𝐋𝐈𝐕

17 ottobre 2021

Un giorno di libertà. O quasi. A Emily è concesso uscire dalla camera, ma solo per poter andare nel salotto di quell'appartamento. È allora che scopre davvero dove si trova. Se dalla camera poteva scorgere qualcosa attraverso il vetro della finestra, non vedendo però niente di utile come un'insegna o il cartello con il nome di una via, ora sa di trovarsi all'ottavo piano di una palazzina alta nove. Gliel'ha comunicato Dallas stesso, mentre le indicava la via per il salotto, un luogo decisamente più confortevole della camera da letto che ha abitato per giorni. Dà un senso di ospitalità non indifferente; sembra quasi di attraversare un portale. Le spesse tende alle finestre bloccano la luce fioca del tramonto, le candele ingialliscono l'atmosfera e il legno marrone che compone mobili e pareti - a eccezione del soffitto più chiaro - riscaldano la vista. C'è un grosso tappeto rosso sul pavimento, su cui Emily può avvertire sollievo camminandoci scalza. Un divano, due poltrone, un tavolino di legno, una televisione vecchia e malconcia che stonerebbe se non fosse anch'essa protetta da una cassa marrone scuro. L'antenna che esce da sopra, riporta indietro nel tempo Emily a quando era appena una bambina.

Eppure, nel bizzarro comfort in cui è stata accolta, vi sono note inquietanti. Perché la tratta così? Sta cercando di acquistare la sua fiducia? Vuole confonderla e giocare con lei? O la sta abituando a una vita diversa, dimostrandogli di aver buone intenzioni? Forse le rosse, allora, le protegge davvero. Ma perché? E perché in quel modo malsano?

Matthew se ne sta in disparte, come sempre. Seduto su una delle poltrone gira e rigira le pagine di un libro di cucina. Dallas è dietro di lei, in piedi e con le mani nelle tasche. Le sorride. "Te lo meriti. Sei stata brava." Ha detto, in risposta alle domande da lei inespresse ma scritte sul suo piccolo viso pallido. "Non hai urlato, non hai nemmeno tentato, pur cosciente d'esser in piena città. Non ti dirò in quale città, ovviamente, ma sei stata all'altezza di comprendere che non sarebbe servito a niente. E sebbene io voglia evitare ogni rischio, sapere di dover temere questo tuo comportamento mite e inusuale mi rallegra. Stai ancora una volta confermando quanto giusto sia ciò che sto facendo, quanto bene io ti abbia scelta."

Che cosa avrebbe dovuto fare, a quel punto? Sorridere? Rassicurarsi? Se questo discorso è stato fatto con lo scopo di coccolare l'ego di Emily o farla sentire più serena, di certo non c'è riuscito. Ma tenta comunque una reazione genuina, chinando il capo e distendendo l'accenno di un sorriso sotto i baffi.

È così che, a sua volta, Emily sta guadagnando la fiducia di Dallas. Teme che lui abbia capito, anche perché le sue parole glielo fanno intuire, ma il modo in cui le lascia esplorare il nuovo spazio a sua disposizione le mette speranza. E una volta trovato posto sulla poltrona libera che Dallas le ha ceduto gentilmente, Emily tenta persino di far conversazione, riprendendo il piano da dove l'aveva lasciato.

"Chi era la tipa di cui si era innamorato? Che aveva di speciale?" lo chiede al riccio, indicando il moro seduto poco più avanti. La domanda di Emily coglie alla sprovvista entrambi, sia Dallas che Matthew. Se quest'ultimo la guarda con sospetto e fastidio, pur non proferendo parola e mantenendo la testa china sul libro, Dallas sembra lieto di poter rispondere. Probabilmente se lui e la ragazza fossero stati soli, non avrebbe avuto la stessa reazione. Ma sapere che Matt sia lì a sentire, rende tutto più piacevole.

"Vasilisa Yoshima." Afferma con un sorriso radioso, sporgendosi appena in direzione di Pel di carota come se le stesse raccontando una storia segreta. "Donna stimabile, per carità, mi era molto simpatica. Ma neanche lo vedeva. Cos'aveva di speciale? Forse proprio questo, il nostro caro Matthew è un po' masochista."

Ride dicendolo, schernendo il suo amico. Emily fa lo stesso, sghignazza imbarazzata esibendo la dolcezza per cui, a quanto ha capito dalle parole di Matthew, Dallas ha un debole. D'altronde questo spiega il perché degli abiti che indossa. Anche oggi, difatti, Emily è costretta in uno di quei vestitini aderenti che le fasciano le timide curve in una stampa alquanto adorabile: tante piccole ciliegie si distribuiscono in un candido bianco. Ormai nemmeno ci fa più tanto caso, lo scollo a "V" sul seno e la gonnellina qualche centimetro sopra la metà della coscia non riescono più a metterla in imbarazzo. L'unico a riuscirci, forse, è Matthew con il suo bizzarro atteggiamento.
Pel di carota riprende a esternare le sue curiosità, spostando una ciocca ramata dal viso con uno sbuffo. "Almeno ci è andato a letto?"

