𝐋𝐗𝐗𝐈𝐈𝐈
Due linee di luce schiariscono l'ambiente attorno a John. La scena appare surreale, come se fosse solo parte di una pellicola cinematografica. E John spera d'esser realmente seduto su una comoda poltrona, piazzato dinanzi a un grande schermo, a vedere delle immagini talmente realistiche da farlo immergere fino a percepire persino lo stordimento e l'intorpidimento dei muscoli del protagonista. Ma così non è.
Nella confusione, lentamente, mette a fuoco la stanza luminosa che lo circonda. Il calo di corrente dell'accecante lampada del soffitto causa un tremolio di luce; dura un millisecondo, sufficiente a sostituire l'immagine di John Woodroof con quella del ricordo di un acerbo Kyle Snyder. Anche lui, tempo addietro, aveva abitato la stessa stanza vuota e bianca. Anche lui si era risvegliato su quel letto. Ma a lui non era toccata la visione del mostro, non così presto.
Se a Woodroof sembrava che Sabatini fosse il Dio capace di muovere le pedine sulla scacchiera, è perché non aveva mai avuto la sfortuna di incontrare il Sergente.
La mano di John corre subito sotto le doghe del letto, nel riflesso dovuto all'abitudine di aver una pistola con cui difendersi. Ma non si trova a Sherstone, l'ambiente è totalmente diverso e l'uomo che ha aperto la porta non è intruso ma padrone. Un signore brizzolato sulla sessantina, rughe ben scavate sul viso, occhi vitrei e ben vestito, muove i suoi passi decisi all'interno della camera, chiudendo alle sue spalle la porta con un clic elettronico e indicando immediatamente le videocamere piazzate a ogni angolo, come a voler portare subito coi piedi per terra il detective, portandolo ad arrendersi alla sola idea di opporre resistenza o mostrarsi aggressivo nei suoi confronti. Nonostante l'anzianità e la statura – sarà stato neanche un metro e settanta – dell'uomo che si sta presentando dinanzi a lui, John è restio a qualunque forma di violenza nei suoi confronti. Non sa chi sia, ma qualcosa gli dice che non avrebbe chance contro di lui.
"John Woodroof. È un onore e un piacere fare finalmente la tua conoscenza. Credimi, non è mio solito dare il benvenuto alle reclute. Speravo molto, però, in questo incontro. Come ti senti?"
John tace. Non ha molta scelta, non vuole averne, forse più per una questione di forze fisiche... o forse è ciò che si dice per non avere un crollo definitivo. La verità è che si sente come paralizzato dinanzi a quella figura sorridente e cordiale, ora seduta sulla bianca sedia pieghevole in fondo alla stanza. È il suo aspetto quasi bizzarro a renderlo inquietante, la sua apparente fragilità ma pur sempre composta e ben piazzata. C'è della contraddizione in quel suo modo di esistere, nel modo in cui parla, si esprime, persino in come respira. Annuisce. È ciò che decide di concedere allo sconosciuto, temendo di aver già compreso con chi abbia a che fare.
"Sono il Sergente Joseph Hoffman. In questo momento ci troviamo nel sottosuolo del Nevada, in una delle basi d'addestramento militare dell'HGS. Hai sentito parlare di noi, dico bene?" John annuisce ancora. Irrigidisce la mascella, dilata appena le narici. Dallas aveva ragione: in fin dei conti, il suo destino somiglia inquietantemente a quello di Snyder e non ha potuto nulla per evitarlo. "Dai un'occhiata al petto."
Hoffman indica con una mano il busto dell'uomo. John gli dà ascolto, confuso e lento nei movimenti, nel tentativo di non far gesti inconsulti che sarebbero potuti sfociare in scatti d'ira. Così solleva la maglia bianca che gli è stata messa addosso, controlla sul petto e proprio tra le costole, a pochi centimetri dall'addome, ci sono sei cifre tatuate con l'inchiostro nero.
151022
"Una data importante, che ha segnato il tuo arrivo in questa struttura. Avrei preferito un altro numero, ma i miei superiori credono che sia d'aiuto per motivarti."
Superiori... si domanda se ne abbia davvero o se sia il più bastardo di tutti lì dentro. Sicuramente il finto dispiacere sul suo volto a seguito di quella frase, dimostra quanto goda in realtà nel vedere quel tatuaggio marchiare la pelle del detective.
"Dal tuo punto di vista sembrerà solo una serie di sfortunati eventi. La verità è che la partita era truccata fin dall'inizio. E io sono qui per darti un'altra chance, una nuova vita."
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