62 - Capitolo 37

Non permetto a nessun desiderio

di ostacolare il mio cammino.

(Balder)


Sofia sondò il piano astrale. C'era solo Raziel, in attesa nei dintorni. Non gli aveva più rivolto la parola da quando, tre giorni prima, lo aveva cacciato, accusandolo della morte di Clivia e di Gimmi.

La bambina dagli occhi rossi, la sua coscienza, stringeva ancora il coniglio di pezza; Gimmi sarebbe stato sempre una parte di lei.

Tirò a sé le ginocchia e rimase a guardare la notte oltre il fuoco. Era il suo turno di guardia; gli altri riposavano all'interno della piccola costruzione in pietra contro cui era poggiata, alle pendici delle montagne. L'indomani avrebbero cominciato la salita, prendendo uno dei sentieri, e ormai Balder non faceva mistero della sua presenza. Se prima i suoi tocchi sulla propria coscienza si riducevano a brevi apparizioni, ormai i contatti erano frequenti. Le inviava immagini dell'ultimo incontro, della loro battaglia, ma anche dei momenti felici vissuti insieme.

Poggiò la fronte sulle ginocchia e strinse le braccia intorno alle gambe. Balder. Che stai facendo?

Solo un potente evocatore avrebbe potuto richiamare l'ombra in quella dimensione e Balder lo era, ma agire dalla prigione di ghiaccio nel quale lo aveva rinchiuso doveva essere stato molto difficile. Di certo ha avuto tutto il tempo per prepararsi.

Un movimento, poco distante, le fece alzare la testa.

«Posso sedermi?»

Lorcan era in piedi, a due passi da lei. Avevano parlato poco, dopo l'attacco di Zahario, solo per discorsi riguardanti il viaggio e lui portava alla cintura la spada corta appartenuta a Clivia, quella più lunga l'aveva presa Astoria.

Sofia annuì.

«Non ho sonno» disse lui sedendosi e incrociando le gambe, il viso rivolto al fuoco e le mani a scaldarsi. «Qui l'aria è molto più fresca. Si sente che siamo in montagna.»

Anche solo di profilo, Lorcan era invecchiato. Era il meno giovane di tutti, questo lo sapeva, ma gli eventi degli ultimi giorni lo avevano messo a dura prova.

«Sai? Ci ho pensato molto» continuò e sganciò il fodero di Clivia; lo poggiò sulle ginocchia e c cominciò ad accarezzarlo. Erano gli stessi gesti compiuti da Aziz sull'arma di Sancha. «Lei avrebbe voluto così. Ne sono certo.»

Sofia si vide porgere fodero e spada. Non se ne sentiva degna, ma non voleva neanche offendere la memoria dell'amica o Lorcan stesso. «Sei sicuro?»

«Certo. Io non posso usarla, è una delle regole del mio ordine e non saprei neanche maneggiarla. Tu, invece, l'hai resa unica. È giusto che stia nelle tue mani. Inoltre» poggiò il tutto più vicino a Sofia «avete condiviso molto in breve tempo, compresa la sua morte. Perché» mise le mani sulle ginocchia e raddrizzò la schiena, lo sguardo nel fuoco «lei era decisa ad aiutare Astoria contro quella creatura e te contro quel demone.» Si voltò e le sorrise.

«Da dove prendi tutta questa forza? Io ancora non riesco a parlarne.» Abbassò lo sguardo, cercando di ingoiare il groppo amaro che sentiva in gola.

«Dalla Dea.»

Sofia sorrise. Quella risposta era stata tanto semplice quanto scontata e avrebbe voluto riuscirci anche lei, a essere tanto determinata nell'accettare un dolore così grande. «Sono felice per te, sai?»

«Ti credo.» Sospirò. «Se tutto questo fosse accaduto solo poco tempo fa, sono certo che sarei andato in pezzi, che non sarei riuscito a sopravvivere alla sua morte, forse non lo avrei neanche voluto e me ne sarei lasciato travolgere. Ma Clivia desiderava la vita, per tutti noi.» Si girò verso di lei. «Anche tu dovresti appoggiarti a qualcuno. Ti direi di fare come me, ma non so se potresti prendere fuoco solo al pensiero di rivolgerti alla Dea.»

