54 - Capitolo 32.1

Ogni grande città avrà la sua Curia

e ogni Curia il suo Priore.

Fratelli e sorelle saranno obbligati

a dedicare parte del loro viaggio 

ai bisogni della Curia che attraverseranno.

Perché la Luce illumini tutti.

(dal Libro Radioso)

«Quindi ne sei certo?»

«Sì, amico mio.» Lorcan sospirò. Lui ed Eric erano fermi davanti alla Curia di Florenzia. «Dobbiamo provarci.»

Quell'edificio in pietra bianca sarebbe stato grandioso se non lo avessero lasciato rovinare dalle intemperie. I palazzi del culto, a Città del Guado, erano tenuti puliti e ogni dettaglio veniva mantenuto integro e lucente. Lorcan, invece, si trovava al cospetto della decadenza: scuri rotti e lasciati del colore del legno, cancelli arrugginiti e fuori dei cardini, pietre scheggiate e ormai ingrigite dalla polvere e dalla mancanza di pulizia.

«Sì, amico mio» ripeté, doveva convincersene anche lui. «Dobbiamo tentare. Magari avranno anche dei cavalli da farci acquistare.»

«Ma l'hai sentito Aziz?» Entrarono nella curia, il corridoio era illuminato solo dalla finestra in fondo e dalla porta aperta alle loro spalle. «Non volevano cedere il cavallo neanche a lui.» Eric aveva abbassato la voce e i loro passi risuonavano contro le pietre del corridoio interrotto da molte porte. «Perché dovrebbero darcene cinque?»

«In realtà non ci spero neanche, amico mio.»

«E allora che ci facciamo qui?»

Si era fermato ed Eric lo sovrastava di tutta la testa.

«Perché spero possano dirci qualcosa.» Anche se parlavano a bassa voce, i toni erano ancora troppo alti. «Se mi mettessi a loro disposizione» sussurrò «potrei capire se hanno avuto qualche notizia da Città del Guado, oppure se le voci sulle creature alle pendici delle montagne sono vere.»

Eric annuì. «E se dovessero darti un incarico da svolgere lontano dalla nostra meta?»

«Non sarei obbligato ad accettarlo, invece sono obbligato a offrire il mio aiuto.»

I passi ripresero a scandire il tempo dei pensieri di Lorcan. Aziz li aveva preceduti, sperava non avesse detto nulla di compromettente per loro. Il ragazzo era devoto al maestro e lo aveva visto accettare il lutto e anche la presenza di due demoni pur di non tradire la fiducia che padre Riordan aveva riposto in lui. Oh, Madre Luminosa! Ha più fede di me, quel ragazzo.

Il corridoio curvava verso sinistra e poco dopo c'era una scrivania con un giovane sacerdote intento a leggere che sollevò lo sguardo, in attesa che si avvicinassero.

«Che la Dea illumini il tuo cammino, fratello.» Lorcan si segnò fronte e petto.

«E il vostro, padre.» Il giovane rispose con gli stessi gesti, lasciando la pergamena libera di arrotolarsi una volta lasciata la presa.

«Sono in viaggio con il mio compagno» indicò Eric al suo fianco «verso nord. Andiamo in soccorso del villaggio dei suoi cari. Le voci che abbiamo sentito sono preoccupanti. Se c'è qualcosa che posso fare, andando in quella direzione...»

Lasciò cadere la frase e l'accolito annuì; doveva essere l'attendente del priore. Si alzò, unendo le mani e facendole sparire nelle larghe maniche della veste bianca.

«Chi devo annunciare?»

«Lorcan, ministro errante, ed Eric delle terre del nord. Al vostro servizio.» Abbassò la testa.

«Girolamo, padre, sempre al servizio della Luce.» Chinò il capo e lasciò il suo posto fermandosi davanti alla porta più vicina. «Attendete qui, vi prego.» I cardini cigolarono e rimasero soli.

Che abbandono. Potrebbe entrare chiunque, qui dentro. Anche se il pericolo maggiore era entrato in quel luogo senza varcare alcun uscio.

Si sedette sulla panca di legno e sentì scricchiolare quella su cui si stravaccò Eric, che incrociò le mani dietro alla testa e chiuse gli occhi.

