53 - Capitolo 31

Ognuno decide del proprio destino,

ma è anche responsabile delle azioni 

che interferiscono con il destino altrui.

(Sorelai Fenir)

«Non so neanche come si chiamava.»

«Gimmi sa che un nome è solo un nome, Inaté

Seduta su una roccia, distante dal corpo senza vita di quella giovane donna, composto da Clivia all'ombra di un grosso leccio, Sofia provava solo freddo. Le lacrime che aveva versato erano tutte per Lorcan, per il dolore che gli aveva provocato. Era come se l'avesse uccisa lei. Chiuse gli occhi, il ghigno di Nunki nell'atto di lanciare quell'incantesimo maledetto era sempre lì.

«Avrei dovuto evitare la sua morte.»

«Inaté non avrebbe potuto, Gimmi pensa.»

Strinse i pugni sulle ginocchia e serrò la mascella.

«Avrei dovuto, invece.»

Mamma. Era con lei che aveva bisogno di parlare. Sospirò e Gimmi si avvicinò; le poggiò la testa e le zampe anteriori sulle gambe, lasciandosi accarezzare. Il tepore scacciò il freddo, ma ormai il contatto con quel pelo morbido non aveva lo stesso effetto di tanto tempo prima. Riusciva a vederla anche a occhi aperti la bambina che era dentro di lei, che aveva accettato la presenza dell'Oscurità.

«Mi dispiace averti perso di vista» sussurrò, chinandosi verso la testa tonda.

«Sancha! Dove sei, Sancha? Sancha!»

Alzò lo sguardo. Aziz si era ripreso, Lorcan e Astoria erano al suo fianco e la principessa scosse la testa.

«Sancha! Sancha!»

Eccomi accontentata. Abbracciò la testa di Gimmi e ci posò la fronte. Le urla di Aziz riempivano l'aria, le riempivano le orecchie e non aveva modo di evitarle.

«Sancha! No!»

Strinse ancora di più Gimmi, scivolando seduta a terra e abbracciandolo, nascondendo il volto in quel pelo morbido che profumava di fiori d'arancio. Pretendeva di riuscire a chiudersi alla sofferenza degli altri, almeno per coloro che la sua vita l'avevano solo attraversata. Non erano solo confratelli. Lo sentiva in ogni lamento, ogni volta che invocava il suo nome. Non erano solo amici.

Udiva le voci sommesse dei suoi compagni. Erano arrivati anche Clivia ed Eric. Sollevò lo sguardo, gli occhi doloranti per la luce che improvvisamente li colpì. Stavano disponendo le pietre intorno al corpo di Sancha.

Lasciò libero Gimmi, che rimase comunque lì, immobile e silenzioso, e si alzò. Forse doveva dire qualcosa, oppure solo partecipare a ciò che si apprestavano a svolgere. Forse potrei...

«Se fossi in te, non mi avvicinerei.»

La voce di Raziel la fece trasalire.

«Non potresti dire nulla per fargli provare meno dolore, dovresti saperlo.»

Strinse i pugni e si voltò. Era seduto dove fino a pochi attimi prima c'era stata lei.

«Forse potrei scusarmi.» Non credeva neanche lei alle proprie parole.

Raziel rise. «Scusarti? E di cosa?»

«Non lo so, ma loro mi hanno aiutata a fuggire. Non mi conoscevano eppure hanno messo a rischio la loro vita.»

Tornò sui propri passi, avvicinandosi ai due demoni. Gimmi sembrava il suo vecchio pupazzo di pezza, solo più grande: impassibile e fermo. Raziel era seduto tranquillo, come se fosse nel bel mezzo di una passeggiata.

«Appunto. La figlia del signore dei demoni vorrebbe scusarsi perché una giovane chierica, fedele alla Dea, è morta nell'atto di aiutarla ad attraversare la città santa e sfuggire all'ordine. Mi sembra sensato, sì.» Annuì.

