63 - Capitolo 38

Ho atteso questo momento tanto a lungo 

da dimenticare il sapore che avrebbe avuto.


«La via è quella.» Sofia indicò la strada che avrebbero imboccato. «Lasciate qui tutto ciò che non sarà necessario. La gola è a pochi passi da questo bivio.»

Lanciò un'occhiata alla parete contro la quale si era poggiata per non cadere mentre Raziel le raccontava cosa avrebbe dovuto aspettarsi dopo quello scontro. Strinse la cinghia alla quale era agganciata la spada di Clivia; non l'avrebbe usata, probabilmente non sarebbe più uscita dal suo fodero, ma la aiutava a sentire l'amica vicina.

Prese lo stiletto e lo infilò nella cintura; la lama era abbastanza lunga da provocare ferite serie. "Non lasciarlo avvicinare, è più forte di te". Le parole di Raziel le vorticavano nella mente.

Il sentiero era più stretto che all'origine ma breve; raggiunsero in fretta la gola dove si trovava la prigione di Balder e Sofia spalancò gli occhi.

Il cielo non era più visibile; era stata costruita una volta scura, sorretta da colonne contorte ai cui lati brillavano globuli luminosi.

«Per la Dea» sussurrò Lorcan. «Dove siamo capitati?»

In fondo c'era la parete di ghiaccio che aveva creato, illuminata da due grandi globuli viola, e al centro di quella struttura si trovava un altare. Sofia lo riconobbe subito, largo abbastanza da sostenere almeno due persone distese. E sopra c'erano adagiati tre cadaveri.

«Non ci avevi detto che questo era un tempio.» Astoria mosse i primi passi sulla pietra nera che lastricava quel posto, facendo rimbalzare l'eco sulle pareti.

«Questo tempio» intervenne una voce roca «è dedicato al Primo Figlio. Chi siete, voi, per dissacrarne il suolo con la vostra presenza?»

L'uomo si fece avanti, affiancato da altre due persone. Indossavano tuniche nere con un occhio rosso disegnato sul petto.

«Ma cosa sta farneticando?» Eric raggiunse Astoria, lo spadone in pugno. «Chi è il primo figlio?»

«Temo di aver capito» sussurrò Sofia. Si avvicinò a Lorcan. «Stanno adorando Balder.» In passato erano circolate voci sul suo conto, sulla sua natura e in tanti si erano definiti figli del signore dei demoni. Probabilmente i nuovi cultisti credevano che Balder fosse ciò che in realtà era lei. Avevano già distorto i loro riti e non faticava a credere che lo avessero fatto anche con le loro conoscenze e la loro storia.

«Un tempo qui non sorgeva nulla» continuò Sofia a voce alta, avanzando verso i tre uomini. Sacerdoti, forse. Vediamo cosa...

Si fermò e indietreggiò di un passo, stringendo i denti e deglutendo. Dalle ombre era apparso un guardiano: alto forse più di Eric, coperto dall'armatura rossa e la celata abbassata, con un dente di drago in mano.

«Ma chi è quello?» chiese Astoria.

«Non va per niente bene.» Sofia scosse la testa e continuò a indietreggiare, senza voltare le spalle. «Quello è un guardiano.»

«Sì, è così.» Il cultista riprese la parola. «Rallegratevi, signori.» Allargò le braccia. «Stiamo eseguendo i sacrifici necessari per risvegliare il Primo Figlio.» Guardò verso la parete di ghiaccio. «Siamo a corto di doni da offrire ma il Signore Oscuro vi ha portati qui con uno scopo. Avrete l'onore di far parte del suo grande disegno.»

«Andiamo via.» Sofia fece un altro passo indietro e il guardiano ne fece uno avanti. «Dobbiamo organizzarci, non possiamo affrontarli.»

«Sono solo in quattro.» Eric avanzò, mettendosi in guardia alta. «E quei tre mi sembrano abbastanza gracilini. Ci pensiamo noi. Tu fai quello che devi.»

Non era sicura che avrebbe funzionato ma forse non sarebbero neanche riusciti a lasciare il tempio senza scontrarsi. «Fate attenzione.» Tanto valeva provare a batterli e non rimandare ancora l'inevitabile. «È un'armatura vuota, animata da uno spirito antico. Non è in grado di lanciare incantesimi ma la spada è molto pericolosa.»

Il guardiano cominciò a camminare verso di loro, a passo sempre più svelto. Sofia non avrebbe avuto scampo da uno scontro del genere e si allontanò di lato, lasciando Eric e Lorcan a subire la carica.

