𝐋𝐈𝐗

28 ottobre 2021

John non ha intenzione di perdere altro tempo prezioso e, senza attendere un solo giorno in più, decide di andare alla ricerca dei membri di quel gruppo di bulletti di cui tanto si parla per i corridoi della scuola. Non può più usare il suo distintivo per entrare nei luoghi pubblici e fare domande, ma per fortuna una persona coscienziosa è rimasta a schierarsi dalla sua parte e quella persona è proprio la signorina Ferguson. Una coincidenza che riesce a dar speranza all'ex detective.

La Ferguson può comprenderlo, d'altronde è colei che più si è messa nei suoi panni. Eppure, quella decisione mette a rischio anche lei. Ecco perché decide di creare una sorta di facciata che funga da copertura e, in caso John avesse ragione con le sue ipotesi sui ragazzini, avrebbero potuto ribaltare la situazione se scoperti dallo sceriffo... o peggio, dall'FBI.

"Accomodati, sarà una chiacchierata veloce." La voce della donna striscia nella fessura della porta, ma a entrare nell'ufficio è prima David Shoup. Ad accompagnarlo c'è una tazza di caffè – per aumentare lo stress e gentilmente offerto dalla Ferguson – e un'espressione saccente che scompare nell'esatto istante in cui incontra il sorriso severo e minaccioso di Woodroof. Sebbene si volti con l'intenzione di chieder spiegazioni o persino evadere dall'ufficio, se non dalla scuola stessa, David capisce presto di non avere scampo. La Ferguson sbarra la porta ormai chiusa, John gli indica la sedia appoggiato e – fintamente – rilassato con le spalle al muro. Si è persino acceso una sigaretta, sotto consenso della donna. Non ha il distintivo e la pistola alla cintura, ma è chiaro ormai che la notizia della sua sospensione sia sulla bocca di tutti.

Non c'è Arthur a sostenerlo, sta volta. Rischia il lavoro e John non vuole che accada. È sufficiente la presenza della vicepreside.

"Che succede?" domanda già nel panico. David non riesce proprio a mostrarsi gelido e sicuro come i suoi amici bulletti. Hanno scelto bene, se sa qualcosa non esiterà a dirla con la giusta motivazione.

John gioca con lui, tira del fumo dalla sigaretta, assottiglia lo sguardo senza mai toglierlo dal tremante corpo del ragazzo. Si stacca dal muro solo quando David si siede e batte un paio di volte la stecca di nicotina sul bordo del posacenere. Infine si accomoda sul posto della Ferguson, si poggia contro lo schienale e dunque comincia a parlare.

"Che facevi ventisei giorni fa nel vecchio capanno sul confine?"

Una domanda dannatamente precisa. David deglutisce, ormai sicuro al cento percento della ragione di quella visita e di esser stato scoperto. Eppure tenta. "Quale capanno?"
"Sai quale capanno, David. Quello nel bosco, dove avete lasciato le birre e il cadavere del vostro amico."

Se la sta facendo nei pantaloni. Letteralmente. Manca poco affinché il suo sfintere ceda. E John ne è al corrente, il sadico divertimento sul suo viso è lampante. David non credeva che qualcuno di tanto giusto, potesse diventare tanto inquietante.

Come se tutto ciò non fosse abbastanza, John decide di far recepire al ragazzo il messaggio forte e chiaro. Una sua mano si tende verso il basso, dietro alla scrivania, di fianco alla sua sedia, lì dove aveva appoggiato la prova madre. Solleva lo zaino di Emily e lo appoggia sulla cattedra senza mai staccare gli occhi dal bulletto. Al suo interno manca all'appello la radiolina, ma gli effetti personali di Pel di carota sono tutti presenti. "L'ho trovato lì, l'avete nascosto bene. Oh David, sono molte accuse."
Però David è al corrente della sua attuale situazione e dell'illegalità di quelle domande. "Non sei più in servizio." Specifica lui, come a volergli dimostrare di averlo sotto scacco. Ma John non si lascia turbare. Tutt'altro.
"No." Ammette. "Ma sono ancora abbastanza libero e incazzato da rovinarti la vita." E dopo una piccola pausa, prosegue con il suo interrogatorio. "Vuoi che ti dica quali sono le accuse, visto che tu non vuoi farlo?"

