Heloise tempo addietro, non volle spaventare Fabien col suo sguardo posseduto. 

– Cosa diavolo…? – chiese stupido di fronte al bizzarro attacco artistico. – Stai bene? 
Quando finì, riaprì gli occhi ch'erano tornati al loro colore naturale. – Wow, questo è davvero un talento – disse meravigliato del bel disegno ch'era emerso così velocemente dalla sua mano, tenendo gli occhi chiusi.

–Fabien, ti devo delle spiegazioni.
Vedi, ho una sorta di… dono. Non parlo di semplice bravura artistica, parlo di qualcosa di più profondo. Nei miei disegni spesso si palesa qualcosa che è, può o deve accadere. So che è strano da sentire ma…– fu interrotta – Ma è così, ti credo, Kim. Straordinario!

Lei fece un sorrisino e ringraziò. 

Nonostante il disegno apparisse chiaramente ben fatto, meno lo era il suo significato. 
– Che cosa sarebbe quest’oggetto? 
–Una sfera, racchiusa da due ali rapaci, o forse un corvo. Mmm… – Kim restò lì a pensare qualche istante – non lo so. Però sento di averlo già visto da qualche parte. Ma dove?
– Cosa rappresenta esattamente, Kim? Una porta? Su un tronco? Sei sicura che abbia qualche significato? Mi sembra un disegno fantastico, ma privo di senso.  Si passava tra le mani quel foglio, girandolo più e più volte senza venirne a capo neppure lei. Lo guardava da ogni angolazione possibile. 

– Un momento! Ci sono. Quest’albero io lo conosco, ha il tronco pieno di spine e fa frutti veramente strani, esiste davvero! Ed è qui, nel boschetto oltre il fiume. – Esultò felice, sentendosi un  po' come Sherlock  Holmes: un’investigatrice provetta.
– Sì, non ci sono dubbi, guarda, ho disegnato pure le incisioni di quegli strani simboli. Qui in basso, ci sono i funghi luminosi che crescono solo ai piedi di quest’albero. Me lo ricordo benissimo! Ci sono stata un paio di volte con Hel, molto tempo fa, ci piaceva camminare per il bosco e quest’albero ci aveva sempre intrigato molto, solo… non ho mai visto alcuna porta, quindi magari questa è solo un’allegoria. 
– Potrebbe certo, la porta… mmm… potrebbe indicare l’entrata, quindi un accesso, un inizio, qualcosa da cui cominciare. Inizio a ricredermi sui tuoi disegni, Kim. 
– Dovremmo andare lì. 

☽𓆩♛𓆪☾

Notai un paio di cose che mi preoccuparono e repulsero alquanto, mentre quel gigantesco bitorzolo demoniaco avanzava incontenibile: per prima cosa, riuscii a rilevare meglio alcune protuberanze su quella sorta di tegumento, bozzoli che sembravano legati assieme da una negra rete viscosa - e li vedevo contorcersi e dimenarsi - finché capii che altro non fossero se non quegli orribili ragni grandi quanto un pallone che avevo visto spiaccicati al suolo poco prima; solo che questa volta spuntavano dall'addome del Gruyd come un piccolo esercito degno dei più maturi incubi di Lovecraft, e per quanti ne saltassero giù, tanti davano l’impressione di sostituire i precedenti, come se quel culone da ragno fosse collegato da svariate aperture superficiali ai dotti ovarici interni, che spingevano fuori i nascituri ammucchiandoli in cataste aberranti.

La seconda cosa che notai fu forse quella che mi angustiò maggiormente, poiché iniziai a rendermi conto di come la collera del mostro fosse unicamente destinata a me, probabilmente a causa del bagliore della lanterna che tra i freddi colori di quel male che galleggiava nell’aria mi facevano spiccare, luccicante.

