𝐗𝐗𝐗𝐈𝐕
È la mano sottile di un coetaneo a tappare la bocca di Emily. In strada verso il bar, poco prima dell'esplosione, un gruppo di ragazzini è apparso dal nulla. Emily ha potuto ben poco. Per quanto si sia divincolata e sia persino riuscita a centrare il cavallo dei pantaloni di uno di loro con la punta della scarpa, ricavando quello che alle suo orecchie appare come un delizioso urlo di dolore, pel di carota non ha la forza di affrontarli tutti e quattro... o cinque. Non ne è nemmeno sicura.
Avviene in un secondo, il medesimo tempo necessario a Benjamin per fare una strage e suicidarsi, il medesimo tempo necessario a John per finire in una trappola di fuoco, ma non il tempo necessario ad Arthur per accorgersi di ciò che sta accadendo e raggiungerla.
Emily viene letteralmente sbattuta nel bagagliaio di un auto. Piccola com'è entra a perfezione, certo è che per come si dimenava hanno dovuto infagottarla in un lenzuolo e legarla con una corda in modo molto approssimativo. Dilettanti, pensa Emily. Non respira con il lenzuolo davanti alla faccia, deve moderare l'ossigeno che entra nei polmoni per sopravvivere. Questo le suggerisce che nessuno di quei ragazzini sia o conosca il Pittore, convinta inoltre che lui avrebbe fatto un nodo migliore e con meno impegno.
È allora che avviene l'esplosione. Quel boato la spaventa, le dà un terribile presentimento e accelera il suo battito cardiaco. E sebbene l'auto sia già partita, si ferma solo un istante per dar modo ai rapitori di imprecare e farsela addosso dinanzi alla colonna di fumo che vedono tra gli edifici.
"Che cazzo fai?" sente Emily da dentro l'abitacolo. "Rispondi al telefono? Sei coglione?"
E più coglione è quello che ha parlato per insultare l'amico. Emily è rincuorata da quell'errore, ma a malapena sente il telefono quando viene lanciato sull'asfalto prima che l'auto riparta a tutto gas.
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