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26 ottobre 2021

John è illuminato dalla presenza della donna. E come una falena attratta dalla luce, Woodroof viene immediatamente attratto da lei. Il mozzicone della sigaretta viene lasciato cadere sull'asfalto del parcheggio e la suola della scarpa lo spegne schiacciandolo distrattamente. È palese quanto l'attenzione del detective si sia spostata completamente e irreversibilmente sulla ragazza appoggiata alla Cadillac. Né Chris né Arthur lo biasimano; quella donna non appartiene a questo mondo, sembra uscita da una rivista di moda o da un catalogo proveniente dal futuro, una sorta di robot perfetto di un film cyberpunk.

Con la sua camicia grigia e sgualcita, l'aspetto di un uomo su cui sono passati una decina di autotreni e l'espressione perfettamente in equilibrio tra la sorpresa e la cieca furia, John si dirige verso Lia. I due colleghi lo seguono. Se lei è lì, ha portato con sé una ragione e Woodroof spera proprio che sia valida.

Dinanzi a Lia sembra quasi Arthur nelle sue serate più buie e barcollanti. La mora indossa dei pantaloni a carota marroncini, abbinati a due bretelle che si incrociano sulla schiena, una camicetta bianca sbottonata quanto basta a mostrare l'orlo del reggiseno e sul viso solo un velo di rossetto nude. I capelli neri a caschetto sono leggermente spettinati dal vento, ma le stanno da Dio. Non c'è proprio paragone. Ciononostante, il sorriso della ragazza lascia evincere quanto la figura del cowboy le sia gradita.

"Ho una cosa per te." Dice lei, rubando il pacchetto di sigarette che sporge dalla tasca dei pantaloni di John. Lo ripone solo quando ne infila una tra le labbra a cuore e la accende.
"Un'altra lettera?" domanda lui, prontamente. Ma sta volta, Lia non dà fiato alla bocca e si avvicina al bagagliaio della Cadillac. Quando lo apre, rivelando un grosso scatolone, i tre poliziotti corrugano la fronte. Infine, si siede al fianco del suo dono, accavallando le gambe e sbuffando del fumo prima di rimuovere ogni dubbio. "Lo manda Kyle Snyder. Vi concede di dar un'occhiata a tutta la documentazione e alle prove che è riuscito a raccogliere sul killer. Fanne buon uso."

L'ultima frase, in particolare, è rivolta a John e a nessun altro. Lui accoglie l'avvertimento con un accenno di sorriso. Gli sembra di aver di fronte il sacro Graal e, al suo fianco, la sua salvatrice. Sa perfettamente che, in fondo, sia proprio merito suo. "Possiamo parlarne un po'?" azzarda il detective, incrociando lo sguardo di Lia. Il silenzio che segue, appare alle orecchie di Chris e di Arthur come infinito e teso. Non sfugge la stranezza di quella situazione. John aveva parlato loro di Lia, ma non ha mai accennato al suo aspetto, né ha fatto intuire in che modo si guardano. Rogers, ad esempio, si sente il terzo incomodo.

"Stai cercando di trattenermi, detective? L'ultima volta non ti è andata bene." Gli rinfresca la memoria, la ragazza. Gli occhi dei due agenti rimbalzano da una parte all'altra come in una partita di tennis.
"Potremmo evitare di arrivare a tanto. Ti offro qualcosa. Questo l'ultima volta ha funzionato."
"Fanno il caffè normale?"
"Sarà meglio di sì."
"Be', ho ancora qualche minuto. Te lo concedo."

Punto a John. Inaspettato. Lia lo precede, mentre lui si trattiene per comunicare ad Arthur le prossime mosse. "Portalo in macchina." Ordina, in riferimento allo scatolone. "Datemi un po' di tempo, poi vi raggiungo."
"Vengo con te. Non mi piace quella."
Ci prova, Smith. Ma John lo conosce fin troppo bene e, se l'occhiataccia che gli lancia non basta, perde tempo anche nell'esprimere il suo pensiero ad alta voce. "È perché ti piace che vuoi venire con me."

Come avrebbe potuto negarlo? Le ha persino guardato il fondoschiena quando si è allontanata da loro tre, facendo riemergere l'Arthur volgare e perverso che nella contea conoscono tutti. Eppure, sotto sotto c'è un cattivo presentimento che vuole sostenere ad ogni costo.

"Ok, lo ammetto." Afferma, alzando le mani in segno di resa. "Ma sappiamo entrambi che ho gusti pessimi, motivo per cui dovrei venire con te. Non mi fido."
"Nemmeno io mi fido, Arthur. Tieni d'occhio Chris, non farmelo ripetere."

E sebbene il biondo abbia tutta l'intenzione di replicare, non fa in tempo a elaborare una risposta che John se n'è già andato. Quando Lia si è assicurata con la coda dell'occhio che Chris abbia preso la scatola e chiuso il portabagagli, sollevando la chiave e rivolgendola verso la Cadillac, inserisce la sicura e varca la soglia del locale. È seguita subito dal detective e dal chiacchiericcio dei due agenti.

"Dici che c'è qualcosa, tra quei due?" chiede Chris a un Arthur perplesso.
"Non dire cazzate! Lo conosci John. Non si interesserebbe neanche se gliela sbattesse davanti."
"Sì ma..."
"E taci." Lo interrompe all'istante, indicandogli la macchina in cui infilare la scatola.