Atterrita, non provai neppure a scappare.
Il Gruyd mi afferrò con le sue enormi braccia e la forza di un Caterpillar, avvicinandomi al suo volto in modo da poter osservare meglio la luce che tenevo al collo.
Fino a quel punto non avevo avuto la possibilità di visionare con attenzione la parte frontale della sua testa, dando per scontato che se tutta la componente superiore del corpo riprendeva linee antropomorfe, anche se in proporzioni oltremisura, allora anche il viso avrebbe dovuto rassomigliare a quello di un umano. Ebbene, mi sbagliai alquanto.

È vero che le simmetrie dei limiti e dei bordi ricordavano la testa di un uomo gigantesco, ma i tratti somatici che possedeva erano prettamente aracnoidi.
Mi fissava con quattro paia di occhi, neri come il vuoto cosmico, privi di espressione alcuna, che adornavano la parte superiore del capo, due dei quali, al centro, sporgevano molto oltre le orbite. Ricoperto di peli ispidi, la bocca consisteva in una peculiare combinazione di due paia di cheliceri: il primo paio, più sviluppato, era rivolto verso il basso e piegato in direzione interna, il secondo invece era più piccolo e sottostante e si chiudeva a mo’ di forbice, dalle cui zanne grondava del liquido che al contatto con l'aria pareva ribollire, subito prima di colare giù pesantemente.

Com’è ovvio, appena lo vidi scuotere agitato le puntute mandibole pensai subito al peggio e i miei occhi si serrarono facendomi trascorrere attimi di una lentezza decisamente spaventosa. Sentivo la sua presa stringermi e togliermi il fiato, accompagnata da rumori brevi e secchi, forti e insistenti, finché non mi convinsi a utilizzare nuovamente la vista per comprendere la situazione. 
Quell’obbrobrio stava tessendo una caliginosa tela tra due vicini alberi spogli e in pochi secondi mi scaraventò in essa avvolgendomi con quel filato malefico, modellato avidamente da terrificanti peduncoli che sporgevano dalle clavicole. Ero in trappola e mi sentii abbandonata, sembrava che tutto si sarebbe spento da un momento all’altro.

–  Stai per tessere la tua ultima tela, bestione! –
Aeglos! Era la sua voce. Era lui, che si faceva strada verso di noi, nonostante la marea di ragni infestanti quel suolo. Questi ultimi, tuttavia, sembravano esplodere semplicemente al suo passaggio, ma come gli era possibile una cosa simile? 
Mulinando la testa, per quanto la situazione me lo permettesse, infine, arrivai a capire che non era certo lui a compiere tutte quelle uccisioni. Era Maraud, appostato proprio sul picco della caverna come un rapace, che con precisione assoluta abbatteva una dopo l'altra tutte le bieche creature partorite dai fetidi lombi di quella creatura. 

In principio pensavo stesse utilizzando un qualche tipo di balestra ma guardando attentamente vidi che non teneva nulla tra le mani. Semplicemente, porgeva il palmo verso un nemico e quello si beccava una saetta che non avrebbe mai nemmeno sognato di poter schivare, intanto che Aeglos accorreva quasi indisturbato ad aiutarmi. Il Gruyd perse dunque interesse nei miei confronti dirigendosi nella direzione dell’Incubo mio alleato, ingaggiando subito una lotta efferata. 
Ripresi ad avere speranza. 

Maraud non sbagliava un colpo, disintegrando tutti quei “piccoletti” non appena toccavano terra; non si doveva fermare per incoccare una freccia, ma ogni tanto afferrava, con la mano sinistra, una boccetta poggiata sul terreno e ne beveva qualche sorso, continuando però a lanciare con la mano destra, instancabilmente.
Ed Aeglos, nonostante la trasformazione, doveva tener testa a una creatura di almeno quattro, cinque volte la sua stazza. Non vedevo possibile per lui una situazione proficua.

Quella era la seconda volta che potei vederlo nelle sue sembianze da Incubo: la prima, ovviamente, era avvenuta al nostro primo incontro quando aveva deciso di mettermi alla prova, e io ero riuscita, sorprendentemente per lui, a respingerlo. “Il mio sapore sconvolgerà la tua mente e infiammerà i tuoi sensi…completamente!”, queste furono le sue parole, allora non capii, ma adesso sì: se non lo avessi allontanato sarei ricaduta in quell’estasiante e passionale, intrigante foga dettata da quello stesso momento che ebbi con Lui dopo avergli permesso di nutrirsi da me. 

