XXVI
– Oggi ho fatto delle ricerche negli archivi di cronaca locale in biblioteca – disse Fabien entrando nella sala comune scolastica – ci sono cose abbastanza strane che sono capitate nel passato e che sono rimaste irrisolte, dai un’occhiata tu stessa.
Fabien passandole un grosso libro impolverato, aprì la pagina alla quale aveva apposto un segnalino. Il contenuto di quello scritto riguardava strani casi di persone scomparse che non lasciavano alcuna traccia di sé: non un movente, non un messaggio per informare la famiglia e, nonostante tutte le ricerche, sembravano come scomparsi, non venivano più identificati in alcuna modo, né da vivi, né da morti.
A quei casi irrisolti di sparizione, se ne aggiungevano molti di più di omicidi, i quali esecutori non venivano mai identificati e arrestati.
– È proprio quello che sta succedendo adesso, la storia si ripete ciclicamente, ci sono informazioni risalenti a più di ottant’anni fa addirittura. E ancora a cinquanta, o anche venti anni fa. Non è normale, insabbiano tutto quanto, archiviano i casi irrisolti con troppa facilità mi sembra, qualcuno deve essere corrotto – affermò Kimberly, rendendosi conto di quanto le stava venendo espresso.
– Decisamente qualcosa non quadra. Ho parlato anche con i miei genitori, inizialmente si rifiutavano di rispondermi ma li ho messi alle strette.
– Riguardo cosa? – Kimberly in quel momento alzò la testa da quel vecchio schedario e prestò la più completa attenzione alle parole di Fabien.
– Casi risalgono a vent’anni fa… i nostri genitori devono aver vissuto in prima persona queste vicende, mi sono detto, così ho voluto indagare. Ecco perché tutti son tanto agitati, Kim, la storia si ripete veramente.
Fabien allora prese a raccontare.
24 DICEMBRE, 1995
Un forte vento del nord, proveniente dalle regioni polari, spirava freddo e umido portando con sé un sentore di neve imminente. Nelle case, grazie al tepore delle scoppiettanti fiamme dei caminetti accesi, fortunatamente si riusciva a star caldi. La sensazione era resa ancor più carezzevole dagli addobbi colorati che abbellivano gli interni: lunghe trecce di aghi d’abete decoravano i cornicioni di scale e finestre, le lucette colorate accendevano di dolcezza gli alberi, colorati dai mille addobbi, situati nei salotti di quelle case che aspettavano solamente di omaggiare i bambini con ricchi doni posti alla base dei loro rami. Tutto profumava di zenzero e cannella, le mamme più premurose, preparavano i classici dolcetti che avrebbero accompagnato le squisite pietanze servite quella sera stessa.
L’atmosfera frivola, dolce e magica che solo la Vigilia del Natale riesce a evocare, era accompagnata dai sorrisi delle famiglie che attendevano l’arrivo della mezzanotte.
I tintinnii delle campanelle appese alle porte, i canti, le risate, lo sfrigolio delle padelle calde, lo scoppiettio dei camini, il ticchettio degli orologi appesi alle pareti, i sussurri delle voci che si scambiavano gli auguri e tutta quella gioiosa aria che si respirava di casa in casa, presto sarebbero sopperiti a causa di un brutale avvenimento.
I dolci suoni che riecheggiavano per ogni dove, furono presto ammutoliti da un raggelante urlo che mutò i sorrisi in espressioni colme di turbamento. Molti si riversarono fuori, all’uscio delle proprie case, in cerca di una risposta a quel grido terrificante.
Quell’acuto urlo veniva proprio dalla casa degli Harris. A promulgarlo fu la signora Emma, moglie del rispettato dottor George Harris.
La poveretta si trovò la casa stillante di sangue, riversato sulla candida moquette posta all’accoglienza della sala da pranzo. Il purpureo liquido stilato sul suolo proveniva dal fidato e malcapitato amico Tom Anderson, che era giunto in viaggio, durante le festività, per salutare due vecchi amici.