Sentì le unghie affondare nei palmi, aprì le mani e osservò i segni che vi avevano lasciato. C'erano diversi interrogativi che attendevano una risposta e crogiolarsi nel dolore non avrebbe portato a nulla, come sempre. Sospirò.

«Cosa hai saputo da Nunki?»

«Non mi ha detto chi c'è dietro alla tua cattura. So che è stata lei a fermarti, certo, ma qualcuno l'ha messa sulle tue tracce, nel modo e nei tempi giusti per di più. Che peccato.» Schioccò le labbra e battè le mani sulle ginocchia. «È riuscita a nascondermi la verità, nonostante tutto.»

Una morsa le strinse la gola. Possibile che...

Il canto intonato da Clivia la fece voltare. Non ne comprendeva le parole, ma c'erano suoni tristi misti a speranza in quelle note e avvertiva i movimenti dell'energia di quel piano che il canto provocava. I diversi canali ai quali Clivia attingeva convergevano tutti verso il corpo di Sancha, che veniva accolto dalla terra, gli stessi elementali la stavano abbracciando. Quando il canto cessò, Sancha era divenuta un tutt'uno con l'energia che regnava in quello spazio e i suoi compagni cominciarono a raggiungerla.

«Non è colpa tua.» Eric era stato il primo ad avvicinarsi. Le posò una mano sulla spalla e lei dovette sollevare la testa per guardarlo. «Ognuno di noi costruisce il proprio destino e se lei ha scelto di agire a quel modo non è una tua responsabilità.»

«Direi che, a questo punto, dovremmo metterci in marcia.» Astoria li aveva affiancati, gli occhi cerchiati e le labbra pallide. «Siamo al gran completo, vedo.» Squadrò i due demoni a pochi passi da lei. «E spero che non ci saranno discussioni.»

«Per oggi ho spalato letame a sufficienza.» Lorcan li aveva raggiunti, insieme a Clivia, e trafisse Sofia con un'occhiata. «Ho dovuto benedire quei tre che vi hanno aggrediti nel passaggio.» Diede una pacca sulla spalla a Eric. «Ci vai giù pesante, amico mio. Ma anche senza testa sarebbero stati dei non morti perfetti.»

Aziz arrivò per ultimo, accolto dal silenzio di tutti. Indugiò con lo sguardo su Raziel più che su Gimmi e a Sofia si strinse il cuore. Non dire una sola parola. Non sorridere.

«Se vorrai fermarti qui e tornare a casa nessuno ti biasimerebbe.» Lorcan si parò tra lui e i due demoni. «Padre Riordan ti aveva... Vi aveva incaricati solo di aiutarci a lasciare la città.»

Aziz scosse la testa e si voltò verso Sofia. Nei suoi occhi vi lesse ricerca e rassegnazione allo stesso tempo.

«No, padre. Il mio maestro vuole che vi scorti fino a Florenzia.» Abbassò lo sguardo sulla stella del mattino che stringeva, accarezzandola con la mano libera. «Su quale sia la mia casa, poi, ormai non lo so più.»

Lo sguardo di Lorcan passò da Aziz a Sofia, provocandole un dolore più intenso di una pugnalata.

S'incamminarono verso la prossima tappa e, sebbene Gimmi li seguisse dal piano astrale, Raziel rimase con loro e si affiancò ad Astoria. Sofia, invece, si mise in coda al gruppo. Aveva bisogno di restare sola e di riflettere per distaccarsi da tutto quel dolore. Dopo la città di Florenzia c'era la brughiera e dopo di essa le montagne. Quanto tempo sarebbe occorso per raggiungerle dipendeva dalla possibilità di ottenere dei cavalli una volta giunti in città.

Sentiva incombere quel momento su di sé, come un enorme peso sospeso sulla propria testa, come una fiera nascosta nel buio ad attenderla; avrebbe dovuto affrontare Balder. L'ultima volta che era accaduto era riuscita a batterlo, ma solo perché era determinata a proteggerlo e non si aspettava di essere attaccato proprio da lei.