Così bello, la sua figura lucente, brillava di luce propria, come il bagliore di una lama che fende a ogni colpo, instancabilmente, i suoi nemici. Così lui, ammantato di aurea luminescenza, accompagnato da movimenti repentini, pareva una saetta balenante in quella angusta rocciosa zona. 
Come resistere alla bellezza di un corpo che è illuminato dal calore del suo sguardo, quegli occhi vitrei eppure così caldi, illuminati da una fervorosa scintilla che arde tutto ciò che scorge. 
Dopo che lo sguardo si posa su lui non è facile distoglierlo. Ha negli occhi qualcosa che io non so capire. Si trasformano. In certi istanti s’intravedono delle luci, sembrano acque scintillanti, luccichii di spade in battaglia, riverberi di fiamme incandescenti, che divampano all’ardore della lotta cui si prepara. 

Ha sbloccato pennellate d’oro nella sua anima, che lo dipingono più come un guerriero della luce, ché delle tenebre. Si muove guizzando tra le sfumature ombrose di questo luogo, come idrogeno combusto. 

Lo guardavo estasiata, come fossi stata investita, incartata e avvolta, più che da quel bozzolo di tela, da un soffio di vento inebriante provocato dai suoi movimenti aggraziati. Percepii un brivido sottile percorrermi tutta e avvertii chiaramente la sensazione di paura nel vederlo in procinto a misurarsi con quell’immensa creatura brutale. 

☽𓆩♛𓆪☾

Due chiacchiere con Moon:

Ci troviamo di fronte a due situazioni completamente distinte, ognuna con il suo tono e atmosfera. Da una parte c'è la tranquilla scoperta di Kimberly e del suo inquietante dono, che rivela un mistero legato a un albero particolare nelle sue vicinanze.

***
Nota:
Kapok

L'albero in questione è il kapok, noto anche come albero della seta o albero da cotone, è una pianta imponente e maestosa che cresce nelle regioni tropicali del mondo. Il suo nome scientifico è Ceiba pentandra.

Questo albero è rinomato per la sua straordinaria altezza, che può raggiungere i 60 metri, e per la sua chioma ampia e lussureggiante, che si espande in una forma a ombrello.
Produce grandi fiori bianchi o rosa che emettono un delicato profumo dolce.

Questi frutti sono delle capsule di forma ovale che contengono semi avvolti in una fibra soffice e leggera simile al cotone. Questa fibra è utilizzata tradizionalmente per riempire cuscini, giacche e materassi, dato che offre un'eccellente isolamento termico e un'ottima capacità di assorbimento dell'umidità.

Inoltre, l'albero Kapok ha una ricca storia culturale e spirituale. È considerato sacro in molte culture indigene dell'America centrale e del Sud, e spesso viene associato a leggende e miti locali.

***

Kimberly sembra riconoscerlo e intuisce che questo albero potrebbe essere un indizio fondamentale per trovare la sua amica, di cui è convinta, insieme a Fabien, che sia ancora viva ma in una terribile situazione (e non sanno quanto questo sia vero! ).
Dall'altra parte, c'è l'avventura pericolosa e claustrofobica di Hel e le sue due "guardie del corpo", che si trovano ad affrontare una delle creature più spaventose di Kalennorath: il Gruyd (potrete trovare ulteriori dettagli su di esso nella guida, nel caso vogliate approfondire).

La domanda che sorge spontanea è: i nostri personaggi riusciranno a sopravvivere a queste sfide? Saranno in grado di superare gli ostacoli e trovare la soluzione ai loro problemi? La tensione si fa palpabile e la suspense aumenta mentre aspettiamo di scoprire cosa riserva il destino per loro. Una cosa è certa, sono in gioco le vite e il futuro dei nostri eroi, e la loro determinazione sarà messa a dura prova. Non ci resta che attendere e sperare che abbiano la forza e l'ingegno necessari per uscirne vittoriosi.



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