12.
Morgana sorride verso il compagno. Il petto si gonfia in un respiro soddisfatto.
Sdraiata sull'erba, con gli incantesimi di protezione intorno, le sembra che quell'istante possa durare per sempre.
Lui le sorride di rimando. I loro vestiti sono sparsi da qualche parte vicino ai loro piedi, ma sembrano lontani anni luce.
Il ragazzo la guarda e si sofferma con lo sguardo su ogni dettaglio, scoprendola un'altra volta.
-Mi piacerebbe poter restare qui per sempre.
Dice lei, coricata supina, guarando il cielo limpido.
-Mollare tutto e restare qui con te. Cavarcela, in qualche modo. Insieme.
-Possiamo, se vuoi. Possiamo fare quello che vuoi, andare dove vuoi.
- Non possiamo, invece.
-Perché no? Non posso neanche tornare a scuola, ho schiantato quel pallone gonfiato di Grifondoro!
Aggiunge ridendo.
Lei ha l'aria mesta, si riveste lentamente, senza rispondere.
-Morgana, che hai?
-Ti ho portato qui per un motivo.
-Me ne sono accorto!
Interrompe lui, ammiccante.
Lo sguardo della ragazza gli spegne il sorriso.
-Ti ho portato qui per salutarti.
Merlino alza il sopracciglio, dubbioso.
-Non ci vedremo mai più.
-Cosa?
Spalanca gli occhi, rizzandosi a sedere. Attende una spiegazione, che però non arriva.
-Perché?
Aggiunge, sollecitando una reazione.
-Non posso dirtelo.
-Dove devi andare?
-Non posso dirtelo.
-Come sarebbe a dire non puoi... Morgana?
Lei non c'è più. Strano, non la ha vista smaterializzarsi. Come può essersene andata così?
Solo allora nota che di fronte a lui, nel punto in cui prima stavano i suoi occhi svolazza una piccola farfalla blu.
Improvvisamente, capisce.
"Tu."
Pensa, allungando l'indice. La farfalla si posa sulla punta del suo diro.
-E così sei tu. Un animagus non registrato. Perché non me l'hai detto?
Ovviamente, nessuna risposta.
-Hai intenzione di stare così finché non vado via? Hai delle domande a cui rispondere.
Silenzio.
-Non mi sembra un comportamento maturo da parte tua.
Morgana lo guarda imperterrito.
-Stai rendendo la situazione più difficile di quanto già non sia.
Sbuffa.
Con la mano libera tira fuori la bacchetta, le ali dell'insetto sono mosse da un tremito impercettibile.
-Revelio.
Dalla punta della bacchetta bombata partono una manciata di scintille di colore blu. Un piccolo lampo di luce e la ragazza è tornata normale. Ha gli occhi lucidi.
-Quello che volevo dirti te l'ho detto. Ora puoi andartene.
-Stai scherzando vero? Mi lasci così? E poi dove diamine dovrei andare? Probabilmente mi hanno già espulso.
Lei alza le spalle.
-Resta allora, se vuoi. Ma io sto aspettando un gufo e come arriverà spariró per sempre. Che tu sia qui, oppure no.
-Ti prego...
Lui si è alzato in piedi, si sta avvicinando. Sono sempre più vicini, le posa una mano sulla nuca con le dita tra i capelli attirandola a sé e quando le loro labbra stanno per incontrarsi, si sente il canto del gufo.
Si separano di scatto, lei alza gli occhi.
Un gufo dalle piume color miele e due macchie bianche intorno agli occhi sta planando verso di loro.
-Accio lettera!
Esclama Morgana, e Merlino arretra di un passo.
La apre frettolosamente strappando la busta e legge in un secondo il suo contenuto. Deve essere una parola, massimo due.
Alza lo sguardo e incrocia quello di lui, entrambi disperati. Senza dire nulla, in un attimo, è scomparsa. Smaterializzata. Chissà dove.
Il ragazzo si siede violentemente, quasi cadendo. Fissa il vuoto.
"Se n'è andata."
I tre ragazzi sono di nuovo sotto il mantello, cercano un corridoio deserto per frequentare la terza ora, dopo una discussione estenuante.
La rivelazione su Merlino, la bacchetta di sambuco, hanno prosciugato le loro energie.
"È quella, non c'è dubbio. Me la ricordo bene. Quindi l'unica spiegazione è che Merlino è un assassino."
Ginevra fa una smorfia di rammarico. Il ragazzo la ha sempre aiutata, le è stato vicino. Ci ripensa un istante.
-Io credo in lui.
Bisbiglia, sotto il mantello.
-Cosa?
Risponde Lancillotto a bassa voce.
-Merlino, io credo in lui. Se davvero ha ucciso l'ultimo possessore della bacchetta di Sambuco, allora deve essere stato per un motivo.