Lorcan raddrizzò la schiena e provò a chiudere gli occhi anche lui. Nonostante la notte e l'ultima parte del viaggio fossero trascorse senza problemi, avvertiva i ricordi di quanto accaduto come un peso gravoso e oscuro sulla propria anima. Doveva incolpare qualcuno della morte di Sancha, avvenuta solo come sfregio nei confronti di Sofia, e l'artefice di quel gesto era una Figlia della Luce, una creatura dai contorni divini, fatta della stessa materia della Dea. Com'è possibile? Perché lo hai permesso? Strinse la Luce della Dea. Aveva scaricato tutto il dolore provato contro Sofia. Lo aveva fatto consapevolmente, stava per restarne schiacciato e lo aveva indirizzato contro la persona a causa della quale tutto era accaduto.

Perdonami. Si rilassò contro lo schienale, le spalle troppo pesanti per reggere tutto quel fardello. E se ne vergognò, perché un tempo avrebbe pensato che quella giovane donna sarebbe andata in frantumi sotto un peso del genere, ma in quel momento non gliene era importato, anzi, era certo che lei era più forte di quanto non apparisse e, in fondo, meritava anche lei di soffrire per quella perdita. Si era ripetuto quella scusa di continuo, ogni volta che incontrava gli occhi tristi di Aziz, ogni volta che ricordava la determinazione di Sancha. Ogni volta che ricordava la Luce che risplendeva in lei. Ogni volta. Sarà sempre così. E cercava di scacciare il volto tirato di Sofia, lo sguardo basso. Lei, che chissà cosa aveva patito nelle mani dei demoni e per mano dei Figli della Luce. Proprio lei doveva sentirsi a disagio nei suoi confronti?

La porta cigolò di nuovo e fratello Girolamo riapparve nel corridoio. Una smorfia si disegnò sul volto giovane e sbarbato quando posò gli occhi su Eric disteso sulla panca, che scricchiolò ancora sotto il suo peso nel momento in cui si raddrizzò.

«Padre Durante, il Priore, vi riceverà. Entrate e attendetelo.» Indicò la porta dalla quale era uscito e tornò a sedersi, continuando a osservarli.

Quando entrarono, la stanza era poco illuminata. La sola finestra presente, grande e dotata di cancelli, affacciava sul cortile interno dell'edificio. Lorcan si avvicinò per guardare meglio: c'era un colonnato che delimitava il perimetro a base quadrata del chiostro, come la gran parte delle curie che aveva visitato. Si avvicinò ancora di più, sfiorando con la barba le sbarre di ferro, cercando con lo sguardo un segno che gli indicasse quale di quelle finestre era stata l'ultima a vedere vivo il precedente Gran Maestro, quale stanza era stata testimone di un così atroce delitto.

«Dici che possiamo sederci?» Eric vagava con lo sguardo tra le varie sedie e poltrone addossate alle pareti che costituivano, insieme a un grande tavolo, gli unici arredi della stanza.

«Aspetta, non credo ci vorrà molto...»

Un altro cigolio annunciò l'apertura di una seconda porta e fecero la loro comparsa un anziano sacerdote accompagnato da una donna, avanti con gli anni anche lei, a giudicare dalla ragnatela di rughe che le solcavano il viso.

Una volta che il priore, aggrappato al bastone di legno come se ne dipendesse la vita, fu fatto accomodare su una delle sedie imbottite, la donna sparì da dove era entrata.

«Che la Luce illumini il vostro cammino, padre.» Lorcan si avvicinò e fece un inchino.

«E il vostro, figlioli. Vi prego, sedetevi entrambi.» La voce, resa flebile dall'età, fece nascere in Lorcan una sensazione di calore e raccoglimento.

«Fratello Girolamo mi ha detto che siete diretti a nord, alle pendici dei monti. Cosa vi porta da quelle parti?»

«Desiderio, padre. Ci sono giunte voci preoccupanti e di certo ci saranno persone in difficoltà. La Luce potrebbe portare conforto e aiuto a quella gente.»

Gli occhi del priore erano talmente piccoli da sembrare chiusi sotto il peso delle pieghe che aveva assunto la pelle sulla fronte. Non c'era segno di capelli, mentre le sopracciglia, bianche, erano molto rade.

«Sì, figlioli. Solo la Dea sa quanto c'è bisogno di fratelli come voi.»

