𝐈𝐗
7 settembre 2021
Ore 8 di sera
Era stata necessaria la lettera per far sì che Emily aiutasse il padre nel caso del pittore. Woodroof aveva bisogno di tener vicina la figlia almeno fino all'indomani per riacquisire sicurezza e tranquillizzarsi, dopodiché avrebbe affidato lei una pattuglia di scorta. Emily non era d'accordo, aveva fatto storie per tutto il viaggio in auto: una macchinetta in grado di sovrastare il gracchiare della vecchia radio, un fastidio insopportabile per la povera testa dolorante di John. Aveva taciuto solo quando il motore si era spento, fermando il veicolo davanti ad una casa che Emily sembrava riconoscere.
"Perché siamo dai Williams?" aveva domandato, confusa. John allora si era voltato verso di lei aggrottando la fronte. Poi aveva detto. "Li conosci?"
"Sì." aveva continuato Emily. "Ho conosciuto Anthony al campeggio. Era il tipo strano che faceva continuamente scherzi. Te ne ho parlato, una gran testa calda. Non te lo ricordi?" no, o meglio, sì ma John proprio non aveva collegato quei due Anthony. E, forse, se solo avesse saputo che sua figlia avrebbe potuto dargli informazioni su di lui, l'avrebbe coinvolta prima. "Lo zio... lui è quello con cui fare due chiacchiere, tutt'altra personalità: a modo, simpatico, sempre disponibile. È il proprietario del diner davanti alla scuola."
Era stato così che, con un pozzo di conoscenza al suo fianco, John aveva deciso di andare a parlare con i Williams. E ora entrambi fermi davanti alla porta principale, i Woodroof attendono con una certa tensione che essa si apra. È Thomas Williams a mostrarsi nel suo metro e ottanta, decorato da un radioso sorriso.
"Emily! Che piacere rivederti." esordisce con entusiasmo, contagiando pel di carota. John viene notato solo dopo, nonostante fosse visibilmente più vicino alla soglia. "Detective." saluta educato. "A cosa devo la visita?"
"Vorrei parlare con suo nipote."
Ma Thomas non sembra portar buone notizie. Arricciando il naso in una smorfia di dissenso, l'uomo comunica a Woodroof che il ragazzo non è in casa, invitando i due ad entrare per attendere il suo ritorno. John accetta.
"Spero non si sia cacciato nei guai." commenta precedendo gli ospiti in salotto, facendo loro segno di accomodarsi poco dopo.
"Spero anch'io." risponde John con fare passivo. Non è che gli importi poi granché di salvare dalla galera un ragazzo problematico come lui.
"Posso offrirvi qualcosa?" propone Thomas. "Coincidenza vuole che abbia preso dal diner le tue ciambelle preferite, Emily."
"Non so dire di no a una delle tue ciambelle." si intromette pel di carota facendo rizzare le antenne del padre. Quando il signor Williams si defila nell'altra stanza, John lancia un'occhiata alla figlia. Non so dire di no? Perché è suonato così fraintendibile? Perché si sorridono così tanto? John crede di esagerare, paranoico com'è sente di star fraintendendo tutto da solo, ma quando Thomas torna e porge la ciambella ad Emily, non può far a meno di ribollire sul posto mentre fa da spettatore a quel contatto visivo. Lei ignara, come sempre, di ciò che le accade attorno. Lui sembra mangiarla con gli occhi. Non si sa quale forza oscura tenga John incollato al divano, ma se qualcuno l'avesse a malapena scosso sarebbe finito con le nocche sui denti di Williams.
"Ho sempre desiderato conoscerla." riprende a parlare proprio quest'ultimo, rivolgendo la parola a John, forse perché si è accorto delle fiamme che si affacciano dalle sue orbite. "Mi parla molto bene di lei, sa?"
"Non ne dubito." risponde sbrigativo John. Non vuole parlare di lei, del rapporto padre-figlia, né tantomeno di sé. Vuol cambiare subito argomento e non esita a domandare ciò che potrebbe tranquillizzarlo, anche se di poco. "C'è qualcuno oltre lei in casa?"
"Be', no: i genitori di Anthony..."
"Conosco la storia." Ebbene, i genitori di Anthony erano morti entrambi: la madre perse la vita durante il parto del fratellino - anch'egli morto - lasciando un vuoto incolmabile sia nel ragazzo che nel padre e divenendo causa di suicidio per quest'ultimo. Anthony rimase solo a dieci anni. Fu allora che Thomas prese il ruolo di tutore. Ma ciò di cui si interessa John non sono i loro drammi familiari, quanto piuttosto sapere se una donna o un uomo nella vita di Thomas Williams avrebbe potuto placare quel famelico e inopportuno sguardo intravisto poco fa nei confronti di Emily. "Intendo se ha qualcuno al suo fianco, che l'aiuti con Anthony."