Una litania, di cui riconobbe alcune parole, si alzò dal piccolo gruppo di sacerdoti: stavano evocando dei non morti. I primi a rialzarsi furono i corpi sull'altare, tre ragazze con la gola tagliata e il petto squarciato. Folli. Cos'hanno fatto?

L'urlo di Eric e Lorcan risuonò poco prima dell'urto di armi e armature. Poi lo stridere delle pietre l'avvertì che le lastre del pavimento venivano spostate e vide gli scheletri, tutti armati, uscire dalle tombe.

Un'occhiata veloce le assicurò che Astoria se la stava cavando bene.

Devo fermare quei tre fanatici.

Abbatté due scheletri con delle piccole sfere di fuoco e si spostò di lato, trovando riparo dietro una colonna. Devo eliminarli al primo colpo, altrimenti...

«Sofia!»

Astoria urlò e lei si girò. Eric era a terra intento a rialzarsi, Lorcan occupato con degli scheletri e il guardiano stava caricando verso di lei.

Cominciò a scappare. Maledizione! Aggirò l'altare e si diresse contro i sacerdoti, lanciandogli contro una pioggia di ghiaccio.

La litania cessò. Speriamo basti. Ma il lancio dell'incantesimo le fece perdere velocità e il guardiano la colpì alle spalle, scaraventandola contro una colonna.

Aprì la bocca per cercare di respirare, ma il colpo era stato troppo forte. Tentò di rialzarsi in fretta; era intontita per aver battuto la testa, barcollava e aveva la bocca impastata. Sputò il sangue, denso e dal sapore del ferro, e dovette reggersi per la vertigine; il guardiano le fu subito addosso e l'afferrò per i capelli, spingendola ancora contro la colonna. Scivolò a terra mentre il dolore ormai era in tutto il suo corpo.

Tentò di rialzarsi ma riuscì appena a mettersi carponi, con un calcio il guardiano la costrinse a rotolare sulla schiena, si chinò e l'afferrò per il corpetto con una sola mano, sollevandola quel tanto che bastava per cominciare a trascinarla.

Sofia agitò i piedi, prese a pugni quel polso, grattò con le unghie, annaspando. Maledizione! Fu sollevata e per un attimo, i piedi sospesi nel vuoto, si ritrovò a fissare nella celata vuota dell'armatura, poi un colpo, forte, contro testa e schiena. Per un istante non vide più nulla, non udì alcun suono, non sentì più dolore. Durò solo un momento, poi sentì una fitta al petto che le mozzò il respiro e fu avvolta dal gelo e dalle tenebre.

Era buio, doloroso, freddo.

"Lascia che ti porti via."

No, non poteva. Le mancava l'aria e il freddo stava diventando insopportabile. Doveva liberarsi e terminare il suo compito. Balder.

«Sono qui, ma devi lasciarti andare.»

No. I suoi amici sarebbero stati tutti uccisi per colpa sua. Però quel freddo e quel dolore non li avrebbe sopportati ancora per molto.

«Sì, così. Non resistere.»

Il gelo cominciò a diminuire, fino a mutare in un caldo abbraccio.

«Apri gli occhi.»

Quella voce... Balder?

«Sono qui.»

Non era più buio, c'era una luce argentata tutt'intorno. Non faceva più freddo, perché era avvolta dal calore. E non era più sola, era tra le braccia di Balder.

«Ho aspettato tanto a lungo questo momento, da non ricordare che sapore avrebbe avuto.» La strinse più forte e Sofia si lasciò cullare da quell'abbraccio che aveva desiderato anche lei. Gli aveva detto addio, duecento anni prima, e quel dolore, la consapevolezza che lui non sarebbe più potuto starle vicino l'avevano spinta a chiedere aiuto a Modh.

«Cos'hai fatto, Balder? Perché?» Le parole suonarono come un lamento.

«Lo sai, ne abbiamo parlato tanto» le rispose. «Ho fatto del mio meglio per creare un mondo migliore, libero dal destino, libero dalle decisioni prese dai Tre per i loro scopi ma ho fallito e ora» affondò il viso tra i suoi capelli «ora non mi resta che compiere l'ultimo atto di quel destino contro cui ho combattuto e perso.»

Sofia spinse con la fronte contro la sua spalla. «E ora?» Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di fuoco del suo più caro amico. «Sai perché sono qui?»

Lui annuì. «Lo so e sono anche d'accordo con Daran.»

Sofia si divincolò e lui la strinse più forte, trattenendola.