Sofia soffocò una risata. «No, sta' tranquillo. A volte ci ho pensato, però. Mia madre mi diceva sempre che non c'è ombra senza luce e che ogni luce getta un'ombra.»

«Tua madre?»

Sofia guardò le fiamme danzare. «Sì.» Ripensò alle lunghe chiacchierate che facevano davanti al fuoco, quando era piccola ma anche quando era più cresciuta.

«Anche il mio maestro ha detto qualcosa di simile» disse il chierico, «quando l'ho incontrato a Città del Guado. Mi ha prima gettato nello sconforto, ma poi ha davvero illuminato il mio cammino.»

«E anche Ohriel e Raziel» aggiunse lei, socchiudendo gli occhi. «Mi hanno sempre detto che nulla è tutto bianco o tutto nero.»

«Chi l'avrebbe mai detto.»

Il fuoco prese a crepitare e si alzarono diverse scintille.

«Non lo vedo da dopo lo scontro.» Lorcan si stiracchiò e poi distese le gambe, poggiando la schiena contro il muro.

«Non dirmi che ti manca» disse Sofia voltandosi. All'inizio di quel viaggio non si sarebbe mai aspettata di vedere il viso di Lorcan tanto disteso, non in una simile situazione, sebbene con diverse rughe in più intorno agli occhi; lui non aveva dimenticato Clivia, aveva solo accettato quanto accaduto. Lei, invece, non riusciva ancora a credere che Clivia e Gimmi erano morti, che non li avrebbe più rivisti. Strinse i pugni.

«A me no» rispose lui «ma a te?»

Già. Distese anche lei le gambe, godendo del calore del fuoco che dagli stivali passava ai piedi. Pur ritenendolo responsabile della morte dei suoi amici, il solo pensiero che Raziel fosse lì, abbastanza vicino da poterlo avere con sé in un attimo, la confortava.

«Sì, mi manca» rispose. «Ma non voglio vederlo. Non dopo quello che ha fatto.»

«Devo dire che, se fossi nei suoi sporchi panni...»

«Attento a ciò che dici» lo interruppe Sofia guardandolo. «Anche se non lo vedi è qui. Ci segue dal piano astrale e ci ascolta.» Prese un piccolo ramo e lo lanciò nel fuoco.

«Dicevo» Lorcan si schiarì la gola «che se fossi stato nei luridi panni di quello sporco demone» ripeté a voce poco più alta «forse avrei agito allo stesso modo.»

Sofia strinse gli occhi.

«Il suo comportamento è stato disumano, non lo condivido affatto» continuò in tono più basso. «Però non posso negare che, così facendo, ha impedito qualsiasi reazione di Zahario, proprio come aveva fatto con Nunki. È stato preciso, veloce e letale. Tutto ciò di cui c'era bisogno.»

Sofia incrociò le gambe. Aveva ragione lui, lo sapeva bene.

«E Zahario sembrava abbastanza forte da tenergli testa, o sbaglio?»

«No, non sbagli» sussurrò lei in risposta e un brivido la scosse al ricordo di quanto accaduto.

«Quindi» continuò Lorcan «rifletti bene su chi vuoi o non vuoi tenerti accanto, anche se fosse solo un braccio a cui sostenersi per non cadere. Prendi me, per esempio.» Allargò le braccia e poi si indicò. «Avevo bisogno di qualcuno che mi lanciasse occhiatacce di rimprovero ogni volta che alzavo troppo il gomito.»

Le si strinse il cuore pensando a Clivia, al suo sorriso delicato e alle sue riflessioni.

«Ho sempre creduto, tra i mille dubbi che mi attanagliano» riprese lui, «che il destino esiste. Se sia la Dea o il tuo dio o entrambi lo ignoro, ma esiste. Ha messo Clivia sulla mia strada e me sulla sua. Per te ha scelto Raziel, ne sono certo. Ha i suoi difetti ma non puoi negare che vi lega qualcosa di profondo.» La guardò. «Probabilmente non so neanche di cosa sto parlando, vero?» Scosse la testa e agitò una mano. «Ma di fede un po' ne capisco e tu sei la figlia del suo signore.» Sospirò e guardò il fuoco. «Per un ipotetico figlio della Dea proverei un misto di devozione e ammirazione, oltre che provare pena per chi non lo rispetti quanto meriti. Inoltre» si grattò la barba e con il piede spinse una piccola zolla di terreno. «Inoltre tenterei in tutti i modi di rendergli meno gravoso il compito di essere una persona tanto importante.» Si volse ancora una volta verso di lei. «Quel fardello pesa molto, vero?»

