𝐗𝐕𝐈𝐈
New York, febbraio 2010
Snyder non è avvezzo a frequentare postacci simili. Il Paradise, come chi lo abita, pullula d'illegalità, emana il fetore della corruzione che a lui nessuno ha mai osato confermare. Quando il suo nome strisciava tra i muri del club e i dipendenti facevano passaparola in sua presenza, quel luogo assumeva l'aspetto di un qualunque locale notturno della metropoli: non la destinazione più adatta a uno come lui, ma una mela meno marcia del solito. La sua direttrice aveva avuto modo di conoscere la morale ferrea e l'integrità del neo-investigatore; ciò l'aveva spinta a inserire nome e volto nella bacheca della lista nera, di quei pochi agenti di polizia ancora in grado di rifiutar mazzette. E Kyle neanche ci sarebbe tornato lì dentro, ma il suo lavoro glielo stava imponendo. Si è persino offerto di andare solo, lasciando che Green si occupasse di riordinare le scartoffie nel suo ufficio, in cerca di un qualche indizio sul caso che gli fosse sfuggito.
Così, controvoglia ma armato di un sorriso sghembo sul volto, Kyle si fa spazio tra i clienti del nightclub, illuminato da luci rosse e viola, fino a che non giunge dinanzi a pochi passi dal bancone bar. Lì avrebbe trovato il suo uomo: Giacomo Parioli.
Il bodyguard dai capelli corvini, nonché capo della sicurezza, nota l'investigatore ancor prima che gli si avvicini. Dunque solleva gli occhi al cielo; lo fa soltanto quando sa di esser visto, assicurandosi che il messaggio arrivi dritto a destinazione. Quando Snyder è nei paraggi non è un brutto segno, ma decisamente un'evitabile scocciatura. Giacomo non aveva ancora avuto modo di scambiarci due chiacchiere, eppure aveva udito la sua voce in passato, nell'ufficio della sua datrice di lavoro, quando si era preso la libertà di farvi irruzione senza attender conferma della donna. Trovò Kyle, la sua faccia da schiaffi e la strafottenza di uno sbirro un po' troppo convinto che avrebbe trovato prove impugnabili per far chiudere l'attività. Non che avesse torto, Giacomo è pienamente consapevole dell'intuito del detective, in quel club c'erano mille eventuali prove della sua irregolarità... ma chi mai l'avrebbe ascoltato? Il giudice Copson? O il giudice Abbot? Quale dei tanti a cui la donna aveva offerto un buon whiskey?
"Cosa posso fare per lei, detective?" domanda il bodyguard con finta curiosità.
"Seguirmi in un posto più appartato. Le devo fare qualche domanda."
Giacomo accenna un occhiolino di scherno, lasciando intendere come giungesse quella richiesta alle orecchie di un estraneo. Kyle non può far altro che ignorarlo prima di farsi accompagnare in uno dei corridoi isolati del club. Lo riconosce, riconosce la porta tagliafuoco che dà sul retro. E senza nemmeno aprirla per posizionarsi nel parcheggio - probabilmente popolato anch'esso - Giacomo tira fuori una sigaretta, l'appende tra le labbra e ne offre una al detective. Egli rifiuta, per poi osservare la fiamma dell'accendino consumare l'estremità della cicca.
Il barman fa cenno di attendere una sua domanda, la prima delle tante. Snyder delucida fin da subito le sue intenzioni tirando fuori un taccuino e una penna, causando una contenuta ilarità sul viso del suo interrogato.
"Dov'era la notte tra il dodici e il tredici febbraio?" Giacomo viene catapultato in un racconto giallo. Ciò non gli causa sofferenza, timore, né lo mette sulla difensiva, piuttosto lo rallegra. Riesce persino a trovare la lucidità necessaria a disegnare nella bocca del detective una pipa e sulla testa un cappellino grigio a quadri.
"Sono sospettato di qualcosa?" rimanda il bodyguard esalando il fumo di sigaretta, costruendo ad ogni tiro uno cappa di nebbia attorno a loro.
"Dove si trovava?" insiste il biondo.
"Qui." risponde poi il moro, fiducioso di sé e del proprio alibi.
"Conosceva la signorina Rebecca Romano?"