«No!» urlò lei cercando di allontanarlo. «Non puoi accettarlo.»

«Devo, perché non c'è alternativa. Però aspetta.» Le spinse di nuovo la testa contro la propria spalla e la baciò tra i capelli. «Restiamo ancora un po' così, per favore.»

Lo lasciò fare. Lasciò che le accarezzasse i capelli, la schiena, perché anche lei si stava riempiendo di quell'affetto che tanto le era mancato. Nonostante gli ultimi duecento anni li avesse passati sigillata, tutto il tempo trascorso dormendo le si riversò contro.

«Ora, però» Balder la scostò quel tanto che bastava a guardarla, aveva il volto ormai disteso e sereno «devi essere forte e risoluta, Selene. Devi obbedire agli ordini di Daran.»

«No.» Sofia scosse la testa.

Balder sorrise, dolce come lo ricordava, e le prese il viso tra le mani. «Non piangere per me, Selene. Non ancora.» Le passò il dito sulla guancia, nonostante le lacrime non esistessero in quella strana dimensione creata dalla prigione di ghiaccio. Era così che lei avrebbe voluto vivere, in un mondo senza lacrime. Quelle iridi rosse, che tanto amava guardare, le stavano trasmettendo una serenità che mai avrebbe creduto possibile appartenere al cuore di Balder.

«Non ho mai visto la tua coscienza ma ho parlato con chi l'ha fatto» aggiunse il suo più caro amico, dopo attimi infiniti in cui lei avrebbe voluto congelare il tempo.

Erano pochissime le persone in grado di aver parlato con lui di un simile argomento e forse solo una lo aveva fatto.

«Non angosciarti. Abbiamo parlato molto, io e Raziel. All'inizio non è stato semplice ma poi, piano piano, è stato possibile scambiarsi informazioni.»

Eccolo, il mondo reale che si faceva strada in quel piccolo angolo senza tempo. Ma perché Raziel e Balder avrebbero dovuto parlarsi?

Lui lasciò scivolare la mano lungo il braccio, fino a intrecciare le dita alle sue.

«Dopo ciò che mi ha raccontato, ancora non mi spiego come tu non l'abbia mai capito.»

«Cosa? Cosa avrei dovuto capire?» Sofia abbassò lo sguardo sulla mano di Balder, in grado di avvolgere la sua.

«Eppure hai visto abbastanza mezzi demone da potertene rendere conto.» Le sollevò il viso prendendole il mento. «Non tutti hanno i capelli rossi. Anzi, la maggior parte ha sembianze più simili ai demoni che agli umani.»

Aveva ragione. Però...

«Cosa stai cercando di dirmi?»

Lui le sorrise, amaro.

«Somigli molto ad Astarte, sai? Lo so perché l'ho conosciuta.»

«No, Balder.» Scosse la testa e si allontanò di un passo. «Non è possibile. Mia madre non mi ha mai detto nulla.»

«L'ho conosciuta che era poco più di una ragazzina e forse, in cuor suo, sperava non ci incontrassimo mai più.»

Le mani si strinsero l'una all'altra.

«In fin dei conti» continuò Balder «sapeva già cosa le riservava il destino e le avevo fatto vedere cosa sarebbe accaduto se avesse commesso gli stessi errori di mia madre.»

«Allora io» sentì la propria voce tremare «io l'ho sempre saputo.» Come avrebbe fatto? «Ciò che ho provato per te, dal primo momento.» Dove avrebbe preso la forza? «Non posso ucciderti.» Gli si lanciò contro, stringendolo. Avrebbe voluto farlo sparire in quell'abbraccio, proteggerlo dal mondo e da lei stessa. «Non posso uccidere mio fratello.»

Lui ricambiò l'abbraccio. «Eppure devi farlo, Selene.»

«L'unico che mi ha sempre capita. L'unico che ha sempre saputo cosa provavo.» Strinse i pugni contro la schiena di Balder. «Era per questo. Era perché sei come me, perché sai cosa si sente a esser sempre soli e diversi.»

Si strinsero ancora e a Sofia mancò del tutto la volontà di continuare.

«No, non posso.» Restò poggiata contro di lui, le braccia abbandonate lungo i fianchi, stremata dalla consapevolezza che quello sarebbe stato il loro ultimo momento insieme. «Siamo fratelli e se è vero che siamo entrambi suoi figli, perché dovresti morire? Daran sarà anche contrariato dal tuo comportamento, ma non può volere la tua morte, non più di quanto potrebbe volere la mia.»