Rimase in silenzio, Lorcan era indeciso se riprendere la parola. Sentì Eric schiarirsi la gola e, nel timore che potesse offrirsi lui di parlare, tentò di prendere la parola, ma padre Durante lo interruppe.

«Perdonatemi, sono anziano e lento.» Prese un fazzoletto dalla manica e si asciugò la bocca sdentata e rattrappita. «Da molti anni, ormai, sono in attesa della chiamata della Dea. Evidentemente ho ancora dei compiti da svolgere.» Si asciugò ancora. «No. Non ho incarichi per voi. Ormai chi poteva lasciare i villaggi ai margini della brughiera lo ha già fatto. Per chi è rimasto indietro non resta che pregare.»

Lui ha fede, lo sento. Avrebbe voluto accettare ciò che la Dea aveva in serbo per lui con la stessa forza.

«E, visto che siete diretti lì» sospirò guardando oltre di loro «devo avvisarvi del pericolo cui andrete incontro.»

Già, come si chiama? Balder.

«Di recente è stato avvistato un demone d'ombra.»

«Cosa?» A Lorcan ed Eric sfuggì quella domanda all'unisono, ma l'affermazione di padre Durante non poteva, non doveva, essere vera.

«Un demone d'ombra.»

Quel sussurro emesso da Eric, e confermato dal priore con un cenno del capo, gli provocò i brividi.

Non giungeremo mai a destinazione.

«Vi prego, figlioli, di fare molta attenzione ed evitare le zone battute da quella bestia. Piomba dall'alto ed è scura come la notte, ma le sue ali sono pestilenziali e troverete morte e putrefazione lungo il suo cammino.»

Il groppo nella gola di Lorcan minacciava di bloccargli la respirazione. Un demone d'ombra.

«Leggo lo sconforto nei vostri occhi. Eppure la Dea ha progetti che noi mortali ignoriamo. Non desistete dai vostri proprositi per paura, perché la Luce veglia sempre su tutti, anche su chi pensa di non essere meritevole.»

Quelle parole colpirono Lorcan allo stomaco. Loro, lui e i suoi compagni, non potevano certo dirsi meritevoli dell'aiuto della Dea. Ma aiutare Sofia avrebbe potuto aiutare tutti.

«Padre, io...»

«Non crucciarti, figliolo. So che a volte può sembrare che l'Oscurità avvolga determinati luoghi o certe persone, ma non c'è Luce senza Tenebre e di certo la Dea ama tutti i suoi figli.»

Padre Durante usò ancora il fazzoletto. «Questa Curia ha visto tanto dolore.» Poggiò entrambe le mani sul bastone e chinò la testa.

Lorcan chiuse gli occhi, rabbrividendo al pensiero di quanto accaduto al vecchio Gran Maestro.

«Eppure non posso fare a meno di pensare che le prove a cui siamo sottoposti hanno uno scopo.» L'anziano priore rialzò lo sguardo. «Credici anche tu figliolo, e se dovessi smarrire la via, segui la Luce e tornerai a casa.»

Strinse il pugno intorno alla Luce della Dea. Un senso di attesa lo invase. Non era la paura per il demone d'ombra. Non era l'incognita di ciò che avrebbero trovato una volta a destinazione. Sta per accadere. Presto il suo cuore sarebbe stato messo alla prova e lo avrebbe colto in fallo.

Padre Durante battè il bastone a terra e la donna tornò a prenderlo.

«Solo una domanda, padre.» Lorcan attese il cenno di assenso prima di continuare. «Sono in viaggio con altri amici, siamo in cinque. Sarebbe possibile avere dei cavalli versando un'offerta adeguata?»

«Mi dispiace, figliolo, ma non ne sono rimasti molti e non posso toglierli a chi potrebbe averne bisogno.»

«Capisco, padre.»

Il grugnito sfuggito a Eric indispettì Lorcan, ma anche lui era rimasto deluso da quella notizia. E atterrito da quella sulla presenza del demone d'ombra.

*****

Lungo la via che portava alla locanda, Lorcan non riuscì a dire nulla. Non aveva parole di conforto per sé, non ne avrebbe avute per Eric né per gli altri. Chissà Sofia cosa dirà di quel mostro. Un sorriso amaro gli sollevò gli angoli della bocca quando immaginò che il demone d'ombra poteva anche essere un lontano parente della ragazza. Che poi, è più vecchia di me. Si morse le labbra appena concluse quel pensiero. In Sofia aveva trovato la perfetta vittima sacrificale sulla quale riversare tutte le ingiustizie del mondo e la nausea provata ogni volta che se ne rendeva conto non leniva il suo senso di colpa.