Il ricordo di quella parete di ghiaccio era sempre presente e ormai aveva quasi sostituito le sembianze di Balder nella sua mente. Come farò a ucciderlo?

«Sofia, giusto?» Aziz la strappò via dai propri pensieri; non si era accorta che si era avvicinato. «Non riesco a comprendere chi tu sia veramente.»

Era proprio al suo fianco ma non aveva la forza di voltarsi a guardarlo, gli lanciò solo un'occhiata obliqua. Sperava di essersi sbagliata, di avere avuto un'allucinazione, ma era lì e con quegli occhi neri e tristi la stava accusando.

«Non ho bisogno di pregare la Dea per comprendere la natura di quell'essere con le vaghe e grottesche sembianze di un coniglio» cominciò il chierico, la voce sommessa e arrochita.

Azzardò ancora uno sguardo, ma Aziz si era concentrato sui compagni più avanti, tra loro c'era Raziel.

«Quell'uomo, invece, è molto più misterioso. Ma Sancha...» S'interruppe e lei non ebbe il coraggio di guardare quel volto devastato dal dolore al solo pronunciare il nome della compagna. «Sancha aveva compreso. Sancha riusciva a vedere molte più cose di me, di tutti noi.»

Senz'altro era così. Il terreno avanzava sotto i suoi piedi, polveroso, misto a piccole pietre e a fili d'erba.

«Invece, non riesco ancora a capire tu chi sia davvero.» I passi di Aziz tacquero, costringendola a fermarsi.

«Sancha me ne aveva parlato poco prima che...» Deglutì e strinse la stella del mattino. Non l'aveva mai lasciata, mai riposta alla cintura. «In te aveva visto Luce e Oscurità, insieme, senza possibilità di distinguere l'una dall'altra. È per questo che i demoni si sono interessati a te? Perché lui» indicò verso Raziel, poco più avanti «era con un Figlio della Luce? Perché il maestro gli ha permesso di varcare la sua soglia?» Ormai stava urlando e anche gli altri si erano fermati e stavano tornando sui propri passi.

Cosa posso dirgli? Nulla avrebbe alleviato il suo dolore, ma forse la verità...

«Visto che mi hai chiamato in causa» Raziel aveva parlato a voce alta mentre li raggiungeva e si fermò solo a un passo da Aziz «posso rispondere io alle tue domande, per quanto mi sarà possibile.»

La mascella di Aziz si contrasse ed entrambe le mani si serrarono intorno alla stella del mattino.

«Maestro Riordan è stato molto cortese e lungimirante nell'accogliere le richieste mie e di Ohriel. E, se caso mai te lo stessi chiedendo, era perfettamente a conoscenza della natura di entrambi i suoi interlocutori. Sul motivo per il quale mi hai visto affiancato con un Figlio della Luce, posso dirti che non necessariamente due appartenenti a fazioni opposte si aggrediscono appena si incontrano. Sono certo che questo accade pure tra di voi, in fondo anche alcuni umani sanno essere civili.»

Se Sofia avesse visto Lorcan nello stesso atteggiamento di Aziz avrebbe avuto la certezza che sarebbero venuti alle mani. Invece il giovane chierico allentò la stretta e lasciò scivolare la stella del mattino lungo la gamba, senza farla cadere.

«E tu sei il demone più civile che io conosca.»

«Grazie, Eric.»

«E quella donna...» Aziz non terminò la frase e Sofia fece un passo verso Raziel, perché sapeva dove avrebbe condotto quel discorso.

«Nunki? Cosa vuoi sapere?»

«Lei è un demone, vero? Ci ha ingannati tutti. Si è introdotta nella nostra città, come te, eludendo la barriera. E si è finta una di noi.»

No. Non posso fargli raccontare tutto. Sofia prese il braccio di Raziel e lo tirò. «Andiamo, il sole sta tramontando e dobbiamo trovare un posto dove passare la notte.»