"Ah no, diciamo che sono uno spirito libero." non proprio la risposta che John avrebbe voluto sentire. Thomas sembra ironico, ma Woodroof non è in grado di affermare se sia davvero così stupido da affermare ciò con leggerezza dopo quell'occhiata, o se lo stia prendendo per il culo.
"Vorrei approfittare dell'attesa." continua il detective, sfruttando il tempo a loro disposizione in un modo decisamente migliore. "Le va bene se le faccio qualche domanda riguardo Anthony e la sua ex ragazza?"
"Aveva una ragazza?"
"Jane Baldwin."
"Oh già, Jane! Sì, sì, la ricordo." una risposta rapida interrompe quel nome con tono d'ovvietà. Come aveva potuto dimenticarla? Quella ragazza ha frequentato suo nipote per anni. "Le ha fatto qualcosa? È un po' che non la vedo, in effetti. Sa, non è un cattivo ragazzo, è solo un po' molesto a volte, ma è innocuo."
"Lei non legge molti giornali, vero?"
Thomas stropiccia il volto in una smorfia colpevole, sospirando e ammettendo la sua ignoranza. "Mi ha beccato." afferma. E dunque ci pensa John a renderlo conscio della ragione per cui si trova a casa sua.
"Jane è stata trovata morta."
Ed ecco che l'espressione di Thomas muta. Appare confuso, perso, come se all'improvviso l'ambiente circostante non facesse più parte del suo mondo. Come ha fatto a perdersi quella notizia? Ha raggiunto chiunque nella contea nel giro di poche ore. Lui sarebbe dovuto essere uno dei primi a scoprirlo. Eppure, Thomas rimane rigido per qualche secondo, deglutisce e solo dopo si sblocca. Tenta di restare lucido, di non mostrarsi troppo scosso, ma John può immaginare lo shock di una morte così vicina al proprio nucleo familiare, nonostante l'apparente menefreghismo.
"Sospetta di Anthony?" è la prima domanda che pone, da bravo tutore.
"No, in verità no, ma il suo nome compare nel diario di Jane."
Si era ripromesso di non farlo, di non dire a nessuno di quella prova, ma John non ha saputo resistere. E nel vederlo così scosso e vicino alla vittima, ha ben pensato di fare una brusca manovra verso le poche nozioni di cinesica che aveva appreso negli anni di carriera. Perché sì: quell'uomo nasconde qualcosa.
Emily guarda il padre come se avesse di fronte un pazzo, John ricambia con un cenno della mano. Lei obbedisce perplessa ma fiduciosa, porgendogli il quadernino rosa che nascondeva nella borsa. Nella mano di suo padre diventa piccolo e insignificante, ma negli occhi di Thomas riflette come luce accecante. L'uomo accenna un sorriso di circostanza, allenta il primo bottone della camicia e si siede sulla poltrona. "Faccia pure." risponde cortese alla vecchia domanda. Seppur Emily non si accorga del cambio d'atteggiamento di Thomas, John vede con chiarezza il terrore strisciare sui muscoli tesi. E a quel punto la domanda sorge spontanea: ha paura per Anthony o per sé stesso?
"Avete case in California?" procede John, sotto gli occhioni verdi e incuriositi di pel di carota. Le sue guance gonfie di zuccheri sono quanto di più innocente e infantile ci sia. Deve proteggerle a ogni costo.
"Dovremmo averne?" John non risponde, si limita ad aspettare. La domanda è piuttosto chiara, inequivocabile, sarebbe bastato un sì o un no, nessuna battuta di contorno. Thomas intuisce non avrebbe dato spiegazioni, così, visibilmente disorientato gli dà ciò che desidera. "No, nessuna casa. A malapena manteniamo questa."
"Allora perché Jane era convinta che Anthony gliene avesse comprata una?"
"Una casa? Scherza?" ma la reazione che quella domanda suscita in Thomas è ben diversa da quella che si aspetterebbe dal tutore di un minorenne. Non sembra la casa il reale problema, quanto l'idea che possa esser successo qualcosa di proibito. John deduce dalla risata nervosa di Williams, che ad Anthony fosse stata fortemente vietata quella follia d'amore. "È scritto lì?" chiede infine. John annuisce e dunque comincia a spiegare. "Non credo l'abbia fatto davvero. Le avrà mentito, quasi sicuramente. È solo un moccioso, sogna un po' in grande a volte. Senza contare ch'è un bugiardo patologico."