«Ehi, vecchio mio. Siamo arrivati.» Eric lo trattenne per un braccio. La locanda era proprio davanti a loro. Lorcan lo ringraziò con una pacca sulla spalla, non riuscì ad aprire bocca. Come lo spiegherò a tutti?

Ed eccoli radunati lì, intorno a un tavolo rotondo con boccali e caraffe pronti, taglieri e ciotole fumanti.

«Alla buon'ora. Questa volta rischiavi di restare tu senza cena.» Astoria spostò la sua ciotola davanti a Eric e chiamò un ragazzo che indossava un grembiule sporco. «Che fai? Non mangi?»

Lorcan osservò il guerriero. La notizia aveva sconvolto anche lui, assorto com'era a contemplare il pasto senza cominciare a mangiare.

«Va bene, ho capito che i cavalli non ce li daranno. C'è dell'altro?» chiese Astoria.

Lorcan deglutì e attese che le altre due minestre fossero lasciate sul tavolo.

«Sì.»

Il risucchio udito gli indicò che Eric aveva cominciato a bere la minestra.

«E?» Clivia era rimasta ferma a guardarlo, così come Astoria, invece Sofia evitava il suo sguardo in modo sistematico e lui lo interpretò come un gesto di riguardo, per evitargli ulteriori sofferenze. Non me lo merito.

«I villaggi a nord, ai margini della brughiera, sono svuotati o comunque chi era in grado di lasciarli lo ha già fatto» disse Lorcan.

Astoria annuì, Clivia incrociò le braccia ed Eric continuava a mangiare. Sofia era concentrata sul pezzo di pane che teneva tra le mani.

«Sembra che ci sia un problema anche più serio dei non morti.» Passò ancora in rassegna i suoi compagni. Mancavano i due demoni, ma certamente il coniglio non poteva farsi vedere in giro. Avrebbe voluto vedere la faccia di Raziel quando gli avrebbe detto della bestia, ma probabilmente sarebbe rimasto imperscrutabile, come sempre. «Il priore ha detto che da quelle parti si aggira un demone d'ombra.»

Astoria si prese la testa tra le mani mentre Clivia chiuse gli occhi.

«Mangiate. Ci penseremo dopo.» Eric parlò con la bocca piena, lasciando cadere briciole di pane. Ingoiò. «Meglio approfittarne adesso.»

«No, Lorcan. Non è possibile.» La voce di Astoria arrivò attutita, aveva affondato la testa tra le braccia poggiate sul tavolo. «Come faremo ad affrontarlo?»

«Perché? Dobbiamo farlo?» Clivia si era sporta verso il centro del tavolo e aveva preso un pezzo di formaggio. «Non possiamo aggirarlo? In fondo non è difficile individuare il territorio sul quale si muove.»

«Scherzi, vero?» Astoria aveva appena sollevato la testa, il mento poggiato sulle mani. «Un mostro del genere non può restare libero di vagare sul territorio. Può uccidere solo con la sua presenza.»

«Ma non possiamo affrontarlo.»

Lorcan seguiva con lo sguardo la conversazione. Ancora una volta era diviso in due: dover fare qualcosa contro poterlo fare. Questa volta se la sbrigheranno loro. Io mi limiterò seguirli. Prese la ciotola con entrambe le mani, lasciando che il calore si diffondesse sui palmi. L'aria era diventata umida minacciando pioggia. Bevve.

«Però potrebbe essere possibile battere quell'ombra.»

Osservò Sofia al di sopra della ciotola e continuò a bere. Al suono di quelle parole, la sensazione di attesa crebbe in lui. Si pulì la bocca con il dorso della mano. Sono curioso di sapere come. Ma stava mentendo a se stesso. Non voleva saperlo, perché sentiva che il bivio davanti al quale si sarebbe trovato avrebbe stabilito, una volta per tutte, se la sua fede era reale o frutto dei suoi studi, delle abitudini e dell'addestramento.

«Preferisco parlarvene dopo, in camera, lontani da orecchie indiscrete.»

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