XII
Il sorriso di Kimberly quella sera era raggiante. Non capitava tutti i giorni di poter passeggiare sotto un chiaro di luna così bello, in una romantica serata, in compagnia di buoni amici e del ragazzo per cui si aveva una cotta fin dalle elementari.
Fabien non è il tipico ragazzo per cui solitamente si perde la testa: il leader della squadra di football o comunque il ragazzo più popolare della scuola; è un ragazzo semplice, coi suoi capelli biondi sistemati da una riga naturale, con occhi molto profondi per via del loro colore nero intenso che gli regalano uno sguardo dolce e a contempo enigmatico. Alto, snello, poco muscoloso. Quando sorride gli si forma una fossetta, Kimberly impazzisce per quella piccola piega sul suo viso, perché ogni qualvolta si presenta, il suo amato Fabien stava sorridendo.
Quella sera, come sempre, arrivarono anche i suoi due migliori amici, che non spiccavano certo per la loro intelligenza, il loro unico punto forte era una spontanea simpatia. Ma a Kimberly non interessavano le amicizie di Fabien, non spettava a lei giudicare, lei aveva occhi solo per lui e nessun altro.
Non era riuscita mai ad avvicinarlo molto per attirare la sua attenzione. A differenza di come era riuscita a fare la sua, un tempo, migliore amica; questo pensiero la incupì.
Lei non avrebbe giocato sporco, non sarebbe cambiata per rendersi più piacente indossando vestiti succinti e volgari, no, non avrebbe richiamato a sé la sua attenzione per qualcosa che non era e non voleva essere, sarebbe rimasta sé stessa, limitandosi a sfoderare le sue carte vincenti, quello sì.
Kimberly è una bella ragazza, a cui non mancano sguardi di ammirazione, cosa che tra l'altro, non le dispiaceva affatto. Ma non aveva ottenuto proprio quelle che desiderava tanto, quelle di Fabien e non si sarebbe arresa.
Mentre Kimberly era assorta nei suoi cupi pensieri, Lisette, una ragazza minuta, sempre spensierata e vivace, sua compagna di classe, le diede una pacca sulla spalla e la salutò. Interrotti così i suoi pensieri, si sedette in panchina ad ammirare il meraviglioso paesaggio.
Da lì si poteva osservare bene tutto quanto: coi lumi soffusi di debole luce, i castagni che si riflettevano sull'acqua del canale assieme i bagliori circostanti che colorano come pennellate di giallo una tavola scura e immobile.
Il tutto donava la sensazione di essere in un film di Jean-Pierre Jeunet; essere parte di quel tutto che viene osservato con occhi attenti e curiosi da Amèlie Paulain, che mentre tira i suoi sassi dal ponte più in alto, ti osserva ricercando in te qualcosa di bizzarro e interessante che nemmeno tu stesso sai di avere.
Il canale emerge da un lungo tunnel al bivio tra due vie, che adesso sono particolarmente frequentate da giovani coppie di amanti per lo più, ma anche da turisti e ragazzi che passano assieme una serata in compagnia. Puoi osservare un piccolo tempio, primo di una serie di blocchi creato su questo canale storico, costruito già agli inizi del 1800. Kimberly adorava veder passare i battelli, ma se ne potevano vedere in maggior numero durante le ore diurne. Amava passeggiare, gustando un caffè caldo da tenere tra le sue mani per scaldarsi dalla brezza fresca nelle giornate che annunciavano l'inverno, acquistandolo in una delle tante caffetterie che si ergono ai lati del canale. Il suo locale preferito era sicuramente il Punto Effimero, un tempo era un vecchio deposito merci abbandonato a sè stesso e adesso, un grungy Arts Center, dove vi sono molti ristoranti, bar e punti di raccolta per gli artisti: sale per concerti, studi di registrazione, discoteche, ma anche mostre d'arte e installazioni.
– Ehi Kim, non startene lì seduta sola, andiamoci a prendere qualcosa – disse Lisette piroettando su sé stessa. Anche gli altri presenti si voltarono verso lei, attendendo una sua risposta, persino Fabien la fissava coi suoi occhi profondi e subito le spuntò del rossore sul viso che nascose subito calando il volto verso il basso.
– Ma Heloise non viene stasera? – disse Marco stupendosi della sua assenza dato che di solito dov'era Kim, era Hel, e viceversa. Cosa poteva saperne lui, e tutti quanti, dei loro litigi.
Eppure Hel non era lì, nonostante se non con lei, poteva sempre venire con qualcun altro del gruppo; non se ne stupì, ultimamente quella ragazza pareva così fuori di sé che era più facile aspettarsi qualcosa di diverso dal suo solito fare. Poi però ripensò al disegno che aveva fatto quello stesso pomeriggio allora prese il cellulare, mise da parte il rancore che provava, e la chiamò.