«Ti sbagli, Selene. Può esserci un solo figlio del Padre, uno solo capace di camminare e vivere tra gli uomini.»

«Ma io non voglio e loro non mi vogliono. Sono debole. Tu, invece...»

«No, non è così.» La strinse ancora una volta e Sofia seppe che quello sarebbe stato l'ultimo abbraccio. «Non è la forza fisica che determina la potenza della fede. Troppe volte ho dimostrato il mio disprezzo per la stirpe creata da nostro padre.» Le prese il volto tra le mani. «Devi vivere.» L'accarezzò. «Devi essere forte.» Fece un passo indietro. «Adesso devi tornare nel tempio.»

«No. Non è giusto. Perché?»

«Sapevo che, prima o poi, questo giorno sarebbe arrivato, Selene. Il giorno in cui uno dei due sarebbe dovuto morire.» Scosse la testa e le prese di nuovo il viso tra le mani, grandi e calde. «Un giorno come questo non dovrebbe esistere, hai ragione, ma sono comunque grato al Padre e alla Madre che questo giorno esiste, perché in tanto dolore, in tanta solitudine, tu sei viva e io farò di tutto perché alla fine di questo tu sarai ancora viva. Farò di tutto.» La baciò sulla fronte, un bacio lungo, doloroso, un bacio d'addio.

I lunghi capelli, rossi e dai riccioli larghi e morbidi, oscillarono quando scosse la testa. «Ascoltami bene perché abbiamo poco tempo. Il dente di drago ha danneggiato il tuo cristallo, per questo sono riuscito a portare qui il tuo corpo astrale. Ti manderò indietro e tu dovrai liberarmi e poi uccidermi. Io ti attaccherò, però, perché il nostro duello dovrà sembrare reale.»

«No, non lo farò.» Tremava, mentre lo diceva.

«Lo farai. E dopo potrai piangere per me tutte le lacrime che vorrai, ma ricorda che sarò sempre con te.» Balder si accigliò. «Te lo giuro, Selene. Io farò in modo che tu compia il tuo destino.»

«Aspetta...»

Balder scosse la testa.

«Ti voglio bene, Selene. Te ne ho sempre voluto. E tu devi vivere.»

Sparì. Era di nuovo tutto buio. Le mancò l'aria e cercò di respirare ma il dolore che provava dentro al petto glielo impediva.

«Non agitarti, adesso cerchiamo di metterti giù.»

Era la voce di Lorcan. Sentì le mani del chierico spostare le sue strette intorno alla lama.

«Sta' ferma.» Le accarezzò la guancia e lei aprì gli occhi. Il chierico aveva il volto livido, un sopracciglio sanguinante e l'occhio chiuso. Si voltò. «Maledizione, Eric! Vieni qui.»

Sofia cercò gli altri con lo sguardo, mentre sentiva il petto bruciare e l'energia fluire via attraverso l'incrinatura del cristallo.

Eric arrivò, sorreggendo Astoria ferita a un fianco.

«Mentre la sorreggo, tu sfila la spada. Sei pronto?»

Sofia chiuse gli occhi e sentì il dente di drago strisciarle fuori dal corpo, il fiotto di sangue che uscì dalla ferita e le preghiere di Lorcan.

Lentamente stava tornando ogni cosa al suo posto, i poteri del Padre e della Dea s'intrecciarono fino a formare un unico flusso guaritore.

«Come va? Ce la fai ad alzarti?» Lorcan le tese la mano e lei l'afferrò.

«Sì. Adesso sì, grazie.» Cercò con lo sguardo Eric ed Astoria, seduti lì vicino, e poi il guardiano. Vide l'armatura a terra, scomposta. «Ce l'avete fatta.»

«Certo» disse la principessa. «Anche io conosco qualche trucchetto, sai? Cosa ti è successo?»

Sofia non aveva voglia di raccontare cosa si erano detti lei e Balder. Sentiva che, se lo avesse fatto, non sarebbe riuscita a portare a termine il suo compito.

«Devo farlo uscire.» Si sistemò di fronte alla parete. La ricordava bellissima sotto la luce del sole ma in quel momento appariva molto più cupa, all'ombra del tempio che le era stato costruito intorno. «Non intervenite, anzi, preferirei andaste via.» Fece un ultimo tentativo per metterli al sicuro.

«Non se ne parla.» Astoria si fece avanti. «Ti abbiamo accompagnata fin qui e resteremo al tuo fianco.»

