𝐗𝐗𝐈𝐈
17 settembre 2021
Suonata la campanella, Emily è l'ultima a dirigersi verso la porta della classe. Non ha mai avuto più occhi addosso a fine lezione, compresi quelli del professor McGregor che, intento a sistemare i fogli sulla cattedra, osserva la scena a mento basso da sotto le ciglia. Non ha necessità di trattenerla esplicitamente, stavolta; è Emily a rimanere sola assieme a lui nell'aula della scuola.
"Dov'è l'agente?"
"L'ho convinto a rimanere fuori oggi. Mi ha dato questo." così dicendo pel di carota tira fuori dalla tasca una sorta di radiolina. Josh annuisce e si siede dietro la cattedra facendole cenno di chiudere la porta. E sebbene sul piccolo e lentigginoso viso della ragazza si formi una smorfia a seguito di quell'ordine, decide di obbedire e far forza sul proprio orgoglio, solo perché è la prima a voler rimanere in quella stanza con lui.
"Non è strano?" domanda Josh.
"Cosa?"
"Che abbia deciso di rimanere fuori."
"No, la polizia di Sherstone è addestrata male. Per questo mio padre fatica tanto; gli remano tutti contro, gliel'ho detto. E poi ha fatto la scelta giusta. Lo vedevo annoiato negli ultimi giorni."
A quel punto, il professore non può far a meno di alzare le mani in segno di resa. Se la polizia è così mal addestrata come lei dice, tener fede all'impegno preso è molto importante. Eppure, ci sono cose che preoccupano Josh più di un serial killer a piede libero. D'altronde è il suo lavoro, spetta a lui educare i ragazzi di quel liceo e spetta a lui notare i loro cambiamenti, mentre ciò che stanno facendo assieme - infrangendo la legge - sarebbe compito di quella polizia incompetente di cui parla tanto la Woodroof.
È lei a consegnare a Josh la cartellina che aveva minuziosamente fotocopiato lontana dagli occhi del padre e dei suoi stolti colleghi: al suo interno vi sono tutte le informazioni raccolte sul Pittore, le poche prove presenti sulle scene del crimine, il codice di sequenziamento del suo DNA maldestramente incompleto e insufficiente per la sua registrazione nella banca dati, persino un rapporto del detective Woodroof sull'ipotetico profiling del ricercato numero uno della contea.
Josh la prende in consegna, ma prima ancora di aprirla si dimostra interessato a ben altro. Così, col palmo aperto sulla cartellina, mette in pausa quella conversazione per cominciarne un'altra che riguarda Emily da più vicino. "Tu stai bene?" lo domanda con la fronte aggrottata di preoccupazione. Lei si siede al di là della scrivania, poi annuisce e in Josh provoca un sospiro sofferto. "Sai chi ha messo in giro le voci?" chiede in seguito. Emily non esita a far nomi.
"Wesley Adams." confessa, dimostrando di esser figlia di un detective, sempre pronta a denunciare. Ciononostante, quando lui le offre aiuto, viene a galla anche la seconda faccia della medaglia: la testardaggine, l'orgoglio, l'incoscienza di chi pensa di potersela cavare senza l'interferenza di nessuno.
"Ne parlerò con la direttrice." afferma lui.
E lei lo interrompe all'istante. Nemmeno vuol sentirglielo dire. "No. Me la vedo da sola."
Per Josh è impossibile non sollevare gli occhi al cielo e, incredibilmente, trova ancora le forze di contraddire il suo volere e insistere. "Emily, lascia che ti aiuti." l'inutile supplica di un uomo che potrebbe di certo risolvere quel problema con una semplice chiacchierata dalla Ferguson. Ma la Woodroof scuote ancora la testa e poi, accantonando di sua sponte quella proposta quasi come se Josh non l'avesse mai avanzata, ruba il ruolo del professore cominciando a porre le sue di domande.
"Lei ci crede?"
"Alle voci?" cerca conferma, osservando l'ennesimo silenzioso cenno della testa di Emily. Non riflette troppo sulla risposta, d'altronde non ha avuto tempo materiale per farsi un'idea. "A dire il vero, questa è la prima volta che ci penso."
"E il verdetto?" fa pressione lei, curiosa, con espressione neutra e illeggibile.
Josh ci pensa su, puntandole gli occhi addosso e studiando chissà quale dettaglio, per poi giungere a una personale conclusione. Matura, come quella che erroneamente Emily si aspettava fosse l'opinione dei suoi coetanei. "Che se fosse vero non sarebbe così degno di nota. L'unica cosa importante è che non ti faccia alcun male."
La Woodroof si ritiene soddisfatta di quella risposta. La spiegazione, breve e concisa, riempie la spazio che intercorre tra loro, rilassando le spalle di entrambi. "Lo conosco appena."