"Può descrivermela? Conosco tanta gente." ma lo sguardo truce del detective fa sollevare le sopracciglia a Giacomo, sorpreso da tanta serietà. Cosa mai avrebbe dovuto dire? È un nome come un altro. "Così non mi dice niente."
"Questo è strano, perché mi è stato detto che l'ha accompagnata a lezione di danza un paio di volte."
Ed ecco che all'improvviso un nome gli sovviene. Giacomo porta una mano alla fronte, la batte col palmo aperto imitando la teatrale scenetta di un film comico. Appare così sarcastico da far saltare i nervi al detective, già pronto con le manette alla cintura; meriterebbe di esser trattenuto per quell'atteggiamento, ma sa... purtroppo sa che Giacomo Parioli sarebbe uscito indenne dalla centrale.
"L'è venuto in mente, huh?!" prosegue il detective con sarcasmo. Che reputi Giacomo Parioli un sospettato? No, sa che l'atteggiamento sarebbe stato il medesimo di qualunque argomento avessero parlato. È la presenza della legge a infastidire il bodyguard.
"La ballerina! Certo! La ricordo bene." annuisce così il moro, dando spunto ad altre domande.
"In che rapporti eravate?"
"Eravate?"
Finalmente Giacomo nota il tempo imperfetto e si cura di chieder delucidazioni a riguardo. Snyder reputa il quesito un buon segno, ma sa che Parioli non è un totale idiota, tutt'altro, è qualcuno da cui guardarsi bene.
"È stato trovato il suo cadavere. L'autopsia indica che la morte dovrebbe essere avvenuta tra le undici di sera del dodici febbraio e le due del tredici. Lei ha qualcuno che confermi la sua presenza a lavoro?"
Kyle non può affermare che il giovane sia impallidito a causa delle fuorvianti luci del locale, ma da come cambia espressione sembra proprio intento a farlo. Eppure, sente di non potersi fidare, sente che la sua sia una mera messa in scena. Ne ha avuto assaggio dal suo capo: quella donna è solita manipolare chi ha dinanzi con piccoli siparietti perlopiù drammatici. Chi gli dice, dunque, che i suoi dipendenti non siano bravi almeno la metà di quanto brava sia lei? A maggior ragione Giacomo, un uomo di cui ricorda il primo incontro degno, un uomo talmente in confidenza col proprio superiore da entrare nel suo ufficio senza bussare.
"Abbiamo delle videocamere di sorveglianza in questo locale." risponde a mezza voce, riprendendosi dallo shock e forzandosi a rimanere lucido per la durata dell'interrogatorio.
"Posso vederle?"
"Deve chiederlo a Mickey Mouse, ma per una situazione tanto delicata sono certo nessuno glielo impedirà."
"Mi prende in giro?"
"Il suo vero nome è Denis, lo chiamiamo Mickey Mouse perché sembra un poppante ma è un gran cervellone. Non lo sottovaluti. Lo trova al primo piano, di fianco alla zona caffè."
Kyle annuisce, appunta mentalmente quell'informazione, non molto entusiasta all'idea di parlare di nuovo con il capo. Giacomo nota il sudore sulla sua fronte e il cambio repentino d'umore. Se non con un trattenuto sorriso, non dimostra in altro modo la scoperta appena fatta.
"Io e Rebecca eravamo a malapena amici. Quelle due volte in cui l'ho accompagnata è stato per una pura coincidenza." risponde infine alla domanda di cui avevano ignorato l'esistenza.
"Cosa intende con coincidenza?"
"L'ho conosciuta in un pub, abbiamo parlato, scambiato qualche risata e poi persi di vista. Il destino ha voluto la incontrassi in un caffè qualche giorno dopo. C'erano un paio di ragazzi molto insistenti nei suoi confronti, così le ho offerto di accompagnarla piuttosto che lasciarla sola alla metro. Le ho lasciato il numero e quindi la seconda volta mi ha chiamato."
"Con che motivazione?" domanda il detective, confuso. Che sia dinanzi all'autore della lettera?
Giacomo ci riflette, prende l'ennesimo tiro di sigaretta, ormai finita. Poi ammette. "Si sentiva sola. Voleva compagnia."
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top