David non risponde. Quello stronzetto sceglie la via del silenzio. E John, dopo aver preso un bel respiro e aver poggiato gli avambracci sulla scrivania, comincia a elencare i punti chiave della sua ricostruzione.

"Questa è la mia ipotesi. Tu e i tuoi amici avete seguito mia figlia, per vendicarvi della scomparsa di Wesley. Avete creato un diversivo facendo esplodere la centrale e l'avete rapita, portandola in quel capanno. Solo che è una tipetta piuttosto cocciuta, non l'avevate messo in conto, così quando si è ribellata le cose sono precipitate e uno di voi ci è rimasto secco. Magari l'ha ucciso proprio il killer, prima di portarmela via usandovi come capro espiatorio. E come se tutto ciò non fosse sufficiente a distruggere il vostro inutile futuro, avete scelto di tacere e non denunciare l'accaduto. Nemmeno vi siete curati di tornare sul luogo del crimine per ripulire tutto... no, siete troppo codardi per quello."

John non crede alla sua stessa teoria. Deduce che la bomba non provenda da loro, sarebbe troppo macchinoso come piano e, stando alle testimonianze di Arthur e Chris, il detonatore si trovava tra le mani di un vecchio contatto del Pittore. Ecco che dunque quell'elemento non sta in piedi. E il capello ramato trovato sul corpo del bulletto, indica che a ucciderlo sia stata proprio Emily. Merda, chissà come sta a seguito di quel trauma. Non può credere che sua figlia sia finita su quel piatto della bilancia, distruggendo il suo stesso equilibrio mentale.

"Noi con la bomba non c'entriamo niente!" esclama David all'improvviso. È terrorizzato all'idea di esser incriminato per qualcosa di tanto grande, che nemmeno si cura di negare tutto il resto. Ecco, dunque, che John ne approfitta.
"Ma c'è un corpo. Voi eravate lì. Avete lasciato tracce ovunque e c'è traccia anche di Emily. Dovevate controllare bene, ha toccato tutto... le sue impronte sono a disposizione della scientifica. È cresciuta a casa di un investigatore. Credevate davvero che non l'avessi preparata a certe eventualità?"
"L'hai anche preparata a uccidere? Huh? Perché è stata lei! Non so che cazzo le è successo dopo! Ma l'ultima cosa che ho visto è stata lei sul cadavere del mio amico!"

La conferma giunge con un colpo al cuore del cowboy. Lo aveva messo in conto, ma fa male sentirlo dire ad alta voce da un testimone. John chiude gli occhi solo un istante. La Ferguson si porta una mano al petto. David sta tremando come una foglia, ma sta volta a contribuire c'è la rabbia. Si aggiunge a quei sentimenti anche la paura dinanzi alla reazione quieta dell'ex detective. Si aspettava che gli urlasse contro, che gli desse del bugiardo. Invece sembra solo addolorato, ma disposto a passarci sopra. E David non mette in conto lo spettro d'emozioni che può provare un padre in quel momento, non è abbastanza arguto. Pensa, invece, che da parte di quell'uomo debba esserci lo stesso trattamento per tutti. E sarebbe così... se solo Emily non si fosse difesa e ora non fosse a chilometri da lui, chissà dove, chissà in che condizioni.

Riapre gli occhi. Sospira, era in apnea. Poi torna alle cose importanti. "Confermi, quindi. L'avete rapita." Dice semplicemente, non prevedendo risposte ma solo un capo chino che non tarda ad arrivare. David sta entrando di nuovo nel panico. John deve arginare i danni. "Ora respira, David. Va tutto bene. Voglio solo sapere cos'è accaduto."

David annuisce in un fremito, fa il respiro profondo che John gli suggerisce di fare e beve l'acqua che la Ferguson gli porge in un bicchiere di plastica bianca. Va giù tutto d'un sorso. Quando il battito rallenta a sufficienza da consentirgli di parlare, riporta alla mente ogni ricordo.