Forse Lorcan non conosceva bene le dinamiche del suo rapporto con Raziel e con gli altri demoni, ma era nel giusto più di quanto credesse. Lei, nel corso degli anni, ci aveva riflettuto ma non aveva mai ammesso di averlo capito.

«Adesso perché non vai a riposare un po'?» continuò. «Avrò anche l'aspetto di un vecchio, a tuo confronto, ma sono più giovane di te.» Le sorrise.

«Sì. Grazie.»

Sofia si alzò e diresse i propri passi verso la porta, ma si fermò e tornò a guardarlo, rivolgendogli il primo sorriso di quegli oscuri giorni. «No, davvero, Lorcan. Grazie.»

*****

Al mattino presto si diressero lungo un sentiero più a est. S'inerpicava tra le rocce e i piccoli sassolini scricchiolavano sotto le suole.

La presenza di Balder era sempre più tangibile. Si stavano avvicinando e ormai non era più possibile rimandare lo scontro. Per domani sarà tutto terminato. In un modo o nell'altro.

Sofia mise il piede su un sasso che si spostò rischiando di farla cadere, ma Eric la afferrò per un braccio.

«Grazie» gli disse.

Lui borbottò qualcosa e poi avanzò.

Quando si era svegliato, nella brughiera, l'aveva ringraziata, anche più di una volta, ma Sofia aveva percepito imbarazzo nei suoi gesti.

«Non riuscirà mai a esprimere in pieno la sua gratitudine.» Astoria l'aveva raggiunta e le aveva parlato sottovoce. «È sempre molto diretto e di solito non ha problemi a dire ciò che prova, ma sono certa che ha intuito l'importanza del tuo gesto. Credo che in qualche modo si senta anche responsabile per...» Era ancora difficile parlarne anche per lei, troppo recente il dolore. «E poi» la fermò tenendole un braccio e si avvicinò di più, «vedo che si agita nel sonno, molto. È più guardingo del solito. Forse li vede anche lui.»

«Sì, credo anche più di te.» Non ebbe bisogno di altre spiegazioni per comprendere. Con Eric aveva avuto un contatto molto più profondo che con Astoria. «Mi dispiace» sussurrò.

La principessa scosse la testa e ripresero a camminare. «Vorrei avere più tempo» continuò. «È da tanto che cerco un modo per dirtelo.» Si voltò un attimo a guardarla e poi riprese a concentrarsi sui propri passi, cercando di regolare l'affanno dovuto alla salita. «Vorrei tanto che mi insegnassi qualcosa. Vorrei sapere della tua vita, di tua madre e dei suoi studi.» Riprese fiato e poi si fermò, anche Lorcan ed Eric, più avanti, lo avevano fatto e si erano liberati dei bagagli. «Hai un modo di manipolare l'energia magica che non ho mai visto.» Si voltò del tutto, fronteggiandola. «Dipende dalla tua natura, vero?»

«Anche.» Cosa le stava chiedendo?

«Vuoi dire che potrei...» Lanciò un'occhiata agli amici in fondo al sentiero. «Pensi che, un giorno, potresti insegnarmi qualcosa?»

«Sì, certo. Volentieri.» E lo desiderava davvero. Desiderava che tutto questo potesse finire nel migliore dei modi e avere del tempo da trascorrere con lei. Si voltò verso Eric e Lorcan. E con loro.

Si fermarono in una zona più larga del sentiero. Il sole non raggiungeva direttamente il fondo di quella gola e l'aria era più fredda.

«Vorrei che non proseguiste oltre.» Sofia non aveva intenzione di coinvolgerli più del necessario. «Mi avete accompagnata e avete rischiato e pagato.» Guardò verso Lorcan. «Non posso chiedervi di più.»

«E non farlo» intervenne Eric. «Siamo noi, sono io a decidere. Non puoi imporci di fermarci proprio adesso. Non dopo tutto quello che abbiamo passato.»

«No, Eric. Voglio che torniate indietro. Mi avete aiutata anche troppo, giungendo fino a questo punto. Lo scontro con Balder è un mio problema e non ho intenzione di coinvolgervi.»