La notizia trapelò velocemente in tutto il quartiere, tanto più che il giovane Anderson era molto stimato e conosciuto dagli abitanti di quella piccola cittadina. Era noto il suo grandioso talento al piano; da tradizione, ogni Natale ricompariva per allietare le orecchie con dolci melodie, che suonava abilmente accompagnando i cori che si manifestavano in quel periodo nella piazza.
Fu un grosso dispiacere per tutti l’apprendere quella triste notizia.
Si parlò per giorni e giorni di quell’accaduto, poiché non si riuscì mai a risalire alla mano dell’assassino, fino a quando quella notizia non fu messa in secondo piano a un'altra scioccante scomparsa.
5 GENNAIO, 1996
– Venite signori, comprate le vostre calze, i bambini ne saranno felici!
– Carbone… carbone per i più monelli. Acquistate il dolce carbone da regalare ai pancini dei vostri bambini.
Il mercato in piazza era gremito di gente. Vigilia di un ultimo giorno di festa, i venditori ne approfittavano per sbarazzarsi di più merce possibile prima di tornare a una più quieta vendita, poiché si sa, dopo le feste, la gente mette un fermo al proprio portafogli.
– Che prezzo ha quella verde appesa lì dietro, signore?
– Solo sei pezzi e cinquanta, mia bella signora, un affare. La calza è ricolma di tutti i dolcetti che suo figlio possa desiderare.
Mezzodì era già suonato, presto tutti sarebbero rientrati a casa a preparare il pranzo e le strade iniziavano a svuotarsi.
Nella stretta via Raffaello Sanzio, un uomo dalla barba incolta, ciondolava nella tranquillità del suo passeggio, col suo lungo cappotto marrone.
– Buongiorno signor Harris, visto che bella giornata di sole? Non pare neppure di essere in pieno inverno.
– Ha proprio ragione, signorina Galler.
– Sta rientrando in casa dal lavoro?
–Sì, signorina, per oggi ho chiuso bottega, domani è un altro giorno.
– Fa bene signor Harris, mi saluti tanto la sua squisita moglie – così dicendo rientrò dalla piccola porta dalla quale era uscita due minuti prima spazzando via la polvere raccolta con la scopa.
Harris portava con sé un sacchetto della spesa contenente pane caldo e qualche biscotto che avrebbe mangiato quello stesso primo pomeriggio, accompagnando il suo pranzo che doveva già esser pronto in tavola. Quando quel pensiero attraversò la sua mente, cominciò concitatamente ad allungare il passo, non volendo spazientire la sua dolce metà che attendeva il suo rientro.
Quello fu il suo ultimo ricordo lieto.
Qualcosa lo colpì violentemente alla testa, facendogli perdere i sensi, che non gli sarebbero mai stati restituiti.
Qualche ora più tardi, trovarono i resti del suo corpo. Sbrandellato, rosicchiato, tagliuzzato e deturpato. Fiumi di sangue colati fin la punta dei suoi piedi, ai quali erano state recise le dita, buttate lì vicino, come pezzi di carne inutili. Gesto inflitto al solo scopo di torturare, agonizzare la vittima. Questa era la fotografia di quel corpo lasciato morto nella piccola via Sanzio.
29 FEBBRAIO, 1996 - PALACE HOTEL
Tre sole stelle, non l’hotel più rinomato, ma offriva pur sempre un tetto sulla testa e questo è quanto di meglio si possa volere in una notte di pioggia e temporali come questa. La donna entrò, madida d’acqua, poggiando il suo sgangherato ombrello nel contenitore assieme agli altri. Inzuppate e infreddolita, si diresse al bancone della reception, dove ad accoglierla c’era un’altrettanto giovane donna, assonnata per l’ora tarda.
– Per cortesia, ve ne prego, potreste dirmi se vi è rimasta una camera libera?
La donna al bancone, impacciata nei movimenti per via della sua enorme divisa sgualcita, si girò verso la parete e prese l’ultima chiave disponibile.
– È una doppia, mi spiace, non abbiamo singole al momento.
– Sono così stanca… mi andrebbe bene anche lo sgabuzzino delle scope – quella accennò un abbozzo di sorriso e passandole le chiavi:
– È la prima stanza a sinistra del secondo piano, non può sbagliare, l’unica sul lato sinistro.