"La madre di Wes ci ha chiamati. Era molto preoccupata e noi ci siamo agitati subito. Ci ha detto che Wes non era nella sua camera e che non sapeva da quando se ne fosse andato, né dove. Ma soprattutto ci ha raccontato di essere in pensiero per le condizioni in cui è sparito: erano giorni che non si sentiva bene, nausee continue, mal di testa, stanchezza, problemi di vista. Pensavamo fosse un virus, per questo non siamo andati a disturbarlo, il massimo che facevamo era portargli da mangiare dal bar vicino alla scuola. Il signor Williams è stato tanto gentile da offrirci la colazione più volte e così abbiamo preso quell'abitudine e ci siamo presi cura del nostro amico. Ma poi si è volatilizzato. Non sappiamo che fine abbia fatto e, be', pare avessimo torto... ma pensavamo che Emily fosse coinvolta. Insomma, ci sembrava strano che non accadesse nulla proprio a lei e che chiunque le parlasse poi scomparisse da Sherstone! Mi dispiace, siamo stati istintivi, non ci abbiamo pensato ed è... è successo tutto così in fretta. Non so nemmeno quando sia accaduto, quando ci siamo riuniti per discutere del rapimento. Ma è stata una coincidenza! Lo giuro! Quell'esplosione ha spaventato anche noi!"

John non vuole sentire oltre sulle stupide ragioni che li hanno portati a compiere un simile gesto. È furioso, questo è chiaro, ma ogni secondo è scandito dalla lancetta nella sua testa con un'insistenza assordante. Non vuole perder tempo a fare la strigliata a dei poppanti. La colpa, in fondo, è anche sua. Ciò che conta è solo ritrovarla.

Dunque ignora quelle scuse, lo tranquillizza nuovamente con un cenno della mano e convincendolo a prendere un altro profondo respiro. Poi prosegue con le domande. "Perché vi trovavate su quella strada?"
David risponde, ormai senza esitazione. "L'abbiamo seguita. La seguivamo da un po'. Avendola vista entrare in casa del professore, abbiamo pensato fosse strano, ma non ci siamo soffermati troppo a lungo sulla cosa e ci siamo piazzati fuori dall'abitazione per aspettarla."
"Qualcuno vi ha visti?"

È un dubbio interessante. David si immobilizza per qualche secondo. Solleva le pupille per fissare un punto indefinito della stanza, in alto a sinistra. Sta ripercorrendo i suoi passi, le immagini scorrono davanti ai suoi occhi come fotogrammi di un film. "Ora che ci penso, ho visto delle tende muoversi a casa del professore. Ma non sono sicuro che ci avesse visti."
Ottimo. Davvero un'ottima notizia. John raddrizza appena la schiena. È fomentato. Ha una pista. "C'era qualcun altro nei dintorni?" prosegue lui.
Ma sta volta David non ha bisogno di rifletterci. È convinto e risponde subito, con un secco "no.".

"Ok." Si strofina la fronte con una mano, poi torna a guardarlo. "Parlami di quel che volevate fare a Emily, di com'è morto il tuo amico e di ciò che è successo in seguito."

"Era una caccia alle streghe. Io-... non credo che lei dovrebbe saperlo." David tituba, si blocca con la gola di nuovo secca. La Ferguson torna ad avvicinarsi a lui, sostituisce il suo bicchiere con uno pieno d'acqua e lo rassicura, posando una mano sulla sua spalla e rivolgendogli un sorriso materno.
"David, il detective sa bene a cosa va in contro chiedendotelo. Per favore, non farti pregare."

Lo convince. Lui beve a goccia tutta l'acqua contenuta nel bicchiere e poi sospira, per l'ennesima volta, prima di rivelare la cruda verità. Forse ora comincia a vederlo: sono loro i mostri.

"Volevamo darle fuoco. Stavamo per legarla al palo fuori dal capanno, ma non abbiamo fatto in tempo a fissare i polsi dietro la schiena che lei si è liberata e ci ha assaliti. E... lo sa già. È morto davanti ai miei occhi. Erano entrambi coperti di sangue." si interrompe per un secondo, riflette tra sé e sé ma non sul ricordo, più sulle parole da usare. Poi torna alla sua spiegazione. "E sì, qualcuno è arrivato, abbiamo sentito dei passi. Ma prima che fosse troppo tardi me la sono data a gambe e non ho visto la faccia dell'intruso. Non era niente di buono... questo è certo, non era il passo di una persona normale. Quello sapeva bene dov'era, cosa faceva, quale fosse il suo obiettivo ed era calmo davanti alla morte del mio amico. Credo che, sì... credo che fosse il Pittore."

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