"Capisco."
Non è che a Josh interessi poi molto, a giudicare dalla sua reazione, ma in un qualche modo quella frase distende i suoi nervi, appiattendone la rugosa fronte che fino a poco fa esprimeva preoccupazione quasi paterna. "Lei crede che il pittore mi prenderà? Manca un mese ormai."
La domanda arriva inaspettata, quando ormai Josh crede sia arrivato il momento di esaminare la cartellina che ha sotto mano.
"Hai paura?" domanda lui, di rimando.
"No."
Con un sorriso, forse tra lo scettico e il divertito, Josh risponde nella speranza di infonderle un po' più di sicurezza. "Allora credo che tu prenderai lui."
Il tempo nell'aula scorre tiranno. La campanella che impone l'inizio della prossima lezione freme dal desiderio di far eco nei lunghi corridoi. E il silenzio che cala tra insegnante e alunna lascia spazio all'immaginazione di quest'ultima: è la prima volta che osserva Josh McGregor da quella breve distanza. I suoi occhi chiari accarezzano con sguardo innocente i capelli castano scuro, tendenti al riccio, scivolando poi sui lineamenti del viso, sugli occhi stanchi che corrono sui documenti del fascicolo e sulle labbra rosate che si muovono in dei sussurri dettati dal flusso di coscienza o dalla lettura. Le sue compagne non avevano torto, in fin dei conti: Josh è proprio un bell'uomo e il suo carattere buono e disponibile lo rendono più appetibile di chiunque altro nella contea. Eppure, non ha la fede al dito e, che tu sappia, nemmeno una donna al suo fianco. Emily si domanderebbe come sia possibile, ma è ben conscia della risposta: è nella città sbagliata.
"Lei non è di Sherstone, vero?" è la domanda della giovane rossa a interrompere la lettura di Josh. Gli occhi dell'uomo cambiano obiettivo e mettono a fuoco il viso della ragazza. Lo stava fissando? Se ne accorge solo ora, a quanto pare, poiché confuso - come risvegliato da un lungo sonno - risponde dopo alcuni secondi.
"No, vengo da San Francisco."
"E come ci è finito qui?" prosegue lei, curiosa dei trascorsi del suo professore.
Josh scocca la lingua sul palato, ci riflette appena un secondo, accompagnando quella pausa con un pesante respiro e appoggiandosi allo schienale della sedia. "Avevo bisogno di un po' di tregua. La California è chiassosa." ammette con un sorriso timido, appena accennato.
"Se io avessi bisogno di un po' di tregua, me ne andrei in vacanza. Di certo non mi lancerei a capofitto in una nuova vita, nella contea più dimenticata da Dio."
Che sia una frecciatina? Josh se lo domanda a seguito della lettura dei documenti. Nel profilo che il detective Woodroof aveva fatto sul Pittore c'era la provenienza da un'altra città, con tanto di nota "una grande metropoli". A Josh sfugge il motivo di quell'ipotesi, ma l'idea che la figlia stesse sviluppando dubbi sulla sua bontà gli sfiora il pensiero. Lo ricaccia via immediatamente, tornando sereno e cercando di non sembrare colpevole solo per paura di dare quell'impressione. Josh ne ha visti di innocenti dietro le sbarre, in vita sua; non vuole seguire la loro sorte. "Non è poi così male. Credo ci sia una ragione valida alla mia scelta; forse dovevo incontrare tutti voi, forse dovevo incontrare te e offrirti aiuto." risponde come suo solito, scrollando le spalle e tornando a puntare i gomiti sulla scrivania, riavvicinandosi alla ragazzina.
Emily, imperturbata, tira le somme giungendo a una conclusione. "Crede nel destino, quindi."
"Tu no?" rilancia Josh, curioso di una risposta che già crede di conoscere.
"Non avendo visto altro che questo paese di retrogradi, voglio ben sperare che il destino non esista. Temo di scoprire d'esser condannata a questo posto per sempre. Come vede, non fa per me."
E il professore non potrebbe esser più d'accordo. Con un sorriso, ora più accentuato sulle labbra, McGregor scuote la testa. "Decisamente no."
"E nemmeno per lei."
"Tu credi?"
"Sì." mormora Emily, schiudendo a malapena le labbra, quasi stesse parlando da sola. "San Francisco le si addiceva di più."