E mentre i due discutono su cosa sia appena accaduto nel parcheggio e che diamine significassero quegli sguardi, John e Lia trovano posto a uno dei tavoli del Bull's Hat. Contro ogni aspettativa, però, Lia non ordina il caffè che diceva tanto di volere. Leggendo il menù, infatti, e scoprendo di poter chiedere un milk-shake non ha esitato nella scelta. Le si addice, in qualche modo. John riesce a vedere quel lato infantile dietro l'aspetto femminile e provocante che ostenta.

Lasciati soli dal cameriere, John dà il la. "Sei tornata."
"Ho dovuto." Replica distrattamente lei, mettendo da parte il menù e appoggiando lo schienale alla sedia.
"Perché hai parlato con Snyder."
"Vero."

Lo conferma, come se fosse una cosa da poco. Non si sforza nemmeno a contraddirlo o trovare una giustificazione che possa distaccarla. E questo la distacca ancor di più, proprio perché sembra una scelta a cui è completamente indifferente. Ma John sente che non sia così. In fondo, deve aver mosso qualcosa in quel cuore di ghiaccio.

"E perché l'hai fatto?" domanda, dunque.
"Mi facevi pena." Risponde lei, scrollando le spalle. Solo in seguito a una rapida riflessione confessa la sua infantile motivazione. "O forse ho un debole per i cowboy. Ce l'hai il cavallo? Sono cresciuta a spaghetti western, forse gli unici bei ricordi della mia infanzia. Ecco, volevi sapere perché ti ho aiutato: sei un cowboy."

Non è il suo debole per i western o la sua risposta puerile a destare l'attenzione del detective. John corruga la fronte, poi estrapola un dubbio dalla frase sui ricordi. Non nega d'esser curioso. E chissà, magari quell'informazione in più avrebbe potuto fargli comprendere dell'altro. "Che facevi prima della protezione del Paradise?"
Lei è pronta a rispondere. Come sempre. Con un sorriso ilare, lo prende in giro. "Spero tu non stia perdendo tempo su questa pista. Sono solo un messaggero, te l'ho detto. La mia storia è irrilevante."
"Non può semplicemente interessarmi?"

Lia non capisce perché dovrebbe, ma proprio in quanto irrilevante decide di raccontare la sua storia. Attende solo che il cameriere serva il caffè a John e il milk-shake a lei, e infine comincia a spiegare.

"Mio padre aveva debiti di gioco, gli importava più del denaro e delle sue palle che di me. Così da bambina mi vendette al primo bastardo che riuscì a fotterlo, in cambio si salvò la vita e il portafogli. E il bastardo in questione mi inserì nel giro della prostituzione minorile. L'ho ammazzato con le mie mani quando ebbi l'occasione e... voilà! Questo è il magnifico risultato! Che c'è? Ti piace come sono venuta?"

Di nuovo quella naturalezza. Apre le braccia con un gesto plateale, sorridendo e scherzando come se niente fosse. Come può dire qualcosa di così crudele, senza batter ciglio? Come può fare del sarcasmo sul suo stesso passato, essendo esso così violento? Forse è quello il segreto per sopportarlo. La sigaretta di Lia, ora spenta nel posacenere sul cestino fuori dal locale, viene sostituita dalla cannuccia. Se ci fosse stato Arthur lì con loro, non avrebbe staccato gli occhi dalla bocca della mora. John al contrario riesce a concentrarsi, ma non avrebbe mai negato di aver deglutito per un solo secondo, distogliendo subito lo sguardo, intimidito dall'ovvia bellezza di cui lei stessa è consapevole.

"Era questo l'equilibrio di cui parlavi?" chiede, riprendendo l'argomento, senza risponderle. Era certo fosse una domanda retorica, d'altronde. Quando lei mette il broncio, però, dando via alla sua scenetta, John percepisce l'ennesimo tono sarcastico volto a celare dell'insicurezza.
"Oh no, non ti piaccio. Ti ho spaventato, vero? In fondo, sei pur sempre uno sbirro."
"Lia." La rimprovera. La voce bassa e paterna.
Lei non perde l'occasione per provocarlo. "Mi piace come pronunci il mio nome. Hai quell'accento texano, lo rende più armonioso. Dillo di nuovo."
Ma dura poco. John torna ancora una volta sull'argomento principale. Sembrerebbe che Arthur abbia avuto ragione, che a John non sarebbe interessata neanche se gliel'avesse sbattuta in faccia. "Perché non mi aiuti di più, se vuoi farlo?"
"Perché non so altro." Ripete lei, per l'ennesima volta, sollevando gli occhi al cielo e tornando a succhiare il liquido attraverso la cannuccia. "Posso fartela io una domanda, ora? Tocca a me, no?" John annuisce e lei prosegue, appoggiandosi con i gomiti sul tavolo e sporgendosi verso di lui. "Continui a trattenermi solo perché speri di estorcermi informazioni?"

John aveva in mente una lista infinita di potenziali domande, ma nessuna di queste ha sfiorato le labbra di Lia. Il detective si dà una sola spiegazione: quella donna sa già tutto di lui e forse, in fin dei conti, non gli dispiace. Nemmeno io mi fido, Arthur. Aveva detto così all'amico prima di entrare nel locale. Perché allora sembra tanto a suo agio di fronte all'eventualità di esser per lei un libro aperto?

"Magari voglio esser messo di nuovo K.O." sdrammatizza John, prima di bere in un solo sorso il suo caffè.
"Quando desideri." Conclude lei, sollevando l'angolo destra della sua bocca.

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