I due si guardano, e il ragazzino le sfiora la mano.
-Se tu credi in lui, allora ci credo anche io.
I loro sguardi intensi si parlano e si danno forza a vicenda. Fanno entrambi un piccolo cenno del capo di intesa, per incoraggiarsi.
-Shhh, zitti voi due. Arriva qualcuno.
Interrompe brusco il Grifondoro.
-Arriva qualcuno? Ma le lezioni sono già cominciate!
-Shh, arriva qualcuno vi dico! Guardate!
I tre si stringono nel pesante mantello, che li copre calzando perfettamente.
Godric Grifondoro sta accompagnando due studenti alla torre di presidenza, con aria davvero seria. Troppo.
Artù fa cenno di seguirli e i due non se lo fanno ripetere due volte.
-Mi avete convocato signore?
Chiede uno dei ragazzi, vestito di smeraldo.
-È sir Parsifal!
Esclama Ginevra.
-È il mio prefetto. Che diavolo ci fa con Grifondoro?
-L'altro è il tuo amico...
Aggiunge Lancillotto ammiccando, dando una piccola gomitata ad Artù.
-Sir Costantino, certo!
Ridacchia Ginevra. Artù gli rivolge un'occhiataccia.
I tre passano loro davanti e continuano a camminare, e i ragazzi si affrettano a seguirli.
-È successa una cosa, una cosa molto grave.
Dice Godric in tono cupo.
-Il castello è in pericolo. E noi faremo qualsiasi cosa per difenderlo, e ci aspettiamo altrettanto da voi.
I due ragazzi annuiscono insieme.
-Il diadema di Corvonero è stato rubato.
-Cosa?
Si fa scappare Parsifal ad alta voce.
-Abbassa la voce, ragazzo! Nessuno per ora deve saperlo.
Il corvonero si ferma di colpo e i ragazzi sotto il mantello non lo urtano per miracolo.
Gli altri due si voltano a guardarlo. Le gambe gli tremano, e Parsifal lo sostiene in fretta poco prima che si accasci a terra.
-Costantino! Costantino, che succede?
Il ragazzo respira affannosamente e si porta una mano sulla fronte. È pallido.
-Io, io mi ricordo...
-Ti ricordi? Cosa? In che senso?
Incalza l'uomo, apprensivo.
-È... difficile...
Il ragazzo vestito di smeraldo con un mossa sorprendentemente agile per uno della sua stazza afferra il compagno e lo prende di peso tra le braccia.
-Questa è magia.
Commenta.
-E non da dilettanti. Andiamo, prima che qualcuno ci veda.
I due attraversano freneticamente il corridoio, guardandosi intorno. Parsifal è ansioso, ha il volto teso, regge il compagno con fermezza. L'uomo invece ha un'espressione impenetrabile.
Arrivano davanti alla statua angelica e si fermano.
-Non vorrete salire davvero... giusto?
Sibila Lancillotto appena percettibile.
Gli occhi di Artù brillano.
-Certo che sì.
-Rivela i tuoi segreti.
Godric parla con voce tagliente.
La statua di pietra inizia a ruotare lentamente, con uno stridere somnmsso, rivelando una fitta sala a chiocciola.
Il tassorosso ha il volto impaurito, ma gli altri sono intenzionati a procedere. Dopo un comune cenno d'assenso, si infilano dietro i loro predecessori.
Merlino è confuso.
È stato diversi minuti a guardare il cielo quando si decide ad alzarsi. Si liscia i calzoni smeraldini e tira fuori la bacchetta.
È solo come non è mai stato in vita sua; Morgana se ne è andata e lui non ha idea di dove sia; Parsifal, l'unico che avrebbe voglia di vedere al momento, è lontano non sa quanto. Anzi, in realtà neanche lui stesso ha idea di dove si trovi al momento.
Pensa di materializzarsi a scuola, l'unico posto che considera suo, ma probabilmente se tornerà sarà per farsi appendere alla torre di astronomia per il collo. Decisamente una pessima idea.
É allora che capisce qual é l'unica cosa da fare. Qual é l'unico posto in cui andare.
Stringe la bacchetta di sambuco sino ad avere le nocche bianche, pensa a un pavimento di marmo nero, l'odore umido del tufo nero delle mura.
Chiude gli occhi, uno schiocco, sente il suo corpo annullarsi risucchiato, scomporsi, la sua coscienza si interrompe per un attimo per poi rimaterializzarsi in un istante.
Quando riapre gli occhi l'odore di muffa gli sta riempiendo di nuovo le narici. Sente una voce venire da qualche corridoio più in là.
"Nonno."
L'arazzo dei Gaunt, la serpe che si annoda sulla boccetta di assenzio, copre una parete intera. L'albero genealogico è alle sue spalle, il suo volto finemente ricamato spicca pallido in cima all'ultimo ramo.