Le sopracciglia inarcate di Josh e il capo chinato di lato, danno a pel di carota la sensazione di aver colpito nel segno solo in parte. Forse sotto sotto lo crede anche lui, ma c'è qualcosa che lo lega a Sherstone... qualcosa che Emily non può identificare. Non prendiamoci in giro, siamo onesti: alla piccola Woodroof puzza qualcosa di quell'uomo. Il suo aiuto nella risoluzione del caso, la protezione nei suoi confronti, le voci che giravano su di lui e su Jane, poi quell'aura di bontà che lo circonda agli occhi di tutti. Quello è il perfetto volto del Pittore. E se inizialmente s'è avvicinata per indagare su di lui e togliere il padre dalla pista di Thomas Williams, ora che sa che quest'ultimo sia indifendibile su altri fronti, pel di carota sta stringendo quel pericoloso rapporto perché convinta di aver trovato il suo uomo. Eppure, non l'avrebbe detto a nessuno, gli avrebbe concesso il tempo di fare il suo gioco e di manipolarla come aveva fatto con ogni sua vittima dai capelli rossi naturali. Se avesse avuto ragione su di lui, al primo segnale di colpevolezza, avrebbe trovato il modo di avvisare il detective. O almeno è ciò che spera.
"Mio padre è convinto che io lo conosca." alza il livello della conversazione, attirando nuovamente gli occhi dell'uomo su di sé. Josh annuisce. A Emily sembra la persona più innocente del mondo: e se si fosse sbagliata? Esiste davvero qualcuno in grado di fingere così bene?
"Lo penso anch'io." afferma il professore, mentre pel di carota si sporge appena sulla cattedra. Josh vede in lei l'ingenuità di una bambina, lo sguardo distratto e l'espressione genuina di chi non riconoscerebbe la malizia nemmeno a sbattergliela davanti. Eppure, la vicinanza che quella sua posizione pone tra loro, riesce a farlo sentire una preda. Lo sta facendo di proposito? O è talmente a suo agio da non trovare niente di sbagliato in quell'invasione di spazi? McGregor prosegue con la sua spiegazione, senza cambiamento alcuno nella voce o sul viso. "È entrato in camera tua quando sei uscita e, a quanto dici, non è stato un caso fortuito. Sapeva che tuo padre ti avrebbe avvisata, sapeva che ti avrebbe impedito di accompagnarlo e sapeva che avresti disobbedito."
"Mi sta spiando." conclude lei accigliandosi. Josh fa lo stesso quasi nell'immediato. Osserva il telefono che la ragazza aveva posato sulla cattedra a faccia in su e lo indica perplesso.
"Posso prenderlo?" Emily annuisce, gli lascia carta bianca. "C'è altro che porti sempre con te?"
"L'orologio." risponde lei dopo una rapida riflessione. Gli porge anche quello e all'improvviso il professore di biologia si trasforma in quello d'informatica, smontando alcuni pezzi dei due oggetti e tirando fuori degli affarini minuscoli che, a vederli così, sembrerebbero quasi degli insetti. "Che diamine è?" domanda la ragazza, confusa e colta da piccoli brividi ghiacciati lungo la spina dorsale. In fin dei conti, può benissimo immaginarlo senza bisogno di una risposta, ma attende comunque una conferma.
"Questo è un localizzatore" mormora Josh, indicandole uno dei due apparecchi. Poi sosta il dito sull'altro e continua. "Questo invece è un microfono spia. Ed ecco perché è così informato."
"Ci sta sentendo anche adesso?" il sussurro della rossa provoca un sorriso sulle labbra di Josh, consapevole che anche con quel tono di voce, a quella distanza dal microfono, il killer avrebbe potuto sentirla. Lui annuisce e la domanda segue istantanea, con lo stesso inutile sussurro. "Potrei averne altri?"
È a quel punto che McGregor disattiva i due dispositivi, distruggendoli sulla cattedra dura. Un consiglio viene dato poco dopo. "Avvisa tuo padre. Fatti controllare la stanza, potrebbe averne messo qualcuno durante la sua visita."
"Possiamo risalire alla vendita?" la promettente detective pone una domanda valida, ottima anzi. Josh è sorpreso dalla velocità con cui gli viene posta. Non ci ha riflettuto un istante. Ed è allora, con la risposta del professore, che Emily nutre un piccolo dubbio.
"Noi? La vedo dura." afferma l'uomo.
"Ma la polizia non è in grado." lo provoca lei.
Ed ecco la risposta più ambigua che potesse ricevere. "Fidati di tuo padre."
Che il killer sia fan di quest'ultimo non c'è dubbio, che tessa le sue lodi nemmeno, ma affidare quel compito a lui con il rischio di lasciargli una prova impugnabile per incriminarlo... insomma, chi lo farebbe? Sarebbe stupido, a dir poco incosciente. Nella mente di Emily regna di nuovo la confusione. Se pensava che la sua vicinanza avrebbe incastrato ogni tassello, si sbagliava di grosso.
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