«Ha ragione lui.» Astoria, seduta al suo fianco, annuì. «Tu ci hai aiutati a sconfiggere l'ombra e noi ti aiuteremo a battere Balder.»

«Non potete aiutarmi, non lo capite?» Sofia strinse i pugni, in piedi di fronte ai suoi amici. «Comunque andrà a finire questa battaglia io avrò perso e non voglio che voi...» Si fermò, perché solo l'idea di perdere anche loro le fece venir meno le parole.

«Hai bisogno di noi, lo sai.» Lorcan, seduto di fronte, accarezzò l'impugnatura della Luce della Dea. «Non temere, non rischieremo più del necessario, ma lasciaci essere il braccio al quale aggrapparti per non cadere, almeno per adesso.»

«Sono davvero impressionato.» Raziel apparve al fianco di Sofia che sentì un vuoto allo stomaco sentendone la voce e diresse lo sguardo lontano da lui, mordendosi il labbro.

«Dico davvero» continuò il demone. Fece un passo avanti, superandola senza voltarsi verso di lei. «Confidavo che qualcuno capisse l'importanza di accompagnarla fino in fondo e le mie speranze erano riposte in Clivia. Peccato sia andata così.» Si voltò verso il chierico. «Invece non avrei mai contato sul tuo appoggio, Lorcan.» Gli si avvicinò e lui si alzò in piedi. Erano uno di fronte all'altro, in silenzio, a osservarsi senza parlare quando Raziel gli tese la mano e Lorcan gliela strinse. «Grazie» disse il demone.

Sofia non riuscì a gioire di quel gesto. "Selene." La voce di Balder la stava chiamando, ormai era vicino, e lei barcollò, portandosi una mano alla fronte; la testa le girava e il cuore batteva più veloce del necessario. Alzò lo sguardo: tutti stavano guardando verso di lei. «Ho bisogno di restare un po' da sola.» Raziel era molto abile a rovinarle i piani, ma sospettava che sarebbe stato difficile dissuadere tutti loro dal seguirla anche senza il suo intervento. «Ne riparleremo dopo.»

Si voltò senza neanche attendere una risposta. Coinvolgerli significava esporli agli attacchi di Balder. Avrebbero rischiato di morire, tutti. Di nuovo. A causa mia.

Nessuno la richiamò e Sofia ne fu felice. S'inoltrò lungo il sentiero, sempre più stretto, una ferita nella montagna, e si fermò davanti a un bivio: entrambe le vie portavano verso l'alto.

«Indecisa sulla strada da prendere?» Raziel le era apparso alle spalle. «Devi andare verso destra.» Indicò allungando il braccio.

«Volevo restare sola.» Si voltò a guardarlo.

«E io volevo parlarti.» Si strinse nelle spalle e fece un passo verso di lei. «Non mi eviterai per sempre e dobbiamo sistemare delle questioni importanti.» Si avvicinò ancora. «Tenevo d'occhio Zahario da un po' di tempo. Sembra che il periodo in cui sei stata sigillata abbia indebolito il legame di alcuni demoni con i loro creatori.»

A Sofia mancò l'aria e un'ondata di panico la travolse quando le fu chiaro cosa significavano quelle parole. «Quindi non è stato Daran a mandarlo?» chiese, già conoscendo la risposta.

«No» rispose Raziel. «Zahario si era convinto, insieme ad altri, che il tuo cristallo avrebbe conferito i poteri del Padre a chiunque lo avesse posseduto.»

Sofia si spostò verso la parete di roccia e vi poggiò la mano, la gola riarsa come se non bevesse da troppo tempo. «Ma non è così, vero?» chiese con la voce stridula. Fissò le pietre nel tentativo di scacciare dalla mente le immagini di caccia che le si stavano parando davanti.

«Non lo so e credo nessuno lo sappia» le rispose avvicinandosi. «In verità i Tre lo avevano ipotizzato, ma per comprenderlo avrebbero dovuto toglierti il cristallo e osservare cosa sarebbe accaduto.»

Sofia poggiò la schiena alla parete e inspirò, nel tentativo di avere più aria nei polmoni. Aveva la sensazione che le gambe non l'avrebbero retta e cercò di sorreggersi con le mani. Ricordava molto bene il tentativo di Daran di toglierle il cristallo e dovette deglutire, ma il dolore che le stava nascendo nel petto già stava risalendo fino alla gola.