«Se dovessi avere dei dubbi» Lorcan le si avvicinò, poggiandole una mano sulla spalla «ricorda quello che ci siamo detti. Tutto.»

Sofia non rispose, ebbe solo la forza di chinare appena il capo, a denti stretti e pugni serrati. Si avvicinò alla parete e la sfiorò con la punta delle dita. Avvertì appena la vibrazione dell'energia di cui era costituita. Chiuse gli occhi e forzò quella vibrazione a oscillare in sincronia con la propria, fino a diventare un unico flusso che recise.

Si riparò il viso con un braccio e, dopo il crollo, aprì gli occhi: Balder era in piedi, di fronte a lei, con le braccia aperte. Davanti a lui si formò una spirale di fuoco, sempre più ampia. Sofia raffreddò l'aria tutto intorno a lei e agli amici; innalzò un muro di ghiaccio giusto in tempo per riparare tutti dalla tempesta di fuoco che il fratello lanciò contro di loro.

Così non va bene. Lanciò un'occhiata veloce verso gli amici. Non posso difenderli e attaccare. Spostò lo scudo di ghiaccio contro Balder, sperando di guadagnare un po' di tempo.

«Allontanatevi!» urlò contro i tre che si erano appartati dietro una colonna. Li vide spostarsi verso l'uscita del tempio. Non basta.

Lo scudo di ghiaccio andò in frantumi e fu avvolta da una serie di raffiche di vento, forti abbastanza da spostarla. Si riparò il volto, cercando di vedere cosa stesse facendo Balder. Avanzava verso di lei, lentamente, muovendo le mani mentre plasmava una sfera rossa.

«Devi impegnarti di più, Selene.» Raccolse la sfera con la mano destra e la diresse in alto. verso destra.

Ma cosa fa? Seguì i movimenti con lo sguardo e sbarrò gli occhi. La piccola sfera di fuoco colpì la volta del tempio, sopra l'uscita, facendo crollare travi e colonne. I suoi amici erano in salvo, ma intrappolati senza via di fuga.

Corse verso di loro. «Non preoccuparti» le urlò contro Astoria, alzando la mano. «Ce la caveremo.»

«Dove corri, Selene.» Balder la chiamò con tranquillità. «Non abbiamo ancora finito.»

Sentì l'aria crepitare, i flussi di energia intrecciarsi e vorticare tutt'intorno. Riuscì a sollevare una barriera magica sulla quale s'infransero diverse saette di fuoco.

«Stai perdendo tempo, Selene. Per quanto ancora riuscirai a tenermi testa?»

"Devi essere veloce."

Raccolse le energie e gli lanciò contro due strali di ghiaccio. Uno lo mancò, l'altro lo colpì alla spalla, fermandolo. E anche il cuore di Sofia si fermò, solo per un attimo. Quando avevano combattuto, duecento anni prima, lei aveva impiegato tutte le sue forze per fermarlo. Ora, invece, stava combattendo per ucciderlo e solo in quel momento tutta la realtà di ciò che stava facendo la investì, colpendola allo stomaco.

«Sei sempre stata indecisa.» Balder le si avvicinò, sorridendo. «Su tutto.» Si spostò di lato. «Quindi ti aiuterò io, almeno a prenderti le tue responsabilità.» Sollevò una mano e Sofia sentì il suolo tremare. «Ma ricorda che non puoi lasciare che siano sempre gli altri a decidere per te.» Chiuse il pugno sollevato e la terra fu scossa da un boato. «Perché poi non potrai lamentarti se quelle decisioni non ti piaceranno.» Riaprì le dita, rivolgendo il palmo contro il pavimento.

Un rombo provenì dal lato dell'uscita. No. Si voltò e vide i suoi amici imprigionati in una gabbia, fatta delle stesse pietre che lastricavano il tempio, stretta abbastanza da non permettergli alcun movimento. «No!» Corse verso di loro. «No, no, no. Maledizione!» Si voltò verso Balder. Si era chinato a raccogliere il dente di drago; risplendeva di una luce sinistra tra le sue mani.

Sofia riportò lo sguardo verso i suoi amici. «Perdonatemi.» La voce spezzata fece più male a lei, forse, perché Lorcan le sorrise e le strinse la mano che aveva poggiato su una delle sbarre di pietra.

«Qualunque cosa accada» disse il chierico «segui la tua strada e non voltarti indietro.»

Sofia scosse la testa. Astoria era tra le braccia di Eric, il volto nascosto contro il suo petto.

Cercò di percepire la vibrazione con la quale l'energia usata da Balder aveva creato quella prigione.

