𝐗𝐋𝐈𝐗

15 ottobre 2021

Arthur Smith varca la soglia di casa Woodroof come ogni giorno. A mano a mano che si introduce nell'abitazione, con l'obiettivo di raggiungere la camera da letto di Emily, avverte una cappa densa e gelida attraversargli le ossa. Si sente rallentato, forse dal desiderio di evadere e rifugiarsi lontano da quell'incubo. Ma non può: John ha bisogno di lui più di quanto voglia ammettere e a dimostrarlo è il detective stesso, spoglio d'ogni certezza e raggomitolato in un angolo, lontano dal terrificante regalo che giace sul letto.

Arthur era stato avvertito con un messaggio tanto breve quanto allarmante, ma vedere la tela tinta di rosso ha tutt'altro sapore. Ritratto col sangue c'è il corpo di una donna che protegge tra le braccia una bambina dai capelli lunghi. Non è che sia semplice comprendere quella massa informe, sembra più un dipinto astratto, eppure Arthur giurerebbe che somigli alla madre di Emily seppur vagamente.

John non piange. Il volto è umido, le lacrime hanno lasciato solchi profondi dalle occhiaie fino al mento, ma ora è immobile e apatico. Fissa un punto indefinito, mentre i muscoli si contraggono bloccandolo sul posto pur di non distruggere la prova a loro disposizione.

"Come cazzo ha fatto?"

È la sua unica domanda. È furioso, insomma non serve esser suo amico per capirlo, ma nemmeno Arthur l'ha mai visto in questo stato. C'è qualcosa di atipico nella sua ira, forse per via di quella luce negli occhi che si sta spegnendo. Oggi riesce a scorgere un'ombra che eclissa il suo innato istinto da eroe. A John manca poco per crollare, manca poco per diventare ciò che ha sempre disdegnato. D'altronde, Arthur non è in grado di biasimarlo: il suo amico ha perso il nucleo della sua anima e della sua bontà. Ora è un uomo perso, che vaga nel buio assetato di sangue.

"Deve avere qualcuno all'interno." Mormora il biondo, con le mani sui fianchi e una smorfia sul viso. Se solo fosse stato zitto, se solo avesse prestato più attenzione all'espressione di John, allora sì che avrebbe evitato di avanzare ipotesi. Non è il momento più adatto, ha solo stupidamente gettato benzina sul fuoco.

Il detective solleva lo sguardo, finalmente si stacca da quel punto fisso davanti a sé che lo teneva incatenato alla parete. Ma lo fa con cattiveria, con furia omicida, con la voce baritona di un predatore. "Chiama Chris."
"Sei teso, John. Non può essere lui." Ma sebbene Arthur tenti di soffocare le fiamme che lo stanno mandando in escandescenza, presto si accorge che niente avrebbe potuto fargli cambiare idea.
"Chiamalo!" è il ruggito che emette, alzandosi in piedi e afferrando il quadro con una mano. Se lo porta dietro, come se fosse tutto ciò che gli è rimasto, ormai persino incurante di lasciarci impronte. Non ne hanno mai trovate... quante probabilità ci sono, d'altronde?



10 dicembre 2021

"L'ha accusata di essere un complice del killer?"

Chris annuisce. Non ha ancora superato quel giorno, lo porta dietro con gran dolore. Non fu l'accusa a preoccuparlo, ormai John era legittimato a sospettare di chiunque e persino di sé stesso, ma quegli occhi... loro suonarono il primo campanello d'allarme. Qualcosa in John si stava spezzando e quel qualcosa non l'avrebbe più fatto tornare com'era prima. John Woodroof stava morendo, mangiato dall'interno dai suoi stessi sensi di colpa. E nemmeno il suo amico Arthur avrebbe potuto nulla, era solo questione di tempo.

"Possiamo fare una pausa?"

È stata una domanda sofferta. Chris è riuscito a pronunciare quelle parole solo dopo interminabili minuti di dubbi. Poi, quando finalmente si è deciso, ha scoperto con gran piacere che fosse in suo diritto. L'agente dell'FBI si è rilassata sulla sedia, ha sospirato e ordinato al responsabile del poligrafo di intervenire liberandolo dai cavi. Infine, lei lo ha lasciato solo nella sala interrogatori e un collega si è curato di portargli una tazza di caffè macchiato. Chris è lì da talmente tanto tempo che gli agenti conoscono i suoi gusti.

"Grazie." Ha detto cortesemente, prima di circondare il contenitore tra le mani. È un bicchiere di carta, di quelli col cappuccio e un'etichetta sul davanti con scritto Rogers. È tiepido, gli dà conforto.

È chiaro agli occhi di tutti che Chris stia cominciando a vacillare. Non è solito reggere tutta quella pressione e nei mesi ha perso fin troppo. Non ha intenzione di perdere anche il suo distintivo e la pistola di servizio. Eppure, c'è dentro di lui un fuoco alimentato dalla sete di giustizia che lo spinge a proseguire con calma e sangue freddo. C'è qualcosa che non va nelle domande che gli vengono rivolte: troppa cura nei confronti di Snyder, di Lia, del Paradise. Sembra quasi che Emily non sia ma esistita, che non sia davvero rilevante ai fini delle loro indagini.

Chris è guardingo. Non riesce a collegare tutti i pezzi, ma è certo che siano sulle tracce di Snyder più che su quelle del Pittore. Ha mentito, il poligrafo era stato ingannato: Chris ha sufficienti informazioni su Lia, saprebbe descriverla e alla perfezione. Una donna come lei non passa inosservata, non ci si dimentica nemmeno un dettaglio. L'ha incontrata assieme a John e ad Arthur la prima volta, sul parcheggio del Bull's Hat. Se ne stava appoggiata alla Cadillac Eldorado Cabrio del '75, celeste e col tettuccio bianco. Non l'avrebbe immaginata di fianco a un'altra macchina, il muso aggressivo e le linee vintage ed eleganti la rispecchiavano perfettamente. 

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