Astoria le serrò il polso, costringendola a fermarsi. «Ci accamperemo, ma anche io voglio sentire cosa risponderà. Non capita spesso di trovarlo così ben disposto a raccontare e sono troppe le cose che vorrei sapere.»

«Scusa, Sofia, ma non ci vedo nulla di male nel mettere in chiaro un equivoco.» Raziel si liberò dalla presa. «Perché qui è stato commesso un errore di valutazione.» Si rivolse ad Aziz. «Nunki non era affatto un demone, per l'esattezza non era neanche una mia pari. Voi umani date lo stesso nome, "demoni", a quasi tutte le creature che non appartengono a questa dimensione, compresi i Figli dell'Oscurità.»

«Quindi hai risposto alla domanda» disse Sofia a denti stretti.

«Assolutamente no.» Raziel la zittì con un'occhiata affilata. «Nunki era una Figlia della Luce tanto quanto Ohriel, perché negarlo?»

Aziz aprì la bocca e spalancò gli occhi.

«Avete la pessima abitudine di separare di netto quelle che chiamate forze del bene e forze del male» continuò Raziel. «Tra i Figli della Luce, invece, ci sono anche persone violente che non si fanno scrupoli a eliminare i propri avversari con ogni mezzo, anche se si tratta di appartenenti all'ordine che li serve.»

«Invece tu sei una bravissima persona, vero?» s'intromise Lorcan.

«Da me» si portò una mano al petto «sapete benissimo cosa aspettarvi.» Spostò entrambe le mani dietro la schiena e si inclinò appena in avanti. «Invece basta che qualcuno indossi un vestito bianco e farfugli qualche preghiera per guadagnarsi la vostra fiducia e farvi abbassare la guardia. Qual è l'atteggiamento più subdolo?»

Sofia lanciò un'occhiata a Lorcan. Tutti lo fecero. Ma lui si limitò ad agitare la mano e a voltarsi verso Eric. «Andiamo, amico mio, sono stanco e per oggi ne ho abbastanza.»

*****

Ai margini del cerchio di luce diffuso dal fuoco da campo, Sofia era in piedi, poggiata al tronco di un giovane frassino. Vide tutti i suoi amici sistemarsi per la notte. Lorcan e Aziz avevano preso in carico il primo turno di guardia e si erano già seduti vicino al fuoco, silenziosi. Uno assorto nei propri pensieri, l'altro a indugiare con lo sguardo sulla stella del mattino appartenuta a Sancha. Clivia, Astoria ed Eric erano già avvolti nelle cappe e un grillo aveva cominciato il suo canto.

«Gimmi veglia. Inaté dorme tranquilla.»

Sparì mentre ancora stava parlando e Sofia si lasciò scivolare lungo il tronco, fino a sedersi per poi abbracciare le ginocchia portate al petto.

«Astoria non ha voluto sentir ragioni, eppure tu avresti potuto fare la guardia tutta la notte.»

«Non credo si sarebbero sentiti a proprio agio con me a sorvegliarli durante il sonno.» Raziel era al suo fianco. «Posso capirli, dovresti farlo anche tu.» Si sedette vicino a lei. «Come ti senti? Gli effetti dell'incantesimo di Nunki dovrebbero essere terminati.»

Sofia annuì. «Sto bene. Scossa da quanto accaduto, ma sto bene.»

Non era riuscita ancora a togliersi dalla mente le urla disperate di Aziz, forse non le avrebbe più dimenticate.

«Sei stata brava, sai? Credevo che la lunga inattività sarebbe stata un problema, invece te la sei cavata bene con Nunki. Anche se prenderla a pugni è stata un'ingenuità persino per te.»

Sofia strappò dei fili d'erba; aprì la mano e li osservò, contorti e spezzati.

«Quindi eri lì? Sei stato tutto il tempo a guardare?»

«Certo, dovevo essere sicuro di coglierla di sorpresa, non potevo rischiare di lasciarla scappare.»