«Non lo faranno, vero?» chiese guardando verso Raziel, sperando inutilmente in una risposta che avrebbe alleviato quel peso che sentiva comprimerle i polmoni. «Non proveranno di nuovo a togliermi il cristallo.» Inspirò e la gola si restrinse. «Dimmelo, ti prego.» Strinse i palmi contro la parete e sentì i bordi taglienti della roccia graffiare la pelle. «Dimmi che non glielo permetterai.»

Raziel scosse la testa. «Lo sai che non posso e, detto francamente, non voglio neanche evitarlo. È necessario capire cosa comporta sottrarti il cristallo. Per il bene di tutti, non solo per il tuo.»

«No.» Sofia scosse la testa. «No, no.» Si portò una mano al collo, stringendo il bordo della camicia, sporca e strappata in più punti.

«Non preoccuparti.» Le si avvicinò ancora, erano a meno di un passo l'uno dall'altra. «Faremo in modo che le cose non vadano come l'ultima volta.»

«No.» Sofia chiuse gli occhi. Il volto deformato di Daran si materializzò nella sua mente. «Non voglio più sentirmi così. Non voglio che qualcuno mi...» Sentì le unghie grattare contro il corpetto di cuoio. «Non se a farlo è...» Respirò producendo un rantolo. Infilò le dita nel collo della camicia nel tentativo di allargarlo e tirò il laccetto che la chiudeva fino alla gola: era diventata stretta. Anche il corpetto stringeva troppo e le bloccava il respiro. Armeggiò con le chiusure, le mani tremanti e le dita che non riuscivano a slacciare i legacci. Forse sarebbe stato meglio morire lì, in quel momento, soffocata dalla propria paura, così non sarebbe stata costretta a uccidere Balder e affrontare ancora una volta Daran.

Raziel la aiutò a sedersi e slacciò lui il corpetto, sfilandolo e posandolo di lato.

«Va un po' meglio?»

Sofia riuscì solo ad annuire, il respiro più regolare, ma ancora aveva fame d'aria e le vertigini.

«Quando sarà il momento, non sarai sola.» Era di fronte a lei, un ginocchio a terra e l'altro sollevato. «E non lo sarai finché non verremo a capo di questa faccenda. Da quando ho sospettato di Zahario non ti ho più persa di vista.» Le accarezzò la guancia e quel gesto riuscì a calmarle il respiro. «Però, durante lo scontro con Balder non potrò intervenire.» Esitò, la mano ancora poggiata sul viso. «Neanche se tu dovessi trovarti in difficoltà. Quindi fai attenzione.» Rimase a fissarla, con gli occhi neri stretti e obliqui. «Non sottovalutarlo.»

Sofia spinse la schiena contro la parete di roccia; il panico era passato, restavano incertezza e disperazione. «Ma io non posso...» distolse lo sguardo; era persa nei ricordi del tempo trascorso con Balder.

Raziel spostò la mano sulla spalla e con l'altra le alzò il volto, costringendola a guardarlo. «Tu lo farai, conosci le conseguenze di un tuo rifiuto.» Strinse più forte. «Non dargli altri motivi per trattarti male.» Allentò un poco la presa. «E dovrai concludere velocemente. Balder è più forte di te. Non permettergli di avvicinarsi tanto da afferrarti o colpirti. Devi usare solo la magia. Guardami e dimmi che hai capito.»

Sofia annuì, con riluttanza.

«Devi dirmelo» insisté lui.

Quegli occhi, neri e obliqui, le stavano chiedendo qualcosa che lei non comprendeva, o non voleva comprendere.

«Ho capito.»

«Ancora una cosa. La più importante.» Le prese il viso con entrambe le mani. «Non morire» sussurrò.

Dunque era quella la richiesta che le stava rivolgendo. Sofia sapeva che Raziel le era legato, ma mai avrebbe immaginato che la sua morte avrebbe potuto procuragli qualche turbamento. Sollevò appena le mani, le sarebbe bastato tenderle appena più su e prendere ciò che desiderava; non ci sarebbe stata nessuna resistenza, lo sapeva. Ma non lo fece. Strinse i pugni, invece, e i denti.

«Va bene.» Fu l'unica cosa che riuscì a dire. Prese entrambe le mani di Raziel e lasciò che la aiutasse ad alzarsi.

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