"Mente spesso?" domanda John, sottolineando il concetto. Questo è interessante, pensa; nel profilo che aveva tracciato riguardo il pittore, l'abilità nella menzogna era ben presente e marcata. Per riuscire a ingannare così tante persone a stretto contatto tra loro, doveva di certo possedere più vite. Ma John ha la sensazione che quella sia una caratteristica di famiglia.
"Capita." smorza subito l'entusiasmo del detective con una risposta sbrigativa, proseguendo poi con una sua domanda. "C'è scritto altro su mio nipote?"
"Il diario la turba?" chiede dunque diretto, in risposta a quel quesito. Thomas mantiene un'invidiabile lucidità dinanzi alla prova che vede nella mano nel detective, ma John riesce a distinguere qualche goccia di sudore sulla sua fronte.
"Be', a dire il vero sì." ammette, dimostrandosi bugiardo almeno quanto il nipote. "Non si sa mai come i fatti vengano trascritti da una ragazzina, a quell'età la visione del mondo è deforme, ci sono castelli sul nulla. Non vorrei che Anthony venisse coinvolto in qualcosa che ha mal interpretato Jane."
"Vero." annuisce John sorridendo appena, ma è la domanda seguente il suo tiro da cento punti. "Lei in che rapporti era con Jane?"
Finalmente Emily percepisce la tensione. I due adulti si guardano negli occhi come in uno dei vecchi film western che era solita guardare col padre da piccola. Terrorizzata, mantiene l'ultimo pezzo di ciambella davanti alla bocca, passando lo sguardo tra i due. I suoi occhi sono l'unico movimento nel diametro di dieci metri, almeno fino allo scadere del silenzio, quando Thomas risponde alla domanda di John.
"Quasi inesistenti."
1 gennaio 2021
Ore 00.05
Gli occhioni chiari di Jane somigliano a due piccoli stagni. Le stelle che osserva dal terrazzo della villetta si tuffano dentro di essi, rassicurandola a malapena. La rossa si stringe tra le sue stesse braccia, rivolta verso il cielo buio per nascondere le lacrime. Sono tutti al piano di sotto, festeggiano l'anno nuovo mentre lei annega nella solitudine che si è andata a cercare. Voleva stare sola, piangere senza doversene vergognare. E ci stava anche riuscendo, se solo la porta della stanza alle sue spalle non si fosse chiusa, testimoniando la presenza di un intruso. Jane nemmeno si volta a guardare, non è necessario ma fa le sue ipotesi: Anthony è un buon candidato. Crede sia l'unico a cui importi qualcosa di lei, nonostante tutto. Forse è venuto a scusarsi. Alice invece l'ha abbandonata, colpa di un ragazzo che ha rapito la sua attenzione da ormai tutta la sera. E, inoltre, fosse stata lei a entrare nella stanza, non se ne sarebbe stata zitta a guardare la sua amica senza dire nulla.
"Caotico, vero?!"
È la sua voce a togliere ogni dubbio.
Jane spalanca gli occhi lucidi, poi si volta all'improvviso e la faccia che incontra corrisponde al tono caldo e maturo che ha raggiunto le sue orecchie poco prima. Thomas è fermo sulla soglia della porta finestra, appoggiato allo stipite, la osserva con un sorriso innocuo. A Jane non è mai piaciuto, la sua sola presenza riesce a metterle i brividi, ma non ne ha mai avuto motivo. Thomas è sempre stato buono con lei, disponibile, accorto, un buon amico nonostante la differenza d'età. Ogni volta che Anthony ne combinava una delle sue, lui era lì a tranquillizzarla e a farle vedere il mondo da una prospettiva migliore. Eppure, persino adesso e senza il bisogno di far nulla, al signor Williams basta instaurare del contatto visivo per farle venir voglia di scappare da lì. Jane accenna un sorriso, si asciuga rapidamente le lacrime e solo dopo comincia la sua ricerca per la via di fuga meno offensiva.
"L'ho visto." prosegue lui, non dandole tempo di scappare. "Mi dispiace. A volte esagera e spegne il cervello."