Lasciò cadere i fili d'erba e poggiò la fronte sulle ginocchia.

«Se solo fossi intervenuto pochi istanti prima...» Sancha sarebbe ancora viva. «E cosa hai scoperto?»

«Non molto, come ti dicevo. Evidentemente era tutto ciò che sapeva.»

«Come fai a esserne sicuro?» Ma si pentì subito di averlo chiesto, perché aveva capito come Raziel l'aveva costretta a parlare. Si voltò verso di lui e si mise in ginocchio.

«Hai usato quei semi? Lo hai fatto?»

Raziel si portò un dito sulle labbra. «Non urlare.»

Non se n'era neanche resa conto di averlo fatto. Si voltò verso l'accampamento: Lorcan e Aziz la stavano guardando, ma lei vedeva solo quell'orribile pianta avvinghiata al corpo di sua madre; dentro e fuori, le ferite che perdevano sangue e le radici che se ne nutrivano.

«Tu.» Gli puntò un dito sul petto. «Mi avevi promesso che non lo avresti fatto mai più.» Lo colpì con un pugno sullo stesso punto. «È così che mantieni le promesse?» La voce tremò.

Le afferrò il polso e la tirò più vicina, a un soffio di distanza.

«Attenta ad accusarmi di fatti che non ho commesso.» Il sussurro la colpì più forte di uno schiaffo, gli occhi neri e obliqui ridotti a due fessure. «Sai chi sono, come agisco e per conto di chi. Ricordo molto bene quella promessa. Sono certo che tu non hai visto nulla e che Nunki non rientrava nei tuoi affetti. Ho forse frainteso qualcosa?»

Sofia scosse la testa e tentò di ritrarsi, ma ottenne solo una stretta più forte e si ritrovò le labbra di Raziel all'orecchio.

«Sai benissimo quanto rispetto porto a tua madre. Astarte ha fatto ciò che ha ritenuto più giusto per te e ne conosceva le conseguenze.»

Con entrambe le mani strinse la casacca di Raziel e gli poggiò la fronte sulla spalla. Chiuse gli occhi, strinse le dita, serrò i denti. Trattenne il respiro. Lo trattenne finché non sentì il petto scoppiare e poi espirò, allentò piano la presa e si discostò, tornando seduta al proprio posto.

Distese le gambe e poggiò la testa al tronco. Il cuore riprese a battere regolarmente e il cielo notturno era lo stesso dell'ultima volta che lo aveva osservato, quando aveva incontrato Ohriel pochi giorni prima.

«Sai che, qualche sera fa, Gimmi ha visto Zahario? È successo prima di arrivare a Città del Guado.»

«Ma davvero? Non lo vedo da diverso tempo.»

Sofia non riuscì a trattenere uno sbadiglio, ma l'idea di abbandonarsi all'incoscienza non l'allettava.

«Ho sonno, devo dormire. Però...» Il tentativo di cambiare discorso non aveva funzionato. I lamenti di Aziz echeggiavano ancora dentro di lei e l'immagine di sua madre le tornava in mente ogni volta che chiudeva gli occhi. Si accostò a Raziel e poggiò la testa sulla sua spalla. «Devi andare via?»

Lui la abbracciò. «No. Resterò qui, dormi pure.»



Angolo dell'autrice

Qui vorrei dire due parole, perché la piega che sta prendendo la storia è decisamente più "pesante" della prima parte. Ammetto che descrivere il dolore di Aziz non mi ha lasciata indifferente e lo stesso è accaduto agli altri personaggi che, pur non conoscendo Sancha, si sono sentiti toccati da questa vicenda. Inizialmente non era così, poi è cambiato, forse perché sono cambiata io e la prima versione risale a diversi anni fa, ormai. È strano a dirsi, perché prima non ero tanto coinvolta in ciò che scrivevo, adesso è diverso e lo è stato per tutti i capitoli da qui in avanti, pochi ormai. Quindi, buona lettura😊

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