CAPITOLO DECIMO - parte 1

Tyler accese un sigaro e se lo portò alla bocca.
-Ho conosciuto la madre di Giusy circa tredici anni fa... Ci siamo frequentati per poco più di un mese, ed eravamo molto felici... Poi lei rimase incinta-. Fece cadere la cenere sul tavolo e continò: -Non ne era felice. Aveva paura di non essere capace di crescere un figlio, e diceva di non sentirsi pronta. Io però l'ho supportata più che ho potuto, e così siamo riusciti a gestire la situazione per i primi tre anni... E poi...-.
-E poi?- disse Rouge, con un filo d'indecisione.
-E poi lei se ne andò. Diede la colpa al mio lavoro, disse che non voleva stare accanto ad una persona disonesta come me, e che tantomeno voleva crescere Giusy da sola... E così se ne andò via, lasciando la bambina di tre anni tra le mie braccia...-.
La ragazza aggrottò la fronte. Persona disonesta? Che tipo di lavoro faceva Tyler?
Nella sua mente apparve ancora l'immagine dell'uomo chinato a terra sul pavimento di quell'appartamento... Che cosa stava facendo?
-E così ho cresciuto Giusy da solo... Lei per me è stata la cosa più preziosa, il bene che le ho voluto non è paragonabile a nient'altro al mondo-.
-E lei, la madre, non si è mai più fatta vedere?- chiese Rouge.
Tyler scosse la testa. -Mai. Io però le ho pensato molto, credo di volerle ancora bene, nonostante tutto...-. Poggiò il sigaro nel posacenere e volse ancora il suo sguardo a Rouge. -Poi l'hanno uccisa. Hanno ucciso Giusy davanti ai miei occhi, ed hanno fatto in modo che colpa ricadesse su di me-.
-Come hanno fatto?-.
-A dire il vero non mi va molto di parlarne, volevo solo che tu sappia che non sono stato io ad ucciderla, anche se i giornali hanno detto il contrario- dicendo questo le porse un foglio di giornale strappato ed ingiallito, ove era stampato l'articolo che parlava della morte di Giusy. Tyler l'aveva letto mille volte, negli ultimi dieci anni.
Rouge passò gli occhi sulle scritte e soffermò lo sguardo sull'immagine posta in basso a destra. Ritraeva Tyler, più giovane, ma con lo stesso sguardo.
-Che lavoro fai?- chiese infine timidamente, senza staccare gli occhi dal foglio che reggeva tra le mani.
-Sapevo che l'avresti chiesto... Beh, è una cosa un pò particolare... Prometti di non parlarne mai con nessuno?-.
La ragazza annuì ed incrociò il suo sguardo con quello dell'uomo.
-Lavoro per una persona, preferisco non dirti il nome... In sostanza il mio compito è nascondere i suoi delitti, modificare le scene del crimine in modo da far apparire i suoi omicidi come suicidi, o come omicidi da imputare a qualcun'altro. Ricordi la sera in cui mi hai incontrato?-.
Rouge annuì ancora.
-Stavo lavorando. Ho ripulito quell'appartamento-.
La ragazza osservò l'uomo con faccia stupita.
-Lo so, non è un lavoro onesto, ma... È ciò che ho sempre fatto, e non me ne vanto di certo ma neanche fingo che non sia così... Mi dispiace soltanto che lo abbiano usato contro di me, per uccidere Giusy-.
-Che intendi?-.
-Vedi, dieci anni fa avevo fatto un errore durante la ricostruzione di un finto suicidio, e questo è costato la galera ad un importante socio ed amico del mio datore di lavoro. Lui ha voluto punirmi, e così...- si interruppe per riprendere fiato, poi finì la frase con voce tremante: -Così ha ucciso Giusy, ed ha fatto in modo che l'assassino sembrassi io... Mi ha mostrato come dovevo fare, come si nascondeva bene un omicidio... Ha voluto che lo ricordassi bene-.

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