Il cellulare continuava a squillare all'infinito, ma nessuno rispondeva. Magari non lo aveva con sé. O, molto più probabilmente, vedendo da chi fosse recapitata la chiamata, si rifiutava di proposito a risponderle. Provò un paio di volte, ma il risultato fu sempre lo stesso, Heloise non rispondeva.
Così Kim con passo nervoso, e Lisette, che avanzava invece quasi saltellando, presero a camminare verso il locale dove quella sera si sarebbe tenuta una festa, o meglio, dove si sarebbero tenuti i festeggiamenti per i diciotto anni di Antonio, un altro compagno di classe.
Il suo sguardo era rivolto alla trasparenza dell'acqua che si muoveva appena ai lievi soffi del vento, mentre si continuava a mordere il labbro nervosamente avvertendo dentro sé un cattivo presentimento.
Il locale dove entrarono era uno dei nuovi e più rinomati di quel quartiere: il pavimento in parquet di ciliegio, lucido e brillante per via della cera che probabilmente era stata passata proprio prima dell'apertura serale, era coperto, in alcuni punti, da tappeti in frangia color argento. Piccoli tavolinetti in vetro erano adibiti agli angoli a fare da piccoli salotti, con poltrone e divanetti in ecopelle bianca. La parete in legno era intagliata in modo da poter contenere orizzontalmente la grande vastità di scelta di vino suddiviso tra rosso, bianco e rosé. Tra un salottino e l'altro vi erano tavolinetti più bassi, dov'erano poggiate bottiglie di champagne accompagnate da due calici in cristallo per bottiglia. Le luci soffuse illuminavano appena il locale per favorire più privacy ai clienti. Osservando quell'ambiente Kimberly si pentì di non aver indossato quell'abito in organza che aveva invece scartato poiché lo aveva ritenuto troppo elegante per un'occasione come quella, di certo non si aspettava un locale tanto raffinato ad accogliere una festa di compleanno.
Aveva optato per un vestito semplice, blu scuro, con una morbida scollatura e le maniche a tre quarti; abbinando un paio di décolleté in velluto blu più chiaro, dal tacco modesto.
Antonio andò loro incontro per salutarle e per invitarle a entrare. Nel frattempo che attendeva che tutti gli invitati si presentassero, in particolar modo Kim aspettava l'arrivo di Heloise, ripetendo a sé stessa che era solo per tranquillizzarsi e non perché ne avesse bisogno e, con una scusa abbastanza plausibile si diresse verso il bancone e si sedette su di uno sgabello.
– Un Kir, per favore – e subito il cocktail dal colore ambrato le fu servito in una flûte che sprigionava l'odore dolce e pungente tipico del vino bianco e della créme de cassis.
– Scelta raffinata. Uno anche per me per cortesia.
Gli occhi di Kimberly si illuminarono alla vista del ragazzo che le si sedette accanto. Altro non poteva essere che Fabien.
– Il ribes nero è uno dei miei frutti preferiti, adoro questo cocktail.
Kim afferrò il suo bicchiere e, cercando di mostrarsi raffinata, ne bevve un sorso, annuendo concorde alle parole di lui.
– Bel posto non trovi? Molto raffinato, non me lo aspettavo, sul serio.
Perché proprio quella sera aveva deciso di avvicinarsi a lei, di rivolgerle la parola, cercando di intavolare un dialogo, proprio quando Hel non c'era a darle man forte. Rifletté in quell'istante quanto importante fosse la sua amica per lei, nonostante tutto, era sempre stata con lei, avevano sempre condiviso tutto, figura sempre presente nella sua vita, adesso ne faceva parte come un'ombra sbiadita. Continuò a non aprir bocca, limitandosi a sorseggiare il suo drink e annuire imbarazzata, cercando qualcosa di intelligente da dire.
Solitamente non era timida e si odiò tremendamente in quel momento per tutti quei suoi silenzi.
– Quindi sei sola stasera, eh? – e in quel momento il suo amico Marco lo chiamò interrompendo quel momento, le rivolse un sorriso che le tolse il fiato e dopo essersi scusato, raggiunse il suo amico.
Avrebbe avuto bisogno di qualche consiglio, di una spinta di incoraggiamento, di una persona con cui parlarne, di Hel. Invece era lì, da sola, con la sua bibita tra le mani che finì di bere nervosamente tutto d'un fiato. Si sentì assai sciocca ad aver buttato al vento quell'opportunità con Fabien.