La ragione per cui Jane si era rintanata sul terrazzo, infatti, era l'atteggiamento di Anthony. Il ragazzo è stato colto con le mani nel sacco, o sarebbe più opportuno dire sotto la gonna di Isabel. Quando Jane gliel'ha timidamente fatto notare, lui era fin troppo ubriaco per risponderle con altrettanto riguardo. E sebbene non l'avesse propriamente umiliata, poiché nessuno a parte Isabel stava guardando, Jane ha accusato il colpo come se l'avesse schiaffeggiata in uno stadio, davanti a migliaia di persone che osservavano il fatto. "Non ha motivo di non guardarsi attorno." lo giustifica lei. "Non stiamo... insieme."
"Davvero?" domanda lo zio inarcando con dubbio le sopracciglia. "Dunque perché tu te ne stai qui a piangere, invece di guardarti attorno a tua volta?"
Thomas non ha affatto torto, se l'è chiesto anche lei, eppure la risposta era stata semplice: non è quel tipo di persona. Jane è timida, è tranquilla, se ne sta spesso sulle sue e preferisce un buon libro alla compagnia di un ragazzo. Il fatto che poi ne fosse circondata e che attirasse solo teste calde non era parte delle sue intenzioni. Ma Thomas le aveva involontariamente servito su un piatto d'argento la possibilità di scappare da lui. Lei la coglie all'istante.
"Sa, ha ragione. Dovrei fare lo stesso." afferma con sicurezza. Supera dunque la soglia di casa e torna dentro, tenendosi quanto più a distanza dall'uomo che non accenna a spostarsi di un solo passo. Gli tocca a malapena la spalla, solo per non aver necessità di dire altro, a mo' di ringraziamento. Thomas ricambia il sorriso ma neanche ora si sposta di un millimetro. Così per Jane è fatta, basta toccare la maniglia della porta, abbassarla e uscire da quell'ambiente soffocante per tornare alla realtà.
Ma la maniglia non fa il suo lavoro.
"Non si apre." afferma tra sé e sé, convincendosi di un difetto della serratura o di una sua incapacità in un'azione così elementare. Thomas finalmente schioda i piedi dal pavimento e placido la raggiunge con espressione accigliata. Sembra così innocuo... perché allora Jane diventa pasta frolla quando le sfiora la mano per aiutarla?
"Strano." afferma lui constatando il problema. Jane si fa minuscola, intrappolata nell'angolo della stanza in attesa di esser liberata. Le sue guance hanno preso il colore dei capelli; dinanzi a quella montagna di muscoli tesi non può far altro che desiderare di scomparire. E sebbene per qualche secondo sembri farlo davvero, quando gli occhi di Thomas incrociano i suoi si sente violentemente risputata nel mondo reale.
"Potrei scendere dal terrazzo, come nei film." propone Jane facendolo ridere sotto i baffi.
"Ti faccio così paura?"
"No, nossignore!" si affretta a mettere in chiaro le cose, mentendo spudoratamente, incapace anche solo di ricambiare il suo sguardo. "Lei è molto buono con me, non mi fa paura."
"Allora perché tremi?"
La domanda viene posta con un mormorio; il timbro è talmente basso da assomigliare alla minaccia di un orso. Jane confonde per un secondo la paura con il desiderio, recupera il fiato con una boccata d'aria improvvisa e infine risponde con un filo di voce. "Non lo so."
È forse proprio quella reazione a spingere Thomas verso di lei. Già intrappolata come un topolino spaventato, l'orso posa la sua grossa zampa sul viso della ragazza e, ancor prima che lei comprenda cosa stia accadendo, il predatore l'assale.
Le fauci affamate divorano le carnose labbra color ciliegia. Le esili braccia di Jane tentano di spinger via la montagna, ma è troppo tardi. Thomas diviene irremovibile, ne deride gli sforzi costringendo la schiena della ragazza contro il muro con estrema facilità. E Jane non può far a meno di subire la sua furia. Minuscola e schiacciata tra due presse, viene persino innocentemente coinvolta dal trasporto dell'aguzzino. Decide che se non avesse avuto modo di fuggire, tanto valeva assecondarlo per non sentir dolore. È così che crede funzioni, si obbliga in ogni modo possibile a farsi piacere quelle attenzioni e Thomas fa il fatale errore di crederle quando, una volta dentro di lei, non la sente dimenarsi. Lo desidera almeno quanto te, gli ripete la voce nella sua testa: i gemiti che sfuggono tra denti e labbro non possono esser che di piacere, gli occhi serrati e il mento sollevato, le unghie affondate nella carne dell'uomo, sono tutti segnali positivi. Persino quella lacrima che riga la guancia arrossata, dev'essere sintomo di gioia.
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