È una domanda così inaspettata, che entrambi i presenti drizzano la schiena. "Oh sì, l'ha fatto. Una volta. Ma potremmo dire che sia stata lei ad andare a letto con lui." Così dicendo si volta momentaneamente verso il moro. "Com'è che doveva essere? Cos'è che dicevi sempre? Una botta e via?"
"Non era così, lo sai bene." Risponde lui, dando un cenno di vita e cedendo alla provocazione. Non li guarda, non li degna delle sue attenzioni, ma dà una spiegazione che a Emily fa mancare un battito. "È successo a seguito dell'aborto. È stata in astinenza anni prima di concedersi nuovamente a qualcuno. Non è mai stata una cosa prettamente fisica. Ma non c'era il sentimento a cui pensi."

"Quindi ti ha usato." Interviene lei. Si sente così sporca e crudele, pur essendo lei la vera vittima in quella stanza. Eppure, prova empatia tanto nei confronti di Matthew quanto in quelli della famigerata Vasilisa. La storia dell'aborto la costringe a mandar giù un boccone molto amaro pur di continuare la sua scenetta. Che Dallas non capisca la delicatezza di tale affermazione non la stupisce, ma lei non riesce a superare del tutto l'immagine che le si è parata davanti. Chissà che ha provato, chissà quanto ha sofferto. Non l'avrà scelto, ma deve fidarsi davvero tanto di Matthew per concedergli di toccarla dopo un trauma così mal metabolizzato da costringerla all'astinenza.

Matthew ed Emily si scambiano uno sguardo pieno d'emozioni. Pel di carota è certa che lui sia riuscito a leggere oltre la maschera. Quando gli occhi infastiditi e furenti si trasformano in due tristi e umidi fari, Emily capisce di esser diventata per lui un libro aperto e ringrazia il cielo che sia così, perché il senso di colpa per quella frase appena pronunciata la sta divorando dall'interno.

Ma Dallas è troppo sulle sue per vedere ciò che vedono loro. O almeno lo spera. Se avesse decifrato i loro sguardi e avesse compreso, Emily teme che avrebbe potuto perdere la pazienza e vendicarsi. "Esatto! Oh cazzo, tu sì che parli la mia lingua!"
"E si è innamorato dopo esser stato usato?" continua lei.
"Sì! Ne è rimasto cotto come un ragazzino. Sono sempre stato curioso di farmela per scoprire se fosse quello: che ne so, magari ha la vagina dorata. Ma è una donna difficile. Penso me lo taglierebbe se solo ci provassi. Intendo, letteralmente: l'ha fatto. Conserva il pene del nostro vecchio capo in un barattolo nel suo ufficio... ora è l'ufficio del suo successore, ma hai capito che intendo. È il suo trofeo."
"Non è un trofeo. È un totem." Interviene ancora una volta Matthew, non riuscendo a trattenersi. "Le era di aiuto per ricordarsi fosse morto e che le allucinazioni che aveva non fossero reali."
Ma tutto ciò che Dallas riesce a rispondere è l'ennesimo scherno. "Te l'ho detto che era pazza." Afferma come se Matt nemmeno ci fosse. Come fa a sopportarlo? Ha detto ch'è come un fratello... ma sembra che i loro rapporti ormai siano incrinati, compromessi.

Quando quella notte Matthew ed Emily sono rimasti soli, dopo che Dallas è uscito per andare a fare una chiamata, c'è stato uno scambio d'opinioni pericoloso. O almeno, è così che lo percepisce la ragazza. Non le piace il legame che sta creando, si è già fidata una volta di lui e non vuole ricascarci. Ma allora perché Matthew le sembra così umano? Perché lo vede così diverso, nonostante ciò in cui è coinvolto?

"So che stai facendo." Ha affermato Matthew, ancora seduto sulla sua poltrona ma sprovvisto del suo libro di cucina. La guarda con occhi... paterni? Che abbia empatizzato anche lui? Che sia persino quello il motivo del rapporto teso con Dallas? Emily ricambia il suo sguardo con la tempia appoggiata allo schienale della sua poltrona, rannicchiata su quel comodo pezzo di mobilio, incredibilmente piccola ed esile in proporzione. "Mi sta bene, ma fa che sia l'ultima volta che la nomini."
Emily accetta di buon grado. Ne aveva già intenzione. Ma non lascia cadere lì il discorso, ha bisogno di una conferma e dunque azzarda l'ennesima domanda del giorno. "L'ami davvero?" chiede con tono incredibilmente basso.
"No." Risponde lui, meccanico, fin troppo rapido e pronto. È proprio il tempismo della sua negazione a farla sorridere.
"Ha ragione, invece. Sei completamente cotto." Afferma felice... chissà perché! Forse il fatto che lui possa amare e che se ne vergogni, lo rende solo più umano e conferma la sua tesi. "Sei un brav'uomo. Ne sono sempre più sicura."

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