Quando gli altri invitati giunsero di Hel non vi era ancora nessuna traccia, anzi il suo cellulare adesso risultava irraggiungibile - segno che lo avesse spento per non ricevere più le sue chiamate, cosa che la fece infuriare non poco - ; così prese posto assieme a Lisette e altre ragazze lì presenti, in uno dei salottini del locale.
Fabien le si sedette proprio di fronte, con il mitico duo accanto e mentre le altre conversavano lei lo guardava di nascosto.
Il cuore di Kim sussultò non appena Fabien la guardò sorridendole, come se quello avesse spinto le sue dita sui tasselli di quella tastiera custodita dentro lei, risuonando note che componevano ritmicamente quella melodia incalzante ch'erano i battiti del suo cuore.
Lui le fece segno di seguirla fuori. Lei quasi morì.
Dopo qualche minuto, raccolse il coraggio necessario e lo raggiunse.
– Non ero sicuro che mi avessi visto.
– Sì, devi dirmi qualcosa? – si pentì subito della scelta delle sue parole, così dirette, sbrigative e distanti.
– È una notte incantevole non credi? – le disse rivolgendo lo sguardo al cielo.
Meno male, pensò, non ci ha fatto caso.
– Sì, davvero un cielo suggestivo.
– Lo sai Kimberly... non è facile per me affrontare questo discorso, ma ho bisogno di parlartene.
Il cuore cominciò di nuovo a batterle fortissimo. Da dentro iniziò a suonare la musica con un volume decisamente alto.
– Ma allontaniamoci da qui, c'è troppa confusione.
A passi lenti iniziarono a camminare, l'uno di fianco all'altro, in quella sera dall'atmosfera romantica. Non sapeva come riuscisse a contenere l'emozione.
Nervosamente, curiosa e impaziente si fermò: – Qui... va bene?
Lui annuii.
– Come volevo dirti – e gli si incespicò la voce – non è facile per me affrontare l'argomento, – si interruppe e prese fiato – questa sera non pensavo che avrei avuto questo dialogo con te, è un po' improvvisato, ecco...
Kim sorrideva dentro di sé, tutto questo non le pareva vero.
– Tranquillo, ti ascolto.
Lo disse con tutta la calma che poté fingere di avere, cercando di metterlo a suo agio, desiderosa che proseguisse a parlare.
– Vedi, pensavo che stasera ci sarebbe stata anche lei con te... dovresti farmi un favore, un grosso favore Kimberly – e il suo sguardo si fece serio.
– Dovresti parlare con Heloise e scoprire se è interessata a me. Ho cercato in qualche modo di avvicinarmi a lei, ma ogni volta che le parlo sono nervoso e sento che lei lo percepisce e si allontana da me, sento come un blocco, capisci? Pensavo... tu sei la sua migliore amica, dovresti sapere se...
Il mondo si tramutò in un film muto, non riuscì più a dire una parola e tutto attorno a sé aveva perso colore, non riuscendo neppure più a udire alcun suono, tutto aveva perso importanza. Lacrime morivano dentro di sé, inespresse.
Non dovevi, non dovevi farmi questo. Da padrone del mio sorriso sei passato a essere il fumo che annebbia il mio cuore, leggero, incorporeo, ma opprimente. I miei occhi sentono il bisogno di bagnarsi di dolore, e il mio cuore se ne sta straziando. – Pensò.
Lui voleva Heloise, non lei.
Doveva averlo capito ormai, eppure sentirselo confermare così apertamente, fu tremendo. Un profondo senso di rabbia la invase tutta, rabbia, contro quella ch'era stata la sua amica che, quella sera, in quell'ultima settimana, l'aveva abbandonata, le aveva portato via il ragazzo che ama, l'unico che le fosse mai piaciuto.
Kimberly non trovò le forze e il coraggio di rispondere a Fabien che attendeva silenziosamente una sua risposta e che immobile, rimase lì a guardarla andare via.
Non era colpa sua, ma di Fabien, lui si era preso una cotta per la sua amica. Lui le ronzava attorno e faceva il cascamorto. Non lei. Che forse si limitava a sorridergli, per gentilezza, per non ferire i suoi sentimenti. Al contrario di quanto avesse pensato lei.
Si sentì tremendamente in colpa e stupida.
Le squillò il telefono. Beatrice, la mamma di Hel:
– Kimberly, oh per l'amor del cielo, mi hai risposto, stai bene? Heloise è con te? Non rientra a casa da questo pomeriggio e non ha con sé il suo cellulare.
"Hel."
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Due chiacchere con Moon:
Ohi, ohi.
Brutta sensazione quella di essere respinta dal ragazzo che ti piace, per la migliore amica.
Cosa avreste fatto voi nei suoi panni?
E in quello di Heloise?
Drin, drin...
Il cellulare di Hel squilla, nessuna risposta.
Prossimo capitolo per sapere cosa succede.
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