𝐗𝐗𝐈𝐕

13 gennaio 2020

Patrick Paulson si è spinto oltre il confine della legalità. Le azioni di quel pover'uomo sono più che comprensibili agli occhi del Pittore. Ha perso tutto con la morte della sua compagna Sarah e dal tre dicembre dell'anno appena trascorso, non riesce più a vivere nello stesso modo. L'assenza della donna s'è fatta via via insostenibile. Dallas lo capisce. Era bellissima, adorabile, cortese, una delle donne più gentili che abbia mai conosciuto. È un bene che avesse lavorato come cassiera dell'autogrill, poiché dava a Sherstone una splendida prima impressione. E forse proprio lei lo aveva convinto a non anticipare la partenza. Perché sì, Dallas ha avuto un momento di debolezza, di stanchezza, in cui ha meditato di andarsene e tornare al suo vecchio lavoro di New York.

"Sei diverso. Sei cambiato." Aveva detto Lia all'altro capo del telefono. Quella ragazza era stata sua collega per diversi anni. Conosceva tutto di lui, era forse l'unica donna con cui aveva provato a confidarsi di sua volontà. "Quel che stai vivendo ora è un periodo di confusione, in cui desideri tornare alle vecchie abitudini. Forse speri di esser preso, fermato."

Stronzate, ha pensato Dallas storcendo le labbra in una smorfia scettica. In fondo è vero, desidera follemente d'esser catturato e che qualcuno corra in suo soccorso, così che tutto torni com'era qualche tempo fa. Eppure come si può pensare che quel periodo di stabilità possa superare il suo grande piano?

Cosa si sarebbe perso, se l'avesse fatto realmente.

Vedere il buon Patrick oltrepassare la soglia d'abitazione è elettrizzante. Dà speranza a Dallas d'esser in un luogo peggiore di quel in cui realmente è. L'uomo meno sospettabile di un'infrazione è lì, che sbircia all'interno delle stanze nella speranza di trovare un qualunque indizio incrimini il suo presunto assassino. E dunque Dallas l'ha accontentato, conscio d'esser in cima alla sua lista di sospettati.

È un vero classico, capace di raggelare il sangue nelle vene di chiunque. All'interno dello studio, Patrick può trovare una pila di tele bianche di diverse dimensioni. Una nello specifico cattura l'attenzione dell'uomo quando le scruta incuriosito: poggia a terra ma è grande abbastanza da arrivargli all'altezza dei fianchi. Sulla facciata c'è una scritta a matita.

Patrick Paulson, 13 gennaio.

Come può essere più chiaro di così? Se lo chiede Dallas mentre osserva la scena dal telefono, attraverso la prospettiva di una delle videocamere nascoste. Eppure sembra che l'ipotesi non giunga immediata nella testa dell'intruso.
"Non un gran detective." Mormora Dallas tra sé e sé, piazzato proprio al di fuori dell'abitazione, nella sua automobile un isolato più in là. Con i due pollici fa uno zoom sul volto dell'intruso e scuote la testa fino a quando non nota il pallore tingerlo da fronte a mento. Si guarda attorno, cerca la minaccia. Capisce. Finalmente. Dallas si stava stancando.

Le mani di Patrick tremano, sudano, sono incerte quando lasciano la tela e cercano la maniglia della porta. È irrequieto, non più tanto sfacciato nel violare la proprietà privata di colui che ha subito additato come assassino. E aveva pure indovinato. Quale spreco! Cammina nel labirinto dell'adorabile casetta. Trova la forza necessaria a non barcollare, ma il sangue è sceso tutto alle gambe per dargli garanzia di fuga. Il cervello, improvvisamente privo d'ossigeno, è disorientato, confuso. Naviga tra quelle stanze come se fossero pronte a inghiottirlo.
E infine raggiunge l'entrata principale. La mano sinistra la tocca, come ad accertarsi che sia reale, poi la destra crolla sulla maniglia e con due confusi e irrequieti tentativi riesce ad abbassarla. Sente già l'aria che soffia sul viso, sente l'odore della libertà. Ma c'è qualcosa a sbarrarla. Un'ombra che si rivela nel momento in cui la porta è completamente spalancata.

"Manca anche a me." Si permette di dire, mentre Patrick accumula in gola la voce. Eppur sa che se anche gridasse, non vi uscirebbe niente. È istintivo, l'adrenalina e lo spavento hanno contribuito a quella boccata d'aria che non avrebbe portato a niente. Il bruno prosegue. "Pensala così: tu almeno la rivedrai presto."

20 settembre 2021

Svolazzano al vento i fili di rame come fiamme ardenti. Dallas ne è ammaliato, stregato. La osserva immersa nell'erba del parco, con un libro tra le mani: Guarda o muori, un titolo così adatto a una piccola detective caparbia. Emily è speciale e il suo sangue lo è; scorre nelle fragili vene della sedicenne come oro liquido, la prova di un'eredità che su tela rappresenterà senza dubbio il capolavoro assoluto del Pittore. Dallas assapora fin da ora l'istante della vittoria e il conseguente dolore di John, il fallimento di un uomo che non ha saputo tenergli testa, contaminato dai sentimenti e privo della lucidità necessaria a proteggere tutto ciò che gli rimane di più caro: sua figlia.

Dallas quasi comincia a credere di dover temere più lei di suo padre, di star giocando con il Woodroof sbagliato. Ed ecco che nell'istante in cui gli torna in mente, Emily solleva il capo. Percepisce gli occhi del predatore su di sé, riesce persino a identificarli in un battito di ciglia. Incrocia il suo sguardo. Dallas ricambia con un sorriso e con un cenno della mano.

Diamine, l'ha colto in flagrante, l'ha inchiodato sul posto al di là della strada e sovrappensiero. Che lei sappia? No, Dallas lo esclude. Ma se lo sapesse? Lo direbbe a John? Avviserebbe qualcuno dei suoi sospetti? Forse no, nemmeno quello. Ci pensa, il Pittore, se lo domanda. Se fosse la sua nuova Rebecca Romano?

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