«Ah, Selene. Non te lo permetterò.»

Eccola! Allineò la propria energia a quella delle sbarre, evitando lo sguardo corrucciato di Lorcan. Lo sforzo provocò una maggiore perdita di forza dalla crepa che si era creata nel cristallo.

Balder l'afferò per una spalla e l'allontanò, spostandole anche un piede e facendole perdere l'equilibrio.

Cadde, perdendo concentrazione e sincronia. Si ritrovò a terra e un urlo echeggiò contro le pareti del tempio lacerandole il cuore.

Si voltò. Il dente di drago si trovava nel torace di Lorcan. Aveva oltrepassato l'armatura senza alcuno sforzo e il sangue già gocciolava lungo la lama.

Si lanciò contro Balder, aggrappandosi al braccio.

"Non permettergli di avvicinarsi. È più forte di te."

Lui la tenne a bada con la mano libera e sfilò la spada da Lorcan. Il sangue aveva macchiato l'armatura bianca e gocciolava lungo una gamba, creando un piccolo sentiero rosso.

Lo sguardo di Sofia si appannò e indietreggiò. Perdonami, Lorcan. Perdonatemi, tutti. Chiuse gli occhi per permettere alle lacrime di scorrere e la vista si fece più nitida, per un attimo.

Balder si rivolse contro di lei, il viso contratto dalla rabbia come duecento anni prima, e la colpì alla spalla con il dente di drago, affondando fino all'elsa. Il dolore le bloccò il respiro. Afferrò la mano che stringeva l'elsa. Se l'avesse tirata verso il basso la ferita sarebbe stata molto più grave e forse sarebbe stata libera. Basta spostarla di poco e sarà tutto finito. E avrebbe sconvolto i piani di Daran, rendendo Balder l'unico figlio in vita. Però...

"Non morire."

Il fratello sfilò la lama dalla spalla. «Compi il tuo destino, Selene» sussurrò, sfiorandole il viso con i capelli.

Il braccio destro di Sofia era lungo il fianco, non riusciva a muoverlo. Spostò la mano sinistra sulla spalla di Balder e si affidò alla forza dell'oscuro compagno, del loro padre, per restare in piedi. Non era agitato, suo padre, perché sapeva che lui non l'avrebbe uccisa.

«Cosa aspetti? Il tuo amico sta morendo.» Le avvicinò le labbra all'orecchio. «Prima mi uccidi, prima potrai aiutarlo.»

Ormai Sofia non vedeva più nulla, il petto scosso dai singhiozzi. Lasciò scivolare la mano sinistra lungo il braccio di Balder, accarezzò la sua e per un attimo le loro dita s'intrecciarono e si strinsero. Chiuse gli occhi e afferrò l'elsa dello stiletto. «Addio, fratello mio.»

Quando gli infilò la lama sotto il costato, Balder sussultò e Sofia sentì il cuore del fratello contrarsi attorno alla lama e il suono del dente di drago caduto sul pavimento.

«Grazie.» Quella parola gli uscì dalle labbra insieme all'ultimo respiro. Non avrebbe più sentito la sua voce. Mai più.

Si accasciò e Sofia cercò di sorreggerlo con un braccio solo, inginocchiandosi e lasciandogli la testa poggiata sulla spalla ferita. Il suo corpo le urlava di togliere quel peso ma non poteva, non voleva lasciare che Balder cadesse.

«Perdonami» gli sussurrò all'orecchio, singhiozzando. Si rivolse con il cuore anche a Lorcan. Non ne avvertiva più la presenza. «Perdonami.»

Lasciò l'elsa e vide la mano macchiata del sangue di suo fratello. La strinse e poi cominciò ad accarezzargli i capelli, canticchiando la ninna nanna che sua madre usava per calmarla quando aveva gli incubi da bambina.

Avvertì la crepa nel proprio cristallo allungarsi, ma non se ne curò, nonostante le forze la stessero abbandonando. Non le importava nulla in quel momento, null'altro che non fosse Balder.



Angolo dell'autrice

E anche questo capitolo è giunto al termine. La stesura di questa versione è stata molto più tragica della precedente e spero che non lo sia troppo. Anche se formalmente Balder appare solo in questo capitolo, è un personaggio che ha la sua importanza, per Sofia e per la storia in sé. Non è un "cattivo" classico, anche se ne riveste i panni e, in un certo qual modo, li ha anche rivestiti nel passato di Selene. Chissà, forse in qualche storia sul passato potrebbe anche riapparire.

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