– Grazie.
– Mi lasci solo una sua firma, la restante documentazione può venirla a compilare domattina, quando si sarà riposata.
– La ringrazio molto – disse lei, apprestandosi a firmare il registro e, con una grafia sgraziata a causa della penna scivolosa, macchiò il foglio col suo nome: Maria Louise Stephenson.
Trascinando la borsa a tracolla come un peso morto e rabbrividendo per le correnti d'aria che filtravano dalle vecchie finestre arrugginite, la donna si diresse verso la sua camera.
Una volta nella sua stanza, maleodorante di chiuso e muffa, decise di farsi una lunga e rilassante doccia per riprender colore sulle guance, tanto era fredda.
Il vento spirava forte facendo traballare i vetri sottili delle finestre. La sua, al termine del bagno, la trovò spalancata che sbatteva sulla parete, facendo inumidire la stanza per via della pioggia che fitta si riversava dall’esterno dentro la camera, bagnando le coperte del letto. Sbuffò infastidita dall’idea di dover ritrovarsi nuovamente in una situazione umida.
Ciononostante, la stanchezza le aveva ormai appesantito gli occhi e non ebbe le forze di cambiare le fodere del suo giaciglio. Stremata, si coricò e cercò di dormire. Passò tutta la notte in uno stato di semi-veglia, disturbata dal frastuono della tempesta che imperversava all’esterno, per la sensazione di umido sul collo, per strani rumori e scricchiolii che rimbombavano nelle sue orecchie e per la sgradevole sensazione che qualcuno stesse lì a osservarla. La mattina presto, svegliandosi ai primi raggi del sole, desiderosa di tornare a casa e scappare da quel luogo lurido, indossò i vestiti della sera prima, ormai asciutti, e si diresse verso la hall.
Decise di prendere l’ascensore.
Quando quello fu arrivato a piano terra e le ante si aprirono, di lei non vi era più traccia, al suo posto un melmoso liquido nero si riversò fuori.
– Ma Fabien, Emma e George Harris non sono i tuoi genitori?
– Sì, Kim, infatti tutto quello che ti ho appena detto, son cose che mi hanno raccontato loro. Capisci? Omicidi, persone svanite nel nulla. Stranezze, che appartengono al passato, si stanno ripetendo.
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Due chiacchere con Moon:
Belle anime,
qualche racconto ci ha portati indietro nel tempo, fino a un passato carico di misteri e segreti.
Fabien si rivolge ai suoi genitori, Emma e George Harris, cercando di scavare nella loro memoria per scoprire informazioni sulle vicende accadute in passato, vicende che sembrano ancora influenzare il presente.
Continuando a porre domande sulla loro storia familiare, fa emerge qualcosa di indubbiamente insolito. Fabien raccoglie frammenti di informazioni, pezzi di un puzzle che iniziano a prendere forma. La storia si ripete, si ripresenta in un ciclo inquietante.
Ma cosa rende questa storia così affascinante? Beh, i genitori di Fabien non sanno ancora cosa sta succedendo. Sono all'oscuro di ciò che potrebbe accadere. Ma noi, come spettatori privilegiati di questa cronaca, abbiamo un "vago" sospetto su chi possa essere coinvolto.
È come se ci fosse un'ombra minacciosa che incombe su di loro, un'ombra che sembra ricordare i tempi passati e riproporre una serie di eventi sinistri. Nonostante le incertezze e le incognite, siamo consapevoli che qualcosa di profondamente inquietante si sta muovendo dietro le quinte.
Ma chi potrebbe essere il colpevole di questa storia ricca di suspense? È proprio questa la domanda che assillerà Kim e Fabien. Per loro è un'enigma che li spingerà ad andare avanti, a cercare risposte e soluzioni a questo intricato mistero.
Come narratore, vi invito ad unirvi a me in questa avventura. Seguiremo i due ragazzi indagare ulteriormente, in cerca di indizi che possano svelare la verità celata dietro la storia della sua famiglia e di Heloise.
Rimanete sintonizzati, stiamo iniziando a svelare i segreti più oscuri.
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