𝐗𝐕𝐈
Gli scarponi calpestano il terreno arido fino a che non raggiungono il nastro giallo che delinea il perimetro. Woodroof sta per farsi spazio tra poliziotti e giornalisti, con aria piuttosto irritata, convinto che avrebbe trovato il corpo di Lizzie. Quella povera donna doveva essere avvertita, avrebbero dovuto cercarla, non fermarsi al primo ostacolo. Eppure, ciò che l'intero dipartimento si era limitato a fare, è stato accomodarsi sulla barcollante testimonianza di una presunta vacanza verso nord. John è furioso, lo è ancor prima di vedere il cadavere dissanguato e massacrato della finta rossa, uno dei più acerrimi nemici del pittore. Sa cosa aspettarsi e, detto francamente, fatica a trattenere la voce in gola. Vorrebbe urlare, umiliare ogni singolo poliziotto che ha osato metterglisi contro, licenziarli uno ad uno e proseguire le indagini da solo. E quasi lo farebbe, se solo non venisse fermato dalla mano di Arthur che gli preme improvvisamente il petto. È sull'orlo della violenza, pronto a perder la pazienza, ma quando le iridi incontrano le sue capisce di trovarsi dinanzi a qualcosa di gran lunga più grande.
"Non è Emily." lo tranquillizza immediatamente, consapevole del pensiero che sfiora l'immaginazione di John. Funziona; il detective sospira rivelando di aver trattenuto il fiato fino ad ora. "Ma devi promettermi che manterrai la calma."
Il panico torna a sbarrargli le palpebre. Si frappone qualche secondo prima del responso e una volta letto il cambiamento negli occhi di John, Arthur decide di lasciarlo andare.
Una fossa è stata scavata nella terra ai piedi di un albero. Lì vi giace un corpo femminile che la memoria del detective ripudia. Forse è in previsione di questo evento che il killer ha posizionato distintivo e tesserino di riconoscimento ai piedi della fossa. Oppure forse è colpa del trattamento che le è stato riservato, che l'ha resa quasi irriconoscibile, privandola d'occhi e lingua, rasandole a zero la testa e sfregiandole il volto. "Mi dispiace." mormora Arthur prima di tornare a lavoro, offrendogli silente sostegno dinanzi alla sua ennesima perdita. Ma John non reagisce. Clara è una goccia in un fiume di morte che non riesce ad arginare. Si sente per l'ennesima volta un inetto, un detective fallito e, ora che sa di esser stato lui il responsabile di quella perdita, ogni briciola di furia nei confronti dei suoi colleghi si è trasformata in delusione. Ma Clara era comunque riuscita nel suo compito, anche a costo della sua stessa vita.
Il diario fucsia acceso giace in una delle sue mani. Il killer l'ha lasciato lì, spavaldo e arrogante, convinto che non avrebbero trovato nulla che potesse svelare la sua identità o forse prontamente modificato per alterare i racconti di Jane. John sa che tra quelle pagine mancherà qualcosa di importante, ma non sa ancora di che natura siano i segreti sottratti al quadernino.
"Cosa abbiamo?" Woodroof trova la forza di avanzare quella domanda alla genetista, la coordinatrice della piccola squadra della scientifica di Sherstone.
"Il modus operandi in parte non coincide, ma direi che si tratta dello stesso killer."
"È una vittima fuori programma. È un messaggio per me." il silenzio che si frappone tra i due è accompagnato dallo sguardo della dottoressa e dalle labbra che si schiudono ad ogni secondo un po' di più. Poi la donna si concede un lungo sospiro, sintomo di rassegnazione dinanzi all'ennesimo gioco perverso del pittore. Lei ancora non lo può sapere, ma quel diario rappresenta una provocazione e occhi e lingua rimossi sono una minaccia più che chiara per il detective. "Le ha tagliato i capelli e le ha sfregiato il volto." continua John stimolando un'ottima osservazione della sua interlocutrice.
"Voleva lo riconoscessimo." afferma lei, riacquistando voce. "È troppo egocentrico per rischiare che il suo lavoro venga scambiato per quello di qualcun altro. Questo è ciò che fa alle vittime che non rientrano nei suoi canoni estetici, ma stavolta non ha prelevato sangue, non c'è alcun segno. Inoltre serve un'autopsia più accurata, così ad occhio sembra morta per emorragia, per via delle ferite sul volto e la rimozione delle parti del corpo, ma spero di trovare qualcosa nel suo organismo che possa dirci che ha sofferto meno di quanto sembri."
"Veleno?" deduce all'istante John.
"Prego per lei che sia andata così." risponde tremante la dottoressa.
È pronta ad andarsene, a lasciarlo solo col dolore della perdita e della sconfitta, ma è il detective a fermarla di nuovo, a richiedere il suo aiuto nella speranza che per una volta la risposta possa esser positiva. "Ci sono tracce?" è un quesito talmente duro da porre, così frequente e a cui si è abituato a ricevere il solito cenno orizzontale del capo, che pronuncia quelle parole con poca fede. E ha dannatamente ragione.
"Nessuna, almeno per ora. Ma sappiamo entrambi che sulla pulizia è impeccabile. Vorrei sapere come fa, è pressoché impossibile, dev'essere completamente paranoico per fare tutto da solo."
Quell'idea ha sfiorato la mente di John spesso e volentieri. Che non fosse solo? Che avesse con sé un complice? Che fosse più organizzato di quanto voglia far credere? Ma non avrebbe senso; quale sarebbe lo scopo e come farebbero due o più persone a sincronizzarsi così bene in quegli omicidi? Ripulire le impronte di una persona è complicato, richiede un lavoro paziente e meticoloso, ma coprirne due renderebbe la situazione ancor più impensabile.
"Vai a riposare." riprende a parlare la genetista. "Ti farò avere il diario non appena lo avremo esaminato in laboratorio. Sei visibilmente uno straccio. Questa contea non merita che tu ci rimetta la salute mentale."
No, non lo merita, ha ragione. Eppure John non combatte coi suoi demoni per gli abitanti di quella fogna di città. Lo mette in chiaro, senza alcuna esitazione. "Mia figlia sì."
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top