Non si ferma neanche a guardarlo.
Ricorda il giorno in cui il nome e il ricamo del padre sono stati bruciati via dalla composizione. Fa male.
***
"Papà?"
Il bambino dalla zazzera biondissima cammina per il corridoio buio. Il senso di oscurità gli penetra nelle ossa come l'odore di muffa nei polmoni.
"Mamma?"
Un rantolo viene dalla stanza accanto. Come il bambino esce dalla sala, riverso in terra, prono, un corpo di donna, esanime.
I capelli biondo miele davanti al viso, le braccia e le gambe in una posizione assurdamente scomposta.
"Mamma? Mamma!"
Merlino si avvicina a piccoli passi, tocca il corpo con la punta del piede. Non ha il coraggio di spostare la chioma e guardarla negli occhi.
"CRUCIO!"
"AAAAH"
La voce del padre ormai stanca emette lamenti sempre più flebili in lontananza.
Segue le voci, e quando entra nella stanza i due uomini lo guardano immediatamente.
"Merlino, vai via, presto!"
Gli grida l'uomo in ginocchio, tendendogli la mano.
"Che ci fai sveglio a quest'ora, mio caro?"
Esclama l'anziano, tagliente.
"Non ascoltarlo Merlino, vattene!"
"Zitto. Adesso insegnamo a tuo figlio come si fa. Vieni qui, piccolo."
"No..."
"Zitto, ho detto. È la giusta punizione. Ti sei accoppiato con la feccia, con una donna senza magia. È questo che ti ho insegnato? Ad accoppiarti con le bestie?"
"Non... non è una bestia."
"È una maganó, che è peggio. E ora, tornando a te..."
Si volta nuovamente verso il bambino.
"Vieni dal nonno piccolo, forza."
L'uomo in ginocchio geme.
"Finiscila, o giuro che cruceró tuo figlio sinché non avrà più fiato in corpo, parola mia!"
Merlino avanza piano.
Il nonno tira fuori dalla tunica nera un'altra bacchetta, quella di suo padre.
"Vuoi che papà smetta di stare male?"
Dice, rivolgendosi al bambino.
Lui annuisce.
L'uomo si china e gli sussurra qualcosa all'orecchio.
"Hai capito?"
L'altro annuisce nuovamente.
"Su caro, non hai che da dirlo."
Merlino alza il braccio e guarda negli occhi il padre dallo sguardo supplicante.
Cerca di nuovo gli occhi del nonno per trovare incoraggiamento.
"Da bravo, avanti, papà starà subito meglio."
"Avada kedavra."
Un tenue lampo verde saetta dalla punta della bacchetta, debole, ma abbastanza per far crollare istantaneamente l'uomo davanti a lui.
"Non male Merlino, non male. Da oggi finalmente sei uno di famiglia."
Entrambi rivolgono lo sguardo alla bacchetta bombata.
"Tienila, adesso è tua. Te la sei guadagnata. Ho la sensazione che farete grandi cose, insieme."
***
Il giovane tiene la bacchetta davanti a sé. Non ama tornare in quella casa, quella in cui il nonno lo ha cresciuto. Non si fida di lui.
Ma è l'unico che può aiutarlo a ritrovarla adesso.
Sente risate provenire dall'altra stanza. Quella stanza.
Sospira.
-Brindiamo, mio caro Salazar!
Ormai è dietro la pesante porta di legno. Si ode il tintinnare di bicchieri.
-Ce l'abbiamo fatta, a quanto pare. La ragazza se ne è andata col diadema.
"La ragazza?"
Pensa Merlino aggrottando lievemente la fronte, trattenendosi dall'entrare.
-È proprio vero che l'amore rende ingenui. E dire che è l'erede diretta di Corvonero.
-Sai caro cugino, ho idea che l'acume di Corvonero sia un po' sopravvalutato di recente.
Qualcuno ridacchia, forse entrambi, il ragazzo non riesce a distinguerlo. Il sangue inizia a ribollirgli nelle vene.
-Non gli permetterai di sposare tuo nipote, dunque?
"Morgana. È stato lui. É stato lui a portarla via da me."
Gaunt sbuffa. Merlino lo immagina fare le spallucce.
-Ti dirò, Salazar... alla fine, dopo tutto quello che passeranno, penso che saranno loro stessi a non volerne più sapere l'uno dell'altra.
"Questo è troppo."
Punta la bacchetta di sambuco davanti a sé con sguardo deciso.
-Bombarda!
La porta si infrange in un miliardo di schegge di legno verde.
I due uomini si alzano di scatto.
-Merlino caro, quale piacere!
-Oh, risparmiami le tue stronzate, Serpeverde.
Risponde lui, con la bacchetta fissa sugli altri due.
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