𝐋𝐗𝐈𝐗
Paradise
Passi frenetici si susseguono uno dopo l'altro fino a quando l'ascensore non si apre. Si precipitano al suo interno: quattro piedi, due con un elegantissimo tacco e due con dei rigidi stivaletti neri. A Emily è stato fornito l'outfit giusto per la fuga, scuro e sportivo, decisamente più simile a quel che era solita indossare prima del rapimento, ma ancor più confortevole. Gli abiti l'avvolgono aderenti, come una seconda pelle e, proprio per questo motivo, non costituiscono intralcio in alcun movimento. Rachele, al suo fianco, è invece vestita d'un abito sensuale e allo stesso modo aderente, con tanto di spacco su entrambi i fianchi. Emily è quasi certa si tratti di seta bianca. Il colletto alto volto a coprire il seno la rende ancor più provocante di quanto si immaginerebbe. Pel di Carota un po' la invidia: come fa a muoversi con tanta facilità in quei panni?
L'ascensore scende, supera il piano in cui risiede la control room, una sala piena di monitor che Emily ha potuto vedere una sola volta per conoscerne il proprietario: Mickey Mouse. Se solo potesse sbirciare ora al suo interno, scoprirebbe una figura quasi spettrale dinanzi agli schermi. Il tristo mietitore se ne sta in piedi, nell'ombra, immobile e pensante, con le mani nelle tasche dei suoi eleganti pantaloni scuri. Si mimetizza alla perfezione in quel buio, come un avvoltoio, quasi ricorda la leggenda dello Slander Man. E sebbene Mickey Mouse sia a conoscenza della sua presenza, i brividi percorrono l'esile corpo del ragazzo colmo di terrore. Qualcosa di grave sta accadendo; lo sanno loro due, come possono percepirlo anche Rachele ed Emily Woodroof.
"Come procedo? Posso bloccare l'accesso al parcheggio." Propone il giovane, osservando Rachele con preoccupazione. C'è qualcosa di diverso e irriconoscibile in lei. Mickey crede che Francesco sappia di che si tratta, da buon padre adottivo.
"Lasciale fare." Replica calmo, mentre la fiammella accende la sigaretta tra le sue labbra, un punto di luce che arde nella notte di quella stanza. L'attenzione viene poi risucchiata da uno dei monitor, riportando la cinepresa di quel film dalle note improvvisamente noir nell'abitacolo che ospita le due donne protagoniste della scena.
Emily trema come una foglia, spaventata alla sola idea dell'imprevisto, ma qualcosa trasforma la sua paura in adrenalina. Non sa identificare cosa, eppure ha ragione di credere che ci sia dell'insolito nel comportamento di Rachele. È una sensazione di pancia, in grado di convertire il timore in energia che accresce via via nel suo petto.
"Mi dispiace per quel che ti ha fatto." Mormora Rachele, interrompendo il flusso di pensieri nella mente di Emily. "Non è successo niente, grazie al cielo, ma capisco cosa si prova. Non è il miglior approccio alla sessualità."
Emily tace per qualche secondo. Appare come un lasso di tempo interminabile e pesante. Non sta riflettendo su cosa dire, non ancora... nella mente rimbomba il silenzio, assordante riempie il vuoto di quell'ascensore mentre le immagini del violento ricordo si susseguono per lasciar spazio all'angoscia. "Ne abbiamo già parlato, non è necessario." Afferma infine la ragazza, stringendosi nelle spalle e accennando un sorriso. "Mi basta solo uscire da qui. Ti ringrazio, però. Apprezzo la tua preoccupazione."
"Puoi comunque ritenerti fortunata." Prosegue imperterrita Rachele, ignorando la richiesta esplicita di Emily e cominciando a far discorsi che alle orecchie di quest'ultima suonano prive di senso. "Non tutte hanno avuto questo genere di trattamento, Emily. Dallas non è malvagio, ha solo dei pessimi modi. Tu non sei adatta a questo posto, però hai avuto l'opportunità di scegliere."
Vorrebbe chiederglielo. Vorrebbe zittirla solo un istante per poterle chiedere delle spiegazioni in merito a quelle farneticazioni, ma tace. È confusa, tesa, a malapena sa perché.
"Nessuno di noi ha davvero avuto scelta. Vasilisa è come una madre per me, le voglio bene, darei la mia stessa vita per lei perché con gli anni mi ha dimostrato quanto sia straordinaria. Ma non è la salvatrice che credi: lei crea le situazioni, gli ostacoli... non è diversa dall'HGS, ecco perché ci è scesa a patti più volte. Sai come sono finita qui?" no, non lo sa, ignora la vecchia vita del novantanove percento dei membri della Molniya, ma non è mica così desiderosa di scoprirla se è questa la tensione che deve sentire sulla sua pelle.
"Fui incastrata per l'omicidio del mio ex fidanzato. Vasilisa aveva raccolto le prove, era pronta a rovinarmi la vita o a rubarmela per sempre legandomi a lei. Cosa sceglieresti tra l'iniezione letale e un futuro qui dentro, sotto la protezione della Molniya ma in costante attacco? E come me tanti altri, nessuno ha scelto. Quasi nessuno. Francesco l'ha scelta, Joshua l'ha scelta e la sceglierà per sempre, Matthew... lui ha perso tutto per colpa di Vasilisa, ma l'ha scelta senza ricatti. Dallas. Lui ha scelto. Ma loro sono speciali qui dentro. Credi che Dallas sarebbe ancora vivo se fosse come me?"
"Io... non capisco dove vuoi arrivare."
Rachele si volta. Le punte dei piedi si rivolgono finalmente contro la ragazzina, l'intero corpo cambia direzione consentendo alle due di parlare faccia a faccia. Il puntino di fuoco nel buio le osserva con placida calma, mentre la sedia di Mickey Mouse comincia a provocare dei piccoli rumori. Il tremolio s'accentua mentre gli occhi diventano lucidi di terrore. "Non vedo il motivo per cui dovresti avere un trattamento di favore. Non capisco nemmeno cosa abbia visto Dallas in te. Io ti proteggo volentieri, ma è così ingiusto, così sbilanciato. Tu non dovevi entrare in questo posto, non lo meriti, non appartieni al Paradise."
"E non l'ho mai voluto."
"Ma hai qualcuno che ti sta cercando. Tuo padre si sta sbattendo per tirarti fuori da qui. Il mio l'avrebbe fatto solo per prendermi a schiaffi e rimproverarmi di essermela cercata."
"Capo, ne è sicuro?"
"Lascia che accada."
In un lampo gli occhi di Emily cambiano luce. C'è della consapevolezza nel suo sguardo, come se avesse finalmente compreso un piano che ormai sembra chiaro anche ai due silenti osservatori. È furba, pensa Francesco nella penombra. Non ci avrebbe scommesso, non è facile capire cosa sta per accadere se si è nella sua condizione, con la sua poca esperienza. Eppure, ci dev'essere qualcosa nell'aria dell'ascensore che consente a Emily di percepire i pensieri e le minacce di Rachele.
Così, quando la killer solleva la mano armata di pistola, Emily non viene colta impreparata. E durante l'apertura delle porte ha modo di sgusciare fuori da quella gabbia di metallo per fuggire dinanzi al pericolo. Poco può una ragazzina con poco addestramento alle spalle, contro un temibile sicario mosso dalla cieca vendetta.
Chiesa cattolica, Manhattan
"Sai come lo sapevo?"
La voce di Dallas non lascia tregua al detective che, in cerca d'aria, ha gettato il capo all'indietro guardando il soffitto. Una posa piuttosto scomoda, ma sembra allietarlo per qualche secondo. Le braccia penzolanti dietro la schiena curva, il bacino in avanti per controbilanciare il peso della testa, la gola scoperta e le labbra schiuse. Respira, si controlla, risponde alla domanda del killer. "L'agenda."
"Bingo!" esclama il pittore, puntandogli contro un dito con grande entusiasmo. "Sapevo l'avessi trovata, ti ho visto prenderla, mi chiedevo solo quando avreste scoperto le coordinate. Rogers è molto furbo, fossi stato in te l'avrei ascoltato prima. Ho una talpa lì a Sherstone che mi ha informato del progresso dei tuoi due agenti, così come mi ha informato di tutto il resto. Lia compresa. C'è del tenero tra voi, vero? Il che ammetto avermi stupito: Lia che perde la testa per un uomo... insomma, fossi in te mi sentirei miracolato." Poi l'ennesima domanda, sta volta realmente incuriosita. Dallas ricattura l'attenzione di John rimettendolo dritto come un palo. "Di che avete parlato tu e Sabatini?" chiede, ricevendo una risposta veloce.
"Di te."
"E...? Cos'era, tipo un colloquio genitori-insegnanti?"
Ma il detective non ci sta e volge lo sguardo verso di lui solo ora, nel tentativo d'esser preso sul serio e portare finalmente Dallas a un punto di svolta valido. "Dimmi cosa vuoi e facciamola finita."
Ci riflette. È l'ennesimo silenzio. Poi sospira e con espressione clemente, come se fosse lui a graziare John, Dallas indica le panche. "D'accordo, hai ragione. Siediti. Ti offro da bere e parliamo."
Paradise
Emily non sa come faccia a essere ancora viva, eppure lo è. Sfugge alle pallottole riparandosi dietro a tutto ciò che incontra nel parcheggio, lì dove l'ascensore ha aperto le sue porte. Alcune macchine cominciano a suonare, gli allarmi diventano assordanti, eppure nessuno sembra farsi vivo. È un posto strano, quello. L'intera struttura... appare così omertosa. È come se tutti sapessero del loro scontro, ma nessuno osasse farsi vivo per separarle. Emily si sente sola, spacciata. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe finita così? Chi avrebbe mai detto che l'adrenalina giocasse un brutto scherzo convincendola a uscire fuori dal suo nascondiglio? E sebbene Emily non sia cosciente di ciò che sta accadendo e di come le sue gambe si muovano, in un attimo è proprio la sua mano armata di un vecchio tubo in uno degli angoli bui del garage, a colpire il ginocchio di Rachele.
È così feroce, fugace, non è chiaro quando i suoi occhi hanno intercettato quell'arma, né come la sua mano abbia avuto la forza di afferrarla. Ma il fegato non manca a Pel di Carota, oggi più agguerrita che mai, a un passo da suo padre. Avverte a pieno la frustrazione in vista dell'eventualità di non riuscire a raggiungere la sudata libertà e, forse proprio quel sentimento, la convince a quell'azzardo. Si lancia su Rachele con incoscienza, con quel colpo la fa barcollare e in un attimo le è sopra. Non sei all'altezza e probabilmente mai sarai all'altezza di nessuno qui dentro, però conosci i tuoi punti deboli e il tuo caos. Puoi usarli a tuo vantaggio. Non a caso, l'attacco frontale viene evitato. Emily ricorda quella dritta da parte di Matthew, ricorda di aver appreso quello stesso giorno che il suo attacco migliore sia proprio quello più infantile e caotico. Ecco perché in pochi attimi di tempo la ragazza è saltata sulla schiena del sicario, recandole fastidio come un insetto farebbe con un elefante all'apparenza imperturbabile. Rachele si divincola, ma più lo fa e più perde la vista a causa delle mani che navigano sul suo volto.
"Levati di dosso, cazzo!" impreca tra i denti stretti, mentre accade l'inevitabile e accade ancor prima che entrambe se ne accorgano.
La pesante porta che collega il piano superiore al garage sbatte distraendo la donna, colta in flagrante da una figura maschile che scorge in uno spiraglio di luce, tra le dita di Emily. La rossa nemmeno lo sente arrivare, ma concentrata sull'obiettivo di non farsi ammazzare, prende la pistola dalla mano di Rachele e la punta meccanicamente contro la tempia della donna. Premuto il rigido grilletto, il sangue schizza sul suo viso lentigginoso e tutto tace a seguito del crollo del nemico sul pavimento.
Emily cade assieme a lei, getta via la pistola spingendola lontano di nemmeno un metro, colta improvvisamente dalla ripresa di coscienza. Ha appena ucciso una donna. Ha il suo sangue in faccia. E c'è un uomo qualche macchina più in là. Un uomo che la guarda.
È numero 3.
Uno spettro del passato se ne sta lì fermo a fissarla, mentre il ricordo rimosso del trauma del suo primo omicidio torna ad assillarla. "Sei morto." Mormora, ma l'eco del garage raggiunge l'orecchio dell'uomo che non può far a meno di rispondere "No, tesoro. Tu sei morta.".
Ritchie getta la maschera del bullo numero 3 pronunciando una minaccia terrificante che fa indietreggiare caoticamente Emily, strisciando sul pavimento impaurita. È Dio a intervenire. Un Dio malvagio, ma inaspettatamente gentile nei suoi riguardi. Interviene a seguito di una piccola interferenza meccanica che proviene dagli altoparlanti del parcheggio.
"Lasciala andare, va bene così."
È una frase che confonde più Ritchie che la Woodroof. L'uomo curva il baffo nero in una parabola pronunciata, mentre le labbra si schiudono e trasformano l'espressione di rabbia sul suo volto in sconvolgimento. Sulle prime non sa bene come rispondere alla richiesta di Dio, balbetta qualcosa che Emily non riesce a comprendere, per poi udire di nuovo quella voce calma e magnetica. "Rachele mi ha tradito, ha fatto la sua scelta. Lasciala andare da suo padre."
La parola tradito irrigidisce lo sguardo di Ritchie. È sufficiente quella consapevolezza a renderlo mite, a farlo tornare sui suoi passi. A quanto pare Matthew aveva ragione: il tradimento non è contemplato, è l'unica azione su cui nessuno sarebbe in grado di mettere una pietra sopra ed Emily, solo ora con quella dimostrazione e dinanzi a quell'uomo, riesce a metabolizzare a pieno quel concetto. Avverte la gravità della situazione e quella seconda chance le dà la forza di rialzarsi sulle proprie gambe.
"Rachele ti ha detto dove andare, Emily?"
In tutta risposta riesce solo ad annuire con un cenno del capo. Quando Dio Francesco prosegue, Emily si guarda attorno confusa. Riesce a vederla così bene persino in quel piano? È questa l'onniscienza di cui si vocifera al Paradise? Il capo è davvero tanto informato? Che lo sia su tutto? Che in fin dei conti sappia anche dove debba andare la ragazza, cosa stia facendo John e perché sia proprio nella chiesa a pochi isolati da casa propria? La rossa comincia a collegare i pezzi del puzzle, immergendosi sempre più in quel oceano di coscienza talmente vasto da essere ingestibile per una ragazzina con la sua esperienza. Anche su questo Matthew l'aveva avvertita: ogni passo in avanti in quella fitta trama malavitosa, Emily sarebbe stata tre passi più indietro, perché più afferrava tessere e più vedeva quanto grande fosse realmente il mosaico. "Allora buona fortuna, detective."
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