XXV - Parte Seconda

Come se avessi lanciato uno strano maleficio, tutto intorno a noi iniziò a tremare, le rocce sovrastanti a staccarsi e crollare sul suolo, schiantandosi e rompendosi con un forte impatto; avevo generato un forte terremoto. Sentivo una potente forza che irradiava dal mio interno all’esterno e investiva tutto quanto. Più quelle parole venivano pronunciate, più vigore acquisiva la mia forza.
Dà menyhi màstëtudo, ao natyvanna!
Dà menyhi hyrmenytes i omnquantëo telcare". (2)

L’energia pulsava insistentemente, la sentivo costante dentro di me spingere, incalzare e accrescere. Ruppi le catene che mi tenevano inchiodata al suolo e il mio corpo s’elevò in aria avvolto da un vortice iridescente e, con un sol gesto della mia mano, feci volare via quegli esseri tentacolari che, stonati da quel che era successo, stavano ancora immobili a fissarmi. La terra smise di tremare e io discesi al suolo.

Qualche sasso continuò a rotolare verso il pavimento, cadendo echeggiò nel silenzio di quell’area.
I viscidi esseri si ripresero subito dallo schianto, emettendo gorgheggianti suoni di allarme. Presto, da tre divennero dieci e più il tempo passava, più altri accorrevano. Uno di essi, puntò il suo insignificante dito nella mia direzione, urlando qualcosa d’incomprensibile, e tutti assieme partirono alla carica venendomi addosso.

Questa volta nessuna litania si impadronì di me: per quanto speranzosa volessi rievocarla, non successe niente. Mi misi in posizione di difesa estraendo immediatamente gli artigli, pronti a essere usati come arma contro quelle brutte seppie molli. Erano moltissimi per una sola persona, ma cos’altro potevo fare se non tentare di difendermi?

Il primo, più veloce degli altri, mi giunse subito dinanzi e lesta sferrai il primo attacco, mirando alla sua faccia, tagliando di netto tutti i suoi tentacoli facciali che esplosero in una pozza nera densa. Nella confusione di quel liquido viscoso, rapida, gli recisi anche la testa, ed esso cadde subito morto.

Li percepii avvicinarsi, ora anche alle mie spalle, erano troppi, non potevo farcela.
Ebbi il tempo di calarmi, per evitare la presa di uno di loro, quando un urlo accompagnò un lungo e accurato balzo: Aeglos si piazzò proprio dietro di me e uccise fulmineamente quello che mi stava per attaccare alle spalle.
– Tutto bene, Bambolina? – mi strizzò l’occhio.
Anche Maraud arrivò e nel  tempo della sua veloce corsa sgozzò, squarciò, tagliò alcune di quelle creature. Urla crocidanti frastornarono le nostre orecchie, manifestandosi come loro ultimo fiato.

Entrambi usavano i loro artigli come lame ferali, i loro movimenti erano aggraziati e precisi, sembrava si muovessero in una danza perfetta, le cui mosse erano state imparate perfettamente a memoria e ciò gli permetteva di eseguirle in totale naturalezza. Erano macchine da guerra, perfettamente collaudate per sterminare ogni soggetto mirato.

– Di tutte le creature, dovevamo imbatterci proprio nella tana dei Pesbar? – disse Aeglos, che continuò quella frase imprecando, mentre agilmente schivava, attaccava, balzava, incassava; meccanicamente, prontamente.
Stavolta non rimasi passiva alla lotta, vi partecipai, sferrando qualche pugno ben assestato, fendendo i loro corpi, a volte in porzioni, altre interamente.

Quella battaglia, che pareva non finire mai per il numero di Pesbar che arrivavano da ogni angolo di quella cava sempre più repentinamente, iniziò a piacermi. La paura mi abbandonò del tutto, sostituita da un letale fragore e prevalsa dall’istinto d’omicidio che mi portava a desiderare la loro morte attraverso le mie mani. Alcuni di quegli esseri spruzzavano viscido petrolio dalle loro bocche, rendendo scivoloso il suolo. Uno riuscì a colpire in pieno viso Aeglos, che agonizzante urlò il suo dolore. Corsi da lui, la sua faccia si stava ustionando a contatto con quel liquido nero corrosivo e acido.

Non ebbi modo di ripulirlo, ma almeno riuscii a evitargli i colpi che quelle creature gli avrebbero inferto, sfruttando quell’attimo in cui non poteva vederli o combatterli.

Afferrai Aeglos per le spalle e cercai di allontanarlo dal pericolo, provando a rimuovere il petrolio dalla sua pelle. Il suo gemito di dolore riempiva l'aria mentre tentavo disperatamente di limitare i danni.

Nel frattempo, la battaglia infuriava intorno a noi. I Pesbar continuavano ad avanzare, sempre più numerosi e feroci. Gli artigli taglienti sfioravano l'aria, mentre noi dovemmo darci battaglia con tutte le nostre forze. La mia rabbia si trasformò in una forza primitiva che mi spinse a lottare con ferocia, cercando di annientare ogni singolo Pesbar che si avvicinava.

La determinazione bruciò nei miei occhi mentre combattei al fianco di Aeglos. La sua ferita sembrava rallentarlo, ma il suo spirito di combattente non si spense. Insieme, ci difendemmo tenacemente, cercando di sopravvivere a questa sfida mortale.

Mentre la battaglia continuava, il suolo si colorava di sangue e petrolio. Il rumore di urla, colpi e artigli riempiva l'aria. Eravamo intrappolati in un vortice di violenza, ma non c'era spazio per la paura. La nostra determinazione e la serie di vendetta ci stabilivano in piedi, pronti a combattere fino all'ultimo respiro.

Maraud, intanto, era accerchiato, ma continuò a lottare, senza sosta, abbattendoli uno dopo l’altro. Io feci tutto quello che mi era possibile, ma a ogni caduto pareva che ne venissero due al suo posto, moltiplicandosi a dismisura come le teste di un’idra. La situazione era insostenibile, le possibilità di vittoria scemavano sempre più.
Il cuore iniziò a martellarmi dentro, la paura era iniziata nuovamente a prender possesso di me. Loro avanzavano e io indietreggiavo, ero circondata, dovevo fare qualcosa per respingerli.

Sentii l’istinto di sopravvivenza, la voglia di reagire e il mio corpo agì seguendo quella richiesta.
Volendomi parare dal loro attacco, urlai qualcosa di incomprensibile e dalle mie mani si scaturì un fascio di energia potentissimo. La sentii generarsi dentro di me, attraversare le pareti di quell’involucro cristallino quale era il mio corpo e violentemente tirarsi fuori. All’impatto con quell’inesorabile forza, tutti quanti insieme volarono sbattendo pesantemente contro le pareti, molti, a quell’impatto, morirono.

Mi girai, vidi che Maraud era in difficoltà,
poiché moltissimi altri lo stavano combattendo all’unisono. Saltai così in lungo che sembrò quasi stessi volando, per atterrare proprio tra lui e quella moltitudine di umanoidi tentacolati.

Stavolta ebbi più controllo di quell’energia, generando dalla mia mano una sfera incorporea, dapprima piccola, poi, concentrandomi, la feci accrescere e la sferrai verso quegli esseri. Non riuscii a essere precisa, quindi solo alcuni di loro furono sbalzati via, ma fu sufficiente a Maraud per reagire e avere modo di colpire gli altri violentemente.

Quando combatteva aveva uno sguardo concentrato e famelico, sguardo desideroso di sangue e morte. Il suo corpo era pompato dalle vene che si gonfiavano, dai suoi muscoli, che teneva in trazione per utilizzare al meglio tutta la sua forza immane. Vederlo abbattere con facilità quelle mostruosità, mi solleticò un lieve ma persistente desiderio. Era bellissimo. Nella sua forma da Incubo, spietato, determinato, letale.
Il viscidume assieme ai resti flaccidi di quelle creature erano disseminati ovunque. Dopo quella che sembrò essere una lotta incessante, potemmo rilassare i muscoli e gli ardori, i Pesbar sembravano essere stati tutti sterminati.

– Aeglos, stai bene? – corsi nella sua direzione e sostenendolo, lo aiutai ad alzarsi. Lui si era già ripulito, ma teneva bassa la testa.
– Aeglos… – quando alzò il capo, quello che vidi era un raccapricciante volto liquefatto, il muscolo orbicolare sinistro del tutto squagliato lasciò visibile il bulbo oculare. Istintivamente arretrai di qualche passo.
– Dobbiamo andarcene da qua, dobbiamo curarti. Ce la fai a camminare? – mi fece segno di sì con la testa e, determinata, gli afferrai la mano e lo tirai con me.

Finalmente l’uscita era di fronte a noi. Una forte luce proveniva dall’esterno: – Forza, ci siamo quasi – dissi sollevata.

Ma dei versi si udirono alle nostre spalle. No, pensai, e di fatti eccoli lì, un’altra ondata di demoni Pesbar.
– Correte! Correte il più velocemente possibile, a loro ci penso io, ho un’idea.
– No, non posso lasciarti indietro – disse Maraud.
– Devi lasciarmi fare, fidati di me.

Dopo attimi d’incertezza, Aeglos e Maraud, corsero dirigendosi all’uscita nonostante sembravano essere molto provati da quella decisione, li seguii da vicino per poi arrestarmi non appena furono fuori.

Su, come hai fatto poco fa, di' qualcosa, concentrati Heloise, pronuncia quella litania strana, mi sussurrai.

Nonostante cercassi con tutta me stessa di invocare quella formula, non successe niente. I Pesbar erano sempre più vicini.
– Heloise! – fu Lui, Lui pronunziò il mio nome. Bastò quello come motore di propulsione per farmi affiorare alla mente delle parole a me incomprensibili.
– Scappa Bambolina, scappa!
Ma non lo feci, attesi immobile l’arrivo di quegli esseri. Chiusi gli occhi per assaporare la fresca brezza che spirava delicatamente dall’uscio di quell’infernale grotta: pensai che a quel delizioso profumo di salvezza sarebbe mancato solo un gustoso odore di sangue.

Ne erinoram tulcutare, nai fovenyam madaperi at  na nèrorum fëarmas nàvëogere" (3), una leggera scossa venne provocata da quelle parole, così, incalzando il suono della mia voce, continuai: " Ne erinoram tulcutare, nai fovenyam madaperi at  na nèrorum fëarmas nàvëogere".
Questa volta la terra iniziò a tremare. “NE ETINORAM TULCUTARE, NAI FOVENYAM MADAPERI AT NA NÉORUM FËARMAS NÀVËOGERE!”.

Una brutale forza si scaturì da quelle parole urlate. Il tetto cominciò a crollare e quegli esseri ad arretrare. Velocemente saltai via, raggiungendo così anch’io l’uscita, lasciandomi alle spalle un ammasso di rocce franate che ostruirono il passaggio, intrappolandovi dentro i nostri inseguitori e schiacciando altri.
Sfinita, senza più alcuna forza, avvolta da un flebile vortice d’energia, mi accasciai per terra respirando affannosamente.

Note:
(2) "Dammi la forza, o natura!
Dammi il potere per uccidere tutti".
(3) "Scuoti la terra, apri un varco e